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mesi di tensione: la battaglia per Fort Sumter
•Sei mesi di tensione: la
battaglia per Fort Sumter
Testo e mappe di Matteo Fontana
Pubblicato il
12/04/2011, in occasione del centocinquantesimo
anniversario
Una battaglia politica e militare
Nel 1860 la città di Charleston era un baluardo della
"cavalleria sudista" e sin dall'inizio del 1800 la culla dei
"diritti degli stati". La città vide forse il suo periodo
migliore attorno agli anni '30, nel periodo della cosiddetta
crisi della nullificazione e principalmente sotto la guida
del politico e ideologo sudista John C. Calhoun. Da allora
lo stato del South Carolina continuò a portare avanti il
sogno dell'indipendenza, ma la città simbolo del movimento
secessionista all'alba del 1860 cominciava ormai a
presentare i primi segni di decadenza, di una città non più
al passo con i tempi e priva di leader solidi e carismatici
come il recentemente scomparso Calhoun.
Il periodo di crisi e scontro degli anni '50 e le elezioni
del 1860 che culminarono il 6 novembre con la vittoria del
repubblicano Abraham Lincoln diedero però nuovo vigore agli
estremisti del South Carolina e alle paure dei sudisti.
Persino i più moderati e alcuni unionisti furono contagiati
dalla paura per i "repubblicani neri". Il 5 novembre il
governatore del South Carolina William H. Gist convocò la
legislatura in sessione speciale, sessione che finì per
discutere sulla possibilità di una secessione dagli Stati
Uniti. Il 10 novembre venne deciso che il 6 dicembre
sarebbero stati eletti i delegati da inviare il 17 alla
riunione per decidere il futuro del South Carolina. Per le
strade di Charleston già si stavano formando le compagnie di
milizia, discorsi patriottici venivano tenuti in ogni angolo
e ad ogni ora del giorno, il governo federale era sempre più
scomodo, oppressivo, odiato e straniero. La secessione
sembrava ormai imminente, il clima era diverso dalla crisi
degli ani '30, l'intero sud era in fermento e la possibilità
che altri stati valutassero la possibilità di abbandonare
l'Unione si faceva sempre più forte, come anche l'idea che
forse una secessione pacifica era impossibile e che una
sanguinosa guerra civile si prospettava all'orizzonte.
Una presenza non gradita: il governo federale
a Charleston
Nei primi giorni di novembre del 1860, quando la notizia del
successo elettorale di Lincoln giungeva a Charleston e la
possibilità concreta di una secessione si diffondeva tra le
strade della città, si fece sempre più evidente e scomoda la
presenza del governo federale a Charleston.
Ma è fondamentale prima comprendere la geografia della baia
della città. Charleston si trovava su una piccola penisola
delimitata ad ovest dal fiume Ashley e ad est dal fiume
Cooper. A sud e ad ovest di Charleston si trovavano la James
Island prolungata dalla Morris Island e la Sullivan's
Island. Queste specie di isole erano collegate alla
terraferma da aree paludose interrotte da canali, fiumi
navigabili e torrenti. L'ingresso alla baia, al fondo della
quale si trovava Charleston, era delimitato dalle estremità
di Morris Island e Sullivan's Island. Questa apertura era di
circa 2 chilometri ma di cui solo uno era navigabile come
canale di ingresso.
A rappresentare il governo centrale in città e nella baia vi
era l'ufficio postale diretto da Alfred Huger, un unionista
ma leale al suo stato nativo, situato nel "Old Exchange and
Custom House" sulla East Bay Street. Sempre nella stessa via
si trovava la dogana, il cui edificio era in costruzione dal
1853 ed ancora inconcluso, tanto che già nel 1859 in vista
di una possibile secessione il governo non fornì più i fondi
necessari a continuare i costosi lavori. Sulla Ashley Avenue
si trovava l'arsenale federale che alla fine del 1860
conteneva 18.000 moschetti, 3.400 fucili, più di 1.000
pistole e alcuni grossi pezzi d'artiglieria. Il responsabile
dell'arsenale era F.C. Humphreys che gestiva anche una
decina di impiegati civili locali. Il 12 novembre Humphreys
informava Washington che per difendere l'edificio da
un'insurrezione civile, il governatore del South Carolina
aveva inviato 20 soldati della milizia di stato sotto il
comando di un tenente, assicurandosi
così la possibilità di prendere facilmente la struttura in
futuro.
Più importanti di tutti erano però forse i quattro forti
costruiti per difendere Charleston da un attacco proveniente
dal mare e sui quali continuava a sventolare la bandiera
degli Stati Uniti. Castle Pinckney, che doveva il suo nome
ad un politico dello stato ed eroe della guerra
d'indipendenza, era situato sulla Shutes' Folly Island, una
piccola isola paludosa alla foce del fiume Cooper
all'interno della baia e vicinissimo alla città. Si trattava
di un piccolo forte-castello in muratura costruito nel 1808,
una struttura superata e ormai utilizzata solo come deposito
per la polvere da sparo delle armi depositate nell'arsenale.
La sua guarnigione consisteva in un sergente con la sua
giovane moglie e alcuni operai che ogni giorno si recavano
sul posto per riparare il forte. Trovandosi all'interno
della baia era di secondaria importanza come struttura
difensiva ma nel 1860 ospitava 28 cannoni.
Sulla Sullivan's Island, a nord est della baia, era
collocato quello che si potrebbe definire meglio una
batteria costiera piuttosto che un forte, ovvero Fort
Moultrie. Già durante la guerra d'indipendenza venne
costruita una fortificazione nell'area ma solo nel 1809
venne eretto il forte in muratura che fu protagonista degli
eventi della guerra civile. Progettato per ospitare 300
uomini, negli ultimi mesi del 1860 vi erano stazionate solo
due compagnie del 1st Artillery (la E e la H) e la banda
reggimentale di nove musicisti, per un totale di 84 uomini
che rappresentavano praticamente l'intera guarnigione
federale di Charleston. La situazione era critica anche
perchè le mura alte circa tre metri e mezzo erano vecchie e
piene di crepe, in fronte e ad est del forte il vento e la
scarsa manutenzione avevano alzato delle dune di sabbia che
dominavano la posizione e la rendevano ulteriormente
vulnerabile ad un attacco terrestre.
Sulla James Island, dall'altra parte della baia rispetto a
Fort Moultrie si trovava Fort Johnson. Il forte fu costruito
all'inizio del 1700 ma già durante la guerra d'indipendenza
fu di scarsa importanza. Nel corso degli anni venne
migliorato e sistemato più volte in seguito a periodi di
abbandono. Nel 1860 il forte ospitava solo un sergente e le
sue strutture, alcune costruite recentemente, potevano
essere usate come alloggiamenti ma erano in gran parte
diroccate.
La struttura più importante per Charleston era senz'altro
Fort Sumter, nominato in onore del generale Thomas Sumter,
eroe sudcaroliniano della guerra d'indipendenza. Situato su
una piccola isola artificiale quasi al centro del canale che
portava all'interno della baia di Charleston, il forte
occupava una posizione chiave, i suoi cannoni avrebbero
potuto aprire il fuoco su qualsiasi nave tentasse di entrare
a Charleston, sull'intera costa all'interno della baia e
sulla città stessa. La sua costruzione venne iniziata nel
1829 e fu progettato per schierare 135 cannoni ed ospitare
650 uomini di personale all'interno della sua struttura
poligonale in muratura. Le mura erano alte più di 18 metri e
spesse dai 2 ai 3 metri e mezzo, ma i lavori erano
incompleti, ogni giorno una squadra di circa 110 operai si
recava sull'isola per continuare i lavori. Pochi cannoni
erano stati posizionati e inoltre nel 1860 la guarnigione
del forte era costituita solamente dal capitano George
Snyder, che dirigeva i lavori, un sergente e la sua
famiglia. A novembre 1860 si contavano nel forte un totale
di 78 cannoni, tra pezzi montati e ancora da schierare.
Da sinistra: Castle
Pinckney nella primavera del 1861, Fort Moultrie nel 1860 e
Fort Sumter nell'aprile del 1861 dopo l'attacco. Clicca
sulle immagini per ingrandirle e vedere le relative
piantine.
Due mesi di indecisione
Già il giorno delle elezioni giunsero a Washington alcune
voci, che si rivelarono false, di un assalto ai forti di
Charleston da parte della popolazione locale. Il preoccupato
presidente uscente James Buchanan doveva decidere come agire
e per prima cosa discusse con il segretario della guerra
John B. Floyd sull'inevitabilità della secessione e sulle
condizioni dei forti, decidendo infine di inviare il
maggiore Fitz John Porter a Charleston per osservare e
riferire sulla situazione. Il presidente ricevette anche il
parere del tenente-generale Winfield Scott, comandante in
capo dell'esercito, che
suggeriva di rinforzare immediatamente tutti i forti situati
nel sud. Questa strategia non piacque al presidente che
temeva che una manovra simile avrebbe solamente agitato gli
estremisti del sud portando ad uno scontro. Così il 9
novembre 1860 il gabinetto di Buchanan si riunì per
discutere della crisi in South Carolina. Il segretario di
stato Lewis Cass e il procuratore generale Jeremiah S. Black
condannarono la secessione e proposero di inviare rinforzi a
Charleston per dissuadere il South Carolina dal lasciare
l'Unione. Il segretario della Marina Isaac Toucey, il
segretario del Tesoro Howell Cobb e il segretario degli
Interni Jacob Thompson si opposero all'invio di truppe e
suggerirono di costituire un convegno con i rappresentanti
degli stati per trovare un compromesso. Il Direttore
generale delle Poste Joseph Holt si dimostrò scettico nei
confronti di una riunione dei rappresentanti degli stati
mentre il segretario della guerra John B. Floyd si limitò a
condannare la secessione e a sconsigliare l'uso della forza.
Al termine della riunione giunse William H. Trescot,
assistente del segretario di stato, con la notizia che il
colonnello John L. Gardner, un veterano della guerra del
1812 e comandante della guarnigione federale a Charleston,
aveva inviato una piccola squadra di soldati sotto il
capitano Truman Seymour presso l'arsenale nella città
sudista. I soldati, vestiti in abiti civili per non attirare
l'attenzione della popolazione ormai ostile al governo,
avevano il compito di prelevare delle armi e munizioni da
trasferire al sicuro a Fort Moultrie. Tuttavia mentre gli
uomini stavano caricando la loro barca vennero scoperti da
un civile che li minacciò di dare l'allarme, venendo poi
raggiunti da una folla di abitanti, sospettosa che il
governo stesse trasferendo armi e munizioni per usarle
contro la città. Per evitare di far precipitare la già
critica situazione e far svanire qualsiasi ipotesi di
compromesso, tutte le armi vennero riportate all'arsenale.
Va detto però che successivamente il sindaco della città
autorizzò il colonnello a effettuare il trasferimento, ma
Gardner fece presente che il sindaco non aveva alcuna potere
di autorizzare o meno il trasferimento di proprietà
federale.
Il gabinetto del presidente
James Buchanan. Da sinistra: il segretario degli interni
Jacob Thompson, il segretario della guerra John B. Floyd, il
segretario di stato Lewis Cass, il presidente James
Buchanan, il segretario del tesoro Howell Cobb, il segreto
della marina Isaac Toucey, il direttore generale delle poste
Joseph Holt e il procuratore generale Jeremiah S. Black.
Il giorno seguente il gabinetto, in seguito al
rapporto fatto dal maggiore Porter, decise di sostituire
Gardner con il maggiore Robert Anderson e rimpiazzare
temporaneamente all'arsenale il magazziniere F.C. Humpreys
con il colonnello Benjamin Huger, che però dopo breve tornò
a Washington. Huger era nativo del South Carolina, ciò
avrebbe servito a tranquillizzare la popolazione, si pensava
a Washington. Robert Anderson era nativo del Kentucky e sua
moglie della Georgia, i due avevano posseduto sino a
quell'anno una piantagione con degli schiavi ma Anderson era
completamente estraneo alla politica e totalmente dedito al
suo dovere di soldato. Si diplomò a West Point nel 1825 dove
divenne amico del futuro presidente confederato Jefferson
Davis, combatté poi nella guerra contro Falco Nero, contro i
Seminole e i Cherokee, fu istruttore a West Point, scrisse
un manuale d'artiglieria e combatté contro il Messico,
venendo ferito alla testa del suo reggimento durante la
battaglia di Molino del Rey. Dopo la guerra fece carriera
nell'esercito regolare divenendo maggiore d'artiglieria nel
1857. Sebbene non schierato politicamente le sue simpatie
andavano al sud, suo padre aveva difeso Fort Moultrie
durante la guerra d'indipendenza e la sua carriera era degna
di nota, tutto ciò
sembrava renderlo l'uomo giusto da mandare a Charleston per
alleviare la tensione.
Prima di giungere a Washington per incontrare il segretario
della guerra, Anderson si rivolse ad un suo amico del genio
che conosceva le strutture difensive della baia di
Charleston, il quale condivise con il maggiore la sua
opinione secondo cui la secessione era imminente e che Fort
Sumter era il posto più sicuro per la guarnigione di
Charleston. A Washington Anderson parlò col segretario della
guerra Floyd il quale insistette sul fatto che con le poche
truppe a disposizione il maggiore doveva evitare di
provocare uno scontro. Il 21 novembre il maggiore giunse a
Charleston e cominciò subito un'ispezione della posizione
inviando un rapporto al colonnello Samuel Cooper, aiutante
generale dell'esercito degli Stati Uniti, a Washington. Fort
Moultrie doveva essere sistemato per garantire una difesa da
un attacco terrestre e dei rinforzi erano indispensabili.
Fort Sumter era in buone condizioni, nel giro di qualche
giorno i cannoni della casamatta inferiore sarebbero stati
posizionati e i quattro depositi contenevano 40.000 libbre
di polvere. Anderson suggerì che Castle Pinckney fosse
adeguatamente presidiato con più uomini poiché la sua
vicinanza a Charleston minacciava la città e scoraggiava
eventuali attacchi alla guarnigione federale. In conclusione
se il governo voleva mantenere il controllo della baia, dei
rinforzi dovevano essere immediatamente inviati a presidiare
Sumter e Pinckney. Anderson trovò però anche scarsa
disciplina tra i soldati ma buoni e determinati ufficiali.
Anderson, capendo che la sua presenza avrebbe ricoperto
anche un ruolo politico, chiese a Cooper di riceve
istruzioni dettagliate. Il colonnello gli rispose
semplicemente che se attaccato avrebbe dovuto difendersi al
meglio.
Il 24 novembre il presidente Buchanan dopo aver ricevuto le
richieste di rinforzi dal maggiore Anderson ricevette anche
una lettera dall'ardente politico secessionista ed editore
del South Carolina Robert Barnwell Rhett. Questi comunicava
al presidente che il suo stato "lascerà l'Unione ed è nel
vostro potere rendere questo evento pacifico o sanguinoso.
Se invierete ulteriori truppe nella Baia di Charleston, esso
sarà sanguinoso". Ma Buchnan dopo aver consultato Jeremiah
S. Black e Lewis Cass aveva recentemente deciso di inviare
aiuti ad Anderson. Uno spaventato Floyd giurò sul suo onore
che il South Carolina non avrebbe attaccato i forti e
convinse il presidente a tardare la spedizione. L'assistente
del segretario di stato Trescot, nativo di Charleston, si
schierò con Floyd e disse al presidente che nessun attacco
sarebbe stato lanciato, a meno che la popolazione venisse
provocata dall'arrivo di rinforzi. Buchanan dichiarò di
voler evitare lo scoppio delle violenze, ma temeva che se
Charleston non fosse stata rinforzata in tempo i sudisti
avrebbero poi agito con la forza senza alcun avvertimento.
