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•La battaglia di Natural
Bridge, Florida 6 marzo 1865
Testo di Claudio Auditore
Pubblicato il 04/08/2010
I primi giorni di
marzo del 1865, si aprivano mostrando una Confederazione stremata, i
valorosi combattenti meridionali erano ancora in campo, ma i giorni
di vittoria erano ormai lontani, non c’erano più rincalzi e i
rifornimenti erano ridotti al lumicino. L’Armata della Virginia
Settentrionale era imbottigliata dentro Richmond e in un mese si
sarebbe arresa, l’Armata del Tennessee virtualmente distrutta
durante la campagna invernale, tentava di riorganizzarsi. Intanto
Sherman aveva compiuto la sua devastante marcia verso il mare, aveva
messo il Sud in ginocchio, e conquistata Savannah in Georgia, aveva
chiuso uno dei porti principali della Confederazione. A questo si
aggiunse la perdita de porti di Wilmington in Nord Carolina e
Charleston in Sud Carolina caduti a febbraio, chiudendo la partita
anche per i violatori del blocco navale. Si evince quanto disperata
fosse la situazione.
A questo punto la Florida che aveva giocato un ruolo marginale nella
guerra dal punto di vista strategico, assunse un ruolo più
importante nel conflitto. La capitale statale, Tallahassee, era
ancora saldamente in mano confederata, e alla fine del conflitto
sarebbe stata l’unica a est del Mississippi, mai conquistata, ma più
importante, la cittadina di St.Marks, il cui porto, uno dei pochi
rimasti nel sudest, era atteso ad un aumento delle attività data la
caduta di Savannah e Wilmington.
Tallahassee era in stato d’apprensione già dal lontano 1864, quando
due tentativi verso la capitale culminarono con le vittoriose
battaglie di Oloustee più di 100 miglia ad est e Marianna, circa 60
miglia ad ovest. Voci di un’imminente invasione correvano in città.
Il generale unionista John Newton, di base a Key West, viste le
sparpagliate forze sudiste lungo la costa della Florida, pensò che
un attacco fosse possibile. In seguito dichiarerà che sua intenzione
era solo un raid contro il porto di St. Marks e i rifornimenti
nemici, mentre i floridiani erano convinti che fosse un’invasione
mirata alla conquista della capitale.
L’azione divenne un’operazione anfibia, una forza combinata di
esercito e marina si radunò nell’area della “Apalachee Bay”. Il
comandante navale era il capitano di fregata William Gibson, che
probabilmente guidò la più grande flotta mai assemblata nella baia.
Simultaneamente all’azione terrestre di Newton, Gibson doveva
risalire il fiume St. Marks, passare Port Leon e prendere Fort Ward
nella città di St. Marks, chiudendo le vie di fuga confederate e le
fonti dei rifornimenti. Le forze di Newton consistevano invece del
2° reggimento di cavalleria della Florida USA, e di due reggimenti
di fanteria il 2° ed il 99° US Colored Troops.
La marina andò incontro subito a un fallimento, infatti, la flotta
rimase impantanata, non riusciva ad avanzare su per il fiume verso
Fort Ward a causa di parecchie navi incagliate sul fondale, così il
pericolo navale verso la capitale era sventato. Anche le forze
terrestri andarono incontro a vari intoppi: inizialmente elementi
avanzanti unionisti dovevano tagliare i ponti della ferrovia sui
fiumi Aucilla e Ochloknee per impedire l’afflusso di rinforzi verso
St. Marks, ma fallirono il loro scopo. Il corpo di spedizione
principale, invece di sbarcare nella notte fra giovedì e venerdì 2/3
marzo, ed essere pronto a marciare alle prime luci del giorno di
sabato 4 marzo, causa cattivo tempo e una fitta nebbia solo il
pomeriggio di sabato poterono sbarcare. Newton infine sbarcò con
circa 900 uomini al faro di St. Marks e solo domenica si mise in
marcia su Newport e St.Marks. Egli intendeva distruggere i
rifornimenti confederati e le strade ferrate verso Tallahassee.
