HOME>BIOGRAFIE>La Guerra Civile Americana e il ruolo di uno dei suoi protagonisti: il Generale Ulysses S. Grant

•La Guerra Civile Americana e il ruolo di uno dei suoi protagonisti: il Generale Ulysses S. Grant
Testo di Stefano Di Matteo

Pubblicato il 09/09/2017

Premessa
Scopo della presente trattazione non è quello di fornire una biografia ragionata ed esauriente su tutte le campagne militari del generale Ulysses S. Grant, bensì di prendere gli spunti più interessanti sulla figura umana e militare del predetto, analizzando i punti della sua biografia più controversi su cui gli storici continuano a dibattere. Il lato interessante su Grant è proprio questo: un alternarsi di giudizi negativi o indifferenti o di giudizi positivi a favore o a scapito rispetto al suo più importante antagonista della guerra civile: il generale confederato Robert E. Lee. Si può affermare senza ombra di dubbio che come sale, o è salita, la considerazione della stella di Lee, scende o è scesa quella di Grant. Se sale la considerazione da parte degli storici su Grant, scende quella di Lee e viceversa.
Il binomio tra i due generali è intrigante e si presta a molteplici interpretazioni favorevoli o sfavorevoli sul modo di condurre la guerra da parte dei due condottieri che provenivano entrambi dall'Accademia militare di West Point. E pertanto avevano recepito una formazione analoga a tutti gli ufficiali diplomatisi, negli anni antecedenti alla guerra civile, presso la prestigiosa Accademia. Formazione peraltro essenzialmente ingegneristica a scapito degli studi sui compiti di Stato maggiore di un esercito moderno.
Dato che la figura di Grant è strettamente legata al periodo, tragico, della guerra civile tra Unione e Confederazione, si analizzeranno alcuni aspetti peraltro controversi, sulle cause della guerra, sulle vicende degli ultimi mesi prima dell'inizio della medesima, si faranno alcuni accenni ad Abraham Lincoln, presidente Usa, e a Jefferson Davis, Presidente Csa, i rapporti diplomatici messi in atto, e infine si parlerà delle varie strategie militari messe in atto dall'Unione, contrapposte a quelle della Confederazione.
In merito alla predetta guerra dove il generale è stato, volente o nolente, coinvolto, si forniranno alcuni cenni sulla preparazione degli ufficiali e dei comandanti nel Nord e nel Sud allo scoppio della guerra civile, nonché si descriveranno le differenze di vedute tra i generali Unionisti operanti all'Est come George B. McClellan, efficiente, ma esitante nel combattere, rispetto all'operato del gen.Ulysses S. Grant, da ritenere, come vedremo, come una vera macchina da guerra.
Si analizzeranno poi le varie correnti storiche concernenti i motivi della vittoria dell'Unione contrapposti con le ragioni della sconfitta della Confederazione. Infine si faranno delle considerazioni su quello che la guerra civile ha rappresentato per gli americani. Pertanto, la carriera di Grant verrà analizzata tenendo conto di tutte queste possibili intersezioni verificatesi in ambito civile e militare.
In realtà, si cercherà, nell'esaminare la biografia di Grant, anche di spaziare su vari argomenti della guerra civile in merito alla conduzione della stessa, per cercare di dare un'idea più approfondita, sul piano militare, di tale conflitto. Non si può comprendere l'operato di Grant durante la guerra se non si fornisce un panorama contestualizzato di detto periodo.
Il contesto storico si concluderà con un apposita Appendice riguardante gli anni della cd. Ricostruzione post guerra civile.

INDICE
1. Le cause della guerra civile
2. 1860-61 - Gli ultimi tentativi per scongiurare il conflitto
3. I mesi prima dello scoppio della guerra
4. L'ultimo periodo della Presidenza Buchanan
5. Abraham Lincoln e Jefferson Davis – Ritratto di due Presidenti

a. L'Unione e la Confederazione, i rapporti diplomatici con le potenze Europee
b. L’impatto con l’Europa
6. L'inizio della carriera militare di Grant
7. La preparazione degli ufficiali e dei comandanti allo scoppio della guerra civile nel Nord e nel Sud – Il ruolo dell'Accademia di West Point
8. Le strategie militari messe in atto
9. L'inizio della guerra civile per Grant
10.Teatro Orientale di guerra – Il comportamento tenuto dal gen. George B. McClellan
11. Primi successi del gen.Grant
12. Fort Henry e Donelson
13. La battaglia di Shiloh
14. La presa di Vicksburg

a. L'attacco
b. La vittoria di Grant
15. La battaglia di Chattanooga
16. Grant Comandante in capo
17. L'offensiva finale
18. The Overland Campaign
19. Guerra totale
20. L'assedio di Petersburg
21. La resa del Sud
22. La cattura di Jefferson Davis
23. La fine della Confederazione
24. Periodo post guerra civile di Grant
25. Le strategie militari di Grant
26. Grant vs Lee secondo la storiografia antica e moderna
27. ll controverso stato di ubriachezza di Grant
28. Perché l'Unione vinse la guerra- il ruolo di Grant
29. Le ragioni della sconfitta della Confederazione:

1. ll Mito della Lost Cause
2. La Volontà di combattere del Sud nell'ultimo periodo di guerra
Conclusioni

Considerazioni finali

Appendice post guerra civile
Premessa
a. La condizione degli schiavi neri liberati
b. La condizione degli ex piantatori Sudisti
c. Gli anni post-Ricostruzione
Conclusione

Bibliografia

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

1. Le cause della guerra civile
Sulle cause della guerra civile americana sono stati scritti fiumi di inchiostro da parte degli storici di ogni generazione.
Inizierei l'argomento, assai dibattuto in dottrina, facendo delle considerazioni preliminari sulle origini del contrasto tra Stati del Nord e Stati del Sud, in merito alle problematiche che esistevano già da tempo tra le due sezioni.
In primo luogo, risalirei al momento della nascita degli Stati Uniti, quando viene a mancare l'alleanza tra borghesia capitalistica del Nord e i ceti agrari del Sud (alleanza determinante ai fini della vittoria contro l'Inghilterra) nel momento di affrontare il problema di che tipo di nazione costruire.
Nacque da subito un dissidio tra i politici del Nord, i cosiddetti "Federalisti", favorevoli all'instaurazione di un governo dell'Unione di tipo accentratore e i politici del Sud, favorevoli ad una confederazione di Stati con larghe autonomie decisionali. Dal piano politico, i contrasti si trasferiranno ovviamente su quello economico, per il diverso tipo di rapporti economici esistenti nel Nord e nel Sud. Detto contrasto, come vedremo, si rivelerà, con il passare del tempo, insanabile.
Le teorie sulle cause della guerra civile americana si sono susseguite sin dalla fine della guerra predetta e il relativo dibattito tra gli storici si può affermare che è ancora in corso e forse non si fermerà mai, dato il sempre crescente interesse che suscita tale argomento da parte della storiografia.
Dalla teoria dei diritti degli Stati, alla volontà di secessione da parte del Meridione per costituirsi come nazione separata rispetto all'Unione al fine di garantirsi una loro autonomia secondo i loro usi e costumi diversi da quelli del Nord, si arriva alla tesi considerata neo-revisionista, propugnata recentemente, e di nuovo, dallo storico James M.McPherson, dove il motivo della preservazione della schiavitù è stato il prodotto dello scatenarsi della secessione degli stati del Sud e successivamente della guerra civile, al fine esclusivo di preservare la "peculiare istituzione".
La teoria economica in base alla quale le cause profonde della guerra civile fossero da ricercare nelle mire di un Nord protezionista sostenuto dagli industriali e dai loro supporters politici, contro un Sud liberista essenzialmente dedito all'agricoltura, ha trovato molto credito da parte degli storici. Queste mire, a mio avviso, ci furono, ma ebbero il carattere di una conseguenza della guerra in atto e non propriamente di una causa. La crescente industrializzazione, in ultima analisi, rappresentò una spinta profonda nello scatenare la guerra e qui entrò in gioco la schiavitù esistente nel Sud. La grande richiesta di cotone sui mercati sia in America che in Europa, dovuta alle necessità dell'industria, fece sì che la schiavitù fosse sempre più necessaria per i proprietari terrieri del Sud per mandare avanti la loro economia fondata esclusivamente sulle piantagioni.
La popolazione Sudista, prima della guerra civile, era così suddivisa:
Il 90% della popolazione afroamericana in condizioni di schiavitù viveva nel meridione. Il 10% che era libero, la metà viveva al Nord, l'altra metà al Sud. La percentuale maggiore di schiavi era presente negli Stati del profondo Sud; nel South Carolina rappresentava il 59% della popolazione residente nello Stato medesimo.
Al culmine della piramide sociale c'erano i piantatori schiavisti. I proprietari di schiavi erano una fetta minoritaria della popolazione (il 25% nel 1860) però controllavano il 90% del reddito agricolo. Gli altri bianchi presenti erano piccoli coltivatori indipendenti, alcuni molto poveri che lavoravano la terra posseduta da altri. I professionisti e i negozianti non erano molti. Tra i proprietari di schiavi solo la metà di loro possedeva 5 o più schiavi, e solo un decimo di essi ne possedeva 20 o più. Quest'ultimi erano quelli che contavano davvero ed esercitavano il vero potere negli Stati di appartenenza. Nelle assemblee legislative Statali occupavano la maggior parte dei posti e tra di loro venivano scelti i rappresentanti da mandare al Congresso Usa e alla Corte Suprema.
La minoranza schiavista riuscì ad imporre la sua leadership anche sui bianchi non possessori di schiavi, riuscendo quindi a compattare intorno a loro l'intera società bianca del Sud in nome di una superiorità razziale che si esprimeva nei rapporti sociali tra bianchi e neri, nonostante le profonde disuguaglianze a livello economico esistenti tra la stessa popolazione bianca.
Negli anni antecedenti la guerra civile, la società del Sud cercò di dare un'immagine di compattezza anche all'esterno, sostenendo che il loro tipo di società era migliore di quella esistente al Nord.
I proprietari terrieri preferirono investire nell'agricoltura utilizzando gli schiavi quale forza-lavoro invece che investire nelle infrastrutture e nella produzione di manufatti. Per anni detto sistema fu molto redditizio per la classe dominante meridionale. In realtà, parte degli storici è del parere che un'economia che si reggeva esclusivamente sull'opera degli schiavi, a lungo andare avrebbe causato la rovina economica dei piantatori perché un sistema del genere non sarebbe stato sufficiente a produrre sempre nuova ricchezza. Del resto, si ritiene che i piantatori gestissero le loro aziende finalizzando a trarre profitto da esse e in questo non si differenziavano dagli imprenditori capitalistici del Nord, soltanto che nel Sud non veniva utilizzato personale salariato bianco, bensì schiavi neri. Detto sistema aveva contribuito a far crescere il meridione a livello economico tramite la coltivazione del riso, zucchero, tabacco e del cotone.
Per la classe dirigente meridionale, la schiavitù era un modo di essere che garantiva la libertà dei bianchi, sia ricchi che poveri, in quanto escludeva la formazione di una manodopera salariata costituita da lavoratori bianchi, impedendo in questo modo la nascita del moderno proletariato industriale che veniva sfruttato, là dove esisteva, dai capitalisti del Nord.
Si diceva che le suddivisioni classiste del Sud erano di due specie: i bianchi e i neri e non i ricchi e i poveri. Tutti i bianchi, sia ricchi che poveri, qualsiasi fosse la loro provenienza sociale, venivano trattati in modo uguale e possedevano pari dignità di fronte alla comunità meridionale. I lavori degradanti, servili e faticosi li facevano in maggior parte i neri. Secondo gli storici meridionali, nel Sud si era formata una società che ricordava le antiche Repubbliche di Roma e della Grecia.
Quanto sopra rappresentato, spiega i motivi dell'adesione alla secessione e alla guerra civile effettuata dalla popolazione meridionale di razza bianca, considerata la piccola percentuale esistente di ricchi piantatori schiavisti.
La società Sudista si voleva presentare agli occhi di tutta la nazione come portatrice di una civiltà senza conflitti dove tutto funzionava senza divisioni sociali, guidata da una oligarchia agraria di tipo patriarcale benevola e comprensiva verso tutti che aveva riguardo anche per le condizioni dei neri (la cd. Arcadia, citata dal prof. Raimondo Luraghi).
Gli schiavi, secondo i Sudisti, venivano trattati bene, molto meglio di come i capitalisti del Nord trattavano i salariati nelle industrie. Per i neri che si trovavano in schiavitù, il sistema instaurato nel Sud- dicevano gli scrittori meridionali- era ottimale, in fondo i neri si comportavano come bambini, non sarebbero riusciti a badare a se stessi da soli, essendo una razza semplice e primitiva e quindi i ricchi piantatori si prendevano cura di essi in ogni momento della loro vita.
La società del Sud voleva apparire dedita al lavoro e alla famiglia e avulsa da quei conflitti di classe tipici del Nord che portavano gli uomini a farsi una spietata concorrenza e ad un individualismo esasperato, spinto solo a fare soldi secondo le regole ferree del mercato. La realtà era comunque ben diversa, la società Sudista era permeata dalla violenza in ogni loro tipo rapporto sociale e in special modo contro gli schiavi neri di loro proprietà: essi erano considerati alla stregua di merce da usare, da vendere a piacimento da parte dei loro padroni; gli schiavi non possedevano diritti e le punizioni corporali inflitte loro, fino ad arrivare all'impiccagione, erano episodi che sovente succedevano; senza parlare della promiscuità sessuale tra le donne nere e gli uomini bianchi che produceva stupri frequenti perpetrati dai possessori di schiavi.
Con l'elezione di Lincoln alla Presidenza Usa, tredici stati del Sud progressivamente si staccarono dall'Unione per costituirsi in nazione autonoma, la Confederazione degli Stati d'America (Csa), nominando un proprio presidente nella figura di Jefferson Davis. La tesi dello storico Raimondo Luraghi in merito è nota: egli ha sempre sostenuto che la schiavitù non fosse stato il vero motivo della secessione degli Stati del Sud e successivamente della guerra civile: il vero motivo- per Luraghi- era rappresentato dall'indipendenza che il meridione voleva ottenere dall'Unione, staccandosi da esso. Luraghi ha sempre scritto che il Sud avrebbe difeso meglio l'istituzione della schiavitù rimanendo nell'Unione piuttosto che uscirne.
Rimane però il fatto che illustri storici Americani sono di diverso parere. Luraghi scrivendo nei suoi libri che il Sud avrebbe difeso meglio l'istituzione della schiavitù rimanendo nell'Unione piuttosto che uscirne, credo che si riferisse al fatto che negli Usa, prima della secessione, i gangli del potere, ad eccezione della Presidenza conquistata da Lincoln, erano in mano ad esponenti Sudisti. Luraghi si riferisce alla maggioranza nel Congresso Usa e alla Corte Suprema il cui presidente era il giudice Taney, il magistrato artefice della famosa sentenza nel caso Dred Scott. Difficilmente, sostiene il Luraghi, poteva essere approvato, nel periodo 1860-61, un emendamento della Costituzione Americana che abolisse la schiavitù in tutto il territorio dell'Unione.
In relazione a quanto sopra, per Luraghi non era a motivo della preservazione della schiavitù che gli Stati del Sud erano usciti dall'Unione.
Lo storico William C. Davis, il quale ha ha scritto molti libri sulla guerra civile, considerato uno storico molto equilibrato, senza essere necessariamente schierato per il Nord o per il Sud ,sostiene che il nodo centrale delle divergenze tra Nord e Sud rimaneva quello della schiavitù, sia pur strumentalizzata.
Si ritiene comunque che con una politica più oculata da entrambe le parti (Nord e Sud) la guerra si poteva evitare. Bastava un minimo di lungimiranza nel risolvere i conflitti che chiaramente esistevano tra Nord e Sud da parte dei politici di allora e delle classi dominanti dell'epoca.
In fondo, i diversi Stati che componevano l'Unione erano convissuti per tanti anni prima che scoppiasse la guerra civile e allora perché non cercare di continuare a convivere ancora insieme? Se ci riflettiamo bene, anche nel dopo-guerra i diversi Stati degli Usa hanno continuato a convivere e convivono ancor oggi, sempre con i loro attriti e le loro divergenze. L'accettazione del progresso economico e della graduale abolizione della schiavitù erano due fatti che alla fine i Sudisti avrebbero dovuto accettare. Di converso, il Nord con i suoi finanzieri e capitalisti non avrebbero dovuto forzare la mano al Sud, ma invece cercare di dargli una mano nella crescita economica. Quello che è stato imposto con una guerra e con la forza delle armi doveva avvenire pacificamente, in fondo molte menti illuminate del Sud, compresi valenti militari come Robert E. Lee ed altri, erano contrari alla secessione.
Invece, prima dello scoppio del conflitto, fu un susseguirsi di leggi che hanno solo esasperato gli animi di entrambe le fazioni, non arrivando a nulla, anzi, hanno inasprito la conflittualità. Cito per es. Il Kansas-Nebraska Act, che organizzava due nuovi territori e permetteva ai coloni di decidere essi stessi se tolleravano o no lo schiavismo. Mai vista una legge più assurda che non ha fatto i conti con le conseguenze pratiche di un testo astratto.
Una legge che lasciava il Kansas alle future decisioni dei suoi abitanti avrebbe necessariamente ispirato a ciascuna delle due parti divergenti il desiderio di popolare il Kansas medesimo dai propri adepti, con le conseguenze che poi si sono viste:una guerra civile "in pectore".
Da entrambe le parti (Nord e Sud) la malafede fu immensa, alla violenza si rispose con la violenza. I giornali abolizionisti scrivevano che i piantatori meridionali provavano un piacere sadico a frustare i loro schiavi,cosa che era falsa nella maggior parte dei casi. Gli schiavisti invece sostenevano che il Kansas non poteva vivere senza schiavi, altra cosa assurda in quanto nel Kansas medesimo non c'erano più di cento schiavi e quindi il problema in pratica non aveva molta importanza.
Tutti questi contrasti si potevano appianare se le parti in lotta avessero esaminato i fatti in modo obiettivo e senza rancori se ci fosse stata una classe politica più impegnata a sanare le divergenze sezionali.
Infatti, per alcuni storici, nonostante le diversità, i dissidi e le divisioni tra Stati del Nord e del Sud, un compromesso si poteva invece ancora raggiungere. Purtroppo, le divisioni esistenti avevano creato un blocco del processo democratico di integrazione sociale e politica tra gli Stati, che si era manifestato negli anni antecedenti la guerra civile, provocando anche una lunga crisi del Partito Democratico. Gli Stati Uniti furono incapaci di incanalare e finalizzare le energie del Nord e del Sud al fine di permettere una crescita unitaria del paese.
Secondo quanto affermato dallo storico James M. McPherson -in una sua recente intervista - la guerra civile può definirsi come una "seconda rivoluzione americana". E' stata una rivoluzione su due livelli, ha sostenuto detto storico: prima di tutto in senso politico. Fino al 1861, i piantatori del Sud e gli schiavisti avevano dominato la presidenza Usa, prima sotto il Partito Repubblicano Jeffersoniano e poi sotto il Partito democratico Jacksoniano, per 49 anni su 72. Di 36 oratori della Camera dei Rappresentanti, 24 erano provenienti dal Sud. Ed essi avevano sempre avuto la maggioranza dei giudici della Corte Suprema.
Lincoln e la vittoria del partito Repubblicano nel 1860, hanno rappresentato l'ascesa ad un controllo politico di un'economia più diversificata, quella che potremmo chiamare capitalismo democratico. Ed è stata riconosciuta come una rivoluzione allo stesso tempo sia nel Nord che nel Sud. E' stata chiamata dai contemporanei "la rivoluzione del 1860." A mio avviso, per i motivi sopra enunciati, l'espansione della schiavitù era la ragion d'essere del Sud. I repubblicani e Lincoln erano chiaramente inclini verso la mentalità di contenere la schiavitù ed erano predisposti verso il fatto che la schiavitù, prima o poi, si sarebbe estinta. Il Sud riteneva che i repubblicani li avrebbero spremuti fino alla morte, in modo tale da minare la loro indipendenza. La Controrivoluzione del 1861- come viene definita da McPherson- è venuta in risposta alla rivoluzione del 1860.
La minoranza schiavista riuscì ad imporre la sua leadership anche sui bianchi non possessori di schiavi, riuscendo quindi a compattare intorno a loro l'intera società bianca del Sud in nome di una superiorità razziale che si esprimeva nei rapporti sociali tra bianchi e neri, nonostante le profonde disuguaglianze a livello economico esistenti tra la stessa popolazione bianca.
Negli anni antecedenti la guerra civile, la società del Sud diede un'immagine di compattezza anche all'esterno, sostenendo che il loro tipo di società era migliore di quella esistente al Nord.
Il periodo 1850-1860, della storia americana viene chiamato da alcuni storici come "la prima guerra fredda" e tale definizione sembra molto adeguata per descrivere tale periodo. Il contrasto tra Nord e Sud stava spostandosi sul più pericoloso dei conflitti: quello dello scontro ideologico. Sappiamo bene che quando scendono in campo le ideologie, resta ben poco spazio per la mediazione.
Lo storico James G. Randall,nel suo libro "The Civil War and the Reconstruction" ritiene che la guerra civile sia scaturita dal tragico epilogo di una serie di errori commessi da entrambe le parti, che con un negoziato condotto alla luce del sole e secondo regole condivise si sarebbe potuta evitare. La generazione degli anni 60 era stata, secondo Randall, una generazione confusionaria (blundering generation) incapace di costruire mediazioni e compromessi tra le diverse parti della società e dell'economia americana. Ne era derivato un blocco del processo democratico di integrazione sociale e politica che si era manifestato in una lunga crisi del Partito Democratico e nella perdurante incapacità degli Stati Uniti di incanalare e finalizzare le energie del Sud alla crescita del paese. Dall'indipendenza in poi fino alla guerra civile, si erano creati due Stati egemoni negli Usa che esercitarono un predominio politico, economico e culturale, uno al Nord e uno al Sud: Il New England e la Virginia, che riuscirono a convivere dividendosi i compiti. Specialmente la Virginia esercitò un forte influsso politico in quanto un numero elevato di presidenti Usa provenivano da quello Stato. Negli anni questo equilibrio venne meno per le ragioni anche economiche che conosciamo e cominciarono i problemi tra le sezioni. Si è sottolineato che, fino allo scoppio della guerra civile, tante divisioni ed antagonismi tra le parti in causa (Nord e Sud) erano stati ricomposti, sia pure con molta fatica. Invece, negli anni “cd. fatali”, il conflitto divenne quasi inevitabile. Si ritiene che la componente politica abbia avuto grosse responsabilità per non essere riuscita a trovare soluzioni di compromesso tipiche del potere politico. Deve aver contribuito la crisi dei partiti politici organizzati che non riuscirono a mediare. Da una parte, il nuovo partito Repubblicano che si mostrò subito molto intransigente nei confronti degli Stati del Sud e nei confronti dello schiavismo. Dall'altra, la disgregazione del partito Democratico che aveva, negli anni passati, dato un grande contributo nel gestire i conflitti esistenti, soprattutto nel Congresso degli Stati Uniti, luogo deputato costituzionalmente a trovare soluzioni, sia pure di compromesso.
Si nota comunque che lo studio delle cause della Guerra Civile Americana hanno costituito un campo di ricerca e di una messa a punto di teorie revisioniste molto più estese rispetto a quanto venne fatto riguardo alle cause delle due Guerre Mondiali. Nel 1946, grazie alla sintesi, fatta dal prof. Howard K. Beale, degli studi revisionisti sull’avvento della guerra civile, si dimostrò che detta guerra, analogamente alla definizione data dal generale Bradley della Guerra di Corea, fu “la guerra sbagliata, nel posto sbagliato e nel momento sbagliato”. Le teste calde- i cd. Mangia- fuoco- di entrambe le parti portarono alla guerra, quando un giudizioso autocontrollo avrebbe potuto facilmente evitare detto conflitto. Teorie riprese dagli storici moderni, quale, ad es. James M. McPherson.
A mio avviso mi sembra eccessivo dare troppa importanza ai cd.fire-eaters (mangia- fuoco) come elementi fondamentali che hanno fatto scoppiare la guerra civile; però, dal 1850 al 1860, i predetti hanno esperito un ruolo rilevante che ha contribuito notevolmente ad esacerbare gli animi negli Usa, e la classe politica dominante all'epoca non ha fatto nulla per impedirlo. L'argomento andrebbe studiato più a fondo e, a quanto mi risulta, vi sono storici americani che hanno cercato di approfondire quale sia stato effettivamente il loro ruolo. Degno di nota rimane la circostanza che Jefferson Davis, Presidente della neonata Csa, nella formazione del suo primo Gabinetto, escluse dalla nomina nomi noti per le loro tesi estremiste.
Il fatto che l'antagonismo politico si risolse nel 1860, attraverso la competizione elettorale per la nomina del Presidente degli Usa, con la relativa enfatizzazione che ne seguì, comportando la spaccatura del paese dopo l'elezione di Lincoln, è la dimostrazione della incapacità dimostrata dalla classe politica di allora.
Uno storico (Giampiero Carocci) ha scritto che l'elezione di Lincoln alla Presidenza degli Stati Uniti produsse sulla classe dirigente del Sud un clamore identico a quello che avrebbe provocato in America, nel 1945, l'elezione di un presidente comunista. Il paragone rende molto bene l'idea.
Impedire alla schiavitù, come voleva Lincoln, di estendersi nei nuovi territori, significava - sostenevano i Sudisti- condannarla alla inevitabile estinzione in una Unione dominata da Stati liberi non schiavisti; pertanto Lincoln era considerato dal Sud alla stregua di un pericoloso sovversivo.
Karl Marx sulle cause della guerra civile scrisse: «L’Unione era ancora importante per il Sud soltanto nella misura in cui gli si offriva il potere federale come mezzo per continuare la politica schiavista. In caso contrario, era meglio provocare subito la frattura anziché restare a guardare lo sviluppo del Partito Repubblicano e la formidabile ascesa del Nord-Ovest per un altro quadriennio, ed intraprendere la lotta in condizioni più sfavorevoli. Perciò il partito schiavista ha giocato va banque, rischiando il tutto per tutto! Quando i democratici del Nord si sono rifiutati di continuare a fare la parte dei “poveri bianchi” del Sud, il Sud ha procacciato a Lincoln la vittoria disperdendo i suoi suffragi, e quindi ha addotto questa vittoria come pretesto per sguainare la spada dal fodero.» ..........«L’attuale conflitto fra Nord e Sud quindi altro non è che un conflitto fra due sistemi sociali, fra il sistema della schiavitù e quello del lavoro libero. Tale conflitto è scoppiato perché i due sistemi non possono più coesistere pacificamente l’uno accanto all’altro nel continente nordamericano, e potrà concludersi unicamente con la vittoria di un sistema o dell’altro».
Secondo me, l'opinione sopra scritta da Marx è particolarmente azzeccata e lungimirante. Gli Stati del Sud decisero di uscire dall'Unione nel momento in cui sentirono di stare perdendo quel predominio che avevano esercitato negli Usa per svariati anni ed il problema principale era quello di poter continuare ad esercitare lo schiavismo anche nei nuovi territori dell'Ovest.
Infatti non si può, a mio avviso, ritenere sbagliato sostenere che l'indipendenza voluta dagli Stati meridionali nei confronti dell'Unione serviva per mantenere il proprio status quo nel quale la schiavitù avrebbe continuato ad avere un ruolo primario.
Le Ordinanze di secessione degli Stati del Sud, vale a dire quei provvedimenti con i quali si usciva dall'Unione, si basarono quasi esclusivamente sullo schiavismo.
L'ordinanza del South Carolina faceva riferimento alle violazioni effettuate dagli Stati che non possedevano schiavi, nei confronti dei proprietari di schiavi. Detti Stati avevano violato i diritti costituzionali del South Carolina non rispettando il Fugitive Slave Act, la legge che imponeva la restituzione degli schiavi fuggitivi; avevano incoraggiato le agitazioni abolizioniste, avevano cercato di escludere lo schiavismo dai territori e si erano arrogati il diritto di decidere sulle loro questioni interne. Il documento concludeva che dopo 25 anni di continue provocazioni si era arrivati all'oltraggio finale:si era eletto un presidente, Lincoln, che era ostile allo schiavismo. Una volta che Lincoln fosse andato al governo, le garanzie costituzionali a difesa delle autonomie dei singoli Stati sarebbero state soppresse perché la schiavitù sarebbe stata abrogata in tutto il territorio degli Usa.
Per farsi un'idea, la dichiarazione di secessione dello Stato del Mississippi inizia come segue:

"Siamo di fronte ad un momento epocale, perché il nostro Stato ha deciso di sciogliere il suo legame con il governo di cui abbiamo per tanto tempo costituito una parte, ma è giusto che si debbano dichiarare i motivi principali che hanno indotto la nostra decisione. La nostra posizione è completamente identificata con l'istituzione della schiavitù, il massimo interesse materiale del mondo. Il suo lavoro fornisce un prodotto che costituisce di gran lunga una delle parti più grandi e più importanti del commercio della terra. Questi prodotti sono adatti per il clima che esiste nelle regioni tropicali, e, per una legge imperiosa della natura, solo la razza nera può sopportare l'esposizione al sole tropicale. I nostri prodotti sono diventati una necessità per il mondo, e un colpo alla schiavitù è un colpo al commercio e alla civiltà.
Non c'era altra scelta che la presentazione della ordinanza di secessione dall'Unione, i cui principi sono stati sovvertiti per consentire la nostra rovina
".