Trescot continuò a dissuadere il presidente assicurandolo
che nel caso il South Carolina avese lasciato l'Unione, dei
delegati sarebbero stati
inviati per trattare col governo. Dopo aver convinto
Buchanan che senza l'invio di rinforzi non ci sarebbe stato
un attacco da parte dei sudisti, Trescot si rivolse al
governatore del South Carolina, William H. Gist,
chiedendogli di garantire al presidente che finché lo stato
fosse rimasto nell'Unione e finché il governo federale non
avesse alterato la situazione nella baia di Charleston,
nessun attacco o preparativo sarebbe stato compiuto. Gist
scrisse allora una lettera al presidente informandolo che il
suo stato intendeva abbandonare l'Unione molto presto ma che
non vi era alcun desiderio di fare qualcosa che "porti ad
una collisione prima che l'ordinanza di secessione sia
passata e un avviso sia stato recapitato al presidente", a
meno che "un altro singolo soldato o un altro cannone o
altre munizioni vengano inviate." Venne così raggiunto il 10
dicembre un accordo tra Gist e il presidente per mantenere
lo status quo e il segratorio Floyd istruì Anderson l'11
dicembre orinandogli di "evitare qualsiasi atto che potrebbe
provocare" la popolazione. Inoltre nel caso che "prove
tangibili di intenzioni a procedere con un atto ostile" si
fossero presentate, il maggiore poteva spostarsi in un altro
forte della baia.
Alla fine di novembre Trescot, che ormai fungeva da
intermediario tra le autorità del South Carolina e il
governo, venne inviato a sud. Qui tentò di persuadere il
governatore Gist a posporre l'ordinanza di secessione ma
diversi incontri con politici a Columbia, capitale del South
Carolina, lo convinsero che ciò era impossibile. Quando
tornò a Washington il 9 dicembre era chiaro ormai a Buchanan
che lo stato avrebbe presto abbandonato l'Unione e inviato
degli uomini per negoziare con il governo. Se i negoziati
fossero falliti allora un attacco ai forti sarebbe divenuto
inevitabile. Intanto il segretario del tesoro Cobb diede le
dimissioni, il segretario di stato Cass le annunciò l'11
ormai indignato per l'incapacità del presidente di tutelare
gli interessi della nazione in South Carolina e chiedendo
ancora che dei rinforzi fossero immediatamente inviati ai
forti e che una nave da guerra fosse mandata di supporto. Il
presidente riorganizzò il suo gabinetto nominado Black
segretario di stato e rimpiazzandolo al posto di procuratore
generale con Edwin M. Stanton, al tesoro venne messo Philip
Francis Thomas. Lo stesso giorno l'assistente dall'aiutante
generale, il maggior Don Carlos Buell giunse a Charleston
per ispezionare le fortificazioni. Questi diede oralmente
delle istruzioni ad Anderson, ovvero che se attaccato doveva
difendersi fino allo stremo e consigliò di concentrare tutte
le sue esigue forze in un solo forte.
Il 15 dicembre Buchanan si incontrò con il generale Scott e
il segretario Floyd per discutere della faccenda dei
rinforzi, il primo sosteneva di agire come nel 1833 e
inviare l'esercito a Charleston. Ma per il presidente, anche
se condannava la secessione, era incostituzionale usare la
forza contro uno stato per obbligarlo ad aderire all'Unione,
in queste circostanze l'unica cosa che per legge poteva fare
era difendere la proprietà pubblica se attaccata, spettava
poi al congresso trovare una soluzione e legiferare in modo
da permettere un intervento armato legale. Buchanan disse
quindi a Scott che in mancanza di una minaccia alle
proprietà federali nessun rinforzo che avrebbe potuto
causare una collisione sarebbe stato inviato. Lo stesso
giorno in South Carolina veniva scelto il nuovo governatore
dello stato, Francis W. Pickens. Questi venne immediatamente
contattato da Buchanan che chiedeva di rimandare la
votazione per l'ordinanza di secessione. Fu un tentativo
inutile perchè il nuovo governatore aveva già inviato una
lettera al presidente nella quale chiedeva la resa dei forti
della baia di Charleston. Pickens riferiva di essere stato
informato che nei forti della baia venivano compiuti lavori
per puntare i cannoni contro la città. Il nuovo governatore
pretese che tutti i lavori ai forti fossero interrotti e che
nessun rinforzo venisse inviato. Inoltre, per garantire la
pace, le truppe di
stato del South Carolina dovevano essere autorizzate a
presidiare Fort Sumter. Pickens si recò anche di persona a
Charleston per prendere personalmente il controllo della
situazione. Il 18 dicembre a fronte di alcune voci che
indicavano un imminente tentativo di trasferire armi
dall'arsenale ai forti, venne ordinato al capitano Charles
H. Simonton della compagnia di milizia Washington Light
Infantry di prevenire qualsiasi tentativo del genere e
bloccare qualsiasi trasferimento di truppe da Moultrie a
Sumter. Nel caso ciò avvenisse, il capitano aveva l'ordine
di affondare qualsiasi imbarcazione coinvolta e occupare
immediatamente Fort Sumter.
Il maggiore Anderson da parte sua si stava occupando di
portare avanti i lavori ai tre forti con l'aiuto del
capitano John G. Foster del genio. Il problema principale
erano i cannoni di Fort Sumter, che per via delle cattive
condizioni degli affusti non erano stati ancora posizionati.
Sorse comunque il dubbio che se il forte fosse caduto in
mano nemica quei cannoni sarebbero poi stati puntati contro
Fort Moultrie dove attualmente si trovavano gli uomini del
maggiore. Foster propose di collegare i depositi di Sumter
con un dispositivo che permettesse di farli esplodere da
Moultrie nel caso l'isola fosse stata occupata, il capitano
propose anche di minare l'area intorno a Fort Moultrie.
L'unica cosa che fece Anderson fu chiedere l'autorizzazione
a Washignton per eliminare le dune di sabbia che rendevano
critica la posizione di Fort Moultrie. La risposta fu
negativa, una gesto simile avrebbe affrettato una reazione
armata da parte del South Carolina.
Giunse infine il 20 dicembre. I delegati del South Carolina
si riunirono nella St. Andrew's Hall di Charleston per
approvare l'ordinanza di secessione. Alle 13:30 l'ordinanza
era approvata all'unanimità e i cannoni nella baia di
Charleston rombarono per celebrare l'indipendenza. L'ufficio
postale cadde inevitabilmente nelle mani delle autorità del
South Carolina mentre i forti e l'arsenale divennero
definitivamente simboli di una potenza straniera. Il giorno
successivo la convenzione secessionista nominò tre delegati,
James L. Orr, Robert W. Barnwell e James H. Adams, per
negoziare col governo. In quegli stessi giorni, 20 e 21
dicembre, a Washington vennero accettate le dimissioni di
Trescot e cosa più importante giunse la lettera di Pickens
di qualche giorno prima dove veniva richiesta la resa dei
forti. Trescot stava continuando ad occuparsi della vicenda
e ritenne la lettera del governatore pericolosa, essa
violava lo status quo stabilito tra governo e South
Carolina, pertanto gli chiese di ritirarla. Nel frattempo
Buchanan preparò una risposta nella quale reiterava il
concetto che era il congresso che doveva occuparsi delle
relazioni con uno stato, che la sua intenzione era mantenere
la pace ma difendere le proprietà federali, pertanto
qualsiasi attacco ai forti sarebbe stato considerato una
dichiarazione di guerra contro gli Stati Uniti. Buchanan
ricevette anche la notifica dell'ordine orale di Buell dato
ad Anderson l'11 dicembre. L'ordine non piacque al
presidente che fece comunicare al maggiore Anderson che non
era richiesto il sacrificio della sua vita e di quella dei
suoi uomini, nel caso, sarebbe stato suo dovere cedere e
ottenere i miglior termini possibili.
Gli ufficiali di Anderson a
Charleston. Seduti da sinistra: capitano Abner Doubleday,
maggiore Robert Anderson, chirurgo Samuel W. Crawford,
capitano del genio John G. Foster. In piedi da sinistra:
capitano Truman Seymour, tenente George Snyder, tenente
Jefferson C. Davis, tenente Richard "Dick" K. Meade,
capitano Theodore Talbot.
"Per prevenire lo spargimento di sangue":
l'abbandono di Fort Moultrie
Il maggiore Anderson passò il primo mese al comando della
guarnigione di Charleston a chiedere ordini precisi a
Washington e rinforzi. Tutto ciò che ottenne fu
l'autorizzazione a difendersi se attaccato, ma i rinforzi
non potevano arrivare poiché avrebbero potuto scatenare un
attacco contro i forti. Ovviamente attirare l'ostilità della
popolazione era l'ultima cosa che serviva ad Anderson. Il 5
dicembre il maggiore insieme al colonnello Huger
dall'arsenale si recò in città per un colloquio col sindaco
e altri cittadini di rilievo. Tutti lo assicurarono che il
massimo sforzo sarebbe stato fatto per prevenire un assalto
ai forti da parte dei cittadini, ma che una volta avvenuta
la secessione tutte le strutture sarebbero dovute essere
consegnate. I primi di dicembre il maggiore inviò il
capitano Foster a procurasi un centinaio di moschetti da
dare agli operai che lavoravano a Fort Sumter e Castle
Pinckney, ma Floyd intervenne bloccando tutto. Il capitano
realizzò poi che in fondo non ci si poteva fidare degli
operai, almeno non tanto da armarli. Il 17 dicembre vennero
comunque prelevati dall'arsenale e trasferiti a Fort Sumeter
e Castle Pinckney dei fucili già richiesti tempo prima dal
colonnello Gardner. Il giorno seguente la notizia giunse
alle orecchie della popolazione di Charleston provocando
parecchia agitazione, Huger aveva infatti giurato che
nessun'arma sarebbe stata prelevata dall'arsenale. Il
capitano Foster rifiutò di riconsegnare le armi senza
ricevere prima un ordine da Washington che giunse infine
direttamente dal segretario Floyd. Quando il capitano si era
ormai rassegnato a riportare le armi nell'arsenale federale,
presidiato dalle truppe di stato del South Carolina da più
di un mese, giunse la notizia della secessione. Ad Anderson
giunse anche la notizia che il governatore Pickens aveva
ordinato a un piroscafo di pattugliare le acque tra Fort
Moultrie e Sumter. Al comandante federale venne poi riferito
di un episodio avvenuto la notte del 20, quando una
sentinella a Castle Pinckney rivolgendosi all'imbarcazione
chiese cosa volessero e l'equipaggio gli rispose "Lo
scoprirai in una settimana". In quello stesso giorno le
autorità del South Carolina cominciarono a concentrare dei
cannoni nell'estremità settentrionale di
Sullivan's Island per costruirvi delle batterie. Un'altra
batteria per ospitare due grossi mortai veniva approntata a
Mount Pleasant.
Sembrava ormai evidente che una collisione fosse imminente,
la notizia che dei delegati del South Carolina vennero
inviati a Washington per trattare il 24 dicembre non fu di
grande sollievo per il comandante federale come anche le
scarse informazioni provenienti dalla capitale, le uniche
indicazioni che il maggiore Anderson continuava a ricevere
erano inviti ad evitare provocazioni e uno scontro. Sino ad
allora i suoi ufficiali avevano suggerito di spostarsi nel
più isolato e sicuro Fort Sumter, ma Anderson obbiettò
sempre che essendo stato assegnato a Moultrie tale
spostamento poteva essere eseguito solo con ordini di
Washington. Ma dalla capitale un ordine del genere non
sarebbe mai giunto dato che la strategia adottata era quella
di mantenere lo status quo, nonostante il 22 dicembre chiese
che tale movimento venisse autorizzato. Realizzato questo e
resosi conto del fatto che una volta occupato Fort Sumter le
truppe del South Carolina avrebbero puntato i cannoni contro
Moultrie, rendendolo intenibile, il maggiore elaborò un
piano da eseguire il giorno di natale, ma che a causa della
pioggia slittò al giorno seguente. Il piano che tenne
nascosto a tutti i suoi uomini era quello di evacuare
Moultrie e spostarsi a Fort Sumter.
Il tenente Norman C. Hall, che agiva come quartiermastro,
venne inviato a noleggiare tre golette e alcune chiatte con
la scusa di trasferire a Fort Johnson le donne e i bambini
presenti a Fort Moultrie. Anderson fece caricare due golette
con provviste per quattro mesi e con le donne e i bambini. A
mezzogiorno del 26 dicembre tutto era pronto e Hall salpò
per Fort Johnson con l'ordine però di non sbarcare e
guadagnare invece tempo col pretesto di dover prima trovare
adeguati acquartieramenti. Il tenente doveva attendere due
colpi di cannone sparati da Moultrie per poi dirigersi
invece a Fort Sumter. Due civili locali assistettero ai
preparativi e chiesero spiegazioni circa le provviste. Hall
rispose vagamente e i due, poco dopo che le golette
partirono, salparono su un piroscafo. Un altro cittadino
invece notò che venne caricata una cassa di munizioni e si
calmò soltanto quando questa venne rimossa. All'interno di
Moultrie vennero portati avanti nel corso di tutta la
giornata i preparativi per lasciare il forte, facendo
sembrare i movimenti normale routine. Nel frattempo il
capitano Foster del genio venne informato del piano, doveva
radunare tutte le barche disponibili e tenersi pronto per le
17-18 del pomeriggio.
La mattina dello stesso giorno, il figlio dell'ardente
secessionista Robert B. Rhett si recò dal governatore
Pickens dopo che un amico fidato in Washington gli rivelò di
aver sentito voci di un imminente tentativo da parte di
Anderson di prendere Sumter. Il giovane Rhett reiterò la
richiesta già fatta dal padre e altri politici di occupare
subito i forti. Ma Picknes preferì aspettare che i delegati
inviati nella capitale fossero ricevuti e mantenere la
situazione com'era fino a quando il governo avesse mantenuto
lo status quo.
Al tramonto il capitano Abner Doubleday si recò sul
parapetto del forte per invitare il comandante a prendere un
the, qui lo trovò in compagnia di altri ufficiali ai quali
il maggiore si rivolse dicendo "Ho deciso di evacuare questa
posizione immediatamente con l'obbiettivo di occupare Fort
Sumter". Diede poi 20 minuti di tempo per preparare le
compagnie. Duobleday ebbe il tempo di dare un rapido saluto
alla moglie mentre il tenente Jefferson C. Davis ricevette
l'ordine di rimanere al forte con Foster, 11 soldati e il
chirurgo per agire come retroguardia e proteggere lo
spostamento pianificato da Anderson. Davis caricò cinque
columbiadi, tutto era pronto per affondare qualsiasi nave si
fosse messa di mezzo. Poco dopo il crepuscolo la piccola
guarnigione di Charleston uscì dai cancelli di Moultrie e si
recò all'approdo dove i tenenti George Snyder e Richard
Meade con le loro squadre nascoste tra
le rocce, attendevano di imbarcarsi su diverse piccole
imbarcazioni. Senza essere visti da nessuno, gli uomini
salparono senza problemi ma a metà tragitto venne avvistato
uno dei piroscafi di pattuglia di fronte a loro. Due delle
imbarcazioni di Anderson virarono verso terra per aggirarlo
e superarlo, la terza sotto il comando di Doubleday decise
di andare avanti. Il capitano ordinò ai suoi uomini di
togliere cappelli e giacche e nascondere armi e distintivi.
Il piroscafo della guardia costiera del South Carolina
osservò gli uomini che probabilmente vennero scambiati per
degli operai che come al solito si stavano recando a Fort
Sumter. Con questo colpo d'audacia Doubleday riuscì ad
arrivare per primo sull'isola artificiale che ospitava Fort
Sumter. Qui fece sbarcare i suoi uomini e respinse con le
baionette all'interno del forte alcuni operai secessionisti
che si stavano chiedendo che ci facevano dei soldati a
Sumter. Completato lo sbarco le barche tornarono a Moultrie
per caricare il resto delle truppe che questa volta
attraversarono la baia indisturbate. Una volta sbarcata
tutta la guarnigione vennero imbarcati gli operai, eccetto
coloro considerati affidabili unionisti. I due colpi di
cannone vennero poi sparati da Moultrie per far arrivare
Hall con le donne, i bambini e i rifornimenti. Alle 20:00 di
sera l'operazione era conclusa con successo e senza che
nessuno a Charleston se ne accorgesse. La retroguardia
rimasta a Moultrie diede infine alle fiamme gli affusti,
inchiodò i cannoni e raggiunse il resto della guarnigione.