Intanto le unità avanzate nordiste sotto il maggiore E.C. Weeks
ingaggiarono delle schermaglie con i confederati nel ponte sull’Est
River, quindi si ritirarono sabato nella zona del faro, con un
cannone catturato. La mattina di domenica 5 marzo la fanteria era
pronta a mettersi in movimento con un giorno di ritardo rispetto al
previsto e senza poter contare più sull’effetto sorpresa, infatti,
gli scontri nel ponte sull’Est River di due giorni prima avevano
messo in allarme i confederati. Il colonnello George W. Scott con il
suo 5° battaglione di cavalleria della Florida CSA, si era ritirato
in direzione Newport. In città i residenti furono velocemente
destati sabato notte
quando un treno, non in tabella, entrò in stazione fischiando e
suonando le campane della locomotiva, portando le notizie dello
sbarco federale alle nove di sera. I cittadini, anziché abbandonare
la città, immediatamente fecero i preparativi per respingere
l’attacco, lavorando assieme ai soldati, frettolosamente edificarono
Fort Houston sul lato sud della città e lo armarono con i cannoni
della cannoniera CSS Spray. Intanto il generale Miler comandante
delle forze della riserva della Florida stava radunando la sua
brigata, in pratica tutti coloro che erano in grado di tenere
un’arma in mano. Appena la forza fu pronta, salirono in treno per
Newport, le ultime sei miglia furono coperte da una marcia.
Arrivarono la mattina di domenica, quando Newton cominciò a muoversi
dalla sua base di partenza. Il 5° di Scott si era ritirato oltre il
fiume e bruciato il ponte senza danneggiarlo troppo, in misura
sufficiente a renderlo impraticabile. Con artiglieria e cecchini
essi si difendevano contro gli sforzi unionisti di riparare il ponte
per attraversarlo. I difensori del ponte furono intanto raggiunti da
25 bambini della compagnia di cadetti del “Florida Military Seminary”,
istituto locato nella capitale dello stato, entrarono nelle trincee
a raggiungere i commilitoni. Poco prima della mezzanotte, Miller
venne a sapere che i difensori a Fort Ward si stavano preparando
all’evacuazione e all’affondamento della cannoniera CSS Spray, prima
di tornare indietro decise quindi di fare un discorso alle truppe.
Ordinò loro di tenere la posizione sottolineando l’importanza della
stessa, chiamandola la “Chiave per la difesa di Tallahassee”, quindi
tornò frettolosamente verso Newport. Il generale unionista Newton si
convinse intanto che non avrebbe potuto attraversare il ponte a
Newport, così non poteva distruggere la ferrovia e attaccare St.
Marks da dietro. Lasciato il 2° reggimento di cavalleria della
Florida USA a Newport, sotto il comando del maggiore Weeks, prese
con se il 2° ed il 99° reggimento di fanteria di colore USA, in
direzione Nordest, con l’intenzione di attraversare a Natural
Bridge. Avvisato che la distanza era di 4 miglia, dopo la partenza,
apprese con sgomento che erano invece 8. Edificata nel punto dove il
fiume St. Marks sparisce sottoterra per 60 metri nel terreno
carsico, Natural Bridge, offriva alle forze federali un passaggio
attraverso i quasi impenetrabili acquitrini e le paludi, i fiumi e
le doline, per un movimento sul fianco contro le posizioni
confederate a Newport,
17 miglia a sud della capitale. Miller, saputo del movimento verso
nordest, immaginò un tentativo di attacco a Natural Bridge. Quindi
fece affluire in quel posto le truppe che poteva, quasi tutta la
brigata. La strada che le truppe confederate dovevano compiere era
più breve di quella che stavano facendo i settentrionali. Le trincee
erano state scavate già prima a Natural Bridge e quando i federali
arrivarono, si trovarono davanti una difesa a mezzaluna con la
concavità verso il ponte come si può vedere nella seconda mappa,
disegnata dal tenente colonnello comandante il 1° reggimento riserve
della Florida. I cadetti erano nel punto più avanzato della trincea
proprio di fronte all’uscita del ponte.