Concludendo la disamina delle cause della guerra civile, rimane utile riepilogare i motivi dei contrasti tra le due sezioni, secondo le opinioni degli storici.
Nel corso degli anni le differenze tra Stati del Nord e Stati del Sud divennero sempre più evidenti.
Il Sud rimaneva statico, conservatore e reggeva la propria economia sul lavoro degli schiavi, legato ad una società di tipo settecentesco, comandata da una ristretta cerchia di ricchi proprietari terrieri. Il fatto nuovo era che il Nord era cambiato: si stava avviando verso l’industrializzazione, crescevano gli agglomerati urbani e stava nascendo quella cultura di tipo individualista legata al capitalismo e al libero lavoro salariato. Più il Nord si trasformava, più il Sud si chiudeva nei suoi usi e tradizioni.
La società esistente al Nord, pur con tutti i problemi connessi col nascente capitalismo industriale, che peraltro – secondo lo storico McPherson- detto capitalismo industriale, negli anni antecedenti alla guerra civile, era ancora in embrione, rappresentava una società dinamica ed in espansione. Il Sud, con la difesa ad oltranza della “peculiare istituzione”, cioè lo schiavismo, sul quale, come si è visto, il Sud medesimo fondava tutta la sua economia, assumeva l’aspetto di una società in via di estinzione legata a valori che nel mondo venivano ormai considerati superati. La difesa ad oltranza dello schiavismo in un paese civile del 800 era fuori dalla realtà. D’altronde, il fattore chiave, come si è detto, riguardava il predominio sui nuovi territori: se lasciarli ai coloni del Nord che erano contrari all’introduzione dello schiavismo nei territori medesimi, o, invece di riuscire ad imporre il predominio su di essi da parte dei ricchi proprietari terrieri del Sud che, come si è visto, avevano mire espansionistiche nei territori dell’Ovest e in America Centrale, in particolare, su Cuba.
La posta in gioco era tutta lì: a chi spettasse in futuro la leadership su tutta la nazione americana. Se il Sud non riusciva ad ottenere detto predominio con la conservazione dello schiavismo, data la preoccupazione e i timori che i meridionali nutrivano nei confronti del Presidente Lincoln, tanto valeva andarsene per conto proprio fondando una nazione separata dall’Unione e indipendente.
Fino a che punto a livello economico, i Confederati sarebbero riusciti a fondare una nazione moderna sotto tutti i punti di vista, considerato il carattere di società chiusa e dedita solo al lavoro della terra, esistente nel Sud, è tutto da dimostrare.
A mio avviso, concludendo la disamina sulle cause della guerra civile, si possono trovare mille giustificazioni a favore delle ragioni del Nord o del Sud che hanno spinto a far scoppiare la guerra, ma, a mio avviso, rimane il fatto che la guerra civile americana, scatenata per di più in un paese che con i canoni di allora poteva definirsi progressista e democratico, rimane essenzialmente un episodio negativo da qualsiasi punto di vista lo si voglia osservare. Gli stessi Europei si meravigliarono come in un paese dagli standard elevati rispetto ad altri paesi fosse scoppiata una guerra molto sanguinosa che provocò numerosi morti, lutti e distruzioni, divisioni di famiglie e causò la situazione che ex colleghi ufficiali di West Point, i quali alcuni erano pure amici, si siano combattuti l’uno contro l’altro senza quartiere.


Stampa illustrante la conferenza per la pace del 1861 tenutasi a Washington D.C..

2. 1860-61 - Gli ultimi tentativi per scongiurare il conflitto
Nel periodo in cui iniziò la secessione degli Stati del profondo Sud, per cercare di scongiurare lo smembramento ulteriore dell'Unione e per cercare di evitare la guerra, furono presentati al Congresso Usa varie proposte di compromesso. La più interessante che viene ricordata da molti storici è quella del senatore del Kentucky John J.Crittenden, allievo del padre dei compromessi Henry Clay. Il senatore propose una serie di emendamenti costituzionali per placare i timori e le volontà secessioniste dei Sudisti.
La proposta di Crittenden era così articolata:
1) garanzia di permanenza dello schiavismo negli Stati.
2)Indennizzo da parte del governo federale per i proprietari di schiavi che non riuscissero a riprendere i loro schiavi fuggitivi.
3)ripristino della linea del compromesso del Missouri con la proibizione dello schiavismo a nord del parallelo 36°30° e la protezione dello schiavismo a sud di tale linea.
Il piano sopra esposto poteva essere un buon punto di partenza per cercare di ragionare e trovare una soluzione, invece gli animi erano talmente esacerbati che il piano medesimo non ebbe fortuna perché ormai non si ragionava più.
Il piano ottenne consensi favorevoli al Nord, e anche gli Stati del Sud che ancora non avevano aderito alla secessione sembravano disposti ad accettarlo a condizione che anche il partito Repubblicano lo accettasse. Gli Stati già secessionisti furono invece contrari. Ma sia il partito Repubblicano e, in special modo Lincoln, erano disposti ad appoggiare solo i primi due punti della proposta; furono invece contrari all'ultimo punto. Accettare il ripristino della linea del Compromesso del Missouri significava-per Lincoln e i Repubblicani- estendere lo schiavismo nei nuovi territori dell'Ovest a sud di detta linea, con il rischio di provocare una nuova crisi in quei territori dove andavano insediandosi lavoratori contrari allo schiavismo e poteva alimentare le mire espansionistiche degli Stati Sudisti in America latina e soprattutto verso Cuba.
Una nuova convenzione indetta a Washington nel febbraio 1861 su proposta del parlamento della Virginia, chiamata "Conferenza della pace", non ottenne anch'essa alcun risultato; a detta Conferenza parteciparono i rappresentanti di 21 Stati, non parteciparono i rappresentanti degli Stati secessionisti ed anche i rappresentanti di altri Stati. A causa della assenza degli Stati secessionisti e per l'intransigenza dei Repubblicani, anche quest'ultimo tentativo era destinato al fallimento. Venne proposta una variante del piano di Crittenden che il Congresso non prese in considerazione.

3. I mesi prima dello scoppio della guerra
Il politico Alexander Stephens che poi diverrà vice presidente della Confederazione, dirà nei giorni della secessione, a proposito dell’entusiasmo popolare (vero e presunto) che si scatenò nel Sud:”La gente è impazzita, è presa da una violenta, fanatica passione e non sa quello che fa”.
Storici come Nevins e Commager, autori del libro “Storia degli Stati Uniti”, nutrono seri dubbi sull'effettivo consenso popolare da parte della gente meridionale, sia alla secessione dall’Unione e poi alla guerra, sostenendo che se le ordinanze di secessione degli Stati fossero state sottoposte a referendum popolare, esse sarebbero state bocciate a causa del voto sfavorevole che una maggioranza di persone, ostile ad uscire dall’Unione, esistente in parecchi strati della popolazione sudista, avrebbe espresso se gli fosse stata data questa opportunità di votare.
Sta di fatto che a parte l’entusiasmo vero e presunto espresso dalla gente del Sud, si notava in essa una notevole dose di provincialismo. Si pensava che senza il cotone del Sud, le industrie del Nord sarebbero crollate, che in pochi mesi di guerra i Sudisti avrebbero avuto facilmente ragione degli yankees, perché essi non sapevano combattere, essendo una generazione di bottegai non certo dediti al mestiere delle armi. Una valutazione talmente miope che, come si vedrà in seguito, costerà cara ai Confederati. Al Nord l’atmosfera era più pesante, la gente era da prima incredula, poi preoccupata dalle possibili conseguenze della secessione, si stava capendo che secessione significava guerra.
Nell’Unione si sentiva un senso di amarezza, efficacemente espresso da un ironico emendamento espresso da un congressista:” Ogni qual volta un partito sarà sconfitto da un’elezione presidenziale potrà ribellarsi e prendere le armi e in tal caso l’Unione sarà finita a meno che il vincente non adotti come suoi i principi del partito sconfitto”.

4. L'ultimo periodo della Presidenza Buchanan
Concludiamo la disamina del periodo ante guerra civile dicendo che durante l'interregno, in attesa dell'insediamento del nuovo Presidente Usa Lincoln, il governo federale, sotto la presidenza di James Buchanan, presidente uscente, poteva prendere misure difensive, armare i Forti e proteggere le amministrazioni federali negli Stati del Sud. Invece, non è stato fatto nulla di concreto. Si è creata una situazione di passività, un'accettazione dei fatti compiuti e cioè delle secessioni dei singoli Stati meridionali. Forse si sperava ancora di risolvere i problemi tramite le intermediazioni politiche.
ll comportamento tenuto da Buchanan durante la secessione è stato criticato dagli storici. Nel suo messaggio al Congresso Usa il 4 dicembre 1860, quando il South Carolina stava indicendo le elezioni per l'Assemblea Costituente che avrebbero poi sancito l'uscita dall'Unione, disse che "nessuno Stato aveva il diritto di abbandonare l'Unione, ma precisò che l'Unione, dal canto suo, non poteva esercitare nessun mezzo per costringerlo a restarvi". Con queste parole, Buchanan non poteva dare miglior incoraggiamento ai secessionisti.
ll comportamento tenuto da Buchanan fu disastroso anche perché, con la sua acquiescenza, creò un errato ottimismo da parte degli Stati del Sud: essi parvero dimenticarsi che tra breve si sarebbe insediato alla Casa Bianca un Presidente che avrebbe difeso strenuamente l'Unione Federale. Si è parlato, da parte dei contemporanei, addirittura di tradimento da parte di Buchanan a favore degli stati secessionisti. Da parte degli storici, Buchanan non è comunque considerato un traditore. Ci si è chiesti comunque come una personalità politica consumata quale egli era stata non ha saputo fronteggiare quello che stava succedendo in quegli anni fatali negli Usa e ci sono varie chiavi di lettura per spiegare il suo comportamento, tutte abbastanza valide. Un' interpretazione, più moderna, è la seguente:
Buchanan è stato eletto in un'epoca che richiedeva una forte leadership esecutiva, ma nonostante la sua esperienza politica e diplomatica, non aveva la mentalità che sarebbe occorsa a un Presidente in quegli anni difficili. Buchanan ha fallito come Presidente, non perché era debole e indeciso come è stato raffigurato, ma perché egli era legato ostinatamente a una filosofia antiquata a livello politico che ha perso il contatto con la società americana del 1850-60. Era rimasto fermo a quello che era successo nei decenni passati, quando i Democratici del Nord e del Sud erano uniti, il movimento antischiavitù era disprezzato e i problemi sezionali erano stati risolti facendo delle concessioni agli Stati Sudisti. Non è riuscito a comprendere i cambiamenti economici e culturali che stavano avvenendo nella società del Nord, non ha capito la crescente ripugnanza morale della schiavitù da parte di alcuni strati della popolazione Nord, né la differenza tra coloro che volevano impedirne la propagazione e chi voleva abolirla.
Buchanan viene anche ricordato come l'unico presidente scapolo che arrivò alla Casa Bianca e che non si sposò mai, circostanza che, dati i parametri di allora, diede luogo ad una serie di pettegolezzi sul suo conto che sono continuati ancor oggi. Buchanan era anche iscritto alla Massoneria e al suo funerale una enorme folla di persone gli tributò omaggio.
Sembra che, durante la presidenza di Lincoln, Buchanan abbia mantenuto un atteggiamento di lealtà nei suoi confronti.
Recentemente anche Eric Foner, professore di Storia alla Columbia University, autore, tra gli altri, del saggio "Storia della libertà americana", (libro molto interessante anche se provocatorio) considera James Buchanan come "forse il peggior Presidente della storia americana."
Foner sostiene che Buchanan si trovava sicuramente sotto i piedi dei politici del sud. Egli indica i membri del gabinetto iniziale del presidente, in parte di provenienza meridionale, come prova convincente che i Sudisti hanno dominato l'amministrazione presidenziale fin dall'inizio.
Secondo me, non è una prova sicura che dimostri la parzialità di Buchanan, in quanto, a mio avviso, pur essendo legato al Sud, egli era proprio incapace di reagire e prendere posizione in un momento così difficile e delicato della storia americana, combinando con la sua inazione notevoli disastri; magari Buchanan pensava erroneamente che la situazione creatasi con la secessione degli Stati del Sud potesse risolversi in modo pacifico.
Nel mese di ottobre del 1860, il Generale Winfield Scott avvertì Buchanan che l'elezione di Lincoln alla Presidenza avrebbe provocato la secessione dall'Unione di almeno sette Stati. Scott raccomandò inoltre a Buchanan di impiegare le truppe federali e l'artiglieria per proteggere le proprietà federali in quegli Stati e disse che alcuni rinforzi erano già disponibili. Buchanan, tuttavia, che diffidava di Scott (i due erano stati a lungo avversari politici) ignorò le sue raccomandazioni.
Il periodo della fine presidenza di Buchanan, a mio avviso, andrebbe ristudiato e rivisto con più attenzione da parte degli storici. Ci si è troppo focalizzati, in parte anche a ragione, su quello che ha fatto Lincoln nel primo periodo della suo mandato presidenziale piuttosto che su quello che ha fatto (o non ha fatto) Buchanan nell'ultimo periodo del suo mandato.

5. Abraham Lincoln e Jefferson Davis - Ritratto di due Presidenti
Appare utile per rendere meglio la situazione politica che si delineò durante la guerra civile, fare un raffronto e un paragone sull'operato di Abraham Lincoln, Presidente dell'Unione e di quello di Jefferson Davis, presidente della Confederazione, in merito esclusivamente alla conduzione della guerra stessa, in qualità di Commander in Chief. Premesso che, a mio avviso, la personalità di Lincoln risulta molto complessa e piena di sfaccettature e, pertanto, meriterebbe un serio approfondimento, si cercherà di fare delle considerazioni generali sul rapporto tra il medesimo e la conduzione della guerra civile. La figura di Lincoln può definirsi, a mio parere, la caratterizzazione di un politico nel senso "moderno" del termine. Per esempio, ha dimostrato di possedere una visione politico-strategica della guerra, conferendo o togliendo gli incarichi di vertice ai Generali che non rispondevano alle sue aspettative, alla ricerca di quei Generali "giusti" che servivano per vincere, non mostrando, al riguardo, scrupoli che un politico non può permettersi di avere. Poneva ai militari delle direttive a carattere generale, lasciando loro libertà di azione, intervenendo quando era necessario e, incaso di inerzia, destituendoli. Prima della battaglia di Gettysburg, è risultato decisivo sostituire il gen.Hooker con il gen.Meade.
Lincoln, sia pure molto paziente con il gen. George B.McClellan, primo comandante dell'Army of Potomac, non esitò a esonerarlo dal comando quando gli esiti del conflitto non andavano a favore dell'Unione, cosi come se ne infischiò del fatto che i generali si fossero diplomati o meno a West Point, l'importante era conseguire dei risultati.
Si ritiene fondamentale sottolineare le sue origini: non faceva parte di alcuna casta dirigenziale e non proveniva da una famiglia importante o facoltosa. Di origini quindi modeste era un uomo che era riuscito ad emergere, studiando e lavorando, fino a diventare avvocato, dimostrando una ferrea volontà di progredire nell'ascesa sociale. Un professionista prestato successivamente alla politica. Dalla sua capacità di affermazione derivava forse la sua determinazione nel cercare di risolvere i numerosi problemi affrontati durante l'incarico di Presidente. Determinazione che Lincoln ha mostrato più volte nella conduzione della guerra.
La sua prematura scomparsa non ha permesso di vedere Lincoln operare in tempo di pace, in un momento delicato come quello della Ricostruzione post guerra civile. La grandezza di Lincoln non fu capita dai contemporanei e anche al giorno d'oggi è difficile, per molti, da comprendere. La personalità dell'uomo, il suo stile e le sue doti di dignità, di umiltà e sensibilità lo fecero diventare l'uomo-guida dell'Unione durante la guerra. Lincoln riuscì a definire gli obiettivi della nazione anche a livello di ideali, contribuendo a salvaguardare l'Unione. La sua morte prematura ed improvvisa fu una tragedia nazionale per tutti, Sud compreso.
All'inizio della sua carriera di Presidente gli giocò contro una certa dose di inesperienza, che però recuperò in seguito. Sottovalutò inizialmente la problematica della Secessione degli Stati del Sud, sperando di risolverla in pochi mesi.
Lincoln è stato l'unico presidente degli Stati Uniti il cui mandato è iniziato e finito con una guerra; egli aveva una visione "realistica" della guerra e come tale si è comportato. Non ha mai riconosciuto la Confederazione come Stato sovrano e autonomo e considerò i Sudisti dei ribelli. La guerra civile americana è stata sanguinosissima e a volte crudele per entrambe le parti e Lincoln combatté per vincere.
Come sostengono alcuni storici (D.H.Donald, Mitchell) poteva andare molto peggio per il Sud rispetto a quello che effettivamente è successo, ricordiamo come sono finite le ribellioni dopo il 1848, in Europa.
Indubbiamente, la guerra civile ampliò i poteri del governo federale e pertanto il ruolo del potere esecutivo ne uscì rafforzato. Ma tutte le prerogative presidenziali che Lincoln esercitò devono essere ricondotte in quelle attività che i giuristi hanno chiamato “War Power”,cioè tutti quei poteri che un Presidente deve necessariamente esercitare in tempo di guerra. Lincoln, senza dubbio, ne fece ampio uso. Chiaramente i critici di Lincoln ritengono che detto potere sia stato eccessivo e che egli abbia violato il dettato costituzionale. Il dibattito su questo argomento esiste e si è riproposto anche per l'operato di altri presidenti Usa, quali F.D.Roosevelt durante la 2° guerra mondiale.
Comunque, l'esercizio dei poteri di Lincoln è sempre stato legato alle esigenze belliche ed egli cercò sempre, nelle sue scelte, il consenso del Congresso.
Jefferson Davis esercitò di meno detti poteri non perché non li volesse utilizzare, ma perché non aveva l'appoggio di un partito forte e organizzato- e oserei dire moderno- quale il partito Repubblicano Unionista di cui invece Lincoln, pur con delle divisioni, ne ebbe il pieno appoggio. Inoltre nella Confederazione esisteva l'annosa questione dei diritti e delle prerogative degli Stati i quali furono contrari ad un potere centrale forte ed autonomo.
Che Lincoln abbia commesso, nel primo periodo della guerra, i suoi errori nella scelta dei comandanti è indubbio; d'altronde, all'inizio, che scelte avrebbe mai potuto fare? Però, quando la guerra andava male per il Nord e si è trattato di effettuare scelte coraggiose nella nomina di nuovi comandanti, Lincoln non si è mai tirato indietro anche a costo di attirarsi le critiche dell'establishment e dell'opinione pubblica. Mi riferisco al gen.Meade e soprattutto al gen.Grant.
Lincoln, durante il suo mandato presidenziale, avrà quindi anche fatto degli errori, ma ha sempre tratto esperienza dagli stessi, dimostrando, nel corso della guerra, di possedere grande coraggio e flessibilità, infischiandosene a volte dei consigli che venivano dal suo entourage e quindi rischiando in prima persona, come d'altronde era giusto che facesse visto che era lui il presidente degli Usa.
Davis fu un lungimirante ministro della Guerra durante la Presidenza Pierce, e poi senatore fino alle sue dimissioni all'atto della secessione degli Stati del Sud.
Anche Lincoln si era dedicato soprattutto alla politica: la sua attività come avvocato, per una non recente storiografia, appare molto marginale nell'ambito della sua vita, ma vedremo in seguito che non è andata in questo modo.
Si nota tra Lincoln e Davis delle notevoli diversità caratteriali che forse influirono nella loro condotta politica, non scordiamoci che i due presidenti dovettero affrontare, nel corso della guerra, identici problemi e, a volte, usarono gli stessi metodi, vedi ad es. l'abolizione temporanea del Habeas Corpus.
Parte della storiografia (Mark E. Neely Jr. "Southern Rights :Political Prisoners and the Myth of Confederate Constitutionalism") ha messo in evidenza che anche Jefferson Davis usò misure repressive nei confronti degli abitanti del Sud dissidenti e filo-Unionisti e che siano state prese misure restrittive delle libertà costituzionali dei cittadini della Confederazione in relazione alle esigenze belliche. Il libro in questione, che si avvale di moltissimi documenti, mette fine - come dice l'autore- al falso mito che voleva che solo Lincoln e l'Unione avessero violato le libertà civili dei dissidenti. D'altronde è normale che l'Unione e la Confederazione, pur nelle loro diversità, abbiano adottato, durante la guerra civile, soluzioni comuni in tanti aspetti concernenti sia il campo prettamente militare che quello politico-economico. Pertanto, sembra anche illogico che il comportamento tenuto, rispettivamente, da Lincoln e da Davis, all'atto pratico, risultasse completamente diverso. E' interessante la seguente definizione data da uno storico su Lincoln: un misto tra un rivoluzionario pragmatico e un conservatore. Lincoln ha mostrato notevoli capacità politiche miscelando conservatorismo e innovazione. Da una parte egli ha forzato la mano in alcune occasioni (vedi l'episodio di Fort Sumter), dall'altro ha mostrato notevoli doti nell'arte del compromesso.
Secondo lo storico Gautam Mukunda- assistant professor alla Harvard Business School:

"Lincoln è stato uno tra i meno preparati a diventare presidente di chiunque sia mai stato eletto alla Casa Bianca. La sua carriera politica nazionale ha incluso solo un mandato al Congresso. E 'stato scelto come candidato repubblicano, oltre all'ex governatore di New York e senatore degli Stati Uniti William Henry Seward, in gran parte perché la sua breve carriera politica gli ha permesso di posizionarsi come il politico meno antischiavitù - e quindi più moderato - del partito repubblicano. Una volta in carica, però, Lincoln si rivelò molto più impegnato ad opporsi alla schiavitù e di mantenere l'Unione a tutti i costi rispetto alle posizioni di Seward, nominato segretario di Stato nel suo Gabinetto e il suo genio politico e strategico ha rappresentato una componente fondamentale nella vittoria dell'Unione nella guerra civile e nella ricerca del consenso popolare. Senza di lui, la guerra civile sarebbe andata molto diversamente. Quando la milizia del South Carolina ha assediato Fort Sumter, Seward avrebbe voluto cedere il Forte pacificamente, credendo che il Sud sarebbe tornato nell'Unione in pochi mesi. E 'stata un'idea di Lincoln quella di inviare rifornimenti alla fortezza assediata, una tattica che ha spinto le forze del Sud a sparare i primi colpi della guerra civile. Quei colpi hanno unito il Nord, allora riluttante a combattere, intorno a Lincoln. Quando Lincoln divenne presidente, il sistema politico americano non funzionava. La nazione era sull'orlo del collasso, e la politica di tutti i giorni aveva prodotto una serie di presidenti che aspiravano alla mediocrità. Chi voleva essere guidato da Millard Fillmore, Franklin Pierce, o James Buchanan? Nel bel mezzo della crisi, un outsider - qualcuno che potesse fare delle scelte audaci che nessun altro avrebbe fatto - era l'unica opzione".