La mattina seguente, con la città ancora ignorante della
vicenda, Crawford tornò a Moultrie per spostare l'ospedale
insieme ad Hall e alle sue barche che caricarono munizioni,
90 giorni di razioni, del combustibile, gli equipaggiamenti
dell'ospedale e gli effetti personali delle truppe. Rimasero
isolati soltanto la banda lasciata a Moultrie e il tenente
Dick Meade con un sergente inviato a Castle Pinckney. Quella
notte Anderson scrisse al colonnello Cooper che "Ho l'onore
di informarvi che, con la benedizione di Dio, ho appena
completato il trasferimento in questo forte di tutta la mia
guarnigione... Il passo che ho fatto è stato, in mia
opinione, necessario per prevenire lo spargimento di
sangue". Il messaggio giungerà a Washington solamente il 29
dicembre. La guarnigione era al sicuro in una fortezza
imprendibile con un attacco diretto, con provviste
sufficienti per 4 mesi ma completamente isolata dal resto
del mondo e impossibilitata a comunicare liberamente persino
con il proprio governo.
La mossa di Pickens
La mattina del 27 dicembre Charleston si svegliò vedendo una
colonna di fumo proveniente da Moultrie. Il sindaco Macbeth
credendo che fosse scoppiato un incendio inviò in soccorso
un piroscafo con due compagnie di pompieri, ma a metà strada
la nave incrociò la guardacoste Nina che portava in
città la notizia della manovra di Anderson. Lo stesso
governatore Pickens si svegliò in una città in cui regnava
il caos, reporter e civili si affrettavano per vedere
qualcosa, truppe di stato venivano mobilitate e false voci
circolavano liberamente, come ad esempio che a Sumter
fossero giunti dei rinforzi. Un infuriato Pickens appena
ricevuta notizia di ciò che era successo realmente, inviò il
colonnello James Johnston Pettigrew e il maggiore Ellison
Capers a Sumter per incontrare il maggiore Anderson e
chiedere l'immediato ritorno a Fort Moultrie. Pettigrew
comunicò la sorpresa del governatore Pickens di fronte alla
manovra dato che tra l'ex governatore Gist e il presidente
si era raggiunta la decisione di mantenere lo status quo
nella baia. Anderson rispose che aveva semplicemente
spostato i suoi uomini da una struttura ad un'altra come
aveva diritto di fare. Inoltre egli non aveva ricevuto
nessuna comunicazione in merito ad un accordo, di fatti il
maggiore non ricevette nemmeno ordini chiari dal governo.
Anderson concluse la discussione con Pettigrew dicendo che
aveva agito di sua iniziativa per prevenire uno spargimento
di sangue, e che nonostante le sue simpatie andassero al sud
non poteva e non voleva tornare a Moultrie. Pettigrew se ne
andò e a mezzogiorno, Anderson, per ufficializzare la presa
di Sumter, schierò i suoi uomini nel piazzale del forte, il
reverendo Matthias Harris disse una preghiera ed infine
sulle note di "Hail Columbia" lo stesso maggiore issò una
grande bandiera americana ben
visibile da Charleston.
In città quando il governatore Pickens ricevette la notizia
del rifiuto di Anderson di tornare a Moultrie ordinò alle
truppe di stato sotto Pettigrew di prendere Castle Pinckney.
Alle quattro del pomeriggio del 27 dicembre, Pettigrew con
tre compagnie di milizia formate da un distaccamento della
Washington Light Infantry, le Meagher Guards e la Carolina
Light Infantry sbarcarono dalla nave Nina
sull'isola dove era ubicato il forte-castello. Gli uomini si
schierarono pensando di partecipare al primo combattimento
di una guerra, con delle scale le truppe del South Carolina
scalarono le mura ma in cima il colonnello Pettigrew vi
trovò soltanto il capitano Meade con le sue proteste. I
cancelli vennero aperti e le truppe fatte entrare, siccome
prendere prigioniero Meade che nemmeno si considerava tale
significava riconoscere che era in corso una guerra, al
capitano venne permesso di andare a Fort Sumter mentre al
resto della guarnigione, ovvero il vecchio sergente Skillen
e la sua moglie quindicenne Kate, venne garantita
l'incolumità. Tutte le proprietà federali vennero confiscate
e siccome nessuno si ricordò di portare una bandiera ne
venne issata una con una stella bianca su campo rosso presa
dalla Nina.
Da Fort Sumter Anderson, i suoi ufficiali e la guarnigione
assistettero allo spettacolo con grande indignazione. Ma
quella notte la vendetta di Pickens continuò, venne ordinato
al tenente-colonnello Wilmot G. DeSaussure di conquistare
Fort Moultrie con 225 uomini prelevati dalle batterie di
artiglieria Washington, German, Lafayette e Marion. Anche
questi uomini vennero trasportati con la guardacoste Nina
ma anche con il battello General Clinch.
Probabilmente armate solo di picche, le truppe arrivarono
sulla Sullivan's Island alle sette di sera. A loro si unì
anche il colonnello Charles Allston che insieme ai soldati
avanzò cautamente nell'oscurità temendo sopratutto che le
voci di mine disseminate tutt'attorno al forte fossero vere.
Non trovando nessuno eccetto alcuni operai, gli ufficiali e
alcuni soldati entrarono nel forte e issarono la bandiera
del South Carolina. La mattina seguente il resto della
spedizione entrò nella posizione. Intanto quella stessa
notte un capitano consegnò il suo cutter della finanza
ancorato nella baia alle autorità del South Carolina. Infine
il 30 dicembre Pickens ordinò anche l'occupazione
dell'arsenale a Charleston che venne preso dal 17th Regiment
of Infantry del colonnello John Cunningham. Al responsabile
dell'arsenale, F.C. Humphreys, fu permesso di salutare la
bandiera con 32 colpi di cannone e portarla via con se.
Humphreys e i suoi pochi soldati di guarnigione vennero
ospitati nell'arsenale in attesa di ricevere notizie da
Washington circa il loro trasferimento. Nel frattempo anche
Fort Johnson cadde nelle mani delle truppe di stato.
Le reazioni politiche e i preparativi
militari a Charleston
La mattina del 27 dicembre, a Washington, il senatore del
Texas Louis T. Wigfall, nativo del Suth Carolina e convinto
secessionista, giunse nella casa affittata da Trescot per
ospitare i tre delegati inviati da Pickens per trattare la
consegna dei forti. Già il giorno precedente il presidente
Buchanan gli comunicò la sua intenzione di riceverli, ma
solo come privati cittadini, e di inoltrare al congresso la
loro proposta di consegnare alle autorità di stato i forti
di Charleston in cambio di un risarcimento economico.
Wigfall portava però la notizia che Anderson aveva
inchiodato i cannoni di Fort Moultrie e si era rifugiato a
Sumter. Nonostante l'incredulità dei delegati e del
segretario della guerra Floyd appena giunto nell'edificio,
Trescot si recò immediatamente alla Casa Bianca accompagnato
dai due senatori sudisti Jefferson Davis del Mississippi e
Robert M.T. Hunt della Virginia. Quando comunicarono la
notizia al presidente questi rimase scioccato ed esclamò che
"ciò non solo è accaduto senza ma anche contro i miei
ordini. E' contro la mia politica." I senatori gli
consigliarono di ordinare immediatamente ad Anderson di
tornare a Moultrie prima che i secessionisti si
impossessassero degli altri forti e attaccassero Fort Sumter
facendo scoppiare una guerra civile. Il presidente preferì
però consultarsi con il suo gabinetto. Floyd sostenne che
Anderson aveva disubbidito agli ordini mentre Black disse
l'opposto. Venne allora esaminato l'ordine dell'11 dicembre
inviato ad Anderson dove era evidente che Floyd autorizzava
il maggiore a spostarsi nel caso avesse avuto prove
tangibili di un imminente attacco. Floyd continuò ad
insistere che Anderson doveva tornare a Moultrie o Buchanan
sarebbe stato accusato di aver rotto l'accordo per mantenere
lo status quo. Stanton e altri nordisti proclamarono invece
che un simile ordine avrebbe reso il presidente colpevole di
tradimento e la riunione si concluse in un
nulla di fatto.
Il 28 dicembre arrivò la notizia che Pickens aveva occupato
tutti gli altri forti di Charleston. I delegati inviati dal
South Carolina si recarono allora alla Casa Bianca chiedendo
al presidente l'immediata rimozione della guarnigione
federale da Charleston, pretendendo una risposta rapida che
Buchanan non riusciva ancora a dare. Il sud criticava
Buchanan per aver violato l'accordo mentre il nord
apprezzava la manovra di Anderson e già lo celebrava come
eroe, farlo tornare indietro avrebbe scatenato una bufera
che avrebbe potuto concludersi con l'impeachment del
presidente. Black e gli altri membri del gabinetto
dichiararono che se Sumter fosse stato evacuato avrebbero
dato le dimissioni, il presidente non poteva ignorare l'atto
di aggressione eseguito da Pickens nel catturare i rimanenti
forti di Charleston. Così dopo altre riunioni con il
gabinetto il 30 dicembre Buchanan inviò finalmente una
risposta alle richieste dei delegati secessionisti che con
sempre più vigore richiedevano l'evacuazione di Sumter:
"Questo non posso farlo, questo non lo farò". Lo stesso
giorno Buchanan prese atto delle dimissioni di Floyd
relative ad uno scandalo che lo vedeva coinvolto. Un suo
parente che lavorava per Thompson al dipartimento del Tesoro
aveva "preso in prestito" 870.000 dollari destinati ad
diverse tribù indiane e li aveva usati per pagare degli
appalti militari. Al suo posto venne nominato Holt e il
presidente cominciò a discutere con Scott della possibilità
di inviare rinforzi a Fort Sumter. Il mese di gennaio 1861
si aprì con una nuova riunione del gabinetto mentre i
delegati del South Carolina, indignati, tornavano a casa.
Nella riunione venne definitivamente deciso di soccorrere
Sumter. A colloquio con Buchanan, Scott riferì che la
corvetta Brooklyn era già stata preparata per imbarcare 200
uomini, e 90 giorni di razioni aspettavano di essere
caricate a Fort Monroe. Successivamente Scott suggerì di
sostituire la nave con un mercantile più veloce e con minore
pescaggio.
In quegli stessi giorni agli occhi del governatore Pickens
era ormai evidente che un tentativo di rifornire o
rinforzare Sumter era solo più questione di tempo. Il 31
dicembre 1860 venne ordinato al maggior-generale Schnierle
di selezionare sulla Morris Island un punto dove erigere una
batteria. Il maggiore Peter F. Stevens e 40 cadetti della
Citadel (l'accademia militare di Charleston) vennero
assegnati alla batteria che venne eretta a Cumming's Point,
un punto in grado di dominare il canale di entrata nella
baia. La batteria armata con due howitzer da 24 libbre venne
nominata Fort Morris, anche se questo nome non fu mai molto
diffuso. Per sorvegliare le acque il tenente William H. Ryan
degli Irish Volunteers e 20 uomini della 4th Brigade vennero
imbarcati sul battello General Clinch e messi di
pattuglia dalle sette di sera all'alba. A Moultrie i cannoni
vennero sistemati e piazzati su nuovi affusti e a Fort
Johnson vennero inviati 50 uomini.
La Star of the West
Nei primi giorni di gennaio a New York veniva noleggiato per
1.250 dollari al giorno un mercantile disarmato chiamato Star
of the West per svolgere la missione del Brooklyn.
Nella massima segretezza la nave venne caricata la notte del
5 gennaio e partì da New York alla volta di Charleston. Un
dispaccio venne preparato per il maggiore Anderson per
informarlo della partenza della nave e dell'autorizzazione a
rispondere al fuoco se l'imbarcazione fosse stata
bersagliata una volta giunta nella baia di Charleston. Il
messaggio però venne inviato effettivamente un po' tardi e
per mezzo della posta normale, il che rendeva sicura la
possibilità che venisse intercettato dalle autorità del
South Carolina. Infatti Anderson e la sua guarnigione
finirono per essere gli unici a rimanere all'oscuro
dell'arrivo in loro soccorso di una nave. Già il 7 gennaio
sul New York Times si leggeva che "La Star of the West,
è gia senza dubbio alcuno in rotta verso Charleston. ...pare
che la notte di sabato circa 300 marines siano stati
imbarcati... sul battello che durante la notte ha preso il
mare". Per la precisione vennero imbarcati 200 marines sotto
il comando del tenente Charles R. Woods dell'esercito. Lo
stesso giorno e quello successivo ben quattro telegrammi
furono inviati al governatore Pickens e a Rhett, che oltre
ad essere un secessionista era l'editore del Mercury, dove
veniva comunicata la partenza della nave. Mentre la missione
veniva rivelata da fonti indiscrete, la Star of the West
navigava rapidamente verso sud ed essendo in anticipo sui
tempi si fermò al largo di Georgetown, in South Carolina.
Qui mentre gli uomini passarono un paio di ore a pescare, il
capitano del battello, John McGowan, fece effettuare gli
ultimi preparativi in vista di un'accoglienza poco piacevole
a Charleston.
All'una e trenta di mattina del 9 gennaio 1861, la Star
of the West si apprestava a navigare il canale
d'ingresso alla baia di Charleston lasciato completamente senza riferimenti
luminosi dai secessionisti. Fino alle 6 del mattino il
battello si mosse lentamente in cerca di un punto di
riferimento. Avvistato finalmente Fort Sumter l'imbarcazione
procedette verso il forte ma venne subito notata da una
prima barca all'entrata della baia. Poco dopo fu avvistata
anche dalla guardacoste General Clinch che sparò
alcuni razzi di segnalazione allertando l'intera baia. Sulla
Morris Island i cadetti della Citadel vennero svegliati dal
giovane William S. Simkins, di guardia sulla spiaggia quella
notte. Appena la nave comparve di fronte alla batteria di
Fort Morris a Cumming's Point, il maggiore Peter F. Stevens
ordinò ai suoi cadetti di aprire il fuoco. Il primo pezzo
maneggiato dal cadetto George E. Haynesworth sparò un colpo
d'avvertimento al quale il battello rispose issando una
grossa bandiera americana e continuando ad avanzare verso
Fort Sumter. Il secondo cannone della batteria puntò contro
la Star of the West e aprì il fuoco, poco dopo da
Fort Moultrie una columbiade si unì al cannoneggiamento e
così fecero anche gli altri cannoni del tenente-colonnello
Roswell S. Ripley, comandante delle truppe sulla Sullivan's
Island. Ma il fuoco da Moultrie venne presto cessato poiché
il battello era ancora fuori tiro. La batteria su Morris
Island invece continuò a sparare sulla nave correggendo il
tiro ad ogni colpo, riuscendo finalmente a colpire la nave
vicino al timone ed in altri punti. La Star of the West,
con i suoi marines nascosti sotto coperta, non ricevendo
alcun aiuto da Sumter e avvicinandosi sempre più ai
pericolosi colpi di Moultrie dovette invertire la rotta e
tornare a New York.
Nel forte intanto quella mattina sul parapetto si trovava
Abner Doubleday che scrutava l'orizzonte. Nei giorni
precedenti era stato portato nel forte un giornale dove si
leggeva che la Star of the West, una nave
mercantile, stava arrivando a Sumter per portare rinforzi.