All’inizio del giorno del 6 marzo iniziò la battaglia. Non potendo
contare sull’effetto sorpresa, per gli unionisti l’unica scelta era
un attacco frontale. Due compagnie del 2° US fanteria di colore, al
comando del maggiore B.F. Lincoln, fecero una carica nel tentativo
di prendere il ponte, ricacciarono indietro i picchetti sudisti, ma
furono fermate dalle forze trincerate. Oltre al fuoco di
artiglieria, ad accogliere gli attaccanti, al centro della trincea
c’era il “Baby Corps”, i cadetti con un’età media di 14 anni. A
fianco loro tutto quello che si era riuscito a raccogliere in giro,
fra i quali miliziani e uomini di oltre 70 anni. Infatti, quando il
maggiore generale Samuel Jones comandante della zona militare della
Florida era arrivato a Newport con Miller, aveva concordato di
inviare tutte le truppe a Natural Bridge.
All’interno delle trincee pronte a ricevere il nemico, c’era una
brigata formata da queste truppe:
Brigata Jones/Miller
_2° reggimento di cavalleria regolare.
_5° battaglione di cavalleria regolare.
_“Leon” batteria di artiglieria leggera regolare.
_“Milton batteria A” batteria di artiglieria leggera regolare.
_1° reggimento di fanteria riserve formato da ragazzi ed anziani fra
i 50 e 70 anni.
_1° reggimento della milizia formato da compagnie di Home Guards,
composte da ragazzi.
_Compagnia di cadetti della scuola militare, composto da ragazzini
“Baby Corps”
_20 marines
Gli attacchi
unionisti alle trincee sudiste, culminarono intorno alle 11 del
mattino quando furono compiute 4 successive cariche verso le
posizioni confederate, fatte tutte dal 2° reggimento, mentre il 99°
era di supporto. Non potendo fare movimenti aggiranti, le truppe
dell’unione dovevano incanalarsi nello stretto corridoio che divenne
fatale per loro. Dopo parecchi morti e feriti, compreso il
mortalmente ferito maggiore Lincoln, le truppe nordiste si
ritirarono su una collinetta a 270 metri circa dall’attraversamento
si trincerarono velocemente e misero degli alberi come ostacoli
lungo la strada della collina per ritardare gli inseguitori. Miller
inteso che le forze nemiche intendevano ritirarsi non aveva
intenzione di attaccare e inviò due compagnie di cavalleria, fatte
smontare, di seguirle a distanza per controllarne i movimenti e
rapportare quando la collina fosse stata sgombra. Nonostante questo
gli inseguitori lanciarono un attacco che costò la morte del
capitano Henry K. Simmons della compagnia G del 2° cavalleria. I
confederati fecero due cariche fino a esaurimento delle munizioni.
Dopo due ore i federali erano tornati nella zona del faro di
St.Marks. Quaranta cavalleggeri smontati li avevano seguiti. Il
tenente-colonnello Scott notificò a Miller che un nuovo inseguimento
sarebbe stato inutile. Alle 4 di mattina del 7 avevano raggiunto la
base di partenza del faro. Al calare del sole si erano imbarcati per
tornare alle basi sulle Keys.
Le perdite subite dai nordisti furono 21 morti, 16 mortalmente
feriti, 73 feriti e 38 catturati. I 30 soldati di colore mandati
come “lavoranti” ad Andersonville. I sudisti persero 3 morti e 22
feriti. Il “Baby Corps” non subì perdite, ma si assicurò una nicchia
nel folklore della Florida. Indipendentemente dal motivo per il
quale i federali attaccarono, per i giubilanti cittadini della
Capitale che festeggiarono la vittoria, c’era la convinzione che i
ragazzini e gli anziani avevano salvato la città dalla cattura. Il
17 marzo si consumò un dramma: due prigionieri, elementi del 2°
Cavalleria Florida (USA) furono giustiziati. I particolari del fatto
non sono riuscito a trovarli, spero di recuperare informazioni al
più presto. Probabilmente i floridiani in blu erano considerati
traditori. Tallahassee rimase, di fatto, l’unica capitale della
Confederazione a est del Mississippi a non essere stata conquistata.
Solo il 10 maggio 1865 la città sarà occupata in seguito alla resa
delle truppe in Florida.
Bibliografia:
-The battle of natural bridge, Florida - di Dale Cox
-At Natural Bridge, confederate forces won their last battle of the
war – di William C. Nichols
-The Young lions, confederate cadets at war – di James Lee Conrad
-Arms and equipment of the Confederacy
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