Gli storici moderni, come James M. McPherson - rispetto alla storiografia più antica che, sicuramente in buona fede, ha cercato di mettere in ombra le capacità legali di Abraham Lincoln rispetto a quelle politiche- ritengono che forse la più grande risorsa di Lincoln come avvocato era la sua capacità di semplificare i casi. Egli è stato in grado di ridurre anche i casi più complessi in alcuni punti chiave. Egli aveva le capacità di essere breve e chiaro, abbinate ad una straordinaria capacità di 'leggere' le giurie e influenzarle con i suoi argomenti persuasivi. Lincoln e il suo avvocato partner hanno gestito oltre 5.000 casi. Leonard Swett, un avvocato collega di Lincoln, una volta disse:"Ogni uomo che ritiene Lincoln un uomo ingenuo, molto presto si sarebbe svegliato con la schiena in un fosso." Jefferson Davis dovette affrontare in troppo poco tempo problemi immani che potrebbero essere condensati in due soli: far nascere una nuova nazione e condurre una guerra civile. Compiti che sarebbero riusciti a ben pochi altri politici. Il suo zelo, l'energia, e la fede dimostrata per la Confederazione sono state essenziali per combattere una guerra di quelle dimensioni.
Le pecche che gli si riscontrano sono essenzialmente due: non essere riuscito a coordinare efficacemente i vari teatri di guerra, compito che poteva delegare al gen. Lee, e la sua incapacità- data forse la sua rigidità di carattere- ad andare d'accordo con le altre persone, dote importante per un politico.
Sulla condotta tenuta da Davis durante la guerra si ritiene che, data la situazione che si era creata nella Confederazione (i vari protagonismi e dissidi degli alti ufficiali Sudisti, i localismi manifestati dai singoli Stati, ecc.) il medesimo sia riuscito ad operare al meglio delle sue possibilità.
Sull'uomo Davis, sappiamo che era un gran galantuomo, anche se poco diplomatico e quindi poco flessibile ai meccanismi a volte perversi delle dialettiche politiche. Quello che invece non approvo dell'operato di Davis e di gran parte degli uomini politici, sia del Sud ma anche del Nord, è stato il comportamento da loro tenuto nel periodo strettamente a ridosso dello scoppio della guerra civile. I politici di ogni schieramento si sono, a mio avviso, fatti trascinare troppo dagli eventi che hanno portato alla guerra. Davis era stato allievo a West Point, era stato ufficiale di carriera e si era distinto nella guerra messicana, era un politico che aveva ricoperto nell'Unione importanti incarichi di governo, era stato ministro della Guerra nel gabinetto del presidente Pierce. Egli doveva esser legato per forza all'Unione e infatti accettò con riluttanza l'idea della secessione. I politici di un paese con organi statali rappresentativi perché liberamente eletti dal popolo dovrebbero essere la parte migliore del paese stesso e vedere dove i cittadini medi non arrivano perché chi è preposto a guidare la cosa pubblica dovrebbe pensare al bene supremo della nazione che è chiamato a dirigere, riuscendo a guardare anche al futuro. I politici Usa di allora, sia del Nord che del Sud, non riuscirono ad esercitare una mediazione efficace al fine di evitare lo scatenarsi di una sanguinosa guerra civile. In questo, sono molto vicino alle tesi dello storico James Randall, il quale ha definito la generazione politica Usa ante guerra civile, una generazione di confusionari, incapaci di trovare soluzioni valide per appianare le divergenze tra Nord e Sud.
Altro grosso errore, per tornare all'operato di Davis, è stato quello di attaccare Fort Sumter. Non si doveva forzare la mano, sarebbe stato meglio aspettare e far fare la prima mossa all'Unione.
Anche lo Stato della Virginia è stato indeciso prima di prendere la decisione di staccarsi dall'Unione perché anche detto Stato, per tradizioni legate alle vicende della Nazione della quale era componente fondamentale e primaria, rimaneva pur sempre legato all'Unione. Al momento della secessione della Carolina del Sud, se ci fosse stato un Presidente più deciso di Buchanan -che seppur presidente uscente, come abbiamo scritto in precedenza, poteva lo stesso esercitare i suoi poteri senza scaricarli al nuovo presidente Lincoln- la secessione poteva finire come è finita ai tempi del presidente Jackson, che mostrò molta fermezza proprio nei confronti della Carolina del Sud e delle sue velleità secessioniste. Invece Buchanan non fece assolutamente nulla, pur essendo contrario alla secessione. Per concludere, i fatti che ho descritto sono tutti frutto delle incapacità o indecisioni, a livello federale e statale, mostrate dai politici di allora.
Davis fu accusato di avere tendenze dittatoriali da alcuni Stati del Sud, gelosi dei loro diritti e prerogative. Egli venne accusato dai governi degli Stati di usare "metodi yankee" per combattere i Nordisti.
Si ritiene invece che Davis abbia cercato di esercitare i suoi poteri, sia in campo politico ed economico, oltre che militare, esattamente come ha fatto Lincoln, solo che Davis ha dovuto affrontare difficoltà maggiori a causa di una neonata nazione che stentava a sentirsi unita. Non scordiamoci che, in materia di politica interna, l'Unione e la Confederazione tentarono di mettere in atto delle scelte molto similari, alcune riuscite, altre di meno. A mio avviso, nella Confederazione, ci furono troppe lamentele e continui litigi e mancò un vero dibattito politico sui futuri destini della nazione.
Invero, Davis aveva tutte le carte in regola per svolgere la funzione di presidente: egli, come detto prima, si era diplomato a West Point, era stato ufficiale di carriera, aveva combattuto in Messico, aveva svolto l'incarico di Ministro della Guerra nel Gabinetto del Presidente Pierce ed infine, prima della guerra civile, aveva svolto le funzioni di senatore al Congresso USA.
Lincoln, invece, politico digiuno di responsabilità di governo quando arrivò alla presidenza Usa, seppe dare una prova migliore.
Parte della storiografia (Mark E. Neely Jr."Southern Rights :Political Prisoners and the Myth of Confederate Constitutionalism") ha messo in evidenza che anche Jefferson Davis usò misure repressive nei confronti degli abitanti del Sud dissidenti e filo-Unionisti e che siano state prese misure restrittive delle libertà costituzionali dei cittadini della Confederazione in relazione alle esigenze belliche. Il libro in questione, che si avvale di moltissimi documenti, mette fine - come dice l'autore- al falso mito che voleva che solo Lincoln e l'Unione avessero violato le libertà civili dei dissidenti.
Il gen.Lee, nel primo anno di guerra, su Jefferson Davis, disse:

Davis è convinto che la secessione dell’Unione sia un diritto legale e che quindi il Sud non abbia commesso nulla di male a secedere. Egli non vuole convincersi che Washington considera la secessione un tradimento e pertanto, il Nord farà di tutto per riportarci dentro l’Unione. Io non sono un costituzionalista e quindi non mi voglio addentrare in questioni legali e cioè se avessimo diritto o meno a secedere, anche se ho sempre considerato la secessione un errore. Davis è un idealista, sentimento molto nobile, non c’è dubbio; egli crede che la questione si risolverà per forza di cose a nostro favore. Ma noi riusciremo a garantirci il diritto di vivere separati e di fondare uno Stato autonomo solo se otterremo una vittoria militare, per questo dobbiamo puntare tutto sul nostro esercito e abbiamo più che mai bisogno di ufficiali capaci e preparati”.

A mio avviso, il gen.Lee ha voluto riaffermare l’esigenza primaria della Confederazione di raggiungere una vittoria militare decisiva al fine di far desistere l’Unione a continuare la guerra. Pertanto, può essere- ma stiamo nel campo delle ipotesi- che considerasse di importanza secondaria tutte le iniziative politiche e diplomatiche messe in atto dal Presidente Davis, di fronte all’obiettivo principale di battere il Nord con una vittoria schiacciante sul campo di battaglia. Lee, in fondo, dimostrò tale assunto andandosi a cercare il nemico per ben due volte in Maryland e in Pennsylvania.
D’altronde, il nerbo principale della Confederazione è stato rappresentato dal suo esercito; molti soldati, nel periodo finale della guerra, combatterono più per Lee che per la Confederazione, dato il grande ascendente che il generale aveva sui suoi soldati. Una volta che l’esercito Sudista si arrese, la Confederazione di colpo cessò di esistere come entità e nazione autonoma.
Ciò non toglie che il presidente Davis abbia cercato di fare bene il suo mestiere di politico, occupandosi di tutti i molteplici aspetti che girano intorno ad una guerra (economici, diplomatici, sociali, ecc.) in quanto anch’essi sono essenziali all’andamento della guerra stessa. Oltre tutto, l'aspetto principale era che Davis doveva fondare una nuova nazione otre che combattere una guerra.
Sono, da ultimo, da citare gli studi recenti effettuati dallo storico Steven E. Woodworth su Jefferson Davis e la sua leadership militare e il rapporto avuto con i suoi generali, studi che sono molto illuminanti in proposito. Woodworth sostiene che Davis è una figura storica che suscita forti passioni fra gli studiosi; alcuni lo hanno descritto come un eroe, altri lo hanno giudicato un incompetente. Il suddetto storico dimostra che entrambi gli estremi sono esatti - Davis era al tempo stesso eroico e incompetente. Egli rimane comunque una figura complessa. Woodworth fa un ritratto di Davis come un uomo di talento e leader coraggioso che, tuttavia, ha indebolito la causa della Confederazione nei fronti dell'Ovest dove- secondo lo storico- il Sud ha perso la guerra.
Allo scoppio della guerra, pochi meridionali sembravano più qualificati di Davis per il posto di comandante in capo. Davis - dice Woodworth -si era diplomato a West Point, aveva comandato un reggimento in combattimento nella guerra messicana (fatto che né Lee né Grant potevano vantare in quanto ufficiali più giovani), aveva ottenuto brillanti risultati come senatore degli Stati Uniti e come Segretario del Ministero della Guerra del gabinetto del presidente Usa, Pierce. Nonostante le sue credenziali- sostiene Woodworth- Davis si dimostrò troppo indeciso e incoerente come comandante in capo per condurre la sua nuova nazione alla vittoria.
Come dimostra Woodworth, però, Davis non si deve assumere da solo la responsabilità per la sconfitta del Sud. Una parte sostanziale di tale onere ricade sui Generali che operarono sul fronte occidentale. Woodworth valuta le loro relazioni con Davis, così come la loro leadership dentro e fuori dal campo di battaglia a Donelson, Shiloh, Vicksburg, Murfreesboro, Chickamauga, e Atlanta, per dimostrare la loro complicità per la morte della Confederazione.
Woodworth esamina anche il rapporto tra Davis e Lee. Egli mette in evidenza come Davis non fosse d'accordo con le strategie offensive del gen. Lee, ma, nonostante ciò, Davis avesse sempre avuto un rapporto di fiducia reciproca con il medesimo, anche perché Lee era sempre disposto a condividere i suoi piani con lui e a chiedergli consigli, cosa che altri generali, quali P.G.T. Beauregard e Joe Johnston, non facevano, tenendolo a volte all'oscuro e trattandolo con disprezzo.
Woodworth dice che Davis aveva sempre avuto fiducia in Lee anche quando, all'inizio della guerra, Lee non era tanto popolare presso l'opinione pubblica meridionale per i risultati disastrosi ottenuti dal generale nel West Virginia, tanto è vero che i giornali di Richmond lo avevano ridicolizzato chiamandolo "Granny Lee".
Davis, nelle sue nomine- conclude Woodworth -ha mostrato una troppo rigida preferenza per gli ufficiali diplomatisi a West Point, una preferenza che molte volte è stata un bene, altre volte no, vedi Forrest e Cleburne; cosi come la sua insistenza, nelle scelte dei comandanti, ad utilizzare caparbiamente il criterio dell'anzianità di servizio".
Di nuovo Steven E. Woodworth, nel suo libro "Jefferson Davis and His Generals: The Failure of Confederate Command in the West", sul modo di esercitare la leadership da parte di Jefferson Davis, ipotizza la sua tendenza ad esercitare un potere e un controllo diffuso, quasi esclusivo, su tutti i gangli della amministrazione e sui vertici militari, dovuta al fatto che avendo trascorso parte della sua vita prima come ufficiale nell'esercito e poi nella politica come ministro e senatore a Washington, egli avesse acquisito una concezione troppo gerarchizzata della pubblica amministrazione. Condizione questa, se portata all'eccesso, gli ha remato contro.
Lo storico James M. McPherson, che recentemente ha scritto un saggio su Jefferson Davis in merito alla sua leadership militare, sostiene che un diverso Commander in Chief al posto di Davis, probabilmente non avrebbe modificato il corso della guerra per la Confederazione. Davis non era un genio militare - sostiene McPherson - ma era uno stratega migliore di molti dei suoi generali.
Si nota una tendenza da parte della recente storiografia a rivalutarel'operato di Jefferson Davis o almeno a mostrarsi più obiettivi nei suoi confronti. Mi sembra abbastanza corretto come percorso: Davis ebbe indubbiamente le sue colpe, ma sarebbe sbagliato e riduttivo attribuire a lui tutte le responsabilità per la sconfitta della Confederazione.
Concludendo la disamina dell'operato dei due presidenti sulla conduzione della guerra, si ritiene che Lincoln abbia fornito una prestazione migliore sia in campo politico, sia come leadership militare, rispetto a quella fornita da Davis, giudizio espresso facendo un bilancio consuntivo di tutto il periodo storico concernente la guerra civile.
Davis ha dovuto affrontare grossi problemi, alcuni superiori a quelli che ha dovuto affrontare Lincoln, tra i quali, il più gravoso, quello di cercare di fondare dal nulla una nuova nazione. Lincoln comunque ha dovuto affrontare una serie di problemi, alcuni diversi, altri affini a quelli che si sono prospettati a Davis.
Lincoln si è rivelato, pur con tutte le incertezze mostrate all’inizio del mandato presidenziale, un politico più lungimirante e più moderno nel significato odierno del termine, rispetto a quanto dimostrato da Davis.
Altra differenza tra i due è rappresentata dal fatto che Davis fu soltanto il Presidente degli Stati Confederati, invece Lincoln si sentì sempre il Presidente di tutti gli Stati Uniti anche di quelli che si erano rifiutati di essere tali e avevano dato via alla secessione. Fino ad allora il cittadino americano aveva identificato la democrazia con la difesa della autonomia del singolo Stato di appartenenza,con Lincoln la democrazia fu unita alla difesa dell'Unione fino a farla diventare un'unica cosa.
Viene da osservare la stridente contraddizione: nello stesso periodo di guerra (1864) Lincoln nominò Ulysses S. Grant, un generale di cui aveva piena fiducia, comandante in capo dell'esercito federale, invece Jefferson Davis nominò Joseph E. Johnston, un generale di cui non si fidava, comandante dell'Armata del Tennessee.
Si è parlato del "cinismo" di Lincoln in merito alla conduzione della guerra nell'ultimo periodo: sul vero o presunto cinismo di Lincoln si può essere anche d'accordo, ma non da contrapporlo alla dirittura morale di Davis.
A mio avviso, tutti e due hanno cercato, al meglio, di svolgere il loro difficile compito, solo che Lincoln è stato più coraggioso e flessibile, comportandosi come un politico nel senso moderno della parola; se questo significa essere cinici, esso fa parte del gioco. La presunta austerità di Davis non lo ha portato da nessuna parte, anzi il suo modo a volte sprezzante di comportarsi gli ha alienato parte delle simpatie del popolo Sudista che non a caso l'aveva soprannominato King Jeff. Davis, era chiuso nel suo mondo a volte fuori della realtà e ciò non gli ha permesso di fare scelte innovative che però l'avrebbero sicuramente reso inviso all'establishment Sudista, ma che forse gli avrebbero offerto una chance in più al fine di cercare di vincere la guerra.
L'Unione e la Confederazione dovettero da subito affrontare numerosi problemi di natura interna e di natura esterna, e specialmente assicurarsi l'appoggio delle potenze europee, le quali, come vedremo nei due successivi paragrafi, non furono per niente facili.

a. L'Unione e la Confederazione, i rapporti diplomatici con le potenze Europee
Sin dall'inizio del conflitto le due parti in lotta fecero a gara per accaparrarsi il favore delle potenze europee, in particolare, dell'Inghilterra. Il fattore chiave rimaneva la gestione degli scambi commerciali prima che della questione dei principi, quale l'abolizione o meno della schiavitù.
La nascente Confederazione aveva quale obiettivo principale il riconoscimento come nuova nazione dalle potenze Europee più importanti, riconoscimento che avrebbe dato molto credito rispetto all'Unione che come nazione già esistente, non ne aveva certo bisogno. Per la Confederazione era importante ottenere detto riconoscimento per levarsi di dosso la patina di ribelli e non di legittimi combattenti che l'Unione e, soprattutto, Lincoln le negava, trattando i Confederati alla stregua di rivoltosi contro il potere legittimo del governo Federale. Per i Confederati la posto in gioco era importante e decisiva: essi puntavano molto sulla enorme richiesta di cotone da parte dell'Inghilterra, principale importatore del prodotto per il fabbisogno delle sue fabbriche tessili. In effetti, le simpatie iniziali dell'Inghilterra sembravano che, all'inizio, propendessero per il Sud. Gli aristocratici proprietari terrieri inglesi mostravano simpatia per i i loro omologhi aristocratici Sudisti. I liberali inglesi invece guardavano il Nord con sospetto perchè la lotta allo schiavismo non sembrava l'obiettivo principale del Nord, e qundi erano poco chiari i motivi del perchè il Nord avesse intrapreso la guerra.
Il politico inglese Gladstone del partito liberale diceva: "Jefferson Davis e gli altri capi del Sud hanno creato un esercito, sembra che stiano creando una Marina militare e quello che è più importante stanno facendo nascere una nazione". Il Sud teneva rapporti commerciali con l'Inghilterra, era favorevole al libero scambio come gli inglesi; Il Nord, protezionista a livello commerciale, appariva un rivale della medesima. Il blocco dei porti Sudisti recava quindi un danno grave all'Inghilterra e pertanto i rapporti con L'Unione si deteriorarono fino ad arrivare al famoso incidente del Trent.
Il Trent era una nave inglese che venne fermata in alto mare da un vascello dell'Unione; in detta nave vi erano due diplomatici Confederati che si stavano appunto recando in Inghilterra per discutere con il governo inglese di questioni importanti. I due diplomatici vennero fatti scendere dal comandante Unionista e arrestati. Era una palese violazione delle norme di diritto internazionale, il governo inglese andò su tutte le furie e chiese l'immediato rilascio dei due prigionieri Confederati. Partì contro L'Unione una nota di protesta molto dura da parte del governo inglese, stemperata dall'intervento personale del principe Alberto, figlio della Regina Vittoria. Si riuscì ad evitare una possibile guerra tra inglesi e Nordisti,ma i due diplomatici Confederati dovettero essere subito rilasciati e poterono proseguire il loro viaggio verso l'Europa. Lincoln ironicamente disse che l'Unione poteva permettersi di fare la guerra ad una nazione per volta!

b. L’impatto con l’Europa
La guerra civile ebbe profonda risonanza in Europa e venne seguita con molta attenzione da eminenti personalità, quali Marx ed Engels, i quali scrissero per i giornali dell’epoca  dei puntuali resoconti su varie campagne della guerra civile, fornendo apprezzamenti precisi e convincenti sull’esito di molte battaglie e, soprattutto, come abbiamo visto, espressero giudizi molto profondi e articolati sulle cause della guerra civile che risultano validi ancor oggi. Anche il nostro Giuseppe Mazzini si interessò della guerra civile americana e mostrò simpatie per la Confederazione, a differenza di Giuseppe Garibaldi che si mostrò invece favorevole all’Unione. Le simpatie mostrate dagli Europei per la Confederazione possono apparire ai giorni nostri inspiegabili, ma per allora, la Confederazione si mostrò come una giovane nazione appena costituita che si batteva per la propria indipendenza: valutazione in parte sbagliata in quanto la Confederazione era portatrice di istanze basate sulla disuguaglianza razziale. Come si è sopra scritto, la Confederazione riscosse parecchie simpatie da parte di esponenti delle classi dirigenti francesi ed inglesi. Alla base di queste’ ultime simpatie vi erano motivi prettamente egoistici; gli Stati europei più importanti non avevano mai visto di buon occhio la “Dottrina di Monroe”, importante indirizzo politico formulato anni addietro dall’allora presidente Usa, James Monroe. In base ad essa, gli Stati Uniti erano diventati i controllori di tutta l’America ai fini di respingere l’espansionismo europeo ancora forte all’inizio dell’800 nel continente americano.
Gli Stati europei erano convinti che con due nazioni distinte (gli USA e la CSA) la potenza della prima si sarebbe indebolita parecchio e quindi tale assunto spiega i motivi delle simpatie iniziali delle potenze europee (Francia e Inghilterra)  nei confronti della Confederazione.
La Russia invece, pur essendo uno stato autocrate e non certo liberale, gelosa di un possibile espansionismo dell’Inghilterra nei confronti del continente americano, era favorevole all’Unione. Si assistette quindi, a livello diplomatico, ad un apparente paradosso: gli Stati cosiddetti liberali o con tendenze liberali mostrarono simpatie per la Confederazione. Uno Stato conservatore ed illiberale come la Russia era favorevole all’Unione.
Napoleone III, imperatore dei francesi, aveva intrapreso nel 1861, una spedizione nel Messico, occupandolo militarmente e mettendo poi quale imperatore, Massimiliano D’Asburgo, fratello dell’imperatore d’Austria, Francesco Giuseppe; atti questi, commessi in aperta violazione della Dottrina di Monroe. I Confederati appoggiarono volentieri la spedizione di Napoleone III perché un’eventuale alleanza con la Francia andava a loro vantaggio. In questo frangente- come fa notare giustamente lo storico Giampiero Carocci – la Confederazione, pur di ottenere alleanze in campo internazionale a favore della loro causa, non esitò ad andare contro alla Dottrina di Monroe a scapito degli interessi generali di tutta la nazione americana. I Confederati insistettero molto per avere un riconoscimento diplomatico dalla Francia e dall’Inghilterra ed erano convinti che l’avrebbero ottenuto per i motivi legati al commercio dei loro prodotti e per l’incessante bisogno di cotone di cui avevano grandi necessità le industrie tessili francesi ed inglesi. Davis cercò anche di avere un riconoscimento da parte del Vaticano nella figura del Papa Pio IX.
Il massimo che la Confederazione ottenne fu il riconoscimento dello “Status di belligeranti” da parte del governo inglese- definizione ibrida che assunse l’aspetto di una concessione senza reali aspetti pratici- e non ottenne invece un vero riconoscimento come nuova nazione indipendente con autonome sovranità rispetto agli Usa. Lo status di belligeranti diede comunque molto fastidio all’Unione che continuava a trattare i Confederati come ribelli, senza riconoscergli alcuno status.
La partecipazione operaia in Inghilterra fu tutta per l’Unione, a causa dello schiavismo esistente nel Sud, nonostante che la penuria di cotone avesse creato notevoli problemi alle industrie e avesse prodotto numerosi disoccupati. Simpatie che crebbero quando Lincoln emanò il suo famoso proclama di emancipazione degli schiavi.
Quindi gli Stati europei si mantennero neutrali e non entrarono certo in guerra in aiuto della Confederazione. I tentativi della stessa di ottenere un riconoscimento diplomatico- che a seguito delle vittorie iniziali riportate dai Sudisti venne adombrato ogni volta dalle potenze europee- sostanzialmente fallirono anche per l’incapacità dimostrata dagli ambasciatori Confederati: si notò il gap diplomatico esistente nel Sud a tutto vantaggio dell’Unione. Una volta che la guerra cominciò ad essere sfavorevole per la Confederazione, non si parlò più di riconoscimento della medesima da parte delle potenze europee.

6. L'inizio della carriera militare di Grant
Dopo aver descritto per quali motivi ( controversi) scoppiò la guerra tra il Nord e il Sud nel 1861, e illustrato gli ultimi " mesi fatali" prima della guerra medesima e fatto un confronto tra le diverse personalità di Lincoln e Davis, e aver descritto i rapporti diplomatici messi in atto dalle due parti, è giunto il momento di parlare del futuro generale Ulysses S. Grant e del suo ruolo nel conflitto di cui sarà un protagonista importante.
Grant era considerato poco attraente come uomo. Quello che, tra l'altro, diventerà Il 18 ° presidente Usa era piccolo di statura, invariabilmente sgualcito nel vestire in apparenza, taciturno e terribilmente timido, praticamente un tipo scialbo senza una particolare, spiccata identità. Il suo ingresso all'Accademia di West Point cambierà il corso della sua vita. West Point era allora considerato un centro di studi di eccellenza dove oltre a preparare i futuri ufficiali degli Usa, forniva un'ottima preparazione ingegneristica che poteva servire, in caso di dimissioni dall'esercito, anche in campo civile. Chi si diplomava in Accademia- disse Grant – si sistemava per tutta la vita.
Grant fu molto riluttante ad entrare nella prestigiosa Accademia dalla quale usciva la gioventù del paese meglio preparata alla vita e alle armi. Durante il corso, Grant non si trovò molto a suo agio, forse non si sentiva molto portato alla carriera militare, infatti nelle sue "Memorie", scrisse che il giorno più bello della sua vita era quello in cui si era diplomato, perché finalmente andava via dall'Accademia.
Come Robert E.Lee prima di lui, Grant, a West Point, studiò, tra le altre materie, oltre a quelle di cultura generale, ingegneria e la scienza della guerra che comprendeva l'ingegneria militare e civile, l'etica, le tattiche di fanteria, le tattiche di artiglieria, la mineralogia, la geologia e manuali come Rules and Regulations for the Exercise and Manoeuvres of the United States Infantry del generale Scott.
Grant non fu uno studente brillantissimo a West Point, anche se uscì dal suo corso ventunesimo su una classe di trentanove cadetti. A fine corso, quello che Grant in seguito definì gli "interminabili quattro anni", e un po' con sua grande sorpresa, Ulysses S. Grant conseguì il brevetto di sottotenente dell'esercito degli Stati Uniti. Essendo risultato un eccellente cavallerizzo, avrebbe voluto entrare nei Dragoni, invece lo mandarono in fanteria.
Grant si comportò molto bene e valorosamente nei combattimenti in qualità di giovane ufficiale nella guerra messicana (1846-48). Detta guerra, voluta essenzialmente per motivi di espansione territoriale da parte degli Stati Uniti, si concluse con la vittoria degli Usa e la conquista di vasti territori posseduti dal Messico.


A SINISTRA: un giovane Grant nel 1843 in uniforme da tenente subito dopo gli studi a West Point. A DESTRA: il tenente Grant (a sinistra) in compagnia del tenente e futuro generale unionista Alexander Hays (a destra) a Camp Salubrity in Louisiana nel 1845, durante la guerra con il Messico.
Library of the congress

Grant inizialmente si occupò dell'approvvigionamento e della logistica, ottenendo l'incarico di "Chief Quartermaster" equivalente ai compiti di ufficiale commissario. Tramite tale incarico Grant poté acquisire gli elementi essenziali della logistica che tanto gli torneranno utili durante la guerra civile. Poi espresse la volontà di partecipare ai combattimenti, incarico che gli venne negato in quanto il suo ruolo di ufficiale commissario lo rendevano essenziale e non sostituibile in tale compito particolare e tecnico. Riuscì comunque a portarsi in prima linea e a partecipare ai combattimenti.
Si distinse a Palo Alto, Resaca de la Palma, Monterrey e partecipò all'entrata trionfale con il gen.Winfield Scott in Città del Messico.
I suoi contemporanei all'inizio della sua carriera militare erano convinti che non avesse molta ambizione. Non aveva una gran sete di gloria sul campo di battaglia o altrove e pensava che la guerra con il Messico rappresentasse un tragico errore; nonostante tutto si distinse in battaglia durante la predetta guerra in varie occasioni, come abbiamo detto. Grant, comunque ritenne detta guerra una iattura per il paese e un esempio di sfacciata aggressione ad un altro paese da parte degli Stati Uniti: la definì- nelle sue Memorie- un ingiustificato attacco da parte di una nazione forte contro un avversario debole. Comunque, i soldati messicani, sia pure mal guidati dai loro comandanti, si batterono con indomito coraggio prima di soccombere di fronte all'esercito americano che dimostrò una valente professionalità dovuta alla preparazione degli ufficiali inferiori e superiori usciti dall'Accademia di West Point; ufficiali che nella guerra civile, come vedremo, si ritrovarono a combattere in opposti schieramenti.
In compenso, in Messico Grant cominciò ad imparare bene l'arte della logistica e della topografia; preparò lui le carte geografiche che servirono enormemente all'allora capitano Robert E. Lee, che sarà il suo principale antagonista durante la guerra civile. I due ufficiali si conobbero durante tale guerra. Il capitano Lee faceva parte della élite del Corps of Engineers, Grant era un modesto ufficiale di fanteria. Secondo una storia, il capitano Lee incontrò il reparto di Grant, e Lee diede al giovane tenente una severa lavata di capo perché Grant aveva una divisa trasandata e sbottonata.
Già in Messico Grant si accorse che il suo futuro avversario nella guerra civile sarebbe stato tutt'altro che invincibile, Grant non si sarebbe fatto intimidire da Lee quando si scontreranno nel 1864 durante la guerra civile. "I had known him personally,” Grant scriverà, “and knew that he was mortal.” 'I never ranked Lee as high as some others in the army,”.
Come ha scritto David Alan Johnson nel suo libro, Battle of Wills: Ulysses S. Grant, Robert E. Lee and the Last Year of the Civil War:

“Grant was not intimidated by Bobby Lee, or by his reputation”. << My experience in the Mexican War was a great advantage for me”, Grant would write many years after the war ended. One of the most significant lessons he absorbed during his time in Mexico was that only an offensive campaign could win a war, something that he learned from General Winfield Scott. The Mexicans had fought mostly on the defensive,” a writer noted, “while Scott, always outnumbered, had taken the war to the enemy and won.” Even though Scott had been outnumbered by a margin of more than two to one, he kept up his offensive against Mexico City until he reached his objective and won the war. Grant would never be outnumbered—Union forces would always have superior numbers throughout the fighting in Virginia—but he always took the war to Lee and kept applying the pressure by attacking Lee and his army until Lee was forced to give up the fight.”>>

Durante la predetta guerra, Grant ebbe occasione di incontrare e di conoscere altri giovani ufficiali diplomatisi a West Point che, successivamente, ritrovò durante la guerra civile in qualità di colleghi o di avversari. Come ha scritto David Alan Johnson, nel sopra citato libro : “A good many officers who fought in Mexico with Grant, not just Robert E. Lee, would become Grant's enemies in the Civil War. When that war began in 1861, hundreds of officers resigned their commissions in the United States Army and joined the Confederate States Army. Many of them were Mexican War veterans”.
Dopo la fine della guerra messicana, Grant, alloggiato in un remoto avamposto in California nei primi anni del 1850, dove era stato destinato a prestare servizio, poco dopo aver sposato la ben collegata politicamente Julia Dent del suo stato nativo, soffrendo molto della lontananza della amata moglie, cadde in uno stato di depressione, cominciò a bere- così almeno sostengono i suoi detrattori- e si dimise dall'esercito nel 1854. Su tale vizio, vero o presunto, ne parleremo in un capitolo successivo cercando di fare chiarezza su tale dibattuto argomento.