La cosa non fu presa sul serio dalla guarnigione, la quale
non avendo ricevuto nessun documento ufficiale credette che
la notizia fosse un falso, inoltre tutti si aspettavano che
venisse inviata una nave da guerra e che la cosa rimanesse
segreta e non pubblicata su un giornale. Quando all'alba
Meade vide una nave entrare nella baia con la bandiera degli
Stati Uniti, Doubleday ipotizzò che forse la storia della Star
of the West non era falsa. Quando vide che i cadetti
della batteria di Fort Morris aprirono il fuoco sulla nave
si precipitò a svegliare il maggiore Anderson. In breve
l'intera guarnigione fu sveglia e pronta ai propri posti, i
quattro cannoni puntati verso Morris Island vennero caricati
anche se erano troppo piccoli per fornire assistenza alla
nave da quella distanza. Anderson era sul parapetto del
forte con Meade, Crawford e Jefferson C. Davis quando
quest'ultimo gli comunicò che Fort Moultrie aveva aperto il
fuoco e insistette per rispondere. Anderson lo inviò a
comandare i due pezzi da 42 libbre puntati verso Moultrie ma
con l'ordine di attendere. L'eccitazione era alta nel forte,
la stessa moglie di Doubleday era pronta ad assistere uno
dei cannoni di Sumter. Meade disse ad Anderson che aprire il
fuoco avrebbe fatto scoppiare la guerra che stavano cercando
di evitare. Mentre Anderson decideva cosa fare e pensava
alle ripercussioni delle sue decisioni, la Star of the
West invertì la rotta. Il maggiore ordinò allora alla
guarnigione di ritirarsi eccetto due uomini per ogni
cannone. Anche a Charleston l'intera popolazione si svegliò
ai primi colpi, diverse compagnie di truppe di stato vennero
mobilitate e inviate in punti strategici, i cittadini si
precipitarono alla Battery (la passeggiata lungomare di
Charleston) per vedere che succedeva nella baia.
Dopo l'accaduto quando Anderson riunì i suoi ufficiali per
sentire le loro opinioni, Hall e Snyder appoggiati da
Doubleday suggerirono di chiudere il porto, Meade si schierò
contro sostenendo che ciò avrebbe fatto scoppiare una guerra
civile, Davis e Crawford sostenevano che bisognava chiedere
al governatore Pickens una spiegazione per quanto era
accaduto e avvertirlo che se la risposta fosse stata
inadeguata la baia sarebbe stata chiusa con i cannoni del
forte. Il maggiore optò per l'ultima proposta e scrisse una
nota a Pickens nel quale avvertiva che avrebbe aperto il
fuoco su qualsiasi imbarcazione tentasse di entrare a
Charleston se il governatore non avesse rapidamente fornito
spiegazioni e dichiarato che l'attacco non proveniva da suoi
ordini. A consegnare il messaggio venne inviato Hall che in
alta uniforme sbarcò in mezzo ad una folla di cittadini. In
quei momenti si diffuse anche la voce che Charleston sarebbe
stata bombardata dal forte ma nonostante tutto Hall riuscì a
consegnare il messaggio e ricevere una risposta dal
governatore. Pickens comunicava che il South Carolina era
ora uno stato indipendente e che la missione della Star
of the West aveva interrotto in maniera ostile i
negoziati a Washington. Inoltre il presidente degli Stati
Uniti era stato informato che qualsiasi tentativo di
rinforzare il forte sarebbe stato considerato un atto
ostile. Pickens concludeva che le batterie avevano l'ordine
di sparare prima un colpo di avvertimento e che quindi si
erano comportate correttamente. Per quanto riguardava la
chiusura della baia, Anderson avrebbe dovuto considerare
bene le sue responsabilità perchè tale gesto avrebbe reso lo
stato "una provincia conquistata", cosa a cui i cittadini
avrebbero opposto resistenza e ciò sarebbe significato
guerra. L'oltraggiosa risposta venne letta in fronte a tutti
gli ufficiali della guarnigione, dopodichè Anderson cominciò
a riflettere su come procedere, in particolare sul fatto che
ad un colpo di avvertimento la nave aveva risposto
continuando la navigazione. Anderson riunì nuovamente gli
ufficiali e comunicò la sua decisione, in mancanza di ordini
da Washington avrebbe inviato un ufficiale nella capitale
per chiedere istruzioni, ciò avrebbe fatto guadagnare tempo
e diminuito la tensione a Charleston. Il blocco della baia
era rimandato. Gli ufficiali si trovarono d'accordo e il
tenente Theodore Talbot la cui consunzione stava peggiorando
nel forte fu selezionato per il compito. Il tenente indossò
abiti civili e accompagnato da Crawford si recò in città.
Pickens accettò questa sorta di tregua e acconsentì a
consegnare la posta al forte, autorizzò la guarnigione a
comprare carne, pane e verdura ma non farina e il 3 febbraio
accettò di far evacuare le donne e i bambini rimasti a
Sumter.
Preparativi per una guerra
Nonostante l'ultima apertura verso Anderson, grandi
pressioni venivano fatte dai più ardenti secessionisti per
attaccare il forte, mentre altri come l'ex senatore
Jefferson Davis invitavano alla prudenza. Infatti nel mese
di gennaio altri stati del profondo sud (Florida, Alabama,
Georgia, Louisiana, Mississippi) lasciarono l'Unione e
cominciò a diffondersi l'idea che una nuova confederazione
di stati potesse nascere e prendere in gestione l'affare di
Sumter. Il governatore Pickens si trovò in mezzo a coloro
che chiedevano un attacco immediato, sia per evitare che la
faccenda finisse nelle mani di un governo sudista che per
altri motivi, e coloro che suggerivano una strategia
temporeggiatrice. Sicuramente la situazione militare a
Charleston andava migliorata in vista di qualsiasi evenienza
e già il giorno dopo lo scontro con la Star of the West,
Pickens ordinò che alcuni cannoni di Castle Pinckney
venissero trasferiti a Fort Moultrie per costruire una nuova
batteria sul margine orientale dalla Sullivan's Island. Per
proteggere meglio la baia di notte vennero preparate delle
luci e i piroscafi Aid e Marion si unirono
alla Nina e General Clinch per servire come
guardacoste. Quattro vecchie imbarcazioni donate dalla città
di Savannah vennero caricate con il granito usato per la
costruzione della dogana e affondate nel canale d'ingresso
per evitare che grosse navi da guerra entrassero nella baia.
Nel Maffit's Channel, sulla Sullivan's Island, che poteva
rivelarsi una via per rifornire Sumter venne ancorata una
nave con delle rocce a bordo pronta ad essere affondata per
bloccare il canale. Il capitano John Hamilton, dimissionario
della marina degli Stati Uniti, propose l'idea di costruire
una batteria galleggiante per colpire il forte anche dal
lato di Charleston. Insieme al maggiore J.H. Trapier il
progetto venne presentato alle autorità del South Carolina
che lo approvarono stanziando 12.000 dollari e pretendendo
che venisse completato in tre settimane. La batteria
galleggiante, una chiatta di circa 24 metri per 12 con tetto
di ferro, doveva ospitare due cannoni da 42 libbre e due da
32 libbre, non aveva motori e doveva essere rimorchiata in
posizione. Pure a Fort Sumter i preparativi per una guerra
proseguirono. Entro il 21 gennaio vennero posizionati 51
cannoni di cui due columbiadi vennero piantate nella piazza
interna del forte per essere utilizzati come mortai. Il
capitano Foster del genio teneva costantemente informato il
suo superiore, il 72enne generale Joseph G. Totten che
ricopriva il ruolo di comandante del genio sin da prima
della guerra contro il Messico. Foster osservò che a
Moultrie i parapetti vennero dotati di merli e le postazioni
d'artiglieria rinforzate con sacchi di sabbia e terra
rendendo il forte invulnerabile ai colpi di Sumter. Venne
anche a conoscenza di due nuove batterie sulla Sullivan's
Island ma che non si riuscivano a vedere da Sumter, si
vedeva invece che Castle Pinckeny era stato solamente
rinforzato con dei sacchi di sabbia e che le truppe sotto il
brigadier-generale John Dunovant avevano piazzato tre
cannoni a Fort Johnson più una nuova batteria di mortai in
costruzione. La batteria sulla Morris Island che aveva
aperto il fuoco contro la Star of the West contava ora
quattro cannoni ma a preoccupare Foster era l'arrivo a
Cumming's Point, poco più di un chilometro da Sumter, di
grandi quantità di materiali e lavoratori per costruire una
ben fortificata batteria da affiancare a quella esistente.
Questa era la batteria più vicina al forte e la più
pericolosa per qualunque nave decidesse di entrare nella
baia.
Batteria galleggiante
fotografata nel 1861.
Da sinistra: un progetto e un
schizzo dell'epoca della batteria galleggiante.
Altri mesi di attesa
L'11 gennaio Pickens inviò Judge Magrath e David F. Jamison
a Fort Sumter per chiedere nuovamente la resa del forte. I
due emissari furono ricevuti direttamente da Anderson che
prese la lettera e riunì i suoi ufficiali per discutere.
Tutti furono d'accordo nel rifiutare la richiesta e
attendere ordini da Washington. Anderson comunicò la sua
risposta negativa e aggiunse che era il governo che doveva
prendere la decisione di abbandonare o tenere Sumter.
Magrath tentò di persuadere il maggiore avvertendo che
l'Unione era ormai in fallimento e che presto il forte
sarebbe stato attaccato da migliaia di sudcaroliniani. I due
secessionisti se ne dovettero andare con il rifiuto di
Anderson e una lettera per Pickens nella quale il maggiore
proponeva che entrambi riferissero della faccenda a
Washington. Pickens accettò, era un buon modo per guadagnare
del tempo per migliorare le posizioni militari, e Isaac W.
Hayne venne scelto per essere mandato nella capitale,
Anderson inviò il tenente Hall. Hayne aveva il compito di
chiedere al presidente Buchanan l'immediata resa di Fort
Sumter e avvertire che qualsiasi tentativo di mantenere la
guarnigione federale a Charleston avrebbe portato ad una
guerra.
A Washington Buchanan aveva ormai perso tutti i suoi amici
meridionali che seguirono i loro stati nella secessione. Il
10 gennaio il nuovo segretario della guerra Holt scrisse ad
Anderson che il governo supportava le sue azioni ma lo
invitava a continuare "ad agire strettamente sulla
difensiva" e per questo il 21 gennaio il maggiore rifiutò la
proposta di Doubleday di ordinare ai secessionisti di
cessare i lavori alle batterie e in caso di risposta
negativa aprire il fuoco e distruggere tutte le postazioni
ancora deboli. Due giorni dopo il tenente Talbot inviato da
Sumter riferì al presidente che Anderson
non aveva difeso la Star of the West poiché gli
ordini non erano giunti al forte e fece un rapporto sulle
trattative con Pickens. La notte del 13 giunsero nella
capitale anche Hayne e Hall. Hall consegnò al presidente il
rapporto di Anderson sull'affare della Star of the West
e della tregua raggiunta con Pickens in attesa di ricevere
nuovi ordini. Il presidente dette pieno appoggio alla cauta
gestione di Anderson ma per sua sfortuna la tregua stava per
cessare poiché nuovi ordini dovevano essere inviati al
maggiore. Hayne intanto che stava per consegnare al
presidente la richiesta di resa del forte fu contattato da
alcuni senatori degli stati secessionisti. Questi riuscirono
a far rimandare la consegna della richiesta e ad inviare al
governatore Pickens una proposta di estendere la tregua fino
al 15 febbraio durante la quale Buchanan non avrebbe inviato
rinforzi al forte. Buchanan venne contattato da questi
senatori e dichiarò di essere disponibile ad una tregua del
genere a patto che il forte potesse ricevere la posta e dei
rifornimenti. Mentre la proposta veniva considerata da
Pickens, il 16 gennaio il senatore Clay chiese al presidente
di ritirare la guarnigione di Sumter per alleviare le
tensioni con i secessionisti, la risposta di Buchanan fu
chiara: "non posso in qualsiasi circostanza ritirare le
truppe".
In quei giorni il nuovo segretario della guerra Holt
comunicò al maggiore Anderson che il presidente approvava la
sua esitazione a rispondere al fuoco in mancanza di ordini e
che nessuna nuova spedizione sarebbe stata inviata, a meno
che Anderson non richiedesse soccorso. Di fatti da quando la
crisi si era inasprita Anderson non aveva più richiesto
rinforzi per evitare di far scattare la scintilla di uno
spargimento di sangue. Comunque ora Anderson doveva
osservare i preparativi dei secessionisti per informare il
governo più spesso che poteva e preparare le difese per
qualsiasi sviluppo. Anche Hayne comunicò col South Carolina,
inviò tre lettere e cinque telegrammi per persuadere il
governatore Pickens ad accettare la tregua e non fare
nessuna manovra aggressiva. Anche Jefferson Davis, Louis T.
Wigfall, William Porcher Miles e Maxcy Gregg scrissero
messaggi simili consigliando a Pickens di non fare nulla e
guadagnare il tempo necessario per prepararsi a qualsiasi
evenienza. Nei primi giorni di febbraio si continuò a
discutere. Hayne avanzò la proposta del South Carolina di
acquistare il forte ma il segretario Holt rispose che non
era nei poteri del presidente vendere strutture del governo,
Buchanan a sua volta continuava a reiterare la sua strategia
difensiva e pacifica e minacciava che qualsiasi attacco al
forte avrebbe scaricato tutta le responsabilità di una
guerra sugli attaccanti. A questa affermazione Hayne rispose
con una lettera indignata che il presidente rifiutò, i
rapporti vennero tagliati e John Tyler, ex presidente degli
Stati Uniti, tentò di pacificare gli animi chiedendo inoltre
a Buchanan che nessun rinforzo o rifornimento venisse
inviato, e addirittura che se possibile la guarnigione
venisse ritirata, ma il presidente rifiutò.
Nei primi giorni di febbraio si aprì anche una conferenza di
pace che si rivelò però un fallimento poiché oltre a non
giungere a nessuna decisione concreta nelle varie sessioni,
nessun rappresentate degli stati secessionisti, del
nord-ovest e del Pacifico parteciparono. Anche alla
conferenza di pace i vari piani di compromesso offerti
fallirono come al congresso, grazie anche al ruolo dei
repubblicani.
Negli stessi giorni a Montgomery, in Alabama, i delegati
degli stati secessionisti si riunivano invece per discutere
della possibilità di creare una nuova confederazione. Oltre
a giungere questa notizia, a Washington arrivarono anche i
rapporti di Anderson che indicavano un miglioramento delle
batterie secessioniste che minacciavano il forte. Holt
chiese al presidente che
reazione avrebbe dovuto avere il maggiore nel caso fosse
stato bombardato, la risposta fu che doveva rispondere ma
Buchanan sottolineò il fatto che bisognava evitare di essere
i primi ad aprire il fuoco. Il 7 febbraio venne presentato
al presidente un piano che prevedeva di inviare rifornimenti
e rinforzi con una nave mercantile scortata da due
rimorchiatori e due navi da guerra. Il piano non piacque al
presidente per via del fatto che fu portato all'attenzione
da un ex democratico passato ai repubblicani e perchè John
Tyler facendo da mediatore con Pickens assicurò che nessun
movimento aggressivo sarebbe stato compiuto dal South
Carolina. Il 19 febbraio, il giorno dopo che a Montgomery i
secessionisti crearono gli Stati Confederati, il piano fu
nuovamente discusso dal gabinetto di Buchanan. Erano giunte
voci che Pickens voleva attaccare Sumter prima che il nuovo
governo sudista prendesse il controllo delle operazioni. A
Tyler venne affidato il compito di accertare questa voce e
scongiurare qualsiasi realizzazione del progetto. Nel
frattempo il generale Scott, il segretario Holt e il
segretario della marina Isaac Toucey prepararono una flotta
di quattro vascelli del Dipartimento del Tesoro sotto il
comandante James H. Ward per salpare nel caso si presentasse
la necessità. Il senatore Louis Wigfall scoprì i preparativi
e il 20 febbraio telegrafò a Pickens avvertendolo. Così lo
stesso giorno Tyler ricevette da Pickens un messaggio dove
si negava qualsiasi intenzione ad attaccare. Scott propose
al presidente di inviare lo stesso la flotta con i rinforzi
e i rifornimenti prima che fosse troppo tardi ma Buchanan
basandosi sulle assicurazioni di Tyler che non ci sarebbe
stato nessun attacco e sperando che la conferenza di pace
riunita in Virginia giungesse a una soluzione, rifiutò la
proposta.
