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La corazzata sudista CSS Virginia
Testo di Stefano Romeo

Pubblicato il 17/12/2011

Alle soglie della guerra civile, la Confederazione degli stati del sud si mosse per allestire, praticamente da zero, una flotta di navi da battaglia.
il Ministro della marina sudista Mallory, decise di puntare tutto sulle innovative navi corazzate, facendo di queste unità la spina dorsale della flotta.
L’idea era alquanto audace visto che fino ad allora, il ruolo riservato alle corazzate, ancora troppo inefficaci, era solo di ausilio alla flotta o al massimo quello di batterie galleggianti.
Solo da qualche decennio infatti, l’impressionante evoluzione della potenza di fuoco dell’artiglieria, aveva focalizzato gli sforzi dei migliori ingegneri e costruttori navali nello sviluppo della corazza, unica soluzione in grado di garantire protezione alle navi in battaglia.
L’applicazione di piastre di metallo su un’unità navale comportava però un difficile bilanciamento tra i fattori di protezione, velocità, potenza di fuoco e tenuta di mare. Ogni fattore tendeva ad escludere gli altri, mentre un compromesso fra tutte le caratteristiche rendeva la nave poco protetta e allo stesso tempo poco veloce.
Francia ed Inghilterra già durante la guerra di Crimea si erano dotate di navi corazzate. Napoleone III aveva varato una serie di batterie galleggianti, armate di 16 cannoni da 50 libbre siti in una casamatta a pareti inclinate lunga quanto l’intera nave e protetta da una corazza di ferro da 10 cm. Gli inglesi produssero unità analoghe, ma sia quelle francesi che quelle inglesi, oltre a non poter compiere viaggi di trasferimento se non a rimorchio, combattevano all’ancora e unicamente contro bersagli immobili, cioè terrestri.
Nella realtà dei fatti la mobilità era del tutto sacrificata alla protezione e all’armamento.
Fu Stanislas Charles Henri Laurent Dupuy de Lome, capo delle costruzioni navali della Marina imperiale francese, a trovare la soluzione migliore.
De Lome compensò il maggior peso delle corazze con un aumento del tonnellaggio. Nasceva così la fregata a vapore corazzata.
Le corazze non furono l’unica novità in campo d’innovazioni navali, quasi contemporaneamente infatti tornò sulla scena una micidiale arma offensiva dal sapore antico: lo sperone.
L’avvento della vela ne aveva segnato il declino, in quanto era impossibile speronare navi nemiche mediante una nave priva di forza motrice autonoma e regolabile a volontà. Ora, con la propulsione a vapore, lo sperone fu nuovamente accolto in quasi tutte le marine del mondo.
Mallory, era più che mai convinto che una flotta di corazzate avrebbe consentito alla Confederazione di controllare i mari e gli importantissimi corsi fluviali.
Per la realizzazione di un tale progetto le strade percorribili erano due: cercare di costruire navi corazzate entro la Confederazione, o acquistarne dall’ Europa.
La prima strada fu sul momento scartata poiché, la modesta struttura industriale del Sud non consentiva nulla di simile.
Il Congresso, su proposta del ministro, optò quindi per la seconda soluzione, stanziando dieci milioni di dollari ed inviando il tenente di vascello James H. North in Francia ed Inghilterra allo scopo di acquistare corazzate.
La missione, a causa della scarsa propensione per gli affari di North, si rivelò un fiasco totale. Fu così che Mallory non ebbe scelta, se non quella di tentare di fabbricare navi corazzate « in casa ».
L’incarico fu affidato il 3 giugno 1861 al tenente di vascello John Mercer Brooke, al quale furono presto affiancati lo specialista di costruzioni navali John Luke Porter, e il direttore di macchina William P. Williamson.
Il primo progetto comprendeva una grande casamatta blindata con le pareti inclinate a 35° dal ponte per deviare i proiettili nemici e i margini inferiori sommersi. Lo scafo prevedeva prua e poppa prolungate oltre la casamatta, foggiate come quelle di qualsiasi nave veloce e sommerse di 2 (5,08 cm) piedi sott’acqua, così che nulla si potesse vedere a galla eccetto la casamatta.
Questo particolare, secondo Brooke, avrebbe garantito maggiore velocità e migliore tenuta del mare, in quanto lo scafo non solo sarebbe stato più idrodinamico ma anche riparato dai colpi nemici senza la necessità di caricare ulteriori corazze. Conseguentemente il minore pescaggio della nave avrebbe comportato un minore dislocamento, dando così all’unità un importantissimo vantaggio nelle basse acque del Sud. La nave fu poi completata con uno sperone.