7. La preparazione degli ufficiali e dei comandanti allo scoppio della guerra civile nel Nord e nel Sud – Il ruolo dell'Accademia di West Point
Prima di iniziare a parlare della carriera di Grant durante la guerra civile, si ritiene necessario riassumere brevemente la situazione esistente al Nord e al Sud per quanto concerne lo stato e la preparazione degli ufficiali superiori e dei comandanti i quali avrebbero diretto le operazioni di guerra.
All'inizio del conflitto i Comandanti di allora non avevano mai guidato un contingente di uomini superiore ad un Reggimento e quindi erano impreparati a coordinare grandi masse di soldati.
Sulla preparazione dei Generali e degli ufficiali, teniamo presente che i due eserciti del Nord e del Sud dovettero essere comandati, in massima parte, soprattutto all'inizio, da ufficiali improvvisati; il numero degli ufficiali, in servizio attivo o meno, provenienti da West Point era assolutamente inadeguato. Divenne necessario ricorrere ad elementi sprovvisti di preparazione e, in alcuni casi, affidargli importanti comandi. Va detto, però, che qualche ufficiale uscito da West Point non si dimostrò all'altezza della situazione, mentre molti colonnelli e generali non di carriera raggiunsero un ottimo grado di competenza, come, ad es. il colonnello dell'Unione, poi generale, J.Chamberlain, distintosi nella battaglia di Gettysburg, il quale nella vita civile faceva l'insegnante.
Il fatto che Grant- come anche Longstreet, futuro generale Confederato, che faceva parte della stesso corso all'Accademia di West Point- non provenisse da una famiglia facoltosa, era la riprova che, contrariamente a quanto si diceva allora, West Point accoglieva anche giovani che non appartenessero a famiglie importanti o danarose.
Tornando a parlare dell'incidenza e del ruolo ricoperto da parte dell'Accademia di West Point durante la guerra civile, quando la guerra cominciò, nessuno degli allievi dell'Accademia aveva raggiunto il grado di Generale, ma furono loro che furono posti al vertice degli Alti Comandi degli eserciti Nordisti e Sudisti.
West Point, a quei tempi, era considerata, oltre che una scuola militare, un'ottima scuola di specializzazione di ingegneria; infatti la preparazione di tipo tecnico degli ufficiali venne fuori in molte Campagne.
Altro aspetto significativo era rappresentato dal fatto che molti ufficiali usciti da West Point (Grant, Sherman, McClellan, Burnside) e che diventarono famosi durante la guerra civile e che si erano distinti durante la guerra Messicana come Grant e McClellan, si erano dimessi dall'esercito per vari motivi. Alcuni per tentar fortuna nella vita civile, altri perché la carriera nell'esercito era molto lunga, le promozioni erano lente e legate all'anzianità di servizio.
La prestigiosa Accademia però in quel periodo aveva privilegiato gli studi in campo ingegneristico e soprattutto aveva privilegiato gli studi di matematica, dando poco peso agli studi di tattica militare. Insomma nella predetta Accademia si diplomavano eccellenti ufficiali del Genio come Robert E.Lee. L'Army Corps of Engineers era allora considerata la più importante ed elitaria rispetto alle altre Armi.
A West Point gli studi erano così severi che solo gli allievi veramente capaci, che riuscivano ad ottenere una preparazione eccellente, arrivavano a conseguire il diploma finale. Gli allievi che provenivano da altre scuole rimanevano stupiti ed esterrefatti della enorme massa di nozioni che erano costretti ad apprendere. Potevano essere interrogati in qualsiasi momento su ogni materia del corso.
I corsi in Accademia risultavano più difficili di qualsiasi altra Università degli Stati Uniti. Forse il nozionismo era eccessivo, però da West Point uscivano ingegneri veramente preparati e, negli anni antecedenti alla guerra civile, l'Accademia rappresentava una scuola, se non l'unica, di ingegneria in un paese che ne aveva estremo bisogno. La matematica era la materia più importante e contava di più nella graduatoria dell'Accademia. Negli anni 50 venne inserito anche il corso di spagnolo. Di converso, però, si diceva che West Point forniva solo genieri, bravi a costruire fortificazioni, ma inadatti a combattere in quanto essi non possedevano la stoffa dei condottieri in grado di trascinare i soldati in battaglia. Si disse anche che l'Accademia era permeata di "schiavismo accademico", che essa era stata appannaggio per 30 anni degli aristocratici del Sud e, a livello dottrinario, si era insegnato in Accademia la legittimità della secessione. Critiche queste sommamente ingiuste e faziose in quanto gli ufficiali degli opposti schieramenti, in realtà, si batterono bene secondo le loro capacità individualmente possedute, non solo perché si erano diplomati a West Point.
Nel Nord, gli ufficiali provenienti da West Point furono quindi visti con malanimo da parte dei politici più radicali e da una parte dell'opinione pubblica in quanto gli ufficiali provenienti da West Point non erano ritenuti necessariamente fedeli all'Unione.
A mio avviso, tutte queste polemiche su West Point, durante la guerra, da parte dell'ala politica radicale presente nel partito Repubblicano erano esclusivamente strumentali. L'attacco era rivolto alla conduzione della guerra da parte di Lincoln, era quindi un tentativo di esercitare un maggiore peso politico da parte dell'ala più oltranzista del partito repubblicano. West Point e gli ufficiali usciti da detta Accademia erano solo degli elementi di un ingranaggio più vasto. In realtà, si trattava di una vera e propria lotta di potere tra le varie correnti politiche del partito Repubblicano. Si criticava West Point per attaccare i militari di carriera e, in ultima analisi, per arrivare a denigrare Lincoln.
Le critiche dei "falchi" del Nord, quali Ben Wade, Repubblicano oltranzista, erano sommamente ingiuste; per fare un esempio,Il gen Lee era un bravo ingegnere, ma era anche un ottimo stratega.
Credo che i politici dell'Unione contrari all'Accademia erano i fautori di una conduzione della guerra in un modo molto più aggressivo rispetto a come si era condotta fino ad allora. In un momento in cui il Nord non riusciva a conseguire vittorie decisive,il malanimo veniva scaricato sulla scuola che formava da anni gli ufficiali di carriera.
Un altro motivo, forse più cinico del perché di tanto livore da parte di Ben Wade e dei suo gruppo politico verso West Point, poteva essere anche il seguente:se essi avessero avuto il sopravvento nella loro volontà di distruzione del Sud- in quanto, in ultima analisi, il vero motivo sembrava questo-una volta vinta la guerra, avrebbero potuto imporre il loro predominio governativo nel Meridione.
Però, è vero che quando iniziò la guerra, nel 1861, mancavano ufficiali di stato maggiore sufficientemente addestrati in merito, né esistevano scuole di specializzazione che li formassero. West Point non teneva corsi “ad hoc” e, anche in questo caso, l'esperienza venne fatta sui campi di battaglia. Soprattutto per il Nord si dovette contare, all'inizio, sull'esperienza che ex ufficiali si erano formati in ambito civile che, però, per quanto riguarda i generali Halleck e McClellan, non credo sia servita a molto. E' giusto affermare che molti ufficiali impararono a fare la guerra, facendola.
Sembra che sia un errore sostenere di un vantaggio che il Sud avrebbe avuto dal fatto che, al momento dello scoppio delle ostilità, una larga percentuale di ufficiali di carriera avrebbe presentato le dimissioni dall'esercito per raggiungere quello costituito dalla Csa. Su 824 ufficiali infatti che avevano ricevuto i loro gradi al termine dell'addestramento nell'Accademia Militare, solo 296 rassegnarono le proprie dimissioni o furono collocati a riposo e di essi solo 184 raggiunsero le file confederate. Di circa 900 ufficiali usciti da West Point e che erano tornati alla vita civile, 114 tornarono nell'esercito unionista e 99 entrarono in quello confederato. Pertanto, il rapporto fra gli ufficiali dell'Unione e quelli della Confederazione fu 754 contro 283. Il Sud fu di certo avvantaggiato nel reclutare i cadetti presenti in numerose altre Scuole Militari, come The Citadel e l'Istituto Militare della Virginia (VMI), ma esse sfornarono un numero tutto sommato abbastanza esiguo di ufficiali.
Gli storici, però, grazie anche ai dati statistici, hanno in parte ridimensionato il fenomeno della defezione dei diplomati a West Point che andarono a combattere con la Confederazione. Invece,allo scoppio della guerra civile,queste defezioni provocarono tra i contemporanei parecchi malumori che coinvolsero e misero in discussione l'approccio culturale che veniva fornito ai cadetti dell'Accademia. Si parlò anche di vero e proprio tradimento nei confronti delle istituzioni governative federali. Anche per questo, i politici dell'Unione, sopra citati, inizialmente, videro negativamente anche il lavoro e lo studio che veniva fatto a West Point. Si sostenne addirittura che la ribellione non si sarebbe scatenata, almeno nelle proporzioni alle quali si stava assistendo, se non ci fosse stato il tradimento di ufficiali addestrati in Accademia a spese pubbliche. Ci si chiese se questo tradimento non fosse da addebitare, in definitiva, ad un difetto di fondo del sistema di reclutamento e di addestramento degli ufficiali di carriera, e quindi, in questo modo, veniva messa in discussione l'esistenza stessa di un istituto militare così selettivo.
Jefferson Davis, presidente della Csa, anche lui ex-allievo di West Point, preferì, ancor più dell'Unione, affidare alti incarichi di comando agli ufficiali usciti dall'Accademia. Nonostante il concetto di lunga data, sostenuto da una storiografia non recente, che il Sud avesse tutti i generali migliori, in realtà, secondo lo storico Gary W. Gallagher, la Confederazione ha posseduto un solo buon comandante dell'esercito, il gen. Robert E. Lee. Gli altri erano di seconda scelta, nella migliore delle ipotesi.
Il Nord, d'altra parte, ebbe la fortuna di portare avanti e coltivare generali come Grant, William T. Sherman, Philip Sheridan, George H. Thomas, ecc., tutti diplomati a West Point. L'aver studiato in Accademia fu quindi un elemento essenziale e fondamentale per raggiungere gli alti gradi in ambedue gli eserciti.
Concludo il presente capitolo dedicato alla formazione posseduta dai vertici militari che guidarono gli eserciti nelle opposte fazioni rappresentando un fatto di estrema importanza: essi si conoscevano bene perché avevano studiato insieme a West Point o perché dai loro subordinati potevano ricevere informazioni sui caratteri e le personalità di quei generali che non avevano conosciuto personalmente. Ritengo che tale aspetto possa aver condizionato fortemente l'iter della guerra.
Inoltre, le comuni esperienze militari effettuate nella guerra messicana, da parte dei giovani ufficiali usciti da West Point, avranno contribuito fortemente alla loro conoscenza reciproca.

8. Le strategie militari messe in atto
Per rendersi conto pienamente come operarono i vari comandanti sembra opportuno spiegare come era la situazione militare all'inizio della guerra.
Come considerazioni di carattere preliminare, si ritene di far presente che, all’inizio della guerra civile, l’Unione si trovò davanti ad un confine geografico di notevoli proporzioni: il cd. fronte era molto lungo. Se togliamo i nuovi territori posti ad Ovest che furono poco coinvolti dalla guerra, rimane sempre un territorio molto grande e che era difficilmente difendibile dai Confederati. D’altra parte, la configurazione orografica del territorio della Confederazione e specialmente la catena dei Monti Appalachi costituiva una difesa naturale per il territorio del Sud. Pertanto, un attacco globale da parte dei Nordisti su un unico obiettivo era difficilmente ipotizzabile.
Per quanto concerne i Confederati, il trasferimento della capitale da Montgomery a Richmond in Virginia, come è noto, è stato oggetto di critiche da parte di alcuni storici. Si è ritenuto infatti che detto trasferimento fosse stato un errore commesso dal Presidente Davis. Visto dalla parte Unionista invece, tale scelta, trovandosi la capitale Confederata vicinissima agli Stati dell’Unione, ha fatto sì che i Nordisti si incaponissero a voler conquistare Richmond a qualunque costo e, una volta l’avessero presa, erano convinti che la guerra si potesse considerare virtualmente finita.
Pertanto, va sottolineata la miopia strategica iniziale mostrata dai Nordisti che si impegnarono in una costosa, in termini di perdite militari, guerra di trincea, invece di mettere in atto una guerra di movimento basata sulla velocità, utilizzando le loro infrastrutture in termini di ferrovie e di trasporti, notevolmente superiori rispetto al Sud. Insomma, Richmond era vicinissima a Washington, e tale fatto condizionò il primo momento delle operazioni militari da entrambi fronti.
Si verificò, quindi, nei teatri dell’Est, una situazione molto particolare: i territori del Nord e del Sud vastissimi e due capitali vicinissime. Come scrisse Winston Churchill al riguardo, si creò una situazione simile ad una partita di scacchi con due regine che si fronteggiavano a distanza ravvicinata.
Lincoln, in varie occasioni (vedi con il gen. McClellan), era anche lui troppo ossessionato nella difesa della capitale Washington, sottraendo così delle truppe a chi poteva averne bisogno. Mi rendo comunque conto che la difesa della capitale potesse rappresentare una questione politica e psicologica non indifferente.
All'inizio, i Nordisti sembravano non avere le idee molto chiare, sembravano privi di una strategia globale. Sui vari fronti della Virginia, Tennessee, ecc, ognuno andava per conto loro. Probabilmente, non ci si rendeva conto che tipo di guerra avrebbero dovuto affrontare per poter vincere il Sud.
Fino a che Grant non ebbe il comando di tutte le forze Unioniste nel marzo del 1864, il Nord, a mio avviso, non riuscì a portare avanti una strategia militare che tenesse conto di tutti i teatri della guerra (Est ed Ovest), strategia che fosse coordinata in maniera unitaria. I comportamenti tenuti dai Comandanti Nordisti delle varie Armate davano l’impressione che essi agissero di propria iniziativa, predisponendo piani offensivi senza tener conto di un minimo di coordinamento neanche quando agivano nello stesso teatro di operazioni. Alla base di detto comportamento avranno sicuramente influito, come succede spesso in questi casi, gelosie ed antagonismi tra i vari Comandanti, oltre alla normale inesperienza degli stessi.
Era degno di nota la diversità di tipologie tra i generali dell'Unione che operavano sui diversi fronti: i comandanti che, nei primi anni di guerra, operavano nel teatro orientale sembravano essere come paralizzati dalle responsabilità sia per la vita dei loro uomini e sia per il destino del loro esercito e quindi di tutta la nazione. Queste responsabilità avranno avuto dei riflessi quasi a livello intimidatorio e li hanno resi avversi ai rischi. Questo comportamento ha caratterizzato soprattutto i comandanti dell'Army of Potomac - primo fra tutti George B.McClellan- che operavano sotto i riflettori della pubblicità dei media e con il governo di Washington sopra le loro spalle, attento a ogni loro movimento. Al contrario, gli ufficiali come Ulysses S. Grant, George H. Thomas e Philip H. Sheridan hanno cominciato le loro azioni militari proprio nel teatro occidentale a centinaia di miglia di distanza dal governo di Washington, dove hanno operato iniziando ad avere un comando di un reggimento e, passo dopo passo, sono saliti fino ad avere grandi responsabilità. Detti ufficiali sono stati in grado di prender maggiori responsabilità e di imparare la necessità di assumersi rischi senza la paura del fallimento che ha paralizzato McClellan. Per quanto concerne le strategie della Confederazione, in dottrina esistono due correnti di pensiero in merito a quella che sarebbe stata la migliore strategia militare per la Confederazione.
Gli storici cd. revisionisti, come è noto, criticano la strategia offensiva messa in atto dal gen. Lee, invadendo il Nord nella campagna del Maryland e della Pennsylvania, ritenendo che solo una strategia militare strettamente difensiva poteva far vincere la Confederazione.
Altri storici- come per es. Gary W. Gallagher- sostengono invece che solo la strategia offensiva adottata da Lee poteva dare alla Confederazione la possibilità di vincere la guerra.
A mio avviso, solo una strategia di logoramento entro gli ampi spazi dei propri territori poteva offrire alla Confederazione una chance in più per far desistere il Nord a continuare la guerra. Il prezzo però che avrebbe pagato la popolazione meridionale sarebbe stato altissimo, molto più gravoso di quello che hanno pur pagato. La guerra poteva durare un decennio e si sarebbe inevitabilmente trasformata in guerriglia su larga scala, aspetto quest'ultimo che il gen. Lee ha sempre cercato di evitare. Il risultato, forse, alla fine, sarebbe stato lo stesso, la Confederazione avrebbe comunque perso.
Aggiungo che non era nella mentalità di Lee- senza togliere nulla al suo genio tattico che rimane indiscusso- e nella sua formazione culturale e professionale, condurre una guerra in tale modo. Lee ha condotto la guerra- per quanto gli concerneva- nel modo che riteneva più giusto: cercare di sconfiggere l'Unione nei propri territori, al fine di far desistere la popolazione Nordista a continuare la guerra. E questo spiega- come scrive Gary W. Gallagher- le campagne del Maryland e della Pennsylvania, messe in atto dal generale. Il Presidente Davis avrebbe voluto usare la strategia che il generale George Washington aveva utilizzato nella guerra di indipendenza americana. Questa strategia consisteva nel mantenere gli eserciti americani lontano dagli eserciti invasori, tranne quando c'era una buona possibilità di vittoria. La speranza era quella di spazientire l'opinione pubblica del Nord al fine che essa smettesse di sostenere la guerra contro la Confederazione. Tale strategia, però, avrebbe provocato parecchie ritirate e perdite di territorio confederato. Ogni governatore e membro del Congresso confederato avrebbero contestato tale condotta e quindi Davis non riuscì a provare questa strategia.
ll generale Confederato Edward Porter Alexander nel suo libro "Fighting for the Confederacy: The Personal Recollections of General Edward Porter Alexander" illustra quale- a suo dire- doveva essere la strategia militare della Confederazione al fine di vincere la guerra:

«Quando la Confederazione entrò in guerra contro una potenza così grandemente superiore alla stessa in termini di uomini e mezzi, ricca delle più moderne risorse composte da macchinari e mezzi di trasporto per terra e per mare, essa poteva contare esclusivamente su una singola speranza di successo finale. Questa era rappresentata dalla sua disperata resistenza, che doveva costare, alla fine, al nostro avversario un tale prezzo in sangue e beni da far esaurire l'entusiasmo della sua popolazione a continuare a portare avanti la guerra. Non potevamo sperare di conquistare il Nord: l'unica nostra possibilità era consumarlo».

Steven E.Woodworth, storico americano- già citato- che ha scritto molti libri sulle strategie militari Confederate, specialmente dei teatri di guerra nell'Ovest, sostiene che il Presidente Davis e il gen.Lee avevano punti di vista fortemente contrastanti sul corretto svolgimento della guerra. Davis era convinto che il Sud doveva combattere una guerra difensiva, semplicemente per sopravvivere. Invece, Lee ed altri generali - in particolare PGT Beauregard, e Stonewall Jackson- erano propensi ad adottare una strategia offensiva. Essi erano convinti che le vittorie sul campo di battaglia erano il solo metodo rapido e decisivo per impedire al Nord di utilizzare a suo vantaggio il potenziale schiacciante di uomini e materiali che possedeva. Il risultato di questo contrasto tra Davis e i sopra menzionati generali si dimostrò controproducente per il Sud. La ricerca di Davis di una via di mezzo tra le sue idee e quelle dei militari non ha consentito ad alcuna strategia di avere probabilità di successo.
Luraghi nella sua "Storia della guerra civile americana" dedica alcune pagine al sopra citato argomento, egli sostiene che, specialmente all'inizio della guerra, per la Confederazione, adottare una strategia offensiva "era del tutto improponibile; un paese il quale non ha altro fine che l'indipendenza non può farsi aggressore e invasore a mente fredda. Si sarebbe sfidata l'opinione pubblica meridionale che non voleva sentire parlare di aggressione del Nord". Luraghi continua dicendo che le forze militari Sudiste erano in quel momento impreparate, e anche a livello diplomatico (questione molto a cuore a Davis) un'azione offensiva non avrebbe fatto altro che irritare i simpatizzanti in Europa per la Confederazione.
Davis, soprattutto all'inizio della guerra, era favorevole ad una strategia difensiva e che invece alcuni generali erano contrari. Secondo lo storico Thomas L.Connelly, autore di pregevoli libri sul gen.Lee e sull'Armata del Tennessee, la strategia difensiva alla quale Davis teneva è stata minata dal suo eccessivo affidamento sulle strategie offensive di Lee dove la Confederazione ha perso cinquantamila uomini da giugno ad agosto del 1862. Secondo lo storico D. Keith Dickson:

"Jefferson Davis e i suoi generali non sono riusciti a lavorare insieme. Davis voleva essere un generale, non il presidente della CSA. Non ha mai rinunciato ad essere un generale in materia di strategia. Davis ha interferito nelle questioni di strategia, dando indicazioni ai suoi generali, senza dare loro i mezzi per portare a termine i suoi obiettivi. Ha fatto scelte discutibili nelle nomine dei comandanti, spesso la selezione di essi è stata fatta in base alle preferenze personali piuttosto che alle loro professionalità. Ha sostenuto caparbiamente i suoi generali preferiti, anche se ciò andava a scapito dei benefici complessivi per la Confederazione”.


Il generale Grant (al centro) e il suo staff nel 1861.
Library of the Congress

9. L'inizio della guerra civile per Grant
Riprendendo a parlare della vita iniziale di Grant, egli, dimessosi dall'esercito nel 1854, provò a fare il contadino, l'agente immobiliare e l'uomo d'affari senza alcun successo. Trovò lavoro nella conceria dei fratelli e del padre a Galena in Illinois e sicuramente cadde in uno stato di depressione, la vita del civile non faceva per lui che non aveva alcuna attitudine per la gestione degli affari, come dimostrò successivamente in qualità di Presidente Usa. Era diventato il prototipo del fallito.
Poi, con l'elezione di Lincoln alla Presidenza Usa e la conseguente secessione dall'Unione degli Stati del Sud, scoppiò la guerra civile tra Nord e Sud. Per Grant non ci fu alcun dubbio sul "sacrilegio" commesso dai meridionali nello staccarsi dall'Unione, per lui la nazione era e doveva rimanere indissolubile e, pertanto, voleva fare la sua parte nella guerra appena iniziata. Grant aveva tutti i titoli come ex ufficiale di carriera per ottenere un comando adeguato nell'esercito dell'Unione.
Grant, all'inizio della guerra civile, chiese al comando di Washington di essere riammesso in servizio, ma non ebbe risposta. Molti suoi colleghi diplomatisi a West Point erano in procinto di sviluppare carriere militari folgoranti come George B.McClellan, suo compagno di corso all'Accademia. McClellan, già al comando a Washington, addirittura si dimenticò di riceverlo.
Poi venne nominato colonnello di un screditato reggimento di volontari dell'Illinois che egli con molta energia mise in condizione di combattere. Il prof Luraghi nel suo libro "Storia della guerra civile americana" racconta con ricchezza di particolari l'approccio di Grant con il reggimento in questione; Grant si presentò in mezzo agli uomini del reggimento che gli gridarono davanti: "è il nuovo Comandante, parli, dica qualcosa!".
Al che Grant con voce che non ammetteva repliche, disse: " uomini, ritiratevi nei vostri accampamenti!" I soldati capirono che tipo di ufficiale fosse Grant e si ritirarono senza dire una parola, ma cominciarono a stimarlo. Questo episodio la dice lunga sul comportamento che Grant imporrà ai suoi soldati.