In realtà il 18 febbraio Pickens aveva inviato al neonato
governo confederato un telegramma dove annunciava che aveva
intenzione di attaccare Fort Sumter entro la fine della
settimana. Il presidente sudista Jefferson Davis gli rispose
chiedendogli di lasciare decidere alle nuove autorità
costituite se inaugurare una guerra o mantenere la pace e
trattare gli interessi del sud con le nazioni straniere, era
inoltre importante non far scoppiare un conflitto con il
nord ma lasciare spazio alle trattative pacifiche. Il
presidente confederato inviò così a Charleston il maggiore
William H.C. Whiting, un ufficiale con esperienza di
ingegneria, a ispezionare le batterie piazzate dalle
autorità del South Carolina. Il primo passo per spostare la
competenza e le responsabilità della vicenda di Fort Sumter
dalle mani di Pickens a quelle del governo confederato era
stato compiuto.
L'arrivo dei confederati a Charleston...
Dentro Fort Sumter il maggiore Anderson e la sua guarnigione
federale stavano vivendo una situazione sempre più dura.
Nonostante potessero comprare cibo a Charleston le scorte
stavano inesorabilmente scarseggiando, il combustibile per
scaldarsi si stava esaurendo, il whiskey e il tabacco erano
finiti, la posta prima di giungere al forte veniva aperta
dai secessionisti e le proprietà private lasciate a Moultrie
non vennero mai restituite. Nonostante tutto però il morale
non era basso, ma Anderson continuava ad essere preoccupato,
non sapeva se tutti i suoi dispacci giungevano a Washington
e non poteva sapere esattamente cosa il governo pianificava.
Altri preparativi per difendere il forte da un assalto
vennero completati, vennero piazzati degli esplosivi in modo
da scagliare frammenti di pietra e muratura contro qualsiasi
invasore. Inoltre una columbiade venne montata per essere
usata come mortaio contro Charleston. Ma l'accerchiamento
dei secessionisti si faceva sempre più forte e snervante,
nonché ardito. Il 12 febbraio ad esempio una guardacoste si
avvicinò talmente al forte che venne sparato un colpo di
avvertimento da una sentinella, Anderson inviò poi una
lettera di protesta al governatore.
Alla fine di febbraio, ormai a conoscenza della nascita di
un governo sudista, Anderson chiese ai suoi ufficiale di
mettere per iscritto le loro opinioni su quanti uomini
sarebbero serviti per soccorrere Sumter. Crawford propose
2.000 uomini contro le truppe del South Carolina ma 4.000 e
una flotta nel caso si sarebbero dovute confrontare le forze
degli Stati Confederati. Jefferson C. Davis sosteneva che
almeno 3.000 regolari e sei navi erano necessarie trovandosi
d'accordo con Doubleday, il quale però aggiunse che se
bisognava affrontare le truppe inviate dalla nuova nazione,
allora
almeno 10.000 uomini erano necessari. Hall propose 3.500
regolari con sette navi, Meade almeno 5.000, Talbot
ottimisticamente solo tra i 1.000 e i 3.500, Snyder
proponeva tra i 4.000 e i 9.000 mentre Seymour arrivava
persino a 20.000 uomini. L'ultimo giorno di febbraio
Anderson inviò queste opinioni al dipartimento della guerra
assieme ad una sua lettera nella quale affermava che "non
rischierei la mia reputazione nel tentativo di inviare
rinforzi in questa baia, nei tempi limitati dovuti alle
scarse forniture dei nostri approvvigionamenti... con una
forza inferiore a 20.000 uomini ben disciplinati".
La nuova preoccupazione del maggiore Anderson a febbraio era
rappresentata dall'arrivo di un esercito secessionista
formato da professionisti e guidato da ufficiali di
professione. Questa paura si materializzò quando poco dopo
all'arrivo di Whiting il governatore Pickens ricevette un
telegramma dal nuovo dipartimento della guerra sudista
guidato da Leroy P. Walker: "Questo governo assume il
controllo delle operazioni militari a Charleston...".
Pierre Gustave Toutant Beauregard aveva appena assunto la
sovrintendenza dell'accademia di West Poin nel 1861 quando i
vertici dell'esercito federale si accorsero di aver fatto
forse un errore. Il suo stato nativo, la Louisiana, stava
valutando l'ipotesi della secessione in quel periodo e molti
cominciarono a dubitare della sua lealtà e lo sollevarono
dall'incarico. Ricevendo un telegramma dal governatore della
Louisiana che richiedeva di unirsi alle forze di stato,
Beauregard lasciò il nord per recarsi a casa dove infine
decise di dare le dimissioni dall'esercito. Dopo che il
comando delle truppe di stato andò a Braxton Bragg per
protesta si arruolò come soldato in una compagnia locale, le
Orleans Guards. A febbraio dopo aver contattato il nuovo
presidente sudista e grazie ad alcuni appoggi politici venne
invitato a Montgomery, la capitale della nuova nazione
sudista. A Charleston c'era ora bisogno di un ufficiale che
nel caso in cui i negoziati con Washington fallissero
potesse formalmente chiedere la resa del forte come
rappresentante delle forze armate del nuovo governo. Inoltre
nella baia di Charleston era necessario inviare un ufficiale
competente e Beauregard si era diplomato con ottimi voti a
West Point ed era entrato nel genio, aveva combattuto nella
guerra contro il Messico e dopo la guerra aveva lavorato
alle difese sul fiume Mississippi in Louisiana. Fu così che
Beauregard il primo marzo ricevette la nomina a
brigadier-generale e l'ordine di prendere il comando a
Charleston. Al governatore Pickens venne inviato un
telegramma nel quale veniva comunicato che il generale
prendeva il controllo di tutte le operazioni militari.
Beauregard giunse in città il 3 marzo ed incontrò subito il
governatore al Charleston Hotel, solo il 6 marzo prese il
comando delle forze che stavano assediando il suo vecchio
insegnante di West Point, il maggiore Robert Anderson.
Subito fece un'ispezione insieme ai suoi ingegneri di tutte
le batterie della baia giungendo alla conclusione che in
gran parte si trattava di lavori amatoriali. Il generale
confederato scrisse al segretario della guerra Walker
chiaramente che "Sembra che chiunque qui si stia
gradualmente rendendo conto che non siamo ancora pronti per
questo conflitto".
...e di Abraham Lincoln a Washington
Mentre Beauregard prendeva il comando a Charleston, il
presidente Lincoln teneva il 4 marzo il suo discorso
inaugurale e si apprestava a rimpiazzare un sollevato
Buchanan. Quella mattina mentre Buchanan firmava le sue
ultime carte da presidente, Holt giunse con il dispaccio di
Anderson dove veniva stimato dal maggiore che almeno 20.000
uomini erano necessari per conquistare le batterie che
minacciavano Fort Sumter e salvare il forte dalle mani dei
secessionisti, inoltre veniva segnalato che rimanevano
scorte sufficienti per soli 40 giorni. Il presidente
Buchanan fece rimandare la questione e Holt, che sarebbe
rimasto segretario della guerra sino all'arrivo di Simon
Cameron, preparò una lettera in cui spiegava a Lincoln la
faccenda. Il presidente eletto tenne il suo discorso, fino
ad allora non aveva rivelato nulla dei suoi punti di vista
sulla secessione e dei forti rimasti in mano federale nel
sud. Nel discorso rese chiaro che la secessione era illegale
ma che non avrebbe usato la forza per domarla, avrebbe però
mantenuto il controllo di tutte le installazioni federali,
che se attaccate sarebbero state difese.
Quella notte l'ex presidente Buchanan dovette ancora
lavorare per discutere con il suo gabinetto la lettera di
Anderson. Il giorno seguente fecero lo stesso al
dipartimento della guerra e infine inviarono tutte le carte
necessarie al presidente Lincoln. Prima ancora che queste
giungessero al nuovo presidente, Buchanan era già a bordo
del suo treno diretto a casa. La lettera di Anderson che
venne recapitata a Lincoln il mattino dopo da Holt lo
scioccò quanto scioccò Buchanan. Tra le carte consegnate vi
erano anche tutti i dispacci ricevuti da Anderson, e Holt
faceva notare che "Il maggiore Anderson ha riferito
regolarmente e frequentemente i progressi delle batterie che
venivano costruite attorno a lui...ma non ha suggerito che i
loro lavori compromettevano la sua sicurezza, né ha fatto
nessuna richiesta che ulteriori rifornimenti o truppe gli fossero inviate".
Anderson aveva realmente tenuto informato il dipartimento
della guerra sui progressi del nemico e del calo delle sue
provviste ma non aveva esplicitamente richiesto, come
previsto dagli ordini di Holt del 19 gennaio, di ricevere
soccorso. Anderson sapeva che una richiesta del genere
sarebbe culminata in un'altra spedizione che questa volta
avrebbe potuto portare alla guerra. Nonostante tutto però il
governo aveva ugualmente preparato una spedizione pronta a
salpare da New York nel giro di poche ore, ma non della
portata suggerita da Anderson. Lincoln chiese a Holt se ci
si potesse fidare di Anderson, la risposta fu positiva e il
presidente passò il dispaccio al generale Scott per la sua
opinione. "Non vedo altra alternativa che la resa, in alcune
settimane" fu la risposta di Scott, una risposta incettabile
per il presidente Lincoln che pertanto invitò il vecchio
generale a studiare ulteriormente la situazione e trovare un
modo per salvare il forte. L'11 marzo il generale riferì che
rinforzare e rifornire Sumter richiedeva una flotta di navi
da guerra, di navi da trasporto e di truppe che avrebbero
richiesto dai 6 agli 8 mesi solo per essere radunate. Il
personale punto di vista di Scott era che "Come pratica
questione militare il momento per soccorrere Sumter...è
passato da circa un mese. Da allora la resa a causa di un
assalto o per fame è diventata un semplice questione di
tempo".
In quei primi giorni di governo il nuovo segretario di stato
William H. Seward e altri politici nordisti vedevano Lincoln
come un uomo debole e pensavano che dietro alle quinte il
vero presidente sarebbe stato Seward, come era già successo
con Zachary Taylor e William H. Harrison. Scott era amico di
Seward e cominciò a spalleggiarlo supportando il suo
progetto, ovvero quello di evacuare il forte immediatamente.
Seward era convinto che evitando uno scontro armato gli
stati del sud si sarebbero infine convinti a rimanere
nell'Unione, ciò poiché a suo parere la maggior parte dei
sudisti erano ancora intimamente fedeli all'Unione. Il
segretario di stato, per mezzo del governatore filo-sudista
della California William Gwin, rassicurò Martin J. Crawford,
uno dei tre delegati del governo confederato inviati a
Washington per trattare l'evacuazione di tutte le
installazioni federali a sud e il riconoscimento della nuova
nazione, che l'abbandono di Sumter era ritardato solo da
alcuni piccoli problemi della nuova amministrazione appena
insediata. Allo stesso tempo confidò al suo amico e
corrispondente del New York Tribune, James Harvey, che il
governo aveva deciso di ritirare Anderson. Harvey era un
nativo del South Carolina e l'11 marzo telegrafò
immediatamente la notizia a Charleston. Tutto ciò avvenne
senza che Lincoln approvasse o sapesse nulla, Seward era
convinto che prima o poi il presidente avrebbe abbandonato
il forte. Ma lo stesso giorno, quando Lincoln informò il suo
gabinetto del parere di Scott, il direttore delle poste
Montgomery Blair invitò suo cognato, Gustavus Vasa Fox, a
Washington. Fox si era diplomato all'accademia navale di
Annapolis e aveva servito con distinzione nella marina prima
di ritirarsi a vita privata. A febbraio egli aveva già
proposto a Scott un piano per soccorrere Sumter e il 13
marzo arrivò alla Casa Bianca per presentarlo direttamente
al presidente Lincoln. Il suo piano prevedeva di inviare a
Sumter due navi da guerra, una da trasporto e tre
rimorchiatori. Una volta davanti a Charleston, rifornimenti
e truppe sarebbero stati caricati sui rimorchiatori che di
notte, protetti dalle tenebre, avrebbero evitato il fuoco
delle batterie e avrebbero
raggiunto Sumter sbarcando i loro carichi, mentre le navi da
guerra avrebbero protetto le barche da eventuali attacchi
navali. Fox sarebbe stato onorato di prendere il comando e
guidare la spedizione nel giro di qualche giorno. Il 14
marzo il gabinetto venne informato di questo piano e il 15
Lincoln richiese ai membri di preparare una risposta scritta
al quesito: "Assumendo che sia ora possibile rifornire Fort
Sumter, sotto tutte le circostanze è saggio fare un
tentativo?" Più tardi quel giorno Seward fece un'altra
promessa ai sudisti, il forte sarebbe stato evacuato in tre
giorni, e tre giorni dopo le risposte al quesito di Lincoln
vennero consegnate. Seward, il segretario della marina
Gideon Welles, il segretario della guerra Simon Cameron, il
segretario dell'interno Caleb Smith e il procuratore
generale Edward Bates suggerivano l'evacuazione mentre solo
Blair e il segretario del tesoro Salmon P. Chase proponevano
un tentativo di mantenere il forte. Ma Lincoln non cedette
alla maggioranza e inviò a Sumter per un sopraluogo lo
stesso Fox accompagnato da Stephen Hurlbut e Ward Hill
Lamon, i quali avevano invece il compito di scoprire chi e
quanti supportavano ancora l'Unione.
I delegati confederati a Washington cominciarono ad
irritarsi e fecero pressioni su Seward per sapere quando
questa evacuazione sarebbe stata ordinata. Seward continuò a
rassicurarli dicendo che era solo questione di giorni, ma
ormai la fiducia in una soluzione del genere stava svanendo
nelle prospettive del presidente Jefferson Davis, che seppur
sperando in un esito positivo autorizzò i suoi tre delegati
a informare Seward che gli stati sudisti sarebbero potuti
tornare nell'Unione se precise assicurazioni sulla schiavitù
sarebbero state date dal governo. Questa fu semplicemente
una mossa da parte del nuovo governo confederato di
guadagnare più tempo per prepararsi all'eventuale scoppio di
una guerra.
Il 25 marzo Fox tornò a Washington e riferì a Lincoln che
Anderson riteneva una missione di soccorso dal mare
impraticabile. Fox sostenne invece che il suo piano era
fattibile e che Anderson aveva assicurato di poter resistere
altri giorni tagliando le razioni ai suoi uomini. Due giorni
dopo arrivarono anche Lamon e Hurlbut. Lamon era stato
completamente influenzato da Seward e aveva comunicato ad
Anderson che a breve sarebbe stato evacuato mentre Hurlbut,
sfruttando le suo origini di Charleston, era riuscito a
parlare con diversi amici che gli avevano rivelato che il
sostegno per l'Unione era minimo e che persino i moderati
avrebbero acconsentito ad opporre resistenza ad un tentativo
di rifornire Sumter. Ciò rivelava che Seward non conosceva
il reale stato delle cose. Il 29 marzo Lincoln giunse a una
decisione che comunicò al suo gabinetto: una spedizione
sarebbe stata inviata a Sumter. Il governatore Pickens
sarebbe stato avvisato e informato che se non ci fosse stata
resistenza sarebbero state sbarcate solo provviste per la
guarnigione, ma se ci fosse stata un'aggressione sia
rifornimenti che truppe sarebbero state sbarcate. Alla
proposta si oppose solo Seward che non seppe però convincere
nessuno.
Una nuova spedizione o la resa del forte?
Mentre nei primi giorni di marzo a Charleston veniva issata
la bandiera confederata, tutte le batterie sudiste
cominciarono con più frequenza ad esercitarsi. L'8 marzo per
sbaglio venne sparato un colpo dalla batteria del maggiore
Stevens che colpì la banchina fuori Fort Sumter.