Decise le caratteristiche tecniche, toccava ora impegnarsi per la costruzione di macchine e corazze.
Ciò si rivelò essere un drammatico problema vista la misera attrezzatura industriale del Sud.
In tutta la Confederazione infatti, non esisteva nessuna officina capace di produrre macchine del tipo desiderato.
Facendo di necessità virtù il direttore di macchina Williamson si ricordò di una vecchia fregata a vapore unionista, la Merrimack, bruciata e affondata dagli stessi nordisti durante una ritirata e rimessa a galla dai confederati.
Le sue macchine, sufficientemente potenti, mal si adattavano ad essere impiantate su un’altra imbarcazione, fu così che Williamson propose di utilizzare l’intero scafo come vascello per la corazzata.
L’eccessivo pescaggio della Merrimack non convinceva Brooke e Porter.
Fu la mancanza di alternative ed il considerevole risparmio di tempo e denaro a spingere i due ad accettare la proposta del direttore di macchina.
Mallory, entusiasta, dopo la redazione dei disegni definitivi ordinò l’11 luglio 1861 di passare alla fase esecutiva. Porter e Williamson si recarono all’arsenale di Norfolk, il primo per intraprendere immediatamente l’attività costruttiva, il secondo per provvedere alla revisione, riparazione e messa in opera delle macchine. Brooke, rimasto a Richmond, si occupò della produzione e del collaudo di corazze e cannoni pesanti da montare sull’unità.
Porter cominciò eliminando tutte le parti bruciate della nave, poi fece tagliare lo scafo secondo una linea diretta da poppa a prua circa un metro sopra la linea inferiore di galleggiamento. Immediatamente dopo iniziò a costruire il ponte che, nello spazio coperto dalla casamatta fu a tolda composto di tavole sostenute da putrelle, mentre nelle parti esterne in legno massiccio. Terminato questo, Porter cominciò a far innalzare l’ossatura della casamatta.
Erano gli inizi di agosto e al progetto lavoravano giorno e notte oltre 1500 uomini, divisi in turni che coprivano tutta la settimana. Il tempo nella terribile gara intrapresa dalla marina sudista era molto più che denaro, era la vita.
Sempre a Norfolk, Williamson, trovando le macchine della Merrymck in pessimo stato fu costretto, aiutato dall’ufficiale H. Aston Ramsay, a smontare revisionare e riparare il congegno pezzo per pezzo.
A Richmond invece, Brooke era alle prese con la produzione delle corazze e dei cannoni. Per le prime si rivolse alla Tredegar, che accettò l’incarico al prezzo preventivato di 6 centesimi a libbra. Tuttavia, nessun laminatoio sudista era in grado di produrre lamiere con uno spessore superiore ad un pollice (2,54 cm). Si tentò, per forza di cose, la sperimentazione di una corazza composta da tre strati sovrapposti e spessa 3 pollici. Il collaudo, avvenuto presso l’isola di Jamestown fu disastroso. Un proiettile da 8 pollici (203 mm) sparato a 300 metri di distanza, perforò le tre lamiere come cartapesta, penetrando per 5 pollici (12,7 cm) entro lo strato di quercia dello scafo.
La Tredegar fu così obbligata ad attrezzarsi in modo da produrre una lamiera spessa almeno 2 pollici. Il prezzo preventivato aumentò sino a sette cent a libbra, ma il problema fu risolto. La nave poté essere protetta da due strati di lamiera per uno spessore totale di 4 pollici (10 cm), promossi al collaudo successivo.
Mentre la Tredegar ammodernava i propri stabilimenti, Brooke si trovò ad affrontare una spinosa questione: la carenza di ferro.
Per ovviare al problema si ricorse ad un rimedio che, a lungo andare, si rivelerà disastroso per la Confederazione: disarmare alcune linee ferroviarie e recuperare le rotaie. In aggiunta, furono raccolte dall’arsenale di Norfolk altre 100- 150 tonnellate di rottami vari, 1000 – 2000 tonnellate di cannoni fuori uso e 300- 400 tonnellate di vecchi utensili.
Infine, le corazze furono pronte. A questo punto però, visto il pessimo stato in cui versava il trasporto ferroviario, il problema fu trasportarle da Richmond a Norfolk.
Parte del materiale, per questioni di precedenza, fu addirittura scaricato lungo la linea ferroviaria, il che costrinse il commodoro Forrest ad inviare da Norfolk un ufficiale che rintracciasse le corazze e le facesse trasportare in direzione dell’arsenale.