10.Teatro Orientale di guerra – Il comportamento tenuto dal gen. George B. McClellan
Sul fronte dell'Est, considerato all'inizio il settore principale di guerra, il gen. George B. McCllellan, comandante dell'Armata del Potomac, il quale aveva contribuito a riorganizzare l'Armata e a rendere efficiente l'esercito sotto il profilo organizzativo, esitava a dar battaglia ai Confederati e non soddisfaceva alle esigenze combattive di Lincoln. Si ritiene opportuno spendere alcune parole sul comportamento tenuto dal predetto generale per fare successivamente i confronti con il comportamento tenuto invece da Grant.
Gli storici sono stati impietosi nell'esprimere i loro giudizi su McClellan, definito come un ottimo ingegnere, un ottimo burocrate e organizzatore, ma inconcludente e troppo prudente sul campo di battaglia.
Eppure, da giovane, uscito dall'Accademia di West Point, si era distinto nella guerra Messicana. All'inizio della guerra civile aveva mostrato abilità ed energia nell'addestrare le reclute a Washington e aveva riorganizzato gli sbandati della battaglia di First Bull Run e formato una disciplinata macchina bellica, l'Armata del Potomac; tuttavia, non sembrava molto ansioso di impegnarla in battaglia e la lasciò inattiva per tutto l'inverno 1861-62. Vennero così fuori i lati della sua personalità meno apprezzati da parte degli storici: un perfezionismo spinto all'eccesso e la tendenza ad esagerare sia le proprie difficoltà, sia la forza del nemico.
Il risultato che traspare però sembra esser lo stesso. McClelllan appare come un comandante che ha gestito bene l'Armata del Potomac fino a renderla un ottima forza militare, in battaglia invece appariva poco risoluto e dava l'impressione- come scrive lo storico Reid Mitchell- di essere sempre uno sconfitto, soprattutto per i mancati inseguimenti degli eserciti Confederati. Insomma, organizzava, pianificava, ma non voleva combattere. Luraghi lo descrive come un uomo pieno di se stesso, portato in modo eccessivo all'autostima, però, dice anche che fosse un ottimo ingegnere militare e un uomo di vasta cultura, ma poco propenso a dare battaglia.
Da quello che gli storici hanno scritto su McClellan, egli appare sicuramente con un carattere strano e non comune. Possedeva una certa attitudine a produrre un grande effetto con il suo imponente stato maggiore e tutto il resto. Le sue truppe gli manifestavano devozione ed evidentemente egli meritava la loro fiducia. Infatti, badava attentamente al benessere dei suoi uomini e la cura che dedicava a loro creò un bel contrasto con quella che, da parte di Grant, sembrerà una crudele indifferenza verso i soldati. Non appariva come un comandante incapace, si mostrava come un gentiluomo dai modi affabili e aveva una vita privata irreprensibile.
Il gen.Lee, che lo conosceva dai tempi di West Point, teneva conto, in battaglia, della sua mancanza di intraprendenza, ma parlava di lui con molto rispetto.
Su McClellan, gli storici hanno messo in evidenza i suoi difetti, quali il suo privilegiare l'aspetto mondano della vita, il modo frequente con il quale definiva l'esercito come "il suo esercito", l'essere arrogante con gli uomini politici, specialmente con Lincoln; le sue frequenti dichiarazioni pubbliche sul modo in cui i politici avrebbero dovuto comportarsi apparivano fuori luogo per un soldato repubblicano. Nei suoi carteggi privati ci sono numerose espressioni di autoincensamento e di disprezzo nei confronti del Presidente Lincoln che rendono difficile giudicarlo in modo positivo ed obiettivo. McClellan era un uomo che non si accontentava di fare bene il proprio lavoro, ma pensava sempre ad un futuro dove sarebbe stato protagonista o come generale vittorioso o come Presidente degli Stati Uniti.
Per quanto riguarda le sue azioni militari, si giudica in modo positivo solo la Campagna della Penisola.
Comunque, non era il generale adatto per la guerra che voleva fare Lincoln, in quanto a Lincoln stesso occorreva un generale audace ed intraprendente doti che successivamente trovò in Grant.
Lo storico Benjamin Thomas, nel suo libro su Lincoln- ,pur sottolineando i difetti di McClellan- lo difende in parte. Scrive, per esempio, che McClellan dovette affrontare la Confederazione nel suo periodo migliore prima che i Sudisti subissero il logorio della guerra in un momento successivo. Le sconfitte di McClellan- a dire di Thomas -non furono mai dei disastri e lasciarono sempre il nemico gravemente danneggiato. La sua scelta di andare a Richmond attraverso la penisola non era poi così sbagliata e le difficoltà incontrate dal medesimo avevano origine dalle interferenze che giungevano da Washington. Il principio della guerra di McClellan era "la guerra condotta da gentiluomini" e non una guerra di conquista che invece intraprese Grant.
All'inizio della guerra, Lincoln, dopo il disastro di First Bull Run, aveva disperatamente bisogno di una vittoria militare. Possiamo dire che la speranza dell'Unione poggiava proprio su McClellan, nominato di recente Comandante dell'Armata del Potomac. Il fatto che McClellan fosse schierato con il Partito Democratico non lo faceva diminuire del favore di cui godeva presso Lincoln. Nell'intento di raccogliere tutti gli uomini validi che lo potessero aiutare per condurre la guerra, Lincoln affidava gli incarichi tanto ai generali di provenienza Repubblicani quanto ai Democratici.
McClellan diplomatosi all'Accademia di West Point, 2° della sua classe, venne nominato ufficiale del Genio ( come Lee). Si comportò coraggiosamente nella guerra Messicana sotto il comando del Gen.Scott. Lasciò poi l'esercito per intraprendere la professione di ingegnere.
Allo scoppio della guerra civile, McClellan, richiamato in servizio, conseguì delle piccole vittorie nella Virginia Occidentale che costituirono le uniche vittorie che l'Unione riportò all'inizio della guerra.
La sua nomina a Comandante dell'Armata del Potomac diede al Nord un nuovo ottimismo. Questo generale di soli trentacinque anni,con una personalità ritenuta piena di fascino, mostrava però all'esterno troppa sicurezza non suffragata da fatti concreti. Dotato di un forte senso teatrale-almeno così viene descritto-si vedeva nel ruolo di salvatore del suo paese, condizione che poteva diventare pericolosa per un uomo estremamente vanitoso. Però, dietro questa facciata di apparente sicurezza, McClellan, nelle lettere che scriveva a sua moglie-citate dagli storici- si rivelò sostanzialmente diffidente delle proprie capacità militari.
McClellan fece costruire complesse opere di protezione per assicurare la difesa di Washington. Abile organizzatore, procedette a migliorare la struttura e la disciplina dell'esercito. Egli era assertore di quella che veniva definita "la teoria del perfezionismo". Progettava di vincere la guerra con una sola imponente campagna militare e non sembrava mai convinto di essere pronto a combattere. Dal momento che prese il comando, McClellan fu ossessionato dall'idea che l'esercito Confederato che gli stava di fronte fosse superiore di numero. Mentre riconosceva la necessità di addestrare le proprie truppe, non voleva rendersi conto che le truppe Confederate avevano gli stessi problemi di preparazione di quelle Nordiste.
Certo, in quel primo periodo della guerra, l'Unione non possedeva generali migliori. Al momento, e non con il senno di poi, McClellan poteva apparire una buona scelta; il suo piano di prendere Richmond dal mare poteva essere valido .Nel 1862, altri generali non avrebbero fatto di meglio, come disse, in seguito, Grant, il quale nella Campagna terrestre si trovò in situazioni simili a quelle di McClellan nella Campagna peninsulare.
Gli stessi Grant e Sherman non erano in quel momento quei grandi generali che diventarono in seguito, gli errori vennero fatti anche da loro, solamente che dimostrarono tutt'altra determinazione e spingevano sempre avanti anche quando venivano fermati dal nemico.
Concludiamo questo panorama utile per descrivere le diversità di vedute tra un McClellan e un Grant dicendo a difesa di McClellan che il suddetto è salito vertiginosamente nei gradi superiori e nelle responsabilità di comando - situazione che avrebbe disorientato qualsiasi altra persona- con una velocità che avrebbe sbilanciato anche personaggi più forti di lui a livello caratteriale.
Lincoln e McClellan non sono riusciti ad instaurare serene ed equilibrate relazioni di lavoro. La colpa di ciò va attribuita a tutti e due? A mio avviso, la maggiore responsabilità di tali incomprensioni è da attribuirsi a McClellan che in qualità di sottoposto a Lincoln avrebbe dovuto fare uno sforzo al fine di realizzare un rapporto di lavoro sereno con il suo presidente. I due non sono riusciti ad andare d’accordo; le reciproche incomprensioni che arrivavano sino al punto che McClellan si rifiutava di illustrare le sue strategie di guerra a Lincoln, hanno portato a far crescere nel generale una specie di paranoia che gli impediva di vedere in modo positivo qualsiasi tipo di strategia messa a punto. Situazione che come vedremo in seguito non si verificò con Grant con il quale Lincoln instaurò una perfetta armonia di intenti. Inutile ricordare che dopo la battaglia di Antietam,nel 1862, il cui risultato consisté in un pareggio e quindi non portò risultati risolutivi per l'Unione ( anche se Lee con il suo esercito si ritirò dal Maryland) McClellan venne esonerato dal comando da Lincoln.

11. Primi successi del gen.Grant
Tornando a parlare di Grant, egli, dopo aver reso efficiente il suo reggimento, ottenne la nomina a Brigadier generale.
La brigata ebbe l'ordine di recarsi presso la città di Cairo in Illinois. Allora Cairo era un punto nevralgico chiave nell'Ovest. Lincoln aveva capito l'importanza dei teatri di guerra dell'Ovest, occorreva che lo capissero anche i suoi generali. Grant poteva essere il generale adatto allo scopo? La storia dimostrerà che Grant era il generale giusto per mettere in atto tale strategia.
I Sudisti volevano occupare la città di Paducah situata dove il fiume Tennessee penetra nell'Ohio, ma Grant con mossa fulminea riuscì a precederli, occupando la cittadina, azione che passerà alla storia come la battaglia di Belmont.
Era cominciata la conquista del fiume Mississippi. Questa azione, sia pur di poca rilevanza, ricevette particolare attenzione dalla stampa e mostrò le capacità di Grant come generale, egli aveva già capito l'importanza del fiume Mississippi; pur senza precisi ordini, Grant si rese subito conto come doveva comportarsi, assumendosene tutte le responsabilità, così come si rese conto del valore del controllo strategico dei corsi d'acqua della zona e dell'importanza della velocità di prendere rapide decisioni e di attuarle senza indugio. Siamo solo all'inizio delle sue capacità di manovra.
Tralasciando l'episodio sopra descritto di non grande importanza, quello che è evidente nella rivisitazione del meglio delle ultime biografie e le storie della guerra civile è che, fin dall'inizio della guerra, Grant dimostrò una straordinaria capacità di evocare con gli occhi della sua mente la disposizione delle forze nemiche su un intero teatro operazioni. Grant prese rapide decisioni e mostrò una volontà assolutamente indomabile di perseguire il suo obiettivo fino alla fine. Grant si scrollò di dosso le battute d'arresto che avrebbero ridotto altri generali alle lacrime o alla disperazione, o entrambe le cose. Rislutava assolutamente imperturbabile.
A dire il vero, Grant ha fatto la sua parte di errori, ma non si è mai soffermato su di loro. Né lui ha fatto lo stesso errore due volte- Grant -come sosteneva il gen. William T. Sherman- suo principale collaboratore " egli ha sempre avuto nella sua mente quello che era il vero obiettivo e abbandonava tutti i minori obiettivi. Se il suo piano non va bene Grant non è mai sconcertato ma correttamente escogita uno nuovo ed è sicuro di vincere alla fine. " Diversamente dalla maggior parte dei suoi contemporanei, Grant non aveva la fissazione napoleonica della vittoria con la "Great Battles". Pensò più in generale su intere campagne di guerra e sui modi per alterare favorevolmente l'equilibrio delle forze morali e politiche così come doveva fare un militare fedele all'Unione.
Non era un aderente ai principi scientifici Jominiani di strategia che aveva imparato a West Point e né ha tentato di applicarli sul campo (Antoine de Jomini era un ufficiale svizzero che aveva servito in entrambi gli eserciti francesi e russi all'inizio e alla metà del 19 ° secolo ed era considerato dai contemporanei uno stratega importante se non fondamentale).
Le teorie militari allora dominanti, quelle del citato barone Henri Jomini, sottolineavano che la conquista del territorio e la presa della capitale del nemico fossero gli obiettivi principali a cui doveva mirare un esercito invasore. Ma Grant la pensava davvero in questo modo? Grant parve capire intuitivamente che la ferrovia, il telegrafo e il fucile a canna rigata, tutti elementi che hanno fatto la loro prima apparizione nella guerra civile, rendevano le tesi di Jomini praticamente irrilevanti. "Se gli uomini fanno la guerra nel rigoroso rispetto delle regole", ha detto Grant, "esse verranno a mancare. Non ci sono regole se si applicano alle condizioni di guerra così diverse come quelli che esistono in Europa ... La guerra è il progresso, in quanto tutti gli strumenti e gli elementi di guerra sono progressivi ".
I primi incontri di Grant con gli eserciti confederati nel teatro occidentale lo hanno chiaramente lasciato con la convinzione costante che sconfiggere il Sud sarebbe stata un'impresa estremamente ardua. La determinazione della popolazione, il calibro del suo generalato (ma su questo punto gli storici di ultima generazione, sulle capacità militari dei generali Confederati, se si esclude il gen.Lee, sono in disaccordo), e la vastità sei suoi territori, erano elementi a favore della sua tesi. L'importante era la guerra di movimento e la distruzione degli eserciti avversari.

12. Fort Henry e Donelson
Grant, a suo avviso, riteneva che vasti eserciti altamente mobili sia in Oriente che in Occidente avrebbero dovuto smembrare la Confederazione a poco a poco, distruggendo la sua capacità di fare la guerra, e quindi martellò gli eserciti Sudisti fino alla loro sottomissione. Grant sembrava vedere ciò che altri generali dell'Unione non vedevano: che la sconfitta del Sud avrebbe richiesto una progettazione strategica anche se in lui i dettagli di progettazione non hanno funzionato bene fino alla primavera del 1864.
Il primo grande contributo di Grant al processo di smembramento è venuto nel mese di febbraio del 1862, quando 15.000 delle sue truppe e una flotta di cannoniere dell'Unione hanno assalito Forti Donelson e Fort Henry, che proteggevano i fiumi Tennessee e Cumberland, rispettivamente, a sud del confine Kentucky-Tennessee. La piccola guarnigione di Fort Henry cedette alle cannoniere quasi subito, e fuggì a Fort Donelson. A Donelson, Grant riuscì ad assediare 21.000 Confederati e costretto alla "resa incondizionata" il nemico, guadagnandosi un nuovo soprannome "US". In questa occasione i difensori del forte chiesero di trattare le condizioni di resa, e Grant, con una mossa inusuale per i generali Nordisti suoi colleghi di allora, rispose: "Possiamo accettare alcuna condizione fuorché la resa immediata senza condizioni".
Il comandante del Forte gen.Simon Bolivar Buckner, collega di corso di Grant a West Point, pur accettando tale formula di resa, si lamentò per i modi poco cavallereschi di Grant. Ma i tempi stavano cambiando, non era più il tempo di gesti antiquati che non avrebbero trovato risvolto in una guerra che sarà sempre più tragica e sanguinosa. E Grant fu il precursore anche in questo.
Detta formula di resa senza condizioni prese di sorpresa anche i contemporanei: nessuno era abituato a tale linguaggio, crudo ma molto determinato. La modalità di "Resa senza condizioni" (unconditional surrender) passerà alla Storia e farà strada, oltre che nella guerra civile americana, anche nella 2° guerra mondiale e sarà utilizzata dagli alleati nei confronti della Germania e del Giappone.
Questi soldati Sudisti furono i primi dei tre eserciti che si sarebbe arresi alle forze direttamente sotto il comando di Grant.
Avendo perso il controllo dei due fiumi, il generale Albert S. Johnston fu costretto a ritirare tutte le forze confederate dal Kentucky e dalla maggior parte del Tennessee. Che la presa dei due Forti abbia deciso l'esito della guerra, come sostenuto da alcuni, mi sembra esagerato, ma che ci sia stata una sottovalutazione del fronte dell'Ovest da parte dei Confederati e da parte dei Nordisti, mi pare indubbio. Oltre tutto dall'Ovest uscì fuori l'astro del gen.Grant.
Su tale aspetto, Luraghi ha scritto delle pagine interessanti al riguardo. Come dice Luraghi, il Mississippi,"Il padre dei fiumi", era di importanza vitale per La Confederazione e lo era anche per i Nordisti perché il dominio dell'immenso fiume, da parte dell'Unione, avrebbe tagliato in due la Confederazione. Togliere l'Ovest dal corpo della Confederazione era uno degli obiettivi principali del Nord, come aveva capito l'anziano generale Nordista Winfield Scott, con il suo piano denominato "Anaconda". Per il Sud, la difesa strategica- come dice Luraghi- fu inadeguata e fondamentalmente errata, perché il fiume era considerato come linea divisoria tra due settori e tale linea non era difesa in modo adeguato. La linea difensiva copriva la parte meridionale del Kentucky e del Tennessee. Lì c'erano due opere fortificate: i Forti Henry (sul fiume Tennessee) e Donelson (sul Cumberland).Il gen. Grant aveva capito l'importanza della rilevanza strategica dei due fiumi, così come aveva capito l'importanza delle cannoniere corazzate e quanto poteva essere importante una strategia "interforze" con la Marina Militare, anche per operazioni future. Tale aspetto, il gen. McClellan non lo riuscì mai a comprendere in quanto egli utilizzò la Marina esclusivamente come mezzo di trasporto. Infatti,da parte della Confederazione e da parte del Nord (McClellan) è stata attribuita, nei primi anni di guerra, una scarsa rilevanza del fronte dell'Ovest, un errore che commisero entrambe le parti.


Illustrazione del campo di battaglia di Shiloh, scontro cruciale nella carriera militare di Grant.
Library of the Congress

13. La battaglia di Shiloh
La battaglia di Shiloh fu una delle battaglie più sanguinose della guerra civile. Dopo le vittorie riportate a Fort Henry e a Fort Donelson, Grant risalì il fiume Tennessee e si accampò con le sue truppe a Pittsburg Landing presso il confine con il Mississippi e i suoi avamposti si spinsero verso Shiloh Church. Il 6 aprile del 1862, che era una domenica, nel campo dei Nordisti, all'alba, si stava consumando la colazione, improvvisamente si sentì l'urlo dei soldati Confederati e il campo Unionista venne attaccato furiosamente dai suddetti; la battaglia durò tutto il giorno in combattimenti separati con militari che rimasero isolati attraverso la boscaglia e i Nordisti che venivano intanto respinti lungo il fiume. Grant, che si trovava distante dal campo di battaglia, sopraggiunse precipitosamente. Egli, appena arrivato, cercò di destreggiarsi alla meglio, aspettando le truppe del gen.Buell e del gen.Wallace. Alla fine l'artiglieria Nordista riuscì a fermare gli assalti dei Sudisti e il giorno seguente, Grant ricevette i rinforzi aspettati e respinse i Confederati; in questa occasione il generale Confederato Albert Sidney Johnston rimase ferito mortalmente. L'elenco delle perdite fu molto alto: l'Unione aveva perduto 13.000 uomini tra uccisi, feriti e dispersi, i Confederati circa 10.700 uomini. Il generale .confederato PGT. Beauregard, che prese il posto di Johnston, alla fine desistette dal continuare ad attaccare i Nordisti. Grant, per essersi fatto sorprendere dai Confederati, venne criticato dai politici di Washington perché non aveva tenuto conto dei suggerimenti del gen.Halleck, capo di stato maggiore, di trincerarsi quando si trovava alla probabile presenza dell'esercito nemico. Infatti, alcuni storici hanno parlato di comportamento negligente tenuto sia da Grant sia da Halleck. I rapporti trai i due non erano buoni: Halleck era in completo disaccordo con la guerra di movimento propugnata da Grant e pertanto gli remava contro in molte occasioni. Grant comunque era restio a trincerarsi, per lui contavano solo l'addestramento e la disciplina dei soldati, elementi che coltivò sin dall'inizio della guerra. La battaglia di Shiloh consisté essenzialmente in uno scontro tra due Armate le cui qualità individuali, buone o cattive, dei singoli militari ebbero una funzione essenziale. Grant, che come abbiamo accennato non era sul posto, dovette accorrere precipitosamente per cercare di dare ordine ai reparti che si sbandavano; la mancanza dei trinceramenti costituì un notevole handicap per i Nordisti.
La morte del gen. Johnston fu una grossa perdita per il Sud; le truppe confederate potevano vincere, ma l'arrivo delle truppe del gen.Buell resero inutili ulteriori tentativi di attacco da parte dei Confederati.
Molti considerano l'intervento del gen. Buell fondamentale per le sorti della battaglia. Riporto, di seguito, uno stralcio del rapporto effettuato dal predetto. Dal rapporto di battaglia di Buell:

"Mentre procedevamo lungo il fiume si vedevano gruppi di soldati sull'argine occidentale e presto divenne evidente che si trattava di sbandati dell'esercito impegnato in combattimento. Mentre ci avvicinavamo alla sponda [del Tennessee] i gruppi aumentavano sia in dimensione che in frequenza, fino ad ammontare ad intere compagnie e quasi a reggimenti. All'imbarcadero gli argini brulicavano di una massa confusa di uomini di vari reggimenti. Il numero non poteva essere inferiore a 4.000 o 5.000 e più tardi divenne ancora maggiore.... La massa di truppe disorganizzate e demoralizzate cresceva continuamente con nuovi fuggitivi dal campo di battaglia che si dirigevano costantemente verso la sponda; a questi erano mescolati un gran numero di tiri di cavalli che si sforzavano di avvicinarsi quanto più possibile al fiume. Salvo poche eccezioni, tutti gli sforzi di riformare le truppe e di muoverle verso la battaglia fallirono completamente".

La sera del 6 aprile si ritrovarono nella tenda da campo Grant e Sherman. I due si chiamavano per cognome, nonostante si conoscessero dai tempi di West Point. Sherman si rivolse a Grant dicendo." Grant, oggi le abbiamo prese". Grant rispose:"Sherman, si è vero, ma domani ci rifaremo".
Nonostante Grant si fosse ripreso il giorno dopo fermando l'attacco dei Sudisti, a causa del comportamento tenuto complessivamente dal medesimo in occasione della battaglia di Shiloh, le sue quotazioni a Washington scesero molto. Solo Lincoln lo difese e alle richieste di esonerare Grant, sembra che disse la famosa frase:" Non posso fare a meno di quest'uomo, egli combatte".
Grant comunque per le critiche violente che ricevette in questa occasione, pensò di dare le dimissioni, ma il suo vice gen.Sherman riuscì a convincerlo a non farlo. Va notato comunque che, dato il carattere positivo ed energico posseduto da Grant, egli si rimise in piedi subito.
La battaglia di Shiloh rimase emblematica per una serie di motivi. Innanzi tutto per il numero elevato di morti in pochissimi giorni, aspetto di cui l'opinione pubblica non era abituata, ma ci si abituerà nel corso della guerra: pur non essendo ancora alla presenza di un numero elevatissimo di morti che si ritroveranno nel periodo 1864-65, comunque anche le perdite di uomini a Shiloh fu un avvenimento che creò molto scalpore specialmente nel Nord. I contemporanei del Sud considerarono la morte di Albert S.Johnston come una vera e propria sciagura per la Confederazione. I giornali meridionali lo dipinsero come uno dei migliori generali che il Sud possedesse. Ai meridionali rimase la convinzione che detta battaglia sarebbe stata vinta se Johnston non fosse morto durante lo scontro. Si venne a creare "il mito della opportunità perduta" ad opera della corrente della "Lost cause". Questo dibattito sulla battaglia di Shiloh continuò anni dopo la fine della guerra fino a che Grant nelle sue memorie ridimensionò l'operato di Johnston.
Oltre al "mito dell'opportunità perduta" coltivato lungamente nel Sud dopo la battaglia di Shiloh, detta battaglia va ricordata anche per le future carriere o non-carriere che avranno i vari protagonisti di quello scontro: la morte di Johnston, l'ascesa del nuovo astro Nordista, rappresentato dal gen. Sherman, la caduta in disgrazia del gen. Nordista Lewis Wallace, usato come capro espiatorio dal gen. Grant per il suo tardivo intervento con la sua divisione nel luogo dello scontro; il fatto che il gen. Wallace, ironia della sorte, sia diventato, dopo la guerra, famoso come scrittore del libro "Ben Hur"- che ebbe un successo straordinario sia in America che all'estero- libro dal quale è stato tratto il film omonimo che ebbe anch'esso un grandissimo successo.
Detta battaglia va ricordata anche per l'ascesa, da parte Confederata, dell'allora sconosciuto colonnello Nathan Bedford Forrest, l'unico che aveva capito come si dovevano combattere i Nordisti, che però, durante la battaglia di Shiloh, non gli venne dato ascolto dal comando Sudista.
Indubbiamente, nell’episodio che aveva coinvolto il gen. Lewis Wallace, ci fu la ricerca del classico capro espiatorio. Grant, superato il momento critico iniziale nel quale era stato criticato da Halleck per essersi fatto sorprendere a Shiloh dai Confederati, stava diventando l’astro nascente nel panorama dei comandanti Nordisti e quindi sarebbe stato controproducente attaccarlo. D’altra parte la battaglia di Shiloh, a causa anche dell’elevato numero di perdite, aveva prodotto numerose polemiche da parte dell’opinione pubblica dell’Unione, la quale era uscita da tale battaglia molto scossa.
Pertanto, fece comodo a tutti puntare il dito esclusivamente sul comportamento tenuto da Wallace a Shiloh in quel particolare frangente, non guardando, o facendo finta di non guardare, il contesto complessivo nel quale si era svolta la predetta battaglia.

14. La presa di Vicksburg
La città fortezza di Vicksburg presidiava il fiume Mississippi, un percorso cruciale di alimentazione e comunicazione per il Sud, e detta roccaforte rappresentava la linea di giunzione tra gli stati Confederati orientali e occidentali. Il Sud sapeva bene l'importanza strategica di Vicksburg per la loro causa.
L'ufficiale che ebbe il compito di difendere la citta di Vicksburg fu il generale John C. Pemberton, che peraltro era di origine Nordista in quanto proveniva dallo Stato della Pennsylvania. Pemberton non era certo il comandante adatto per affrontare Grant. I Sudisti diffidavano degli ufficiali provenienti dal Nord che si erano schierati con la Confederazione. A tale proposito cito alcuni passi del celebre diario della Sudista Mary Chesnut, la quale, sull'aspetto sopra citato, si espresse nei termini seguenti:" Uomini nati Yankee sono una pessima scelta per ricoprire i ruoli di Comandanti della Confederazione. Essi credono nel Nord come nessun uomo del Sud potrà mai fare, e non vedono alcuna vergogna nell'arrendersi agli yankees. Il loro entusiasmo per la causa Confederata è palesemente scarso".
Questa parole furono scritte tre mesi prima che Pemberton si arrendesse a Grant a Vicksburg. Pur non essendo stato citato espressamente il nome del medesimo generale dalla Chesnut, si pensa che la medesima ce l'avesse proprio con lui.
Va detto per inciso che il presidente .Davis, invece, nutrisse fiducia nei confronti di . Pemberton, anche se come comandante in capo delle forze armate del Tennessee e del Mississippi, Davis mise il gen. Joseph E.Johnston, personaggio ritenuto dagli storici moderni estremamente controverso per l'atteggiamento da lui tenuto per tutta la durata del conflitto. Johnston, sempre in contrasto con Davis, non riuscì ad unire le sue forze con quelle di Pemberton e si mosse con eccessiva cautela. I due generali Confederati tennero un atteggiamento confuso, mantennero le forze separate senza coordinarsi tra loro. Il fatto singolare appare proprio questo: il pres.Davis ritenne Pemberton idoneo e adatto a fronteggiare il pericolo Nordista che incombeva sul Mississippi, affidandogli il compito di difendere la piazzaforte di Vicksburg. Il problema è che Davis nominò invece come comandante in capo di quel settore il gen.Johnston sul quale non nutriva molta fiducia Ci si chiede a questo punto se tale ultima scelta fosse dovuta al fatto che Johnston era il generale più alto in grado nella Confederazione. Dati i dissidi esistenti tra Davis e Johnston, ci si è domandato se era proprio necessario investire quest'ultimo di una così importante e fondamentale funzione in un settore tanto delicato per la Confederazione.

a. L'attacco
Lo sforzo di Grant per strappare le fortificazioni dai loro difensori ebbe un inizio molto agitato quando la base di approvvigionamento principale dell'Unione venne catturata dalla cavalleria del Sud prima che l'operazione di attacco alla fortezza decollasse.
Grant fece di tutto, come vedremo, per prendere la città, vari tentativi fallirono. I sudisti potevano mantenersi sulla difensiva, i Nordisti dovevano continuamente lanciarsi all'offensiva con il rischio di vedere fallire i vari tentativi. Grant, comunque, provò in vari modi pur di poter riuscire.
Cambiando il suo schema di manovra, Grant mandò la fanteria di Sherman ad assaltare le scogliere di Vicksburg ai primi di dicembre del 1862. Essa venne respinta con gravi perdite. Nel corso dell'inverno, molte altre iniziative federali fallirono, grazie in gran misura alla forza delle fortificazioni e della natura non facile del terreno.
Poi nel mese di maggio del 1863, Grant eseguì un piano brillante anche se poco ortodosso. Marciò con il suo esercito a sud della città- fortezza verso il lato ovest (Louisiana) del fiume, fuori dalla portata dei grandi cannoni confederati. Nel frattempo, le cannoniere della Marina dell'Unione e una flotta di trasporti erano riuscite a far passare l'artiglieria alle spalle di Vicksburg a tarda notte, incorrendo in perdite minime. A valle, la Marina portò 33.000 truppe al lato est del Mississippi. Grant poi attaccò duramente le forze del generale Johnston vicino a Jackson, Mississippi, che si affrettarono ad andare ad ovest per rafforzare la guarnigione di Vicksburg, sconfiggendoli in diversi scontri. Poi, le forze di Grant furono imperniate ad est al fine di bloccare i difensori di Vicksburg, comandati da Pemberton, spingendoli nelle loro fortificazioni.
Nel corso di 17 giorni, Grant aveva fatto marciare il suo esercito di 180 miglia, aveva combattuto cinque battaglie, tutte vinte e inflitto più di 7.000 vittime al nemico. Dopo sei settimane di assedio, Pemberton si arrese con il suo esercito di 29.000 uomini. L'Unione ora aveva in mano l'intero Mississippi, e la Confederazione era stata effettivamente divisa in due. "La cattura di Vicksburg," scrive lo storico James M.McPherson, "è stata la più importante vittoria strategica della guerra."
Teniamo presente che per vari mesi Grant cercò in tutti modi possibili e impossibili di prendere Vicksburg, che già dall'anno precedente gli era sfuggita. Da gennaio a luglio del 1863, Vicksburg fu nei suoi pensieri e nei suoi progetti; vari tentativi di prendere la città fallirono. Pertanto, non fu un'impresa facile neanche per Grant. Un altro generale avrebbe rinunciato, ma Grant quando si metteva in testa di raggiungere un obiettivo, difficilmente desisteva.