Immediatamente il maggiore sudista si imbarcò su una lancia
e sotto bandiera bianca si recò da Anderson con una lettera
del colonnello Maxcy Gregg che si scusava con il maggiore
della guarnigione, la guerra non era stata dichiarata e si
era trattato solo di un incidente. In realtà un membro della
batteria, E. Lindsley Halsey, stufo di addestrarsi aveva
caricato il pezzo con una palla per movimentare un po' le
cose. L'11 marzo giunsero a Fort Sumter le prime voci di
un'evacuazione e nei giorni seguenti la cosa sembrava sempre
più certa, anche se da Washington non era giunto nessun
telegramma. I sudisti festegiarono alla notizia sparando con
i loro cannoni e in alcuni casi interrompendo i lavori di
fortificazione, ma un telegramma dal segretario della guerra
sudista Leroy P. Walker avvertiva di non dare troppo credito
alle voci e di continuare i preparativi. La tensione si era
un po' alleviata ma Anderson continuava a temere un attacco,
in particolare lo preoccupava un assalto eseguito sul lato
rivolto verso Morris Island dove si trovava anche l'approdo
con la banchina recentemente colpita. Qui il capitano Foster
del genio fece minare l'area e il cancello d'entrata venne
murato lasciando solo un piccolo passaggio. Due cannoni
vennero posizionati
per proteggere l'entrata e un howitzer per colpire l'area
del molo. Degli esplosivi vennero piazzati in modo da essere
detonati dall'interno del forte e scagliare pietre addosso
agli aggressori. Una dimostrazione di questi esplosivi venne
fatta mentre una nave sudista passava nei dintorni e gli
spaventosi effetti vennero subito comunicati dai passeggeri
alle autorità confederate. Il 21 arrivò a Charleston Fox che
assicurò il governatore che la sua missione era pacifica e
destinata a scoprire solamente quanto provviste rimanevano
ad Anderson. Il governatore lo autorizzò a recarsi nel forte
ma scortato dal capitano della marina Henry J. Hartstene che
doveva sorvegliarlo attentamente. Fox non disse nulla al
maggiore del suo piano ma chiese solamente quanto poteva
resistere diminuendo le razioni. Una volta terminata la
missione Beauregard chiese al capitano Hartstene se aveva
mai lasciato da solo Fox, il capitano rispose che "solo per
un breve momento quando era insieme ad Anderson" mentre lui
parlava con gli altri ufficiali. "Temo che avremo modo di
pentirci di questo breve momento" fu la risposta di
Beauregard. Mentre i confederati finivano gli ultimi
preparativi per illuminare a giorno la baia in caso di un
attacco notturno, centinaia di volontari da tutto lo stato
affluirono a Charleston e in alcuni casi vennero anche
rimandati in dietro. Ma 64 volontari da Baltimora non
potevano essere rispediti indietro e vennero così assegnati
a Castle Pinckney e successivamente trasferiti in servizio
nell'esercito regolare confederato. Nonostante tutto, nei
giorni in cui l'evacuazione sembrava quasi certa, un
episodio testimonia come lo spirito dei confederati si
addolcì nei confronti dei nordisti. Il tenente-colonnello
A.R. Chisolm inviato a Fort Sumter con un incarico finì per
chiacchierare con gli ufficiali federali i quali si
lamentarono di aver finito i sigari. Dopo aver ottenuto
l'autorizzazione di Beauregard il colonnello la volta
successiva portò con se sigari e alcune casse di vino, il
regalo fu apprezzato da tutti eccetto dal maggiore Anderson
che comunicò a Beauregard che degli ordini erano stati
predisposti per evitare in futuro un'altra simile
irregolarità. In quegli stessi giorni Beauregard gli
scrisse, dopo la visita di Lamon in città, che "essendo
stato informato che il signor Lamon, l'agente autorizzato
dal presidente degli Stati Uniti, ha avvisato il governatore
Pickens dopo l'intervista avuta con voi a Fort Sumter, che
voi stesso e la guarnigione sarete trasferiti in pochi
giorni, e venendo a conoscenza del fatto che avete
l'impressione che io sotto qualsiasi circostanza abbia
intenzione di richiedere una formale resa o capitolazione,
mi affretto a chiarivi, e a informarvi che i nostri paesi
non essendo in guerra e che essendo desideroso per quanto
sia in mio potere di evitare tale calamità, non mi aspetto
da parte vostra nessuna condizione del genere a meno che
come naturale frutto delle ostilità".
Ma il 29 marzo Beauregard ricevette ordini dal governo
confederato di impedire qualsiasi ulteriore comunicazione
tra il forte e Washington e l'arrivo di rifornimenti, il
forte doveva essere reso completamente isolato.
Quando sembrò ormai evidente che l'evacuazione era
imminente, Anderson ordinò al capitano Foster di far andare
via gli operai civili rimasti e chiedendo l'autorizzazione a
Pickens. Ciò avrebbe permesso di risparmiare anche del cibo
dato che il primo aprile venne aperto l'ultimo barile di
farina. Il segretario confederato della guerra Walker
sapendo della scarsità di provviste rifiutò l'autorizzazione
a meno che insieme agli operai fosse evacuata l'intera
guarnigione. Ormai esasperato Anderson scrisse a Washington
comunicando che, come aveva riferito a Fox, poteva resistere
con razioni limitate fino al 10 aprile, ma non ricevendo
alcuna risposta o ordine decise di mantenere le razioni
quotidiane a livelli normali. Il 3 aprile inviò un altro
messaggio dove avvisava che il pane sarebbe stato
disponibile solo per altri 4 o 5 giorni, ma anche questa
volta non ottenne nessuna risposta.
Quello che Anderson non sapeva era che Lincoln subito dopo
la riunione del 29 marzo quando avevo deciso di soccorrere
Sumter si era subito messo al lavoro. Il presidente inviò
gli ordini al dipartimento della marina per preparare le
navi e al dipartimento della guerra per radunare 300 uomini
e rifornimenti a New York, il tutto venne posto sotto il
comando di Fox. Il primo aprile intanto, i delegati
secessionisti si rivolsero a Seward per avere notizie sulle
intenzione del governo circa il futuro di Fort Sumter. Dopo
avere a lungo promesso un'evacuazione ora Seward riferiva
che il governo non avrebbe tentato di rifornire Fort Sumter
senza prima informare il governatore Pickens. Alla fine i
confederati capirono che un ordine di evacuazione non
sarebbe mai stato consegnato alla guarnigione di Sumter.
Seward passò per un bugiardo, sembrava che fino ad allora
avesse promesso un'evacuazione per permettere una tranquilla
preparazione di una spedizione per rinforzare Fort
Sumter.
Il 4 aprile Lincoln e Fox fecero gli ultimi preparativi per
la missione. Fox aveva ottenuto il piroscafo Baltic
e tre rimorchiatori, più l'autorità ad impiegare le navi da
guerra Pawnee, Pocahontas e il cutter Harriet
Lane. Lincoln ordinò che una volta radunati di fronte
a Charleston, una barca disarmata con a bordo dei
rifornimenti doveva essere inviata a Sumter. Se i
secessionisti avessero aperto il fuoco la barca doveva
tornare indietro e i tre rimorchiatori coperti dal fuoco
delle navi da guerra dovevano sbarcare le truppe nel forte.
Per essere sicuri che questa volta il forte rispondesse al
fuoco se necessario, il segretario della guerra Cameron
inviò un dispaccio ad Anderson dove lo avvisava che una
spedizione era in arrivo entro il 15 e di resistere. Però se
prima dell'arrivo dei soccorsi la resa fosse divenuta una
necessità, era autorizzato a cedere. Fox mentre si trovava
ancora a Washington chiese al segretario della marina Welles
di fornirgli un'altra potente nave da guerra e il segretario
ordinò prontamente al capitano Samuel Mercer di prendere il
comando della Powhatan e unirsi alla spedizione per
Sumter. Ma nel frattempo si era intromesso Seward, ancora
deciso ad evitare la missione di Sumter. Il 29 marzo si
presentò alla Casa Bianca accompagnato dal capitano
Montgomery C. Meigs del genio per discutere della situazione
di Fort Pickens, in Florida, una situazione molto simile a
quella di Sumter. La missione intrapresa precedentemente per
soccorrere quel forte sembrava essersi impantanata e alla
fine della riunione Lincoln chiese al capitano di preparare
un nuovo piano. Il 31 il nuovo piano venne presentato e
approvato e il 1 aprile giunse la conferma che la precedente
spedizione, che consisteva nella USS Brooklyn con a
bordo dei rinforzi, non era giunta a destinazione per
problemi di comunicazione con la capitale. Vennero così
accelerati i preparativi per la nuova spedizione a Fort
Pickens e Seward si occupò personalmente di passare degli
ordini a Lincoln per approvarli. In uno di questi veniva
ordinato alla USS Powhatan a New York di salpare il
prima possibile, l'obbiettivo era usare la nave di supporto
alla Brooklyn mentre questa scaricava rinforzi e
rifornimenti a Fort Pickens. Il 5 aprile a New York si
presentarono i capitani Mercer e Meigs per prendere entrambi
il comando della Powhatan. Seward aveva assegnato la
nave alla spedizione di Fort Pickens senza aver avvisato il
segretario Welles, e ora i due officiali se la contendevano.
Meigs sosteneva che i suoi ordini erano prioritari poiché
firmati dal presidente stesso, Mercer sosteneva invece che i
suoi essendo stati firmati
dopo erano quelli da seguire. Meigs allora scrisse a Seward
chiedendo chiarimenti, questi spiegò a Welles del pasticcio
facendolo infuriare per essere stato tenuto all'oscuro circa
la spedizione di Fort Pickens. I due si recarono alla Casa
Bianca dove Lincoln si scusò con Welles dicendo di aver
scambiato la Powhatan con la Pocahontas.
Welles chiese al presidente di confermare l'assegnamento
della Powhatan alla flotta diretta a Sumter, ma
Seward, speranzoso di poter cancellare la spedizione
privandola della potente nave, insistette affinché venisse
inviata con Meigs a Fort Pickens. Ma per Lincoln la priorità
andava a Fort Sumter e ordinò a Seward di informare New York
della decisione di assegnare la Powhatan a Mercer,
ma Seward firmò l'ordine a suo nome e non con quello di
Lincoln come avrebbe dovuto. A New York il comandante Andrew
H. Foote della base navale ricevette l'ordine di Seward ma
ritenne l'autorità del presidente che aveva firmato il
precedente ordine superiore e pertanto assegnò la nave alla
spedizione per Fort Pickens. Così il 6 aprile all'insaputa e
contro la volontà di Lincoln, la Powhatan salpò per
la missione sbagliata. Anche Fox prese il mare credendo che
la nave da guerra li avrebbe raggiunti a Charleston,
tuttavia poteva contare solo sulla Baltic su cui si
trovava con 200 soldati e i tre rimorchiatori che lo
seguivano. A Charleston poi si sarebbero unite la Pawnee,
la Pocahontas e la Harriet Lane.
Per evitare un altro episodio come quello della Star of the
West l'impiegato Robert Chew del dipartimento di stato e il
capitano Theodore Talbot vennero inviati a Charleston per
consegnare un messaggio. L'8 aprile Talbot riuscì ad
ottenere un colloquio con il governatore Pickens al quale
Chew comunicò l'intenzione del governo di rifornire Sumter.
Il governatore fece presente che ora lo stato del South
Carolina faceva parte della Confederazione e il generale
Beauregard era responsabile per le operazioni militari, era
necessaria anche la sua presenza. Quando il generale arrivò
Pickens lesse il messaggio che Chew portava: "Sono stato
ordinato dal presidente degli Stati Uniti per notificarvi
che un tentativo di rifornire Fort Sumter con provviste
soltanto sarà eseguito, e se questo tentativo non sarà
resistito, nessuno sforzo per sbarcare uomini, armi o
munizioni sarà fatto senza essere prima notificato, eccetto
nel caso in cui il forte sia attaccato". Lincoln aveva
evitato così di essere accusato dai sudisti di fare il
doppio gioco e aveva lasciato nelle mani dei confederati la
decisione di sparare il primo colpo.
Il 9 aprile i delegati confederati a Washington che avevano
trattato con Seward gli comunicarono che il tentativo di
rifornire Fort Sumter "può essere solo interpretato come una
dichiarazione di guerra". Subito dopo informarono il
presidente Davis che le trattative erano fallite e che il
governo federale non riconosceva il nuovo governo. Davis che
ormai dai primi giorni di aprile stava valutando
l'offensiva, ricevendo l'8 aprile una risposta dal generale
Braxton Bragg che Fort Pickens sarebbe potuto essere preso
solo con grandi perdite, fece infine il 10 aprile una
proposta al suo gabinetto. Siccome non era più possibile
ottenere l'indipendenza con dei negoziati, Beauregard doveva
chiedere la resa di Fort Sumter e in caso di risposta
negativa attaccarlo. Ciò doveva essere fatto prima
dell'arrivo della spedizione o il forte sarebbe stato
imprendibile. L'intero gabinetto approvò eccetto il
segretario di stato Robert Toombs che aggiunse: "Il
bombardamento del forte inaugurerà una guerra civile più
grande di qualsiasi altra il mondo abbia visto sino ad ora".
Ma il rischio andava corso per determinare la sopravvivenza
della Confederazione e il segretario della guerra Walker
telegrafò a Beauregad di chiedere la resa e, nel caso,
procedere all'attacco del forte.
La contesa USS Powhatan.
A sinistra il cutter
Harriet Lane, a destra la USS Pocahontas.
La USS Pawnee.
L'ultima trattativa
Nei primi giorni di aprile il maggiore Anderson ebbe modo di
capire meglio cosa lo aspettava nel caso dello scoppio delle
ostilità. Le esercitazioni eseguite ormai regolarmente
rivelarono le posizioni e i numeri di pezzi delle varie
batterie. Accadde nuovamente un episodio simile a quello
dell'8 marzo, quando il 6 aprile due mortai da 8 pollici
della batteria posizionata a Mount Pleasant spararono delle
granate. Una esplose vicino a Fort Sumter, facendo partire
immediatamente una lettera di protesta da Anderson
indirizzata a Beauregard che riferiva l'esplosione come
pericolosa per gli occupanti del forte. Il maggiore
concludeva la lettera così: "Non mi sembra di aver mai
assunto atteggiamenti ostili verso gli abitati del South
Carolina. Spero sinceramente che non accada mai nulla che
possa alterare il riguardo e la stima che ho per voi". Il
giorno dopo Beauregard gli rispose dicendo di aver
ordinato alla batteria di puntare in un'altra direzione
mentre si esercitava e ribadì la sua amicizia verso il suo
vecchio insegnate. All'interno del forte si procedette poi a
preparare la struttura nel caso che l'imminente missione
soccorso di cui si parlava fosse giunta e accolta con il
fuoco dei cannoni. Venne preparato un ospedale, le munizioni
posizionate in punti strategici e il cancello di ingresso
rinforzato per resistere al fuoco della "Iron Battery", la
potente batteria situata a Cummings Point. I confederati
portarono a termine gli ultimi preparativi schierando un
cannone Dahlgren appena arrivato sulla Sullivan's Island,
anche un Blakely da Liverpool arrivò all'ultimo momento e
schierato con le batterie a Cummings Point, la batteria
galleggiante fu rimorchiata e ancorata tra Sullivan's Island
e Mount Pleasant e l'8 aprile, sempre sulla Sullivan's
Island, venne fatta saltare una casa che aveva sino ad
allora nascosto la costruzione di una batteria che rendeva
inutilizzabili i 27 cannoni in barbetta del forte poiché
troppo esposti. Ai federali rimanevano solo i 21 cannoni
della casamatta inferiore e i 5 cannoni posizionati come
mortai nel piazzale del forte. Le truppe sudiste vennero
schierate sulla Morris Island dove Beauregard temeva che uno
sbarco di 2.000 uomini sarebbe stato eseguito quando la
flotta fosse arrivata. In tutto erano stati schierati nella
baia 27 cannoni di diversi calibri e 16 morati da 10
pollici, tutto sembrava pronto per la guerra.
Il 10 aprile Beauregard ricevette il telegramma del
segretario della guerra che gli ordinava di agire
immediatamente, a meno che speciali circostanze richiedevano
un piccolo ritardo. Beauregard rispose che avrebbe rimandato
la questione al giorno dopo, voleva assicurarsi prima che
tutte le batterie fossero pronte e inoltre aveva riserve di
polvere sufficienti solo per un bombardamento di qualche
ora. Solo quella notte arrivò la spedizione da Augusta che
il generale stava aspettando per rifornirsi. Alle 2 del
pomeriggio dell'11 aprile, il colonnello James R. Chesnut,
il capitano Stephen D. Lee e il tenente A.R. Chisolm furono
inviati a Sumter con una domanda di resa scritta.