Andò sicuramente meglio con la produzione dei cannoni. Brooke piazzò su ciascuna fiancata della nave tre grossi pezzi lisci modello Dahlgren da 9 pollici (228 mm), sempre prodotti dalla Tredegar. Per i cannoni da caccia e da ritirata, Brooke su pressione di Mallory, diede ordine di creare un pezzo d’artiglieria di concezione modernissima. Si trattava di un esemplare disegnato in due modelli: il primo da 7 pollici (178 mm) di calibro, il secondo da 6,4 pollici (163 mm) di calibro. Entrambi composti da ghisa dotata di un alta componente di ferro e grafite, estremamente pesante ma resistente e poco suscettibile alle deformazioni dovuti agli spari. In culatta il pezzo era rinforzato da sei anelli di ferro lavorato al maglio, spessi 2 pollici e larghi 6 (15 cm), bloccati insieme a fuoco. Per evitare il rischio di scoppio in volata, Brooke disegnò un tipo di rigatura a sette solchi, formata da curve ellittiche che terminavano in un dente, dal cui apice partiva la curva seguente e così via sino alla bocca del pezzo, dove le righe assumevano le sembianze di una ruota. Infine, furono preparate delle granate aventi alla base una dentatura corrispondente alla rigatura del pezzo, su cui fu fissata per migliorarne l’aderenza, un corona di bronzo e rame.
Nello scegliere i proiettili, Brooke e Jones commisero un grave errore di previsione poiché, pensando di doversi confrontare solo contro vascelli di legno, rinunciarono ai proiettili perforanti accontentandosi delle granate. Pagheranno lo sbaglio a caro prezzo più avanti nel conflitto.
Il 13 febbraio 1862, la nave fu posta a galla entro il bacino dell’arsenale per una prova generale e i risultati non furono eccellenti. Il dislocamento era stato mal calcolato e la nave risultava essere troppo leggera. Poppa e prua, anziché essere sommerse di 2 piedi, galleggiavano fuori dall’acqua. Si dovette così zavorrare quanto possibile la nave riuscendo a sommergere la nave di appena 6 pollici invece dei 61 previsti.
Quattro giorni dopo, la corazzata della marina sudista fu battezzata con il nome di «Virginia».
Il corpo d’ ufficiali assegnato all’unità fu composto da ottimi elementi, come i tenenti di vascello Robert D. Minor e John Taylor Wood, entrambi abili artiglieri, e Hunter Davidson, futuro genio della guerra subacquea.
Ben più difficoltoso fu radunare un equipaggio. Ciò, sia per la cronica carenza di marinai sudisti, sia per i reclutamenti dell’Esercito, il quale aveva cannibalizzato ogni uomo disponibile.
Per mettere insieme un equipaggio servì tutto l’impegno del tenente di vascello John Taylor Wood. L’impresa fu portata a termine solo dopo che il ministero della guerra, tramite missiva, impose ai comandi militari di porre a disposizione della marina tutti gli uomini con esperienza di mare.
Comandante in seconda fu nominato il tenente di vascello Catesby R. Jones, valido ufficiale e responsabile del collaudo dei cannoni della corazzata.
Come comandante, Mallory designò il capitano di vascello Franklin Buchanan, la cui nomina consentì al ministro di affidare la nave ad una persona fidata, a discapito degli altri ufficiali anziani in corsa per l’incarico.
L’8 marzo 1862, alle ore 12:30, la Virginia, scortata dalle cannoniere Beaufort e Raleigh, giunse all’estuario del fiume James e fu avvistata dalle navi nemiche all’ancora nella baia di Hampton Roads.
Per i cinque legni unionisti, Cumbarland, Congress, Minnesota, Roanoke, St. Lawrence, che quel giorno affrontarono la corazzata, fu una totale disfatta.
La Virginia colò a picco tre navi nemiche e costrinse le altre due a tirarsi in secca per evitare l’affondamento. Circa 300, tra ufficiali e marinai della marina unionista, rimasero uccisi, mentre le rimanenti unità degli Stati Uniti si diedero alla fuga, cedendo ai confederati il controllo della baia di Hampton Roads.
Il giorno successivo, la Virginia tornò nella baia per completare l’attacco, trovandoci questa volta la corazzata nordista Monitor in assetto da combattimento. Avrà così luogo la prima battaglia della storia tra navi corazzate.

Fonti:
Luraghi Raimondo , Marinai del Sud: storia della marina confederata nella Guerra civile americana, 1861-1865 , Milano , Rizzoli , 1993
Luraghi Raimondo, Storia della guerra civile americana , Milano, Mondadori, 2011, Vol. I.