Grant e il generale confederato Pemberton durante la resa di Vicksburg.
Illustrazione tratta dal volume Harper's Pictorial History of the Civil War del 1894

b. La vittoria di Grant
L'obiettivo della citta di Vicksburg, per i Nordisti era importante, in quanto presa detta città, la parte orientale della Confederazione sarebbe rimasta divisa dalla regione al di là del Mississippi.
Il gen. Grant assunse il comando delle truppe dell'Unione in detta regione e si prese come aiutante il gen.William T. Sherman che si era già rivelato- e si rivelerà -un suo valido collaboratore.
Ricapitolando tale azione, Grant, per prendere Vicksburg, escogitò una nuova, spericolata strategia, senza aiuti da parte del comando di Washington e, con un'azione combinata tra il suo esercito e le cannoniere della Marina militare, riuscì a conquistare detta città. Si trattò di un'azione condotta tramite un guado anfibio, risalendo lungo la riva occidentale del fiume. Grant attuò il suo piano portando l'intero esercito lungo la sponda del fiume, tra canneti, acquitrini e boscaglie, facendosi aiutare dai militari del Genio ,tramutando i suoi uomini in "esploratori", facendogli costruire strade e ponti, arrangiandosi per i materiali e i rifornimenti e inventando soluzioni di fortuna. Passò il fiume con barche di vario tipo sotto Vicksburg e risalì verso Nord-Est, tagliando le linee di comunicazione lungo la marcia. Grant cinse d'assedio la città, mentre dal fiume le cannoniere dell'Unione la bombardavano senza tregua. Il 4 luglio 1863, ll giorno dopo la battaglia di Gettysburg, la città, i cui abitanti erano alla fame, si dovette arrendere. Quando la notizia della presa di Vicksburg arrivò a Washington, Lincoln, che all'inizio non aveva condiviso il piano di Grant, gli mandò una meravigliosa lettera di scuse: "Desidero ora riconoscere personalmente che voi avevate ragione ed io torto".
Lincoln, infatti, successivamente, parlò della Campagna di Vicksburg come "una delle più brillanti del mondo" e rimase sbalordito della strategia messa in atto da Grant e lo definì "maestro della guerra manovrata".
Il successo di Grant significava che Lincoln aveva finalmente trovato un generale che sapesse come programmare e combattere una campagna militare. Grant cominciò ad avere l'appoggio incondizionato del presidente Lincoln. Un aneddoto, apocrifo, dice che alle accuse che ogni tanto riaffioravano sull'antico, presunto vizio del bere da parte di Grant, pare che Lincoln esclamasse: "lui vince le battaglie, vorrei che qualcuno mi dicesse quale marca di whiskey beve Grant, ne manderei un barile a tutti gli altri miei generali." Sull'importanza strategica della fortezza di Vicksburg ,che- ricordiamolo- era posta lungo le rive del fiume Mississippi, si sapeva che era considerata come una delle più importanti posizioni difensive per tutto il territorio della Confederazione. I generali Confederati pensavano che sarebbe stato molto difficile per i generali dell'Unione catturare la fortezza di Vicksburg; inoltre, i Confederati erano consapevoli del fatto che la cattura di Vicksburg da parte delle forze dell'Unione, avrebbero comportato disastrose conseguenze militari e strategiche per loro.
La barriera strategica di Vicksburg aveva un valore tale per i Confederati da giustificarne la difesa anche se dopo lo scontro di Champion Hill la migliore scelta sarebbe stata quella di ritirarsi e rinunciare alla fortezza stessa.
Il controllo delle vie d'acqua e l'indiscutibile superiorità delle forze navali unioniste diedero agli eserciti federali la possibilità di poter utilizzare una forza militare su di un larghissimo fronte. Il controllo unionista del Mississippi, che costituiva un saliente incuneato in territorio Confederato, mise strategicamente i meridionali in una brutta situazione in quanto i vantaggi dell'aversi assicurato, da parte dei Nordisti, una posizione centrale risultarono evidenti. Johnston aveva raccolto un esercito di 32.000 uomini e avrebbe voluto attaccare Grant da sud con una manovra diversiva per rompere l'accerchiamento a cui era sottoposta la città e avrebbe voluto che Pemberton lo aiutasse, uscendo con i suoi uomini dalla fortezza, ma Pemberton, pur valutando con i suoi generali tale possibilità, ritenne che i suoi soldati fossero troppo stremati per compiere un'azione del genere. E, pertanto, Pemberton decise di arrendersi a Grant. I due generali si conoscevano dai tempi della guerra messicana; durante tale guerra, fu proprio Pemberton ad essere incaricato di portare una lettera di encomio a Grant per il suo comportamento in un'azione. I due generali si incontrarono anche in questa occasione per discutere invece le condizioni di resa della città di Vicksburg. Pare che il loro incontro si svolgesse in modo gelido e che Pemberton tenesse un comportamento sprezzante nei confronti di Grant. Le condizioni di resa proposte da Grant furono oltremodo favorevoli per i Confederati: i soldati Sudisti non sarebbero stati mandati nei campi di prigionia Nordisti, con la promessa da parte di ciascuno di non prendere più parte al conflitto. Furono condizioni estremamente generose e Pemberton non poté fare a meno di accettarle. Resta da vedere se i soldati Sudisti abbiano o meno tenuto fede alla promessa di non combattere più per il Sud, si suppone che la maggior parte di loro l'abbiano mantenuta. Grant aveva catturato quasi 31.000 prigionieri e si assicurò che tali uomini non fossero maltrattati e che venissero rifocillati dato che la popolazione della città si era ormai ridotta alla fame.
In ultima analisi, a mio avviso, non è stato un solo uomo ( Pemberton) che ha causato la sconfitta confederata a Vicksburg e ha portato alla resa dell'esercito il 4 luglio 1863. E' stato il risultato di un lavoro di “squadra”, dal presidente Jefferson Davis, al "riluttante comandante dipartimentale" Joe Johnston, al comandante sul campo, John C. Pemberton e dei suoi subordinati. E poi non dimentichiamo che i Confederati. si sono poi trovati di fronte un avversario come il gen. Grant. Sarebbe interessante stabilire se John Pemberton sarebbe riuscito meglio meglio come staff officer piuttosto che come battlefield commander. A guardare la sua carriera sembrerebbe essere stato più idoneo a ricoprire un incarico di staff. Pure le sue nomine a gradi superiori, quando egli passò alla Confederazione, furono troppo fulminee.
Dopo la presa di Vicksburg, il territorio della Confederazione si trovò diviso in due parti. In effetti, l'Unione, con la presa di Vicksburg, ottenne il controllo del fiume Mississippi ("il padre dei fiumi"),considerato di fondamentale importanza strategica da ambo le parti. Storici recenti hanno messo in evidenza che il possesso della piazzaforte di Vicksburg non aveva tanto valore per la Confederazione, ma piuttosto per l’uso che gli Unionisti potevano fare del fiume. In effetti, per il Sud, avere il controllo del fiume Mississippi costituiva un' importanza minore. Appare evidente, che il fiume Mississippi, quale via di penetrazione strategica, era di importanza fondamentale per il Nord in quanto detto fiume costituiva una via funzionale per entrare direttamente nel cuore della Confederazione e una chiave strategica del sistema difensivo del fiume. Per i Confederati era fondamentale impedire l’utilizzo del fiume da parte degli Unionisti soprattutto per il trasporto di truppe e di rifornimenti.

15. La battaglia di Chattanooga
Dopo la disastrosa battaglia di Chickamauga, i Nordisti richiamarono truppe da tutte le parti per fronteggiare la situazione: le truppe del gen. Hooker prelevate dall’Armata del Potomac e le truppe del gen. Sherman provenienti da Memphis; con un tempismo perfetto Grant formò già quel comando unificato (Est- Ovest) che offrirà buoni risultati sin dall’inizio.
Invece, nella Confederazione, gli attriti tra i generali Bragg e Longstreet nuoceranno notevolmente alla causa Sudista: attriti che- col senno di poi- appariranno incomprensibili in quanto la partita che si stava giocando nel Tennessee era di importanza capitale. Secondo alcuni studiosi, la battaglia di Chattanooga, vinta dai Nordisti, che mandò via definitivamente i Confederati dal Tennessee, ebbe un'importanza superiore anche a quella della conquista di Vicksburg nel determinare il corso ulteriore del conflitto e permettere la vittoria finale dell'Unione. La conquista di Chattanooga posta sul margine orientale del Tennessee era la via principale per penetrare negli Stati atlantici del Sud. Tale fatto era reso agevole perché Chattanooga era un nodo ferroviario che collegava sia il sud-ovest, sia il sud-est.
Grant aveva vinto la sua ultima battaglia nell'Ovest, prima di ricevere il comando in capo di tutti gli eserciti dell'Unione nel marzo del 1864.
L'ulteriore vittoria a Chattanooga fornì a Lincoln una soluzione ai problemi di direzione della guerra che tanto lo avevano assillato in precedenza. Grant venne nominato Tenente-Generale e gli fu affidato il comando di tutti gli eserciti dell'Unione. A questo punto,Grant mise a punto un vasto piano strategico per vincere la guerra. Approfittando della superiorità numerica di soldati, Grant progettò un'avanzata simultanea di tutte le forze dell'Unione in modo che i Confederati fossero costretti a sparpagliare le loro truppe o a lasciare i territori aperti all'invasione.
Altro interessante aneddoto che illustra la personalità di Grant, schiva e taciturna e senza boria, anche nel momento che egli stesso diventava un personaggio chiave ed importante per concludere la guerra, riguarda il giorno che Grant, arrivò a Washington, accompagnato dal figlio, per ricevere la nomina a tenente-.generale nelle mani di Lincoln alla Casa Bianca. Egli si presentò in un albergo della capitale chiedendo una stanza, l'albergatore, non riconoscendolo, gli diede una camera modesta. Quando Grant firmò il registro degli ospiti, l'albergatore esclamando:" ma lei è il famoso generale Grant, perché non me la detto subito?", si offrì di proporgli la stanza migliore dell'albergo, Grant imperturbabile disse che la prima stanza offertagli sarebbe andata benissimo. Anche quest'ultimo episodio dimostra il carattere riservato e modesto del generale nel momento che il destino della nazione era nelle sue mani. In effetti a Washington Grant rimaneva un generale pressoché sconosciuto; come aveva fatto ad ottenere quel successo in campo militare dove generali più famosi di lui avevano fallito in tre anni di guerra? Come mai proprio a lui Lincoln concedeva la prestigiosa carica di tenente generale, grado riesumato apposta per lui, appartenuto solamente a George Washington? Rimaneva un mistero, ma la decisione assunta da Lincoln era perfetta ed era l'unica cosa da fare se si voleva vincere la guerra. Lo storico incontro tra il Presidente e Grant al ricevimento alla Casa Bianca che Lincoln aveva organizzato per il generale si svolse senza particolari formalità. I due uomini non si conoscevano. Lincoln gli andò incontro dicendo:" ecco il generale Grant! Bene, questo è un gran piacere, ve lo assicuro!"

16. Grant Comandante in capo
Dopo Vicksburg, la generalship di Grant aveva brillato di nuovo nella lotta cruciale per Chattanooga, e quindi nel marzo del 1864, come abbiamo detto, Abraham Lincoln promosse Grant tenente generale- grado creato apposta per lui- al comando di tutte le forze dell'Unione. Alla fine, Lincoln aveva trovato un generale che poteva combattere e vincere. I due uomini lavorarono straordinariamente bene insieme, modellando una originale strategia di logoramento molto cruenta che nel giro di un solo anno mise il Sud in ginocchio.
Non ci scordiamo però che Grant era malvisto dai suoi colleghi generali e aveva una stampa, al Nord, in parte sfavorevole.
I generali del Nord erano gelosi di Grant a causa delle vittorie che conseguiva, diffondevano intorno alla sua persona pettegolezzi maliziosi- es. il vizio del bere di cui abbiamo parlato in precedenza- per screditarlo agli occhi del Presidente. Nonostante tutto ciò, Lincoln lo ha sempre sostenuto anche quando personalmente non era d'accordo con lui. Alla fine, si sono dimostrati coraggiosi entrambi nel perseguire, a volte con mezzi discutibili, la conclusione della guerra con la vittoria dell'Unione. Il nuovo comandante, assunto il comando di tutti gli eserciti dell'Unione, elaborò i dettagli del suo piano. Ci dovevano essere cinque attacchi simultanei contro gli eserciti confederati. Due attacchi in Occidente dovevano convergere su Atlanta. Tre eserciti in Oriente avrebbero combattuto manovrando lungo la strada verso Richmond, capitale della Confederazione, così abilmente e coraggiosamente difesa da Robert E. Lee, comandante della Armata della Virginia Settentrionale, la forza che tutti nel Nord avevano visto come l'incarnazione di sfida della Confederazione.
Secondo lo storico Adam Badeau, "Grant appena assunto il comando supremo, decise immediatamente di impegnare il maggior numero possibile dei suoi eserciti contro le forze armate del nemico, la sua idea base era quella di impegnare tutte le sue armate contemporaneamente, continuamente e in collaborazione così che i ribelli non potessero riprendersi, non potessero rilassarsi dagli attacchi, non avessero alcuna opportunità per rinforzare prima uno e poi un altro punto con le medesime truppe in momenti diversi, non avessero alcuna possibilità di approfittare delle linee interne, di mandare gli uomini in permesso, di riorganizzare le proprie armate, di rifornirsi. Non avessero tregua di alcun genere fino a quando la loro totale resa non ponesse fine al conflitto".
Gli ordini che vennero dati al suo staff furono estremamente chiari e precisi." Lee's Army will be your objective point". Grant ordinò al generale Meade che continuava ad avere l'incarico, sia pur onorifico, di comandante dell'Armata del Potomac: "Wherever Lee goes there will go also." Sherman ricevette gli ordini di:" to move against Johnston's Army, to break it up, and to get into the interior of the enemy's country as far as you can, inflicting all the damage you can against their war resources".
Grant operava mandando ai suoi subordinati ordini e direttive chiari e precisi senza possibilità di interpretazioni individuali da parte dei medesimi, l'unità di azione di comando spettava a lui e lui solo.
La prosa di Grant era perfetta, dimostrando di possedere doti letterarie, nulla era lasciato al caso e quindi i suoi collaboratori si sentivano sollevati, a differenza di Lee che delegava troppo ai suoi subordinati. Forse Grant non possedeva uno Stato maggiore nel senso moderno del termine, ma gli ambiti operativi funzionarono benissimo; d'altronde in caso di errori da parte di qualcuno dei suoi subordinati, Grant non esitava a silurare ufficiali con il grado di generale, magari con amici influenti. Si è anche detto che privilegiasse nella scelta dei generali d'armata uomini che erano suoi amici personali, che abbia preferito nelle nomine importanti il gen.Sherman al posto del gen. George Thomas, ma anche questo fa parte del fattore umano e poi i risultati furono lo stesso eccellenti. Purtroppo, Thomas e Grant erano come l'olio e l'acqua, non si potevano mescolare e non andavano molto d'accordo. La cosa che dava fastidio a Grant era che Thomas non si muoveva finché tutto non era perfettamente pronto anche quando Grant insisteva a farlo muovere quando egli era in posizione dominante. Anche Sherman si lamentava della sua lentezza durante le operazioni, criticando il fatto che il generale a volte ricordasse l'operato del gen. McClellan, il quale, come abbiamo scritto in precedenza, mostrava estrema riluttanza a muoversi anche quando si trovava in condizioni di netta superiorità rispetto al nemico. A mio avviso, Grant e Sherman non sono stati molto leali con Thomas durante la guerra e nei loro scritti nel dopo-guerra. Diciamo pure che a Thomas non è stata data la possibilità di decidere autonomamente e pertanto non ha potuto prendersi i rischi e le responsabilità di grandi decisioni.

17. L'offensiva finale
I detrattori hanno dipinto Grant come un impassibile manager / macellaio, indifferente alla vita delle sue truppe, la cui vittoria finale è stata assicurata da numeri e risorse superiori. Questa è considerata dagli storici di ultima generazione come una sciocchezza storica. Non c'era nulla di preordinato per la sconfitta del Sud. Entro la primavera del 1864, il Nord era stanco della guerra e la rielezione di Lincoln era stata seriamente messa in dubbio. Grant si sarebbe trovato di fronte al migliore generale che la confederazione potesse opporgli: il generale Robert E. Lee. Non sarebbe stato un compito facile per Grant battere sul campo Lee. I due generali, come abbiamo visto, si erano conosciuti durante la guerra messicana dove il calibro di in giovane ufficiale quale Lee si era già messo in evidenza più di lui. Nell'ultimo scontro della guerra civile, Lee si sarebbe opposto a Grant con tutte le sue forze a capo di un'Armata professionalmente validissima, temprata da tante battaglie vinte, niente da vedere rispetto agli eserciti confederati che Grant aveva combattuto e vinto all'Ovest. Un' Armata però ormai provata e falcidiata da continue diserzioni e in condizioni sempre più misere sotto il profilo degli equipaggiamenti.
A meno che Grant e il suo esercito non fossero stati in grado di fornire grandi vittorie per aumentare il morale delle truppe, George B. McClellan, candidato del partito democratico alla presidenza Usa, sarebbe diventato presidente degli Stati Uniti nel mese di gennaio 1865 e McClellan, che odiava combattere, avrebbe sicuramente negoziato un accordo di pace con la Confederazione. Il morale della popolazione del Nord era basso, molti al Nord si chiedevano se valesse ancora la pena continuare a combattere, la guerra contava troppi morti, se il Sud voleva restare una nazione autonoma e separata dall'Unione ci si sarebbe fatta una ragione, troppi morti stava costando questa guerra. La Confederazione era ancora abbastanza agguerrita e non aveva alcuna intenzione di arrendersi, tutto era da definire. L'importante era continuare la lotta in tutti i modi possibili da parte del Nord e Grant era l'unica speranza di poter vincere la guerra. Ma a quale prezzo?

18.The Overland Campaign
La strategia di logoramento attuata dall'Unione nell'Overland Campaign comportò la messa in opera di esigenze straordinarie da parte dei comandanti e delle truppe, ma è stata anche brillantemente concepita. Attaccando su cinque fronti contemporaneamente, Grant ha impedito al Sud di sfruttare il suo vantaggio fondamentale di linee interne, vale a dire la leadership confederata non poteva rafforzare le vacillanti linee difensive in un teatro senza indebolire fatalmente in un altro.
Gli eserciti confederati, nella sua strategia globale che porrà in essere insieme al gen. Sherman, non saranno l'unico obiettivo. Grant prevedeva una serie di raid per distruggere i raccolti nel granaio della Virginia, a Shenandoah Valley, e contro le principali linee di alimentazione e le strutture di produzione di guerra in Georgia e South Carolina. Si avrebbe in tal modo negato agli eserciti confederati i mezzi per continuare la lotta e martellato tutto il perimetro del Sud. E facendo marciare gli eserciti attraverso le vaste aree di territorio meridionale indifeso, Grant avrebbe distrutto il morale della popolazione civile.
Grant diresse quattro delle principali campagne del 1864-1865, tramite il telegrafo, dal suo posto di comando con l'esercito del Potomac. Quell'esercito fu impegnato nella più furiosa lotta di tutta la guerra contro Lee nella Overland Campaign. Per 40 giorni e notti, l'Armata del Potomac forte di 125.000 uomini martellò a forza i 60.000 uomini di Lee, nel tentativo di far uscire i Confederati dalle loro vaste trincee difensive vicino Richmond e vincerli in una battaglia decisiva.
In tre grandi battaglie, Wilderness, Spotsylvania Courthouse, e Cold Harbor, le truppe di Lee, circoscritte da ripetuti assalti, inflissero un numero di vittime senza precedenti ai Nordisti, ma subendo esse stesse pesanti perdite. Dal 5 maggio al 12 maggio l'esercito di Grant subì 32.000 vittime. Tutti gli eserciti dell'Unione combinati non avevano mai avuto così tante vittime in combattimento in una sola settimana.
Durante tutto il mese di maggio, l'Unione ha perso 44.000 uomini nella campagna terrestre, mentre Lee ha perso 25.000 uomini, nessuno dei quali avrebbe potuto sostituire. "Questa era un nuovo tipo di guerra incessante e implacabile ", commenta lo storico James M.McPherson. Per quasi tutta la campagna, i due eserciti erano stati in "contatto diretto uno con l'altro".
Questo tipo di combattimento produsse una diffusa stanchezza e esaurimenti nervosi. Il Capitano dell'Unione Oliver Wendell Holmes - il futuro giudice della Corte Suprema- ha osservato che "Molti uomini sono impazziti e, a causa di questa campagna, è iniziata una pressione terribile sul corpo e la mente."
Dopo ogni scontro, Grant ha manovrato l'esercito a sud-est, intorno al fianco orientale di Lee, costringendo il suddetto generale a ritirarsi più lontano e più a sud. Poi, in una manovra brillantemente eseguita, gli ingegneri di Grant hanno costruito il ponte di barche più lungo nella storia militare, permettendo all'esercito federale di attraversare il fiume James e di arrivare alla parte posteriore della Armata della Virginia Settentrionale, minacciando di catturare la sua vitale via di rifornimento-comunicazioni a Petersburg. Il generale Nordista William "Baldy" Smith aveva immediatamente attaccato le opere di difesa di fronte a Petersburg all'arrivo così la città sarebbe stata presa e la guerra in Virginia probabilmente sarebbe finita nel giro di poche settimane. Ma Smith esitò, pensando che avesse bisogno di più uomini per attaccare e Lee si precipitò in difesa di Petersburg giusto in tempo per tenere tale obiettivo.
Comunque, l'esercito della Virginia del Nord non poteva manovrare di più. Grant aveva raggiunto una significativa vittoria strategica nel bloccare l'esercito confederato al suo posto fino alla fine. Lee si è poi trovato con i suoi soldati sotto un assedio essenzialmente infrangibile. La sua unica speranza, l'unica speranza del Sud, come Lee stesso ha detto, era quello di evitare qualsiasi grave sconfitta fino a novembre, e sperare che Lincoln sarebbe stato sconfitto.
Dunque, la campagna terrestre si concluse con l'attraversamento del fiume James da parte di Grant, e con l'inizio dell'assedio di Petersburg, noto anche come Campagna di Richmond-Petersburg. Questo fatto rappresentò un cambiamento di strategia per Grant. Egli si rese conto che non avrebbe potuto costringere con la manovra Lee ad una battaglia finale e decise di focalizzarsi su obiettivi geografici e politici: le città di Richmond e di Petersburg. Se le linee ferroviarie che rifornivano quelle città dal sud fossero state catturate, Lee sarebbe stato costretto a scendere in campo aperto. Grant sapeva anche che le offensive coordinate che aveva concepito erano fallite: eccetto che per Sherman, che stava avanzando su Atlanta, tutti gli altri generali erano immobilizzati o sconfitti. Nel mese di settembre, Sherman prese Atlanta. La gente del Nord si rallegrò mentre la gente del Sud si disperò. Era stato preso il più grande nodo ferroviario della Confederazione. Poi, Sherman iniziò la sua "Marcia verso il mare", devastando tutto ciò che era di valore militare e civile, non solo in Georgia, ma pure in Carolina, attuando "la politica della terra bruciata" e cioè devastando qualsiasi genere di materiale bellico e di civile sussistenza, distruggendo in tal modo le risorse materiali delle popolazioni del Sud in modo tale da far perdere loro ogni volontà di proseguire nella lotta. Inutile dire che questo genere di politica della distruzione venne avallata, ma non deliberata, sia da Lincoln che da Grant stesso, al fine di mettere fine alla guerra nel tempo più breve possibile. Su quest'ultimo aspetto le polemiche sono rimaste infinite ancor oggi per la conduzione, da parte delle truppe Nordiste, di una lotta brutale nell'ultimo periodo di guerra.


Dettaglio di una fotografia di un concilio di guerra tenuto a Massaponax Church, in Virginia, nel maggio del 1864 e nel quale
si può vedere Grant esaminare una mappa assieme al generale George G. Meade..
Library of the Congress