L'ufficiale di guardia, il tenente Jefferson C. Davis fu
avvisato che una barca con bandiera bianca si avvicinava al
forte. Il tenente accolse i tre aiutanti di Beauregard e li
accompagnò all'entrata del forte. Qui la lettera venne
consegnata ad Anderson: "Il governo degli Stati Confederati
d'America ha fino ad ora evitato qualsiasi dimostrazione
ostile nei confronti di Fort Sumter nella speranza che il
governo degli Stati Uniti, con una veduta amichevole alla
sistemazione di tutte le questioni tra i due governi,
evitasse la calamità della guerra evacuando volontariamente
il forte... Mi è stato ordinato dal governo degli Stati
Confederati di richiedere l'evacuazione di Fort Sumter...
tutte le appropriate risorse saranno permesse per la vostra
rimozione e quella del vostro comando, insieme alle armi e
proprietà di compagnia, e tutte le proprietà private, in
qualsiasi posto negli Stati Uniti che selezionerete. La
bandiera che avete così a lungo protetto con fermezza, potrà
essere salutata mentre verrà ammainata".
Il maggiore si ritirò per discutere con gli altri ufficiali
della guarnigione. Venne deciso di rifiutare la richiesta ed
Anderson preparò una risposta scritta: "Ho l'onore di
informarvi di aver ricevuto la vostra comunicazione in cui
si richiedeva l'evacuazione del forte e rispondendo ad essa
devo dire che è una richiesta a cui con rammarico il mio
senso dell'onore, e il mio dovere verso il mio paese mi
impediscono di accettare". Il maggiore accompagnò poi i tre
ufficiali di Beauregard al molo, prima che partissero gli
chiese se l'attacco sarebbe stato cominciato senza altri
avvisi. Dopo un attimo di esitazione, Chesnut gli rispose
"Non penso, no, posso dirvi che non lo farà senza ulteriore
notifica", al che Anderson gli rispose "Signori, se non
farete il forte a pezzi sopra di noi, moriremo di
fame in pochi giorni". Sorpreso da questa confessione,
Chesnut chiese se poteva riferirlo a Beauregard e Anderson
lo autorizzò. Alle 5 i tre fecero ritorno da Beauregard che
inviò un telegramma al segretario della guerra informandolo
del rifiuto e della novità circa le scorte della guarnigione
esaurite. La risposta di Walker fu che se non necessario il
bombardamento poteva essere evitato, a patto che Anderson
non usasse i cannoni del forte contro la città e che
indicasse quando esattamente avrebbe evacuato il forte. A
mezzanotte e 45 minuti i tre ufficiali furono inviati
nuovamente a Fort Sumter con una lettera di Beauregard: "Se
indicherete il momento in cui evacuerete Fort Sumter noi ci
asterremo dall'aprire il fuoco contro di voi". Anderson per
due ore si consultò con i suoi ufficiali, nessuno voleva
arrendersi subito ma il 14 aprile le provviste sarebbero
finite, pertanto scrisse una lettera indirizzata a
Beauregard in cui comunicava che il 15 aprile si sarebbero
arresi se prima non avesse ricevuto istruzioni da Washington
o nuove provviste. I tre ufficiali erano autorizzati dal
generale a verificare immediatamente la risposta del
maggiore e lessero il dispaccio, esso non garantiva una resa
del forte, anzi se fossero arrivati i rifornimenti Anderson
sarebbe rimasto. Il capitano Lee scrisse una nota che
insieme a Chesnut firmò e consegnò ad Anderson: "Fort
Sumter, S.C., 12 Aprile 1861, 3:20 A.M. - Signore: con
l'autorità del brigadier-generale Beauregard, comandante
dell'Esercito Provvisorio degli Stati Confederati, abbiamo
l'onore di notificarvi che egli aprirà il fuoco delle sue
batterie su Fort Sumter tra un'ora a partire da adesso".
Anderson lesse il messaggio con grande emozione, strinse la
mano agli ufficiali e li salutò. La barca portò Chesnut
direttamente a Fort Johnson dove lì, alle 4 del mattino,
ordinò al capitano George Sholter James, comandante della
posizione, di sparare il primo colpo con un mortaio alle
4:30 che avrebbe segnalato alle altre batterie di aprire il
fuoco sul forte. Il colonnello Roger Pryor, già membro del
congresso, che aveva accompagnato la spedizione a Sumter fu
invitato dal capitano a rimanere per sparare il primo colpo.
Nonostante fosse un ardente secessionista Pryor esitò e
infine disse di non voler sparare il primo colpo della
guerra.
A Fort Sumter il maggiore Robert Anderson informò la
guarnigione che l'attacco stava per cominciare e diede
ordini di issare la grossa bandiera degli Stati Uniti del
forte. A Charleston era stato emanato da Beauregard l'Ordine
Generale Numero 14 con il quale si avvisavano tutte le
batterie che se Fort Johnson avesse aperto il fuoco
bisognava cominciare il bombardamento di Fort Sumter.
Lo scontro finale per Charleston, l'inizio di
un conflitto per l'America
Chesnut e gli altri ufficiali erano ancora a bordo della
loro imbarcazione diretta a Charleston quando alle 4:30 del
mattino si fermarono per vedere il primo colpo della guerra.
Solitamente questo viene attribuito al fanatico
secessionista e politico virginiano Edmund Ruffin, ma come
si vedrà molti altri aprirono il fuoco prima di lui. Il
primo colpo partì da un mortaio di Fort Johnson per
segnalare l'inizio del bombardamento. Non si sa esattamente
se fu lo stesso capitano George S. James o uno dei suoi
uomini a sparare la granata che esplose sopra Fort Sumter.
Questo colpo allertò l'intera baia e svegliò i cittadini di
Charleston e i soldati che ancora dormivano. I secondi ad
aprire il fuoco furono gli uomini stazionati sulla
Sullivan's Island. Qui il tenente-colonnello Roswell S.
Ripley, comandante dell'artiglieria, aveva allertato gli
uomini sin dalle 21:30 dell'11 aprile così che riuscirono a
portare rapidamente in posizione i pezzi dopo il colpo di
Fort Johnson. La "Mortar Battery No.1" fu la prima ad aprire
il fuoco, seguita rapidamente dalla "Mortar Battery No.2" ed
infine dalla "Enfilade
Battery". Sulla Morris Island invece, dove si trovava
Ruffin, il brigadier-generale James Simons aveva preparato
gli uomini già alle 20:00 ma quando più tardi cominciò a
piovere fece tornare gli uomini ai propri campi. Fu così che
gli uomini stavano dormendo mentre il primo colpo veniva
sparato da Fort Johnson rapidamente seguito dalle batterie
di Sullivan's Island. Inoltre i primi ad unirsi al
cannoneggiamento furono gli uomini della batteria del
capitano Gadsden King, seguiti dai tre mortai a Cummings
Point del capitano G.B. Cuthbert. Infine entrò in azione la
batteria del maggiore Stevens. Solo allora Ruffin che in
quei giorni era stato fatto membro onorario delle Palmetto
Guard, un'unità di milizia che maneggiava i cannoni, sparò
un colpo con una columbiade che colpì il forte, la batteria
continuò a sparare con intervalli di 15 minuti fino a quando
fece giorno, la baia rimbombava però del suono dei soli 43
cannoni confederati poiché da Sumter non vi era risposta.
Il forte non rispondeva al fuoco data la scarsità di
munizioni, solo 700 colpi furono preparati utilizzando anche
camicie e coperte per realizzare le cariche, e perchè
nell'oscurità era difficile puntare i pezzi contro gli
obbiettivi. Pertanto Anderson preferì risparmiare le
munizioni e attendere l'alba per rispondere. Dopo i primi
colpi fece tornare ai loro alloggiamenti gli uomini. Quindi
come al solito alle 6:00 del mattino venne suonata la
sveglia, anche se è facile immaginare che in quelle
circostanze fossero in pochi a dormire, alla guarnigione
venne data una colazione consistente in acqua e maiale
salato. Anderson divise la guarnigione in due turni, ogni
quattro ore si sarebbero dovuti dare il cambio alle
postazioni d'artiglieria. Sotto il comando di Anderson il
primo turno venne diviso a sua volta in tre squadre con
obbiettivi diversi: il capitano Abner Doubleday avrebbe
colpito le batterie a Cummings Point, il tenente Jefferson
C. Davis le batterie di mortai a Fort Johnson e il chirurgo
Crawford, offertosi volontario, avrebbe bersagliato la
batteria galleggiante. Poco prima delle 7 del mattino il
maggiore Anderson offrì al capitano Doubleday l'onore di
sparare il primo colpo unionista della guerra. Doubleday
accettò, puntò un 32 libbre contro la "Iron Battery" a
Cummings Point e ordinò il fuoco al suo artigliere, di cui
non ci è giunto il nome. Il proiettile colpì il tetto della
batteria e fu seguito del resto dei cannoni di Fort Sumter.
Gli operai rimasti nel forte e i membri della banda
cominciarono ad aiutare la guarnigione trasportando le
munizioni. Ma tutti i pezzi pesanti del forte si trovavano
sul parapetto, inutilizzabili a causa del fuoco dei
confederati. I cannoni che stavano sparando non causavano
praticamente alcun danno alle batterie sudiste, in
particolare il chirurgo Crawford vedendo che la batteria
galleggiante non veniva danneggiata, chiese l'autorizzazione
a spostare il fuoco su Fort Moultrie. Una volta che la
ricevette tentò di colpire Moultrie, ma il forte era stato
ben protetto con sabbia e balle di cotone, solo un cannone a
Cummings Point venne temporaneamente messo fuori
combattimento quando venne colpita la feritoia d'acciaio che
proteggeva il pezzo. Dopo qualche ora di cannoneggiamento
stavano invece diventando pericolosi i colpi dei
confederati, una volta perfezionata la mira, pezzi di mura
cominciarono a saltare e le granate dei mortai ad esplodere
all'interno del cortile. Tuttavia le mura delle casematte
garantivano la sicurezza degli artiglieri federali. In
mattinata però la frustrazione degli artiglieri federali
aumentò vedendo che i loro colpi non avevano effetto. Prima
venne sparato un colpo contro un'abitazione vicino a Fort
Moultrie dove si era radunata una
folla di spettatori, come il proiettile attraversò
l'edificio si poterono vedere dal forte le persone fuggire.
Più tardi poi, il soldato John Carmody ignorò gli ordini di
Anderson e si recò in barbetta dove i cannoni erano stati
precedentemente caricati. Il soldato rapidamente sparò con
diversi cannoni puntati contro Fort Moultrie per poi correre
a rifugiarsi. Anche due sergenti aspettarono che gli
ufficiali si distraessero per salire sul parapetto e sparare
un colpo con una colubiade da 10 pollici contro Cummings
Point. Il tiro fu troppo alto così ricaricarono il pezzo, ma
essendo in due non riuscirono a riportare il pesante cannone
in posizione. Decisero di sparare comunque ma il rinculo
scaraventò indietro sul parapetto il pezzo spostando un
altro howitzer e mancando per poco uno dei sergenti. Per
loro fortuna si pensò poi che il disastro fu causato
dall'artiglieria confederata.
Dopo ore di cannoneggiamento, il colonnello Ripley sulla
Sullivan's Island decise che era giunta l'ora di sparare
qualche colpo incandescente preparato dalla fornace ormai
accesa dal giorno prima. I proiettili colpirono le baracche
di Sumter che si dimostrarono altamente infiammabili. Per
tre volte gli edifici presero fuoco e vennero spenti dalla
guarnigione. Verso mezzogiorno, vendendo che le cariche
stavano diminuendo rapidamente Anderson ordinò che solo 6
cannoni rispondessero al fuoco dei confederati. In mattinata
dal forte vennero anche avvistate delle navi ancorate al
largo che risposero ai saluti del forte ma che non
intervennero. Verso le 19:00 col diminuire della luce e
delle munizioni il forte cessò di rispondere al fuoco e poco
dopo anche i confederati si limitarono a sparare colpi di
mortaio solo ogni 15 minuti. Quella sera cominciò a piovere
su Charleston, ma i confederati non abbassarono la guardia.
Temendo che la flotta potesse entrare nella baia o fornire
in qualche modo assistenza al forte delle chiatte ancorate
nel canale d'ingresso vennero incediate per illuminare il
forte e qualsiasi nave tentasse di avvicinarsi.
All'alba del 13 aprile la pioggia venne rimpiazzata dal
sole. I confederati ripresero l'attacco causando altri
danni, il colonnello Ripley avendo constatato l'efficacia
dei suoi colpi incandescenti decise di utilizzarli fin da
subito. Poco dopo le 8:00 dalla costa si poteva vedere una
grossa colonna di fumo e persino delle fiamme spuntare da
dentro la fortezza: gli alloggiamenti avevano
definitivamente preso fuoco. All'interno del forte la
guarnigione come al solito si era svegliata e aveva fatto
una povera colazione. Quando i primi colpi incandescenti
appiccarono gli incendi vennero fatti dei tentativi per
spegnerli, ma infine gli uomini di Anderson dovettero
desistere, ogni volta che riuscivano a spegnerne un focolare
arrivava un nuovo proiettile che scatenava un altro
incendio. E i confederati vedendo la situazione critica
aumentarono la pressione. A questo punto Anderson vedendo
che il fuoco aveva raggiunto l'ospedale e si avvicinava al
deposito con tutta la polvere da sparo, diede ordine al
capitano Foster di far rimuovere quanta più polvere e
cartucce. Una buona quantità venne portata nella casamatta
dove venne coperta con delle coperte umide per evitare
incidenti. Ma quando una scintilla portata dal vento entrò
nella casamatta ci fu una piccola esplosione, che però non
provoco nessun ferito. Anderson ordinò di buttare in mare
tutta la polvere e le cariche già preparate eccetto una
piccola quantità per evitare altri, e più gravi incidenti.
Anche il deposito venne sigillato prima dell'arrivo delle
fiamme, ciò obbligò Anderson ad ordinare di sparare soltanto
un colpo ogni 10 minuti. Verso le 11:00 la situazione si
fece ancora più critica per la guarnigione, le fiamme
erano intense e un intensissimo fumo rendeva difficile
respirare nel forte, persino da Charleston alcuni
cominciarono a temere che la guarnigione potesse morire
soffocata. Le truppe sudiste e il pubblico seguivano con
grande emozione l'attacco, fino a quando ci fu un'esplosione
all'interno del forte seguita da altre più piccole che
fecero pensare a molti che nessuno fosse sopravvissuto. Ma
dal forte continuarono ad essere sparati occasionalmente dei
colpi e le truppe confederate a loro volta non cessarono
l'attacco. I federali per continuare a rispondere al fuoco
furono costretti ad utilizzare persino i calzini del
maggiore Anderson per riempirli di polvere e utilizzarli
come carica per i cannoni. Verso le 13:00 l'asta della
bandiera del forte fu colpita e cadde trascinando con se la
grossa bandiera di Fort Sumter. Il fuoco confederato cessò
quasi completamente, tutti si aspettavano di vedere da un
momento all'altro una bandiera bianca. Ma il tenente Hall
era corso immediatamente nel piazzale interno del forte a
recuperare la bandiera in mezzo alle fiamme. Dopo venti
minuti e grazie all'aiuto del tenente Snyder, del sergente e
vecchio amico del maggiore Peter Hart, e un operaio di nome
Davey la bandiera fu nuovamente issata e i confederati
ripresero il bombardamento.
Tuttavia quando la bandiera era caduta il brigadier-generale
James Simons in comando su Morris Island aveva inviato l'ex
senatore e colonnello Louis T. Wigfall a Fort Sumter per
chiedere ad Anderson se intendeva arrendersi. Wigfall,
accompagnato da Gourdin Young delle Palmetto Guard e da due
rematori di colore salì su una barca e si diresse verso il
forte. Wigfall piantò in punta alla sua spada una fazzoletto
bianco che cominciò a sventolare in mezzo alla baia.
Arrivato sull'isola fu accolto dal soldato John Thompson che
dopo un primo rifiuto acconsentì a farlo entrare da
un'apertura del forte dato che l'entrata principale era in
fiamme. Sul posto giunse subito il tenente Snyder al quale
Wigfall chiese di poter vedere Anderson. Mentre Snyder
cercava Anderson arrivò il tenente Davis al quale Wigfall
gli disse che "La vostra bandiera è giù e non state sparando
con i vostri cannoni, finiamola qui. Il generale Beauregard
desidera fermare l'attacco". "No signore, la nostra bandiera
non è calata. Venite qui e vedrete che sta ancora
sventolando sopra i bastioni", fu la risposta di Davis.
Wigfall continuò a proporre di cessare le ostilità e poi gli
offrì la sua spada con il fazzoletto bianco chiedendogli se
l'avrebbe issato. Davis rispose negativamente, nessuno dei
due aveva l'autorità per issare una bandiera di tregua.
Appena comparve il maggiore Anderson, Wigfall si rivolse
immediatamente a lui: "Sono il colonnello Wigfall. Avete
difeso nobilmente la vostra bandiera, signore. E' una follia
perseverare in un'inutile resistenza. Il generale Beauregard
desidera interrompere l'attacco e conoscere i termini
richiesti per abbandonare il forte". La risposta di Anderson
fu: "Ho già chiarito i termini con il generale Beauregard.
Invece che nel pomeriggio del 15 me ne andrò ora". Anderson
si sarebbe arreso solo a queste condizioni e chiarì a
Wigfall che voleva che alla guarnigione fosse permesso di
portare via le proprie armi, le proprietà della compagnia e
che venisse data l'opportunità di salutare la bandiera.
Wigfall dopo essersi congratulato con Anderson per la
coraggiosa resistenza partì alla volta di Morris Island.
Ma Wigfall in realtà non vedeva il generale Beauregard da
due giorni. Solo recentemente l'ex senatore aveva richiesto
di diventare un aiutante volontario del generale e ricevette
il grado onorario di colonnello. Infatti quando la bandiera
cadde la prima volta, lo stesso Beauregard inviò il capitano
Stephen D. Lee accompagnato da William Porcher Miles e da
Roger Pryor per offrire assistenza al maggiore Anderson. Ma
a differenza di Wigfall che riuscì a raggiungere il forte,
gli ufficiali inviati da Beauregard erano ancora a
metà strada quando videro la bandiera venir issata
nuovamente e le batterie riprendere a pieno regime il
cannoneggiamento, pertanto preferirono tornare indietro.
Quando poi venne infine issata una bandiera bianca, dopo
l'incontro tra Anderson e Wigfall, la barca fece nuovamente
inversione. Quando questi arrivarono al forte furono subito
accompagnati da Anderson che dopo avergli comunicato che non
necessitava di nessuna assistenza gli chiese se venivano su
ordine di Beauregard. I tre gli dissero di sì e allora
Anderson chiese il perchè visto che Wigfall era appena
arrivato per conto di Beauregard e aveva riproposto i
termini di resa già presentati giorni prima. Al maggiore
venne così riferito che Wigfall non vedeva e non riceveva
indicazioni dal generale da almeno due giorni e solo loro
erano stati autorizzati dallo stesso a recarsi a Fort
Sumter. Anderson si infuriò, i termini di resa trattati con
Wigfall erano nulli e ora lui si trovava in una situazione
imbarazzante. Siccome non intendeva essere preso in giro
disse ai tre ufficiali di tornare alle loro batterie perchè
aveva intenzioni di issare nuovamente la sua bandiera, non
l'avrebbe mai ammainata se avesse saputo che Wigfall era
arrivato di sua iniziativa.
Lee, Miles e Pryor si ritirarono in una casamatta vicina per
discutere delle incomprensioni tra i confederati e Anderson.
Fino a poco prima lì vi era alloggiato il chirurgo Crawford
che non si sentiva molto bene. Appena entrato Pryor vide una
bottiglia e credendo che fosse di whiskey ne prese alcuni
sorsi per rincuorarsi, almeno fino a quando non fece un urlo
che allarmò Crawford. Pryor si accorse di aver bevuto dello
ioduro di potassio e il dottore gli rispose che praticamente
si era avvelenato da solo. Nonostante alcuni pareri
contrari, Crawford aiutò Pryor, probabilmente salvandogli la
vita. Mentre Pryor veniva soccorso, Miles e Lee tornarono da
Anderson e lo convinsero a mettere i termini di resa offerti
per iscritto e rassicurandolo che Beauregard li avrebbe
accettati. Dopodichè la spedizione tornò a Charleston per
riferire del colloquio. Al quartier-generale di Beauregard
il comandante confederato si mostrò favorevole alle
condizioni di resa trattate e acconsentì alla richiesta di
salutare la bandiera. La risposta fu inviata subito a Sumter
insieme al dottore R.W. Gibbes e il comandante dei vigili
del fuoco M.H. Nathans per fornire assistenza. Infine quella
sera Anderson accettò formalmente gli ultimi termini per la
resa del forte dichiarandosi soddisfatto e riconoscente per
la loro generosità. Infine il capitano Hartstene della
marina sudista si offrì per accompagnare il tenente Snyder
presso la flotta al largo per trattare con essa le modalità
per l'evacuazione. La battaglia per Fort Sumter era
conclusa, la vittoria andava ai secessionisti.
A sinistra: l'ingresso del forte
e gli alloggiamenti completamente distrutti all'interno del
forte. A destra: il forte occupato dai sudisti, visibili i
cannoni piazzati come mortai nel cortile.
Il fallimento della flotta di Fox
Già alle 3:00 del mattino del 12 aprile Fox a bordo della Baltic
arrivò al largo di Charleston trovando la Harriet Lane
e il suo capitano John Faunce in attesa. Fox si recò
immediatamente da Faunce per comunicargli che aveva l'ordine
di rifornire Fort Sumter. Circa tre ore più tardi giunse
anche la Pawnee e a sua volta il comandante S.C.
Rowan venne informato degli ordini e Fox gli chiese di
scortarlo con la sua nave sino alla spiaggia. Ma Rowan
obbiettò che i suoi ordini erano di aspettare a dieci miglia
di distanza dal faro di Charleston l'arrivo della Powathan.
Rowan non aveva alcuna intenzione di avvicinarsi alla costa
e scatenare una guerra civile. Inoltre non vi era traccia
dei tre rimorchiatori, di cui uno non era mai partito da New
York, uno era stato costretto da una tempesta ad entrare a
Wilmington in North Carolina e l'ultimo, per colpa della
stessa tempesta, aveva superato Charleston e si trovava a
Savannah. Ciononostante Faunce era d'accordo con Fox sulla
necessità di agire e cosi la Baltic e la Harriet
Lane si avvicinarono alla spiaggia di Charleston.
Verso le 10:00 di mattina Fox decise di mandare una lancia
presso il forte per chiedere se poteva scaricare i
rifornimenti ma era ormai chiaramente visibile una colonna
di fumo provenire dall'interno della baia ed era udibile il
rombo delle batterie. Fox interruppe la manovra e segnalò
alla Harriet Lane "Torno indietro presso la Pawnee;
stanno sparando contro Fort Sumter!". Mentre la Baltic tornava
indietro incrociò la Pawnee, Rowan aveva
improvvisamente cambiato idea e ora stava tentando di unirsi
alle due navi e
partecipare al salvataggio di Fort Sumter. Ma non era
disponibile nessun pilota per manovrare la nave nel canale
d'accesso, inoltre la Harriet Lane non aveva barche
da impegnare per portare i rifornimenti nel forte e la Pawnee
ne poteva offrire solo una. Fox fece ancorare le navi e con
la Baltic si spostò nel punto di raccolta
prestabilito per attendere l'arrivo della Pocahontas
e della Powhatan. Gli unici ad arrivare furono dei
mercantili che ovviamente invece di entrare nella baia
preferirono attendere ancorandosi al largo. Da Charleston
questo venne scambiato per l'arrivo di una flotta di navi da
guerra che si stava assemblando pronta a colpire la città.
Ma in realtà la Pocahontas e la Powhatan non
si fecero vedere. Fox tornò alla Harriet Lane e alla
Pawnee per proporre di sbarcare delle provviste con
delle barche ma il mare grosso impedì l'operazione. Rowan e
Faunce promisero però di supportare l'indomani mattina uno
sbarco da effettuarsi con una barca. La Baltic così
tornò nuovamente al punto di incontro per passare la notte
ad attendere l'arrivo delle due navi da guerra mancanti.
Alle 8:00 di mattina del giorno dopo Fox a bordo di una
lancia si recò presso la Pawnee. Rowan aveva
requisito una goletta e insieme alla barca della Pawnee
venne preparata per effettuare uno sbarco presso Fort
Sumter. Solo allora Rowan menzionò di aver ricevuto una nota
il 7 aprile dal capitano Mercer che informava che la Powhatan
era stata assegnata ad un'altra operazione. Fox non aveva
ricevuto alcuna comunicazione e si rese conto di aver perso
un aiuto fondamentale, i 300 marinai della Powhatan,
i suoi howitzer e le sue lance d'attacco erano
indispensabili per la riuscita dell'operazione. Alle 14:00
giunse finalmente la Pochaontas. Il comandante J.P.
Gillis si unì a Fox e agli altri ufficiali per ideare un
piano. Sebbene senza piloti non potevano entrare nella baia
e rischiare di perdere le navi, quella notte delle barche
sarebbero state inviate a soccorrere Fort Sumter. Mentre il
piano veniva concordato venne notificato agli ufficiali che
la bandiera di Fort Sumter era stata ammainata. Per capire
se l'attacco era cessato venne deciso di inviare una lancia
sotto la protezione di una bandiera bianca. Più tardi arrivò
un ufficiale per accordarsi sui dettagli dell'evacuazione
del forte, la Baltic che era stata inviata per
portare rinforzi a Fort Sumter era ora invece destinata a
portare via la sua guarnigione. L'assenza della Powhatan
minò seriamente le possibilità di soccorso da parte della
spedizione e la resa del forte avvenne prima che Fox potesse
fare qualcosa di concreto.
Resa e conseguenze
L'intera Charleston era in festa per la vittoria, le campane
della città risuonavano come le voci di politici e
improvvisati oratori che pronunciavano ogni genere di
discorso. La guarnigione di Fort Sumter era esausta e
demoralizzata, lo stesso Anderson era ormai affaticato da
sei mesi di tensione. Il forte che avevano difeso così a
lungo mostrava i segni di un terribile attacco e ora che il
fuoco era cessato alcuni degli ufficiali ispezionarono la
struttura. I 3.307 colpi subiti avevano praticamente
distrutto il parapetto, la piazza interna era segnata dalle
esplosioni, le mura mostravano i segni e i buchi dei
proiettili e tutti gli alloggiamenti erano andati in fiamme,
ma la struttura in sé aveva resistito e aveva ben protetto i
suoi uomini, infatti nessun ferito si registrò durante lo
scontro.
La mattina seguente, domenica 14 aprile 1861, la città
continuò a festeggiare. Folle di civili passeggiavano sulle
spiagge della baia per vedere il forte e con 50 centesimi si
poteva venir traghettati per vederlo da vicino. Sulla
Battery si schierarono i cadetti della Citadel che vennero
passati in rivista e offrirono uno spettacolo degno di nota
ai numerosi spettatori. A Sumter venivano ricevuti dal
maggiore Anderson i corrispondenti di diversi giornali e
vari politici. Il maggiore Anderson incontrò e si congratulò
con il maggiore Stevens della batteria a Cummings Point per
gli ottimi tiri effettuati. Del brandy venne donato alla
guarnigione e la posta dei giorni precedenti finalmente
consegnata. Beauregard ricevette anche un telegramma dal
presidente Jefferson Davis che chiedeva, se le circostanze
lo permettevano, di porgergli i suoi amichevoli saluti ma
per ora il generale considerò troppo imbarazzante per il
maggiore recarsi nel forte.
Vennero infine chiariti gli ultimi dettagli chiedendo ad
Anderson quanti colpi di cannone intendeva sparare per
salutare la bandiera, il maggiore rispose che ne avrebbe
sparati cento. Il piroscafo Isabel venne messo a
disposizione di Anderson per il trasferimento presso la
flotta al largo di Charleston e finalmente giunsero le
11:00, l'ora prevista per l'evacuazione della guarnigione
federale, che venne però ritardata. Il governatore Pickens,
sua moglie, D.F. Jamison, A.G. Magrath, P.G.T. Beauregard,
James Chesnut, John L. Manning, William Porcher Miles e
Roger A. Pryor che si stavano recando al forte su un
battello per assistere alla sua presa da parte delle truppe
confederate vennero allora dirottati verso Fort Moultrie
dove ispezionarono le difese confederate.
Solo dopo le 14:00 i cannoni ancora utilizzabili in barbetta
a Fort Sumter iniziarono il saluto alla bandiera degli Stati
Uniti. Il tenente Hall diresse l'esecuzione del saluto
assicurandosi che ogni colpo venisse sparato dopo un preciso
intervallo, almeno fino al diciassettesimo colpo quando
venne udita un'esplosione diversa dalle altre. Il soldato
Daniel Hough stava ricaricando un cannone quando la carica
accidentalmente si innescò. Il braccio destro del soldato
venne strappato via e l'uomo morì sul colpo. Altri cinque
soldati vennero feriti, di cui due gravemente ma solo Edward
Galloway morì tre giorni più tardi. Il saluto continuò ma un
esausto e frustrato Anderson ordinò che i colpi venissero
ridotti a 50. Questo incidente ritardò ulteriormente la
partenza della guarnigione che solo alle 16:00 si apprestò
ad abbandonare il forte. Il maggiore Robert Anderson si
trovava in testa ai suoi uomini e con la bandiera degli
Stati Uniti piegata sotto il suo braccio, dietro di lui al
comando delle truppe vi era il capitano Doubleday. La
colonna marciò sulle note di Yankee Doodle verso il molo.
Tuttavia mentre i federali ancora lentamente si imbarcavano
sulla Isabel, giunsero nel forte il governatore
Pickens e il resto della sua compagnia per assistere alla
loro cerimonia di vittoria. Tra urla, applausi, il suono
delle campane e i colpi d'artiglieria le bandiere del South
Carolina e quella della Confederazione vennero issate. La
prima unità ad occupare il forte furono le Palmetto Guards,
tra i quali Edmund Ruffin, sotto il comando del
tenente-colonnello Roswell Ripley. Tutta la notte e fino al
giorno dopo la compagnia fu impegnata ad aiutare i vigili
del fuoco di Charleston a spegnere gli incendi che ancora
minacciavano di fare esplodere i magazzini. E solo il giorno
dopo la Isabel riuscì a lasciare la baia, quando
passò davanti alle batterie di Cummings Point gli artiglieri
sudisti si schierarono in silenzio sulla spiaggia e
salutarono la guarnigione scoprendosi il capo. I federali
vennero trasferiti a bordo della Baltic dove
ricevettero per la prima volta dopo tanto tempo un pasto
decente. Quando poi giunsero a New York, il maggiore
Anderson e tutti i suoi uomini vennero accolti come degli
eroi. Solo il tenente Richard K. Meade, a New York, diede le
sue dimissioni e si unì all'esercito confederato, morendo
poi di malattia durante le battaglie dei Sette Giorni.
Il 15 aprile Lincoln chiamò alle armi 75.000 volontari per
sopprimere la rivolta determinando la secessione della
Virginia, Tennessee, North Carolina, e Arkansas. Non si
sarebbe più potuti tornare indietro, ormai migliaia di
volontari stavano accorrendo per salvare la propria nazione.
Solo il 14 aprile 1865 Robert Anderson, divenuto generale,
potrà fare ritorno a Fort Sumter e assistere alla cerimonia
per issare nuovamente la stessa bandiera che quattro anni
prima era stata ammainata.
Fonti
The Siege of Charleston 1861-1865 - Milby Burton;
Battles and Leaders of the Civil War, Vol. 1;
Days of Defiance: Sumter, Secession, and the Coming of the
Civil War - Maury Klein;
Allegiance: Fort Sumter, Charleston, and the Beginning of
the Civil War - David Detzer;
More Generals in Gray - Bruce S. Allardice;
Official Records of the War of the Rebellion, Vol 1;
P.G.T. Beauregard: Napoleon in Gray - T. Harry Williams.
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