19. Guerra totale
E' utile spendere alcune parole sul concetto di guerra totale, quella che per alcuni storici era diventata, negli ultimi anni del conflitto, la guerra civile americana a causa del comportamento tenuto da Grant e dal suo subordinato gen. Sherman.
Lo storico James M.McPherson sostiene che quando la guerra civile era iniziata nel 1861, lo scopo del Nord "era quello di sopprimere l'insurrezione contro L'Unione e ripristinare il controllo degli Stati del Sud. Il conflitto aveva quindi un obiettivo limitato di ripristinare lo status quo ante bellum, non era quindi una guerra senza limiti, tesa a distruggere una nazione nemica e a rimodellare la sua società". A poco a poco, dice McPherson " volenti o nolenti, la guerra è diventata una guerra totale, piuttosto che una guerra limitata". "I generali William T. Sherman e Philip Sheridan hanno visto più chiaramente di chiunque altro la natura della moderna guerra totale, una guerra tra i popoli e non soltanto tra gli eserciti, una guerra in cui i combattimenti non lasciano nulla di intatto e producono profonde modifiche nel tessuto sociale della popolazione, scossa e disorientata dalla politica della terra bruciata. Il presidente Lincoln ha sanzionato questa politica di mostrarsi severo contro il nemico". Infine, "quando la guerra civile divenne una guerra totale, l'esercito invasore distrusse intenzionalmente la capacità economica del Sud, necessaria per continuare la guerra. La vittoria del Nord è stato il risultato di questa realizzazione graduale con la successiva applicazione di queste nuove dottrine nella fase successiva della guerra".
La definizione di guerra totale è stata coniata dagli storici tenendo in considerazione le guerre del XX secolo, guerre caratterizzate da bombardamenti indiscriminati compiuti sulle città, effettuati sia dagli alleati, che dalla Germania, i cui scopi sono stati quelli di colpire anche obiettivi civili. Si è assistito, nelle guerre in questione, ad uccisioni indiscriminate, sia di militari che civili e, a volte, senza alcun rispetto delle più elementari leggi di guerra, perseguendo una politica di annientamento di parte delle popolazioni civili. La vera guerra totale, o, per usare le parole del prussiano Carl von Clausewitz, "guerra assoluta", non fa alcuna distinzione tra il prendere la vita dei soldati nemici e quelli dei civili nemici. E' guerra "senza scrupoli o limitazioni", guerra in cui i combattenti non danno quartiere e non fanno prigionieri. Durante la 2° guerra mondiale, la Germania ha deliberatamente ucciso milioni di civili in Europa e ha bombardato le città dell'Inghilterra; i bombardamenti alleati strategici hanno ucciso centinaia di migliaia di civili tedeschi e giapponesi, e da entrambi i lati si è a volte rifiutato di prendere prigionieri o essi sono stati uccisi dopo che si erano arresi.
Premesso quanto sopra, se diamo il significato predetto al concetto di "totalità", la guerra civile americana, a mio avviso, non è stata una guerra totale. Infatti, nella guerra civile americana- tralasciando gli episodi di guerriglia tra bande che sono state di una crudeltà senza limiti- gli episodi di atrocità tra militari strutturati e regolari, come per es. l’esecuzione dei neri a Fort Pillow o l’episodio di Shelton Laurel, dove i Confederati uccisero dei civili senza motivo, anche se sono avvenuti, sono stati contenuti e causati per colpa di singoli comandanti o su iniziative individuali e quindi non si può ritenerle azioni preordinate a voler uccidere indiscriminatamente civili inermi, per di più stabilite dai vertici dell’Unione o della Confederazione. Se vi è stata una pianificazione, essa riguardò, come è stato scritto in precedenza, la distruzione di beni materiali che potessero servire allo sforzo bellico del nemico. Indubbiamente tali distruzioni vennero estese ai mezzi di sussistenza della popolazione, la quale pagò anch’essa il peso della mano pesante della guerra. Saccheggi e violenze sui civili ci sono sicuramente stati, ma certo non organizzati e deliberati dall’alto, né tanto meno da Lincoln. Tali episodi sono, a mio avviso, stati avallati come un dato di fatto ineluttabile e necessario, come ho scritto in precedenza.
La definizione quindi di guerra totale, attribuita alla guerra civile americana, sembra eccessiva, in quanto non si rilevano gli estremi per definirla tale.
La lotta brutale ingaggiata da Grant e da Sherman nei confronti delle popolazioni civili del Sud, una volta invasi i loro territori dalle truppe Nordiste, porta, a mio avviso, alle seguenti considerazioni visto che ancora oggi per molti meridionali gli stessi sono considerati alla stregua di criminali di guerra: un fatto che ,volenti o nolenti, bisogna accettare è il cambiamento dei metodi di guerra degli ultimi due anni con il coinvolgimento dei civili e della distruzione dei beni materiali: metodi che hanno comportato ad un imbarbarimento dei modi di conduzione della guerra civile a causa di una situazione di logoramento bellico che non trovava soluzione finale. L'assioma di sostenere- come fa parte della storiografia- che i Nordisti siano stati peggiori dei Sudisti in quanto in quel periodo hanno fatto terra bruciata dei beni delle popolazioni del Sud, a mio parere, non significa che i Nordisti sono i cattivi per definizione e i Sudisti invece sono i buoni, solo perché, alla fine del conflitto, i Nordisti hanno fatto più devastazioni.
I Sudisti, per i motivi che ho sopra citato, quando hanno invaso i territori del Nord usarono gli stessi metodi brutali dei Nordisti. Il caso della scorreria degli uomini del gen.Early rappresenta la prova evidente: infatti le truppe Confederate di Early, dopo essersi ritirate da Washington, avevano ridisceso la Valle dello Shenandoah, fatto scorrerie attraverso il Maryland e la Pennsylvania e bruciata la città di Chambersburg.
Quando le truppe di Lee invasero la Pennsylvania, nel 1863, esse fecero incetta di tutta la gente di colore che riuscivano a catturare. La più controversa delle azioni poste in essere dai Confederati durante l'invasione della Pennsylvania, infatti, è stato il sequestro di circa quaranta Afroamericani, alcuni dei quali erano schiavi fuggiti, ma la maggior parte erano uomini liberi. Essi sono stati mandati al Sud, sotto scorta armata. Non è chiaro se il governo Confederato abbia legittimato tali azioni o sia stato frutto di iniziative isolate. C'è chi sostiene che la catena di comando Confederata abbia autorizzato tale pratica. Rimane il fatto, da quel poco che sono riuscito a reperire, che i neri che abitavano nella zona di Gettysburg fossero completamente terrorizzati dell'arrivo dei Sudisti e di conseguenza molti di essi fuggirono perché temevano che, se fossero stati catturati dai Confederati, sarebbero stati venduti come schiavi. Certo, è difficile immaginare che il gen. Lee non fosse a conoscenza della cattura degli Afroamericani, visto che l'ordine era partito dal suo secondo in comando, il gen,Longstreet.
Questi episodi vi sembrano far parte della cosiddetta guerra cavalleresca? Se le truppe di Early non fossero state fermate e sconfitte dalla Cavalleria di Sheridan, avrebbero continuato a compiere le stesse azioni brutali nei confronti delle popolazioni del Nord. Questo per un motivo abbastanza evidente: la guerra ormai aveva assunto proporzioni tali che sarebbe stato illusorio fermare o impedire episodi poco edificanti che purtroppo in una guerra dove erano presenti anche scontri di ideologie e lotta di sopravvivenza è molto difficile che non succedano.
Infatti, per cercare di capire (non di giustificare) tutto quello che è successo nell'ultimo periodo di guerra, a mio avviso, dobbiamo tener presente che si è trattata di una guerra fratricida combattuta in modo altamente aspro e sanguinoso, molto di più di altre guerre. Nessuna guerra combattuta in Europa precedentemente può reggere il confronto con essa. Sappiamo come i Generali del Nord e del Sud si conoscevano, erano stati compagni di corso all'Accademia di West Point, avevano combattuto insieme nella guerra Messicana, alcuni erano grandi amici. Eppure riuscirono lo stesso a combattersi contro in modo furioso e sanguinario. Le armi moderne rendevano i soldati degli uccisori di professione con i loro fucili a ripetizione capaci di colpire a mille metri di distanza, con cannoni che potevano distruggere una città. Tutto questo rendeva la guerra in questione altamente impersonale. Di converso-come racconta lo scrittore americano E.L.Doctorow, nel libro "La Marcia"-esisteva ancora la vecchia cultura militare della cattura di quella che una volta veniva chiamata preda bellica. Le occupazioni dei paesi e delle città diventavano agli occhi degli invasori delle prede da conquistare e da spartire come nelle guerre dell'antichità. Valori(negativi) moderni e antichi si incontravano.
Inoltre, nella guerra civile si rilevò, purtroppo, anche la volontà dei Nordisti di punire gli Stati del Sud che si erano ribellati come la Carolina del Sud, oltre alle esigenze militari e psicologiche di fare terra bruciata. I risultati di tutto questo sono quelli che conosciamo. Nella guerra civile americana colpisce soprattutto il modo diverso, nel corso degli anni, di combattere, dalle prime battaglie in cui entrambi gli eserciti cercavano lo scontro risolutivo in campo aperto in perfetto stile napoleonico, alle conquiste delle città in territorio nemico con le relative devastazioni e le ripercussioni,morali e materiali, sui civili.
Uno storico italiano, Giampiero Carocci, ritiene che nella guerra civile americana nascerà quel gusto alla violenza che resterà una parte integrante del popolo americano. Vorrei continuare a citare le affermazioni dello storico Giampiero Carocci,sulla guerra civile americana, che mi hanno particolarmente colpito. A suo avviso, nella guerra civile, si ritrovano alcuni aspetti della mentalità americana presenti nell'Ottocento e oltre, quali una vitalità sconvolgente che, durante il conflitto, era stata produttrice di morte e un'attitudine alla violenza che era sfociata nella brutalità. Si ritiene, da parte del predetto storico, che questa violenza, scaturita dalla guerra civile, sia entrata nel modo di pensare del popolo americano. Più in concreto, si ritiene che la guerra civile abbia contributo a modellare i caratteri della nazione Americana dandole una consapevolezza in termini militari che prima non aveva, così come la consapevolezza che l'Unione era ormai indissolubile, indipendentemente dalla volontà dei singoli Stati.
A mio avviso, sarebbe interessante sapere quanto costò globalmente in termini di vite umane ( civili e militari) la Campagna mossa nel 1864, da Sherman negli Stati del Sud, rispetto alle immani perdite provocate da battaglie quali Antietam, Shiloh, Gettysburg, Cold Harbor, Wilderness.
Purtroppo, quando si combatte una guerra civile non credo che ci siano i santi tra i belligeranti. La guerra civile americana è piena di ombre e non si trovano solo tutte da una parte. La "furia bellicosa" di cui parla lo storico Schivelbusch si nota in entrambi i contendenti.
Se tentassimo di redigere un bilancio consuntivo di tutti gli episodi poco edificanti commessi durante la guerra, credo che sia il Nord che il Sud uscirebbero male.

20. L'assedio di Petersburg
Lincoln vinse facilmente la rielezione alla Presidenza Usa. Nel mese di dicembre, il gen. George Thomas, il cui esercito era stato con Sherman nella campagna di Atlanta, distrusse l'esercito del Tennessee a Nashville.
Grant, con l'assedio di Petersburg, continuò nella guerra di attrito che aveva iniziato da quando era stato nominato Generale in Capo.
Petersburg era un importante nodo ferroviario a sud-est di Richmond. Grant, non riuscendo a prendere Petersburg, costruì delle trincee dove rimarrà per molti mesi. Sembrò l'inizio della guerra di trincea della 1° guerra mondiale. La cosa importante per Grant è che l'esercito di Lee fosse impossibilitato a muoversi, non potesse andare in soccorso in altre zone e non potesse ricevere aiuti e che alla fine rimanesse a combattere da solo. Ci troviamo di fronte a strategie, forse discutibili, ma nuove, che alla lunga si riveleranno molto efficaci, purtroppo con altissimi costi di vite umane.
Il tunnel costruito dai minatori sotto le mura di Petersburg dimostrò il pragmatismo dei soldati dell'Unione, come la voglia di fare da soli, inventando nuove soluzioni, che avevamo già visto all'assedio di Vicksburg. Viene fuori quel mito della nuova civiltà americana, in cui crescono le capacità tecniche e la volontà di "fare da sé". I soldati di Grant sembrano molto diversi da quelli dei primi scontri avvenuti all'inizio della guerra.
La condotta militare di Grant era quella di logorare l'esercito di Lee con continui combattimenti. La strategia di Lee era quella di resistere a Grant, causandogli perdite continue per far desistere L'Unione a continuare la guerra. Il prof. Luraghi nella sua"Storia della guerra civile americana" sostiene che l'aggressività e la risolutezza mostrate da Grant impressionarono Lee; infatti, a causa della condotta di Grant, egli si mise sulla difensiva, cercando di coprire tutte le vie di accesso a Richmond.
Scrive Luraghi che "sin dalle prime mosse, la genialità dei due Comandanti apparve chiara". Grant comunque sapeva- scrive Luraghi- che le forze della Confederazione erano limitate, mentre lui poteva contare su un grande afflusso di uomini.
Ogni giorno, dicono le cronache dell'epoca, si vedeva il flusso di morti e di feriti che arrivavano a Washington, mentre truppe fresche andavano al fronte. Grant, d'altronde, non allentava mai la pressione, non si ritirava e continuava a combattere, sembravano passati secoli dal modo di condurre la guerra di McClellan, che cercava- come è stato scritto- di non "sciupare" i suoi soldati.
I messaggi di Grant di quel periodo sono tremendi, ne cito uno, mandato al Gen.Halleck in quel periodo: "Mi accorgo adesso, dopo trenta giorni di esperimento, che il nemico giudica di primaria importanza non correre rischi con le truppe che ora possiede. Agisce puramente sulla difensiva dietro ai ripari e attacca debolmente proprio davanti ad essi per potersi ritirare immediatamente qualora venga respinto. Senza un sacrificio di vite umane maggiore di quello che io sono disposto a fare, non si può realizzare tutto quello che io avevo progettato fuori della città".
Il massacro di soldati che stava avvenendo ebbe ripercussioni a Washington e produsse parecchie lamentele contro l'Amministrazione Lincoln per il modo di fare la guerra di Grant.
Lo stesso Lincoln manifestò le sue preoccupazioni in merito, ma gli diede comunque fiducia; infatti, disse ai detrattori di Grant medesimo:"non posso fare a meno di lui, combatte".
Alcuni storici ritengono che il periodo, luglio-agosto 1864, per L'Unione, sia stato quello più oscuro della guerra.
Nelle fasi successive della battaglia del Cratere, molti soldati neri dell'Unione furono uccisi dalle baionette dei Confederati anche dopo che si erano arresi - una violazione diretta delle regole di guerra prevalenti ( Lieber Code ). Allo stesso tempo, dei soldati neri furono uccisi a colpi di baionetta da soldati bianchi dell'Unione che temevano rappresaglie da parte delle truppe vittoriose della Confederazione.
In quel periodo, la guerra stava diventando sempre più cruenta e terribile da ambo le parti. Quello che è successo durante e dopo la battaglia del Cratere rimane una bruttissima pagina della guerra civile. Dopo la carneficina, i Confederati hanno sostenuto che le truppe nere dell'Unione USCT, si sono lanciate in battaglia al grido:" No quarter" per i ribelli, scatenando così la ritorsione dei soldati Confederati.
Su tale aspetto, nel film "Lincoln" di Steven Spieberg vi è una scena iniziale dove dei soldati neri dicono a Lincoln di non aver fatto prigionieri a seguito dell'analogo comportamento tenuto dai soldati Confederati nei loro confronti.
Lee terrà Petersburg fino a che le forze dell'Unione presero l'ultima delle sue cinque linee ferroviarie a Richmond a fine marzo. Ora Lee non aveva altra scelta che tentare un breakout disperato e provare a collegarsi con l'unico esercito confederato rimasto: quello del gen. Joe Johnston in North Carolina. Il suo percorso fu bloccato da due corpi di fanteria di Grant in un luogo chiamato Appomattox.
Come comandante di tutti gli eserciti dell'Unione Grant aveva preso praticamente tutte le decisioni strategiche, aveva emesso ogni giorno un numero incredibile di precisi ordini mentre sedeva alla sua scrivania di campo, fumando una catena infinita di sigari. Era stato un momento spettacolare di generalship, eseguito all'interno di una vasta area di operazioni, e con lo sfruttamento abile di nuove tecnologie che hanno reso possibile la "guerra moderna".
Nel corso del conflitto, lo storico Russell Weighley ha osservato saggiamente che Grant "aveva sviluppato una capacità altamente rara di superare le sorti di una battaglia e di padroneggiare il flusso di una serie di eventi, quasi al punto di rendere il risultato di ogni singola battaglia, la vittoria o anche la sconfitta, che servisse il suo eventuale scopo altrettanto bene. "
La difesa ad oltranza di Petersburg da parte dei Confederati si rivelò inutile, oltre che dannosa, per il Sud. L’armata della Virginia Settentrionale, secondo una parte della storiografia, era falcidiata dalle diserzioni, molti soldati tornarono a casa per aiutare le loro famiglie, martirizzate dalle truppe di Sherman. La penuria alimentare si faceva sentire, i rifornimenti non arrivavano alle truppe. Il Sud, nazione agricola, paradossalmente non aveva mezzi alimentari a sufficienza a sfamare i suoi soldati oltre che la popolazione civile. Da studi recenti effettuati in merito, sembra che in Georgia e nella Carolina del Sud i magazzini statali fossero pieni di vettovaglie e di divise nuove, ma data l’aperta ostilità dei governatori dei sopra citati Stati verso la politica centralista del presidente Davis, essi si rifiutarono di metterli a disposizione dei soldati di Lee, affamati e laceri, adducendo come scusa che tale materiale serviva alle milizie degli Stati per la difesa dei propri confini. Davis non riuscì ad arginare questo fenomeno che si rivelò distruttivo per la causa del Sud. I Sudisti ormai combattevano per la difesa della loro terra dall’aggressione Nordista, non certo per difendere la Confederazione che era rimasta un’entità astratta per la maggior parte dei meridionali.
Lee, nell’aprile del 1865, dovette ritirarsi da Petersburg, non essendo più in grado di resistere alla pressione dei Nordisti; l’idea era quella di congiungersi ad Ovest con le truppe del gen. Johnston. Con il ritiro da Petersburg, Richmond non poté essere difesa ulteriormente. Lee decise di testa sua, limitandosi a comunicare a Davis che la capitale doveva essere evacuata al più presto.
Non c'era più tempo, il governo Confederato doveva abbandonare la città anche al fine di poter assicurare la continuità dello Stato. La notizia ebbe un effetto bomba, la confusione nella capitale fu indescrivibile, il governo fece i preparativi per la partenza e in tale frangente si decise di bruciare tutto l’archivio della Confederazione, un danno enorme per la storia: con i documenti in questione si sarebbero comprese meglio le vicissitudini del periodo, perdita che negli anni successivi si rivelò dannosissima per gli studi storici. Anche i cittadini influenti volevano abbandonare la capitale, i treni furono stracolmi di gente che voleva allontanarsi da Richmond. Davis e i suoi ministri furono i primi, anche su suggerimento del gen. Lee, a lasciare la città. Richmond si ritrovò abbandonata a se stessa e fu presto saccheggiata dagli elementi facinorosi e violenti della città. L’effetto psicologico (negativo) formò la consapevolezza, per chi non l’avesse ancora capito, che si era arrivati alla resa dei conti.

21. La resa del Sud
Dopo un inverno passato nelle trincee, Petersburg era stata presa dai Nordisti. Come disse Grant, era arrivato il momento di chiudere la partita. Lee aveva continuato ad attaccare Grant, ma più per puntiglio che per convinzione; la sproporzione delle forze tra le truppe di Grant e quelle di Lee erano sbilanciate a favore del primo. Le forze di Lee erano esauste ed affamate. La manovra di Lee di ricongiungersi al gen. Johnston non ebbe seguito. Lee fu circondato dalle truppe di Grant nei pressi del villaggio di Appomattox. Questo villaggio sarà destinato a passare alla storia degli Usa.
Grant mandò a Lee le sue condizioni di resa, pregandolo di far cessare i combattimenti. Le condizioni di resa proposte da Grant si rivelarono molto onorevoli. Lee le accettò, era arrivata l’ora di arrendersi. Il grande generale Confederato rifiutò l’ipotesi di trasformare la guerra in guerriglia e si rifiutò di dare ordini in tal senso, nonostante detta idea fosse partita da Davis in persona.
Lee- egli disse- era troppo vecchio per darsi alla guerriglia e per quanto lo riguardava, si sarebbe arreso a Grant con la sua Armata. La guerra era finita- egli continuò- e gli uomini del Sud dovevano tornare ad essere dei buoni americani dediti alla ricostruzione del paese. L’avventura Confederata era stata una parentesi che si era definitivamente conclusa e la guerriglia non avrebbe fatto altro che arrecare nuovi lutti a tutto il popolo americano, con rappresaglie da parte dei Nordisti che sarebbero state conseguentemente molto crudeli e sanguinose.
La decisione di Lee di non darsi alla guerriglia fu molto saggia; dato il carisma e l’ascendente del generale, gli uomini posti sotto il suo comando si attennero agli ordini e ai suggerimenti del generale.
Va sottolineato il fatto che Lee si arrese a Grant senza consultare il governo Confederato, mandando al medesimo una semplice comunicazione in tal senso, insomma, facendo tutto da solo. In questo modo la parola fine alla guerra civile la misero i militari e non il governo civile confederato
Lo storico incontro tra Grant e Lee avvenne il 9 aprile del 1865, ad Appomattox Court House, in una casa che è diventata monumento nazionale. Su detto incontro si sono scritti, a ragione, fiumi di inchiostro. Il momento fu doloroso, epico e nell’insieme solenne. Il vecchio mondo, rappresentato dal generale all’antica (Lee) si incontrava con il nuovo mondo, rappresentato dal generale Grant. Il primo era lo sconfitto, il secondo era il vincitore.
Il prof. Luraghi, nella sua "Storia della guerra civile americana", ha lasciato scritte delle pagine epiche sull’incontro tra i due generali.
Pertanto, il contributo positivo di Grant alla guerra civile è continuato quando propose generose condizioni di resa al Gen. Lee ad Appomattox .Forse l'incontro tra i due generali non si è svolto nelle idilliache condizioni descritte dal prof. Luraghi, ma è certo che le condizioni di pace offerte da Grant a Lee furono oltre modo favorevoli per i soldati confederati.
La divisa di gala con la quale il gen.Lee si presentò all'incontro della resa di Appomattox in contrapposizione alla divisa ordinaria indossata da Grant con l'unico richiamo delle spalline di tenente-generale a testimoniare il suo grado, sono elementi di cui l'iconografia classica si è impadronita da subito tramandandola ai posteri; così come la frase probabilmente detta da Grant in quell'occasione: "la guerra è finita, i ribelli sono di nuovo nostri compatrioti". L'incontro tra i due combattenti- si racconta- fu svolto in un clima cordiale ma teso. I due generali parlarono dei loro ricordi comuni appartenenti alla ormai lontana guerra con il Messico, vissuta da giovani ufficiali appartenenti alla stessa bandiera dell'Unione; in quella guerra Lee si era già distinto quale giovane ufficiale del Genio tra i più promettenti dell'epoca, adesso l'ufficiale più importante era senz'altro Grant in quanto generale vittorioso che aveva costretto il valente e osannato Lee alla capitolazione. Poi le discussioni assunsero un tono più pragmatico in quanto riguardarono le condizioni di resa.
Nello spirito di conciliazione e di riappacificazione voluto dallo stesso presidente Lincoln, le condizioni di resa furono oltremodo favorevoli ed onorevoli per il Sud: i soldati confederati non sarebbero stati processati per tradimento e avrebbero potuto far ritorno alle loro abitazioni forniti dei viveri necessari. Gli ufficiali avrebbero tenuto le pistole e le loro sciabole d'ordinanza.
Forse Lee, che prima dell'incontro era visibilmente preoccupato dopo una guerra tanto sanguinosa e devastante, non si aspettava dal nemico vincitore tanta generosità, ma ciò rientrava nella concezione con il quale Grant aveva combattuto. Spietato nell'ottenere la vittoria, ma generoso verso quei soldati che a guerra finita considerava e aveva sempre considerato suoi fratelli.
Lee rimase molto soddisfatto del comportamento tenuto nell’occasione da Grant, infatti egli disse in proposito:”quest’uomo farà molto per riconciliare il popolo americano”. In effetti, Grant fu criticato per le condizioni generose e benevole offerte a Lee e ai Sudisti, ma Lincoln accettò e diede la sua approvazione all’operato di Grant, i due uomini si trovavano sulla stessa lunghezza d’onda.
La resa di Appomattox rimase un simbolo per tutti gli americani e i protagonisti dell’evento ne sono usciti a testa alta dimostrando ancora una volta, pur nella loro fierezza e dignità, quanto fosse stata assurda una guerra tra fratelli.
E’ indubbio che l’esempio migliore, per quanto concerne il Sud, lo diedero i militari capendo che era ora di farla finita, anche se, a mio avviso, lo capirono tardivamente. I politici del Sud, alcuni propensi a tradire la causa Confederata ormai persa, altri invece propensi a difendere ad oltranza uno Stato che non esisteva più o non era mai esistito, non fecero una bella figura. Sarebbe dovuto spettare ai predetti e soprattutto a Jefferson. Davis, e cioè a coloro che avevano voluto la secessione e lo scatenarsi della guerra, gestire la crisi finale, assumendosi le relative responsabilità.
Con la resa di Lee il conflitto ufficialmente ebbe termine; la tradizione storica, letteraria e cinematografica fa riferimento esclusivamente a tale resa per decretare la fine della guerra.
La guerra però non poteva finire per tutti nello stesso momento, dato che le Armate erano distaccate su un fronte molto vasto, con un governo Confederato latitante che non diede o non volle dare ordini precisi in tal senso. Il 26 aprile 1865, l’altra grande Armata comandata dal gen.Johnston si arrese al gen. Sherman; le condizioni poste da Sherman furono ancora più generose di quelle che Grant aveva posto a Lee; esse suscitarono un’ondata di proteste al Nord tali che furono modificate in senso peggiorativo per il Sud, tant’è vero che le condizioni di resa dovettero essere firmate un’altra volta. Il 26 maggio l’ultimo ad arrendersi fu il gen. Kirby-Smith, capo del Dipartimento della regione del Trans-Mississippi.
Richmond fu occupata dalle truppe Nordiste e Lincoln prese possesso della città, insediandosi nell’appartamento occupato in precedenza da Davis, accolto da una schiera di ex-schiavi festanti, egli era diventato il loro idolo.
Secondo le cronache dei contemporanei, il popolo del Sud accettò la resa con un senso di cupa rassegnazione, mista ad un senso di liberazione. Non esistevano più né alibi né scuse. La Confederazione si era sciolta come neve al sole e non verrà più tentata dal popolo meridionale un’avventura simile. Parte delle regioni del Sud erano state distrutte dalla guerra, adesso l’obiettivo primario era quello di ricostruire il paese su basi nuove e con una mentalità nuova. La schiavitù era finita per sempre, bisognava adattarsi ad una realtà che a molti Sudisti non sarebbe certo piaciuta, ma per chi non aveva mai posseduto schiavi forse sarebbe stato meno cruento adattarsi alle mutate situazioni. Il rapporto con gli ex schiavi liberati avrebbe presentato numerosi problemi sotto il profilo dell’uguaglianza razziale, ma il processo di liberazione degli stessi era diventato un fatto inevitabile grazie alla guerra civile.
Nelle sue " Personal Memories", Grant scrisse a proposito della fine della guerra:

"Venni condotto dove si trovava il gen Sheridan con le sue truppe lungo la linea confederata. I soldati erano eccitati e pensavano che la resa era tutta una finta per permettere ai Confederati di fuggire. Ma io non avevo dubbi sulla buona fede di Lee. La mattina quando avevo lasciato il campo non sapevo quello che sarebbe successo, ero vestito normale con una divisa blu con le mostrine del mio grado per dimostrare chi ero. Quando entrai nella stanza trovai il gen.Lee, ci salutammo e ci sedemmo. Non so quali fossero i sentimenti di Lee, i miei erano tristi e depressi [.....] Non potei provare alcuna esultanza di fronte alla caduta di un nemico che aveva combattuto così a lungo e così valorosamente e che aveva tanto sofferto per una causa, anche se quella causa fu, credo, una delle peggiori per cui un popolo abbia mai combattuto una per la quale non vi era alcuna scusa. Anche se non nego la sincerità dalla parte di quelli che avevamo di fronte. I generale Lee vestiva una fiammante alta uniforme con una spada di grande valore [....] Nel mio vestito d'ordinanza, l'uniforme da soldato semplice con le sole mostrine del grado di tenente generale, facevano uno strano contrasto con uomo così elegante come Lee, ma me ne resi conto solo in un momento successivo [...] ci mettemmo a conversare dei vecchi tempi passati sotto le armi e la conversazione fu così gradevole che quasi mi dimenticai del motivo del nostro incontro".

Bisogna aggiungere in merito alla resa di Appomattox - e al mito che si è tramandato nella storiografia e nella iconografia popolare - che uno storico di nuova generazione, William Marvel nel libro “Lee's Last Retreat: The Flight to Appomattox” contraddice la credenza popolare che l'Armata della Virginia Settentrionale di Robert E. Lee è stato sconfitta perché si trovava notevolmente in inferiorità numerica, poco attrezzata, e fuori forma, Marvel fornisce una diversa versione del momento della resa dell'esercito confederato. Concentrandosi sugli ultimi giorni della Confederazione nel mese di aprile del 1865, Marvel afferma che le opere del passato hanno dato troppo affidamento alle memorie dell'epoca che resero una diversa percezione del valore e della condotta di entrambi gli eserciti a scapito della verità storica.
Marvel sostiene che il celebre incontro ad Appomattox non si svolse come i contemporanei e le memorie dei presenti alla predetta resa come i generali Joshua Lawrence Chamberlain dell'Unione e John B. Gordon della Confederazione l'hanno descritto, romanzando i momenti salienti della resa. Secondo detto storico anch'esso deve considerarsi come un falso mito.
Marvel dice anche che, durante la settimana finale della guerra in Virginia, le truppe di Lee erano più numerose e di gran lunga meno fedeli alla loro causa di come è stato tramandato:

“Pochi eventi nella storia della Guerra Civile hanno generato come mito l'incontro ad Appomattox tra Grant e Lee. La fantasia popolare ha voluto che, laceri, affamati, i soldati devoti a Robert E. Lee si trovarono circondati irrimediabilmente non per colpa del loro amato comandante, che li si arrese piuttosto che sacrificare la loro vita. Vincitori e vinti si sono incontrati a Appomattox, e la saggezza convenzionale racconta di una cerimonia di resa caratterizzata da uno spirito di reciproco rispetto. Questo racconto è un tessuto di falsità scaturite dalla fantasia degli storici della Lost Cause e dai generali di ambo le parti che hanno contribuito alla fabbricazione della famosa leggenda popolare. E gli stessi scambi di saluti improntati al reciproco rispetto sono stati profondamente esagerati nella descrizione dei contemporanei”.

La versione di Marvel è che i saluti reciproci di cortesia scambiati tra i due eserciti non sono mai successi e che Gordon ha cercato disperatamente di violare le condizioni concordate per evitare di fare una resa pubblica.

“La percepita infallibilità di Lee ha costituito il più duraturo elemento del mito di Appomatox. La scusa offerta per il fallimento confederato ha preservato la sua immagine e quella della sua armata, e quell'immagine sopravvisse intatta per più di un secolo. La verità è che Lee commise almeno un errore fatale durante la sua ultima campagna, e i suoi subordinati furono colpevoli di errori ed omissioni per i quali un qualsiasi altro generale al comando sarebbe stato considerato responsabile".

Marvel dedica anche spazio notevole alla discussione perché Lee abbia fatalmente ritardato di un giorno intero la permanenza a Amelia Court House, permettendo a Grant di bloccarlo; la solita affermazione che Lee era in attesa dei rifornimenti viene respinta in favore di una spiegazione che il fallimento nell'erigere un necessario ponte di barche sul fiume Appomattox sia stato il motivo principale. Tutto questo è la riprova che i vecchi miti romantici su tale avvenimento sono difficili da accertare ma a volte preferiamo credere alla leggenda così come è stata tramandata.


La resa del generale Lee a Grant ad Appomattox nel 1865 in un dipinto di John Leon Gerome.
Virginia Historical Society

22. La cattura di Jefferson Davis
Davis dovette abbandonare la capitale Confederata, Richmond dopo il messaggio del gen.Lee che gli comunicava che non avrebbe potuto difenderla. Come abbiamo visto, subito dopo, Lee si arrese a Grant senza chiedere autorizzazione al riguardo a Davis. Successivamente, il gen.Johnston con la sua Armata, anche lui senza alcuna autorizzazione da parte di Davis, si arrese al gen. Sherman. L’unico che si ostinò a non capire che la guerra era ormai persa era il presidente.Davis. Sia i militari che i ministri del suo gabinetto non lo seguirono più nei suoi piani.
Con la presa di Richmond da parte delle truppe dell’Unione, la Confederazione, di fatto, cessò di esistere. La decisione di arrendersi fu presa dai militari, e questo aspetto la dice lunga sul potere effettivo che gli stessi avevano esercitato durante la guerra. La decisione di arrendersi,nonostante le rimostranze di Davis, si dimostrò una scelta giusta e doverosa ed evitò alla nazione americana altri lutti e sofferenze. Nell’ultimo periodo di guerra i Confederati avevano fatto numerosi errori, la difesa ad oltranza di Richmond non si rivelò una scelta felice. La linea difensiva strategica della Confederazione doveva essere arretrata molto tempo prima. Si era visto durante la guerra quanto fosse stato importante, a livello politico e mediatico, per entrambi gli schieramenti, la difesa delle due capitali, Washington e Richmond, ma ormai tale tesi alla fine della guerra, non reggeva più. Richmond fu tenuta oltre il dovuto e fu fatto per una motivazione ideologica: il morale della Confederazione sarebbe comunque crollato con la caduta della capitale qualche mese prima.
Nel momento che Richmond venne prima evacuata dalle truppe confederate e poi occupata dalle truppe dell’Unione,si capì che la guerra era finita e non c’era più niente da fare per la causa Sudista .L’unico che non l’aveva ancora compreso era appunto il presidente Confederato.
Davis conservava ancora delle speranze per il futuro della Confederazione pensando di spostare la guerra nella parte occidentale del paese. Quando abbandonò la capitale confederata di Richmond, portò con se un team di consulenti di fiducia, che in effetti poteva considerarsi come un governo in esilio. Davis ha tentato di farsi strada attraverso la Georgia e il Mississippi perché sicuramente voleva continuare la guerra con le forze dei generali Smith e Magruder. Ammesso che sulla carta detto piano potesse avere buone possibilità di riuscita, resta da vedere se, a causa dell'effetto domino, i militari confederati avrebbero continuato a combattere a seguito delle sue direttive. Nel caso lo avessero assecondato, i Nordisti avrebbero avuto la meglio e le uniche conseguenze sarebbero stati altri lutti e sofferenze per il paese.
Lincoln intanto era stato ucciso e a questo punto non sembrava che le correnti pacifiste esistenti al Nord avrebbero potuto prevalere.
L’idea di Davis era quella di formare un governo in esilio ed effettuare una linea difensiva ad occidente. Ad Est, invece Davis avrebbe voluto che i militari si sbandassero e si dessero alla guerriglia. Non accadde nulla di tutto ciò: i militari si dimostrarono più lungimiranti dei politici e si rifiutarono di eseguire i loro ordini e misero in atto quello che aveva detto il gen.Lee ai suoi soldati al momento della resa, e cioè di ritornare alle proprie case ed impegnarsi nella ricostruzione del paese. Lo stesso gen. Johnston non vedeva l’ora di arrendersi e per quest’ultimo aspetto alcuni commentatori parleranno addirittura di tradimento della causa Confederata, ma quest’ultima ipotesi non è stata suffragata da prove certe. La popolazione meridionale non dimostrò alcuna intenzione di scatenare una guerriglia dopo tutte le devastazioni e sofferenze che avevano subito.
Ma la caparbietà di Davis non aveva confini, quello che tutti al Sud avevano compreso e cioè che la guerra era finita, lui ancora non l’aveva capito. Egli si trasferì a Danville in Georgia con i pochi Ministri che gli erano rimasti, per cercare di formare una parvenza di governo Confederato in esilio. Davis, giunto a Danville, emanò il famoso proclama che invitava a perseverare nella lotta contro l'invasore, con un implicito accenno alla guerriglia. Questo proclama, secondo lo storico W.C.Davis, potè raggiungere ben pochi soldati confederati. Il governo confederato venne sciolto solo il 4 Maggio, in un villaggio della Georgia, compreso tra i fiumi Savannah e Ogeechee; Davis lo considerava uno scioglimento solo temporaneo, in attesa di poterlo riconvocare nel Trans Mississippi. La cavalleria federale però gli stava addosso e Davis dovette fuggire anche da lì. Alla fine rimase solo con la moglie. Per evitare la cattura, si disse che si era travestito da donna, ma venne riconosciuto dai Nordisti per via degli stivali che indossava. Su questo episodio, che però molti storici ritengono falso- al momento della cattura Davis si mise solo uno scialle di proprietà della moglie- nel Nord iniziò una campagna denigratoria nei suoi confronti, fatta di vignette satiriche e di canzoni irriverenti. Per denigrare Davis venne scritta anche una canzone sul presunto travestimento in abiti femminili:"Jeff in Petticoats”. Certo l’uomo Davis , per le capacità morali e per il coraggio personale, qualità che aveva sempre dimostrato di possedere, non meritava un trattamento del genere; ma bisogna cercare di capire anche la situazione di odio e di livore che esisteva al Nord nei suoi confronti. Il presidente Lincoln era stato da poco assassinato, gli animi erano esacerbati dopo 4 anni di guerra sanguinosa, era inevitabile che se la prendessero con Davis. Tornando al piano di Davis di effettuare un’ulteriore resistenza ad ovest ,si può tranquillamente affermare che era completamente irreale.
Ammesso che il presidente Davis fosse riuscito a raggiungere il territorio occidentale del paese,come si poteva pensare che il gen.Kirby Smith che aveva svolto per molto tempo solo compiti gestionali-amministrativi come capo del Dipartimento del Trans-Mississippi poteva validamente opporsi alle Armate dell'Unione comandate da generali ormai collaudati sul campo di battaglia quali Grant, Sherman o Thomas?
I comandanti delle Armate Confederate si sono arresi di loro iniziativa, uno dopo l'altro, senza un ordine preciso impartito in tal senso dal governo Confederato. L'ultima parola l'hanno detta loro e di fatto tale comportamento ha significato la fine della Confederazione. I soldati, di conseguenza, non hanno fatto che seguire gli ordini impartiti dai loro Comandanti a seguito delle rispettive firme di resa.
I generali confederati diedero prova di grande maturità non dando seguito alle richieste del pres.Davis, in quanto essi proprio perché militari erano molto più consapevoli di quanto fosse costato in termini di vite umane e di sofferenze condurre tale guerra. Lee e Johnston si sono dimostrati dei grandi uomini e dei grandi militari anche in occasione della fine della guerra stessa. Il peso predominante che hanno avuto nella scelta del momento di arrendersi, non assecondando i piani surreali di Davis, sta anche a significare un altro aspetto di carattere generale e complessivo che coinvolge la scelta iniziale di secedere dall’Unione ed entrare in guerra. Gli ufficiali Confederati quali Lee ed altri, sin dall’inizio avevano visto a malincuore la secessione degli Stati meridionali dall’Unione. Poi la decisione di difendere il proprio Stato ha preso il sopravvento su di essi. Hanno combattuto valorosamente finché ne hanno avuto la possibilità, ma quando hanno compreso di essere stati battuti dalle forze dell’Unione hanno avuto il coraggio civile di chiudere con la guerra, mettendo la parola “fine”.

23. La fine della Confederazione
Con la resa delle sue Armate, la Confederazione, intesa come nazione a se stante, di fatto e di diritto, cessò di ogni funzione. Con la cattura di Davis l’entità politica finì di esistere definitivamente. Fu una morte rapida e silenziosa, accettata dalla popolazione meridionale con passività e questo assunto, secondo alcuni storici, testimonia che la Confederazione aveva fatto fatica a porsi come realtà statale agli occhi di tutti e non riuscì mai a porsi come entità nazionale autonoma e indipendente.
La classe dirigente meridionale, a mio avviso, non tentò di costruire una nuova nazione: la Confederazione rimase sempre divisa nei suoi singoli Stati, gelosi delle loro prerogative e autonomie e molti non avevano creduto, a livello inconscio, che detta nazione potesse esistere e decollare. La difesa della propria indipendenza funzionò come una specie di ricatto per il Nord, ma forse, nel Sud, nessuno in fondo al loro cuore la voleva realmente. La Confederazione si era retta sulla forza delle armi e in speciale modo per la tenacia e il carisma del gen. Lee. Con la resa ad Appomattox da parte di Lee, la guerra si poteva considerare finita, tant’è vero che detta resa è rappresentata su tutti i manuali di storia sull’argomento come la fine della guerra, anche se, come abbiamo scritto in precedenza, le altre Armate Sudiste si arresero dopo. Secondo parte della storiografia, nella popolazione meridionale l’entusiasmo iniziale era andato scemando durante la guerra, fino a scomparire quasi del tutto. Il Sud accettò la resa con rassegnazione e forse anche con liberazione, l’incubo era finito. Il paese era devastato e non ci fu, finita la guerra, alcuna forma di resistenza popolare o di aperta rivolta contro i militari Nordisti che occupavano il Sud.
L’unica forma di resistenza che il Sud armò fu quando i militari cercarono di imporre con la forza l’uguaglianza civile e politica dei neri nei confronti dei bianchi. Contro l’uguaglianza razziale nacque una resistenza capillare e clandestina che ebbe l’appoggio di parte della popolazione Sudista, il cui fenomeno più riprovevole fu la nascita e la proliferazione del movimento clandestino chiamato Klu-Klux-Klan. Sull’aspetto della disuguaglianza razziale furono tutti compatti nel vanificare i riconoscimenti politici a favore dei neri che il Nord inizialmente voleva imporre al Sud. Sul problema dell’uguaglianza razziale il Sud ebbe partita vinta perché il Nord, una volta finita l’occupazione militare, si trovò concorde con il Sud nel respingere e non riconoscere i diritti politici dei neri.
Nel Sud si mantenne vivo, nel tempo, un orgoglio Confederato fatto di simboli e bandiere e di rievocazioni a ricordo dei loro comandanti che divennero dei miti per l’immaginario collettivo e dei veri e propri oggetti di culto. Rimase però un fattore tipicamente regionale e a nessuno venne più in mente di combattere per proclamare di nuovo l’indipendenza. Per quanto concerne il trattamento inflitto a chi aveva combattuto e militato nella Confederazione, esso fu assai mite e non affatto persecutorio. A volte, bisogna dimenticare il passato e cercare di darsi da fare per ricostruire una nazione come quella americana, uscita dilaniata dalla guerra civile. D'altronde dalle biografie dei generali. Confederati, in merito al loro comportamento tenuto nel dopo-guerra, emerge che quasi tutti hanno cercato di ritagliarsi un loro spazio nella vita civile degli Usa, alcuni intraprendendo pure brillanti carriere, senza subire impedimenti di sorta da parte dell'Unione. I grandi protagonisti ex-Confederati si sono tutti, ad eccezione del Presidente Davis, reinseriti nella vita civile dei loro Stati. Il Nord, vincitore della guerra, non gli ha, di fatto, perseguitati. Hanno scritto liberamente le loro memorie di guerra, polemizzando a volte tra loro. Alcuni hanno anche combattuto nella guerra, di fine secolo, contro la Spagna nelle file dell'Unione o hanno occupato posti politici di rilievo nei loro Stati. In altri paesi dilaniati da guerre civili, questo non è successo, la repressione è stata in alcuni casi estremamente violenta e sanguinaria.
Jefferson Davis fu l’unico ad essere trattato duramente a seguito anche dell’ondata emotiva che si produsse nella nazione a causa dell’assassinio di Lincoln. Venne tenuto prigioniero per due anni a Fort Monroe in attesa di essere giudicato. Processo che in realtà non si tenne mai perché le accuse mosse nei suoi confronti non avevano fondamento. Non venne provata una sua partecipazione all’assassinio di Lincoln e l’accusa di alto tradimento venne meno in quanto Davis era stato un presidente legittimamente eletto. Gli animi si calmarono col tempo e Davis fu rilasciato su cauzione di cui si fece garante il famoso giornalista Horace Greely, fervente Unionista ma uomo di gran cuore che si adoperò per farlo rilasciare. Davis espatriò in Canada poi tornò negli Usa dove scrisse le sue memorie e morì in tarda età. Le posizioni assunte nel Sud, dopo la guerra, nei suoi confronti furono discordanti: per alcuni fu oggetto anche lui di culto, da altri fu oggetto di attacchi discriminatori: come abbiamo visto in precedenza, gli vennero rimproverate scelte infelici, cattiva conduzione strategica della guerra, cattiva politica economica, estrema rigidezza di carattere e mancanza di duttilità. Il gen.Lee si ritirò a vita privata diventando Preside di un collegio Universitario della Virginia.
L’Unione, come accennato in precedenza, si dimostrò magnanima nei confronti di chi si era ribellato e aveva combattuto contro di essa, concedendo l’amnistia e il perdono; provvedimenti voluti dal neo presidente Johnson, subentrato a Lincoln dopo la sua morte. Nel maggio del 1865 vennero reintegrati nei diritti civili chi avesse giurato fedeltà all’Unione e nell’estate del predetto anno furono più di 500.000 gli ex Confederati che avevano giurato e poterono usufruire del diritto di voto. Vennero esclusi dall’amnistia alcune categorie: si trattò di personalità che avevano avuto posizioni di rilievo nella Confederazione: gli alti funzionari, i governatori degli Stati secessionisti, gli ufficiali dal grado di colonnello in su, i diplomati di West Point e di Annapolis, gli ufficiali di carriera che avevano combattuto contro l’Unione, i giudici federali passati alla Confederazione, politici che avevano votato la secessione e infine i grandi piantatori meridionali. Gli appartenenti a queste categorie,15.000 in tutto, dovettero chiedere “il perdono” individuale al presidente Usa per poter essere integrati nei loro diritti politici. Un anno dopo, nel 1866, erano pochissimi quelli che non avevano chiesto il perdono. L’unico Confederato che venne processato e impiccato fu il maggiore Henry Wirz, comandante della famigerata prigione confederata di Andersonville. Il vice presidente della Confederazione A.Stephens stette pochi mesi in carcere, poi fu rilasciato e si dedicò alla vita politica per diventare anni dopo senatore, eletto nel proprio Stato. Anche il gen.Lee fece domanda per il perdono ma non ne ebbe risposta, pare che la sua domanda finisse dimenticata in una scrivania. Nel 1975 il presidente Gerald Ford proclamò un perdono postumo nei suoi confronti.
Le condizioni poste dai Nordisti furono molto generose se le paragoniamo ai processi e alle esecuzioni sommarie degli avversari politici che la storia ci ha abituato a vedere al termine delle guerre civili, quali in Spagna nel 1939 e anche in Italia nel 1945. A parte Davis che, come è noto, venne rilasciato dopo 2 anni di prigione, gli uomini politici e i generali Confederati non vennero toccati, tornarono alla vita civile, ricoprendo cariche politiche importanti; molti ufficiali vennero riammessi nell’esercito dell’Unione, combattendo nella guerra ispano-americana di fine 800. Anzi, tale guerra rappresentò la fusione di soldati provenienti dal Nord e dal Sud, i quali combatterono insieme contro un nemico comune, rappresentando in tal modo una sorta di riappacificazione tra militari dei due ex diversi schieramenti, dopo le lacerazioni prodotte dalla guerra civile.
La mancata persecuzione degli alti generali Confederati fu indubbiamente una grande prova di civiltà fornita dai vincitori e andrebbe inquadrata in tutta la problematica concernente “La Ricostruzione del Sud” che verrà affrontata nell'Appendice, periodo che molti storici, a torto o a ragione, ritengono sia stato molto gravoso per il Sud; sta a dimostrare lo spirito di riconciliazione nazionale che il Nord ha cercato di perseguire nei confronti di chi aveva combattuto contro l’Unione; non ci sono state esecuzioni sommarie, non sono stati fatti processi politici con il finale già scontato. Chi è fuggito in esilio (il gen. Early) è tornato indisturbato negli Usa dopo breve tempo.
Tale liberalità ha permesso anche ai personaggi di spicco tra i Confederati di scrivere, senza censure di sorta, i loro resoconti, su avvenimenti e battaglie, estremamente controversi, contribuendo, già a ridosso della conclusione della guerra, a formare copioso materiale che è stato oggetto di studio da parte degli storici. Gli scritti dei politici e degli ex generali Confederati, apparsi anche nei giornali del tempo, hanno prodotto un dibattito ricco e variegato a volte polemico, sia tra loro che con i generali Nordisti, che rimane una testimonianza preziosa ed un “unicum” nel suo genere, non certo paragonabile alle realtà degli altri paesi che hanno vissuto esperienze analoghe, nei quali una tale liberalità di scritti “super partes” non è stata certo permessa.

24. Periodo post guerra civile di Grant
Nel 1866 la nazione riconoscente conferì a Grant il grado di Generale dell'Esercito degli Stati Uniti, primo generale a "quattro stelle".
Tralasciando il periodo di Grant come 18° presidente degli Stati Uniti, nomina dovuta essenzialmente al suo ruolo di vincitore della guerra civile, incarico nel quale Grant non brillò, essendo il periodo della sua amministrazione funestato da scandali finanziari dei quali però egli non venne ritenuto personalmente responsabile. D'altronde, Grant aveva il difetto, già sperimentato durante la guerra civile, di dare incarichi di fiducia a suoi amici d'infanzia o ai suoi conterranei: in guerra ebbe fortuna nella scelta dei suoi collaboratori, durante la Presidenza evidentemente no. Comunque, gli storici moderni, in parte, stanno rivalutando il periodo della sua Presidenza specialmente per il suo impegno nel campo dei diritti civili e nella politica estera.
Poi, dopo la Presidenza, successe la tragedia. Grant aveva investito i suoi risparmi di una vita tramite un speculatore senza scrupoli di nome Ferdinand Ward. Nel 1884, Ward era in carcere per frode, e Grant accumulò un debito di $ 150.000. Nel mese di ottobre dello stesso anno, Grant scoprì di avere un cancro incurabile alla gola. Per pagare i debiti e provvedere alla sua amata moglie, Julia, e alla sua famiglia, egli iniziò a comporre le sue Memorie. Grant scrisse, con indomabile volontà, 275.000 parole in 10 mesi, perseguitato da un dolore crescente e dalla stanchezza.
Nonostante la sua condizione, Grant scrisse ad un ritmo incredibile, a volte finendo da 25 a 50 pagine al giorno. Nel giugno del 1885, con il cancro diffuso su tutto il suo corpo, la famiglia si trasferì a Mount MacGregor, New York, per rendere più confortevole la sua permanenza. Grant stava appoggiato su una sedia ed era troppo debole per camminare, voleva finire il libro prima che lo cogliesse la morte, apposta lavorò alacremente. Durante la lavorazione del libro, amici, ammiratori e anche qualche ex avversario confederato andarono a trovarlo per porgere i loro rispetti. Grant finì il manoscritto il 18 luglio e morì cinque giorni dopo. Una volta pubblicato, il libro ha ricevuto il plauso della critica. Le memorie sono diventate rapidamente un best seller.
Le memorie sono divise in due volumi. L'autobiografia è stata molto apprezzata dal pubblico in generale, dagli storici militari e dai critici letterari. L'attenzione è spesso diretta verso la prosa di Grant, che è stato elogiato per la sua concisione e chiarezza, in netto contrasto con altre memorie di guerra civile, che tendevano a riflettere la predilezione vittoriana per il linguaggio elaborato e talvolta esagerato. Le memorie riguardano tutta la carriera militare di Grant, dal suo ingresso a West Point, la guerra messicana e tutto il periodo della guerra civile che rimane, nel piano dell'opera, la parte più importante e fondamentale, opera permeata dalla sua modestia che a volte lo portò a sottovalutare i suoi successi.
Non è esagerato dire che le "Personal Memories of Ulysses S. Grant" è una grande opera letteraria. La prosa è vigorosa e chiara, e il testo è costellato di intuizioni taglienti e di una non piccola quantità di umorismo. I suoi giudizi su gli ex avversari e compagni d'armi sono ritenuti, dai più, imparziali. Il libro, pubblicato dal suo amico Mark Twain, ha guadagnato almeno $ 450.000, l'equivalente di circa $ 12 milioni di oggi.
Poche opere di personaggi famosi hanno raccolto un così ampio plauso. Il grande critico letterario Edmund Wilson, notoriamente avaro di lodi, ha chiamato il libro di Grant "la più notevole opera del suo genere pari ai Commentari di Giulio Cesare." John Keegan, lo storico militare inglese descrive il libro come " forse l'autobiografia più rivelatrice di un alto comando militare". Se vi è un documento che spiega "il motivo per cui il Nord ha vinto la Guerra Civile"- scrive Keegan- si tratta delle memorie personali di Ulysses S. Grant ". Le personal Memories furono definite anche da Mark Twain "il lavoro più pregevole nel suo genere dai tempi dei Commentari di Giulio Cesare". La prosa descrittiva di Grant che rifulge nelle sue "Memorie" dimostra le qualità letterarie del medesimo, la stessa prosa che egli usò nel redigere le lettere che inviava a Lincoln, chiare ed incisive che hanno anch'esse contribuito a creare una straordinaria empatia tra Presidente e comandante in capo.
La stessa chiarezza letteraria che Grant dimostrò, come abbiamo scritto in precedenza, nel redigere gli ordini ai suoi subordinati, che non ammettevano diverse interpretazioni da parte dei medesimi, ordini che risultavano già chiari e precisi sin dalla prima lettura senza che ne occorresse una seconda. Possiamo affermare senza ombra di dubbio che Grant, stanco, anziano e malato di un cancro terminale abbia vinto la sua ultima battaglia redigendo le sue Memorie in condizioni così critiche e disagiate.


Grant nell'immediato dopoguerra.
Library of the Congress

25. Le Strategie militari di Grant
Ampiamente visto, da parte di alcuni storici, come il padre della moderna guerra americana e il suo comandante più formidabile, Ulysses S. Grant, per la storiografia, rimane un enigma e un mistero a più di 150 anni dopo che i cannoni della guerra civile tacquero.
Più di 200 biografie su Grant sono state pubblicate dopo la sua morte nel 1885, tra cui due grandi biografie scientifiche recenti e molte altre opere dal 2000. Praticamente ogni mese, un libro importante sulla guerra civile viene pubblicato e la maggior parte di detti libri fanno almeno un modesto tentativo di raccontare qualcosa su il più famoso uomo di Point Pleasant, Ohio.
Gli storici sono stati sempre in disaccordo su come valutare le capacità militari di Grant. Grant ha pagato lo scotto, causato dai seguaci della corrente della "Lost Cause" (corrente storiografica di matrice filo-sudista, nata dopo la fine della guerra, che tiene ancor oggi in Usa un peso considerevole) che ha sempre glorificato il gen.Lee a scapito di Grant, dipinto dai medesimi come "The Butcher", un generale che ha mandato al macello i suoi soldati e ha sopraffatto il "coraggioso" esercito del Sud con il solo l'ausilio del numero soverchiante di soldati. Insomma, un uomo d'azione brutale e non di idee.
Alcuni storici moderni, comunque, ritengono che le perdite in battaglia, riportate da Grant, siano state gonfiate nel dopo-guerra.
Si è seguita una costante opera di disconoscimento nei confronti dell'operato di Grant da parte di alcuni storici quando invece il medesimo, per altri storici, è stato un grande soldato.
A proposito del gen. Grant definito "macellaio" perché sprecava i suoi uomini in battaglia senza riguardo alle perdite subite, secondo lo storico Ciryl Falls, citato dal prof.Luraghi, nel suo libro “La guerra civile americana”, tale tesi non trova fondamento negli studi di tattica e non è completamente confermata dagli elenchi delle perdite. Va detto però che altre battaglie così sanguinose come quelle della guerra civile non si sarebbero combattute, nel futuro, per molti anni.
Il predetto storico ha effettuato una stima, in percentuale, di morti e feriti rispetto agli uomini impegnati nelle battaglie della guerra civile. Le percentuali sono stimate dal 21% al 27%. Per la battaglia di Shiloh le percentuali, sia pur discusse, ammontano circa al 17%. Se le compariamo con le battaglie Napoleoniche, la percentuale è del 33% per Eylau, 30% per Rivoli e il 28% per Borodino.
Falls sostiene che l'elenco complessivo delle perdite nella guerra civile americana risulta molto lungo perché si combatterono numerose battaglie con grandi eserciti.
Lo storico Gordon C.Rhea ha scoperto, nel corso dei suoi studi, che il numero dei morti, da parte Nordista, nella Campagna di Cold Harbor siano stati ampiamente gonfiati e quindi le critiche mosse al gen.Grant, per dette perdite, siano esagerate e siano state mosse da parte degli storici di matrice Sudista. Rhea dice che l'immagine di Grant che volutamente manda al macello i suoi uomini non corrisponde al vero. Cito quanto scritto su Grant dallo storico Gordon Rhea: "Grant was no “butcher,” that he was a talented military strategist, and that he did not win the war simply by utilizing overwhelming numbers".
Rhea sostiene che circa 3.500 uomini siano stati uccisi o feriti in un'ora di battaglia a Cold Harbor, mentre il gen. Lee perse molti più uomini a Chancellorsville ed a Gettysburg. Va dato atto allo storico Gordon C.Rhea di non essere d'accordo con la teoria che contrappone Grant e Lee come "Butcher contro Master", propagandata dai sostenitori della "Lost Cause". Con i suoi libri sulla Campagna della Wilderness e sul resto della campagna della Virginia del 1864, Rhea ha dimostrato che Grant non era quel mostro sanguinario disposto a far uccidere più soldati possibile, come è stato dipinto dai sostenitori della sopra citata Lost Cause. Lo storico sostiene che anche Lee ha fatto degli errori durante la campagna in questione anche se il piano di Lee nella foresta della Wilderness ha funzionato bene. Il fatto principale però rimane quello che Grant, a differenza dei suoi predecessori, non si ritirava ma andava avanti.
Parte degli storici ritengono che Grant possa essere considerato uno dei primi generali del mondo moderno: è stato, per la sua natura, un innovatore ed è cresciuto come Comandante durante i tre anni trascorsi in Occidente.
Nella Campagna della Wilderness, Grant si trovò di fronte a Robert E. Lee, comandante dell'Armata del Nord Virginia, per la prima volta. I due eserciti furono impegnati in una pesante, disperata lotta, con gravi perdite su entrambi gli schieramenti (17.000 per l'Unione, 11.000 per i Confederati).
La battaglia può essere considerata a livello tattico come una situazione di stallo, ma una vittoria strategica per L'Unione. Grant aveva assunto il controllo della iniziativa strategica. Sta di fatto che Grant è stato in grado di cogliere e mantenere l'iniziativa, costringendo Lee a combattere una serie di battaglie difensive.
Lee è stato costretto a combattere una guerra difensiva da un avversario tenace come Grant e non ha avuto la possibilità di lanciare una vasta offensiva, contrattaccando. Pur infliggendo terribili perdite ai Nordisti, i Confederati non erano in grado di ottenere una vittoria decisiva per fermare l'esercito dell'Unione.
Grant è riuscito a mettere in pratica tutti i postulati della guerra moderna. L'utilizzo dell'esercito e della Marina Militare in un'ottica inter-forze. L'utilizzo della guerra di attrito e di logoramento. L'utilizzo della guerra di movimento, senza avvalersi delle basi di rifornimento. Grant possedeva vedute chiare e una capacità strategica di chiudere il nemico in una morsa che risultarono vincenti; capacità di scelte oculate e lungimiranti dei propri collaboratori di cui aveva assoluta fiducia e capacità di dare disposizioni ai suoi collaboratori scritte in un modo così lineare che si capivano immediatamente ad una prima lettura. Distruzione del materiale bellico e non, del nemico, ma senza che si calpestasse arbitrariamente la legalità, compiendo delitti contro le persone. Grande combattente, munito di una tale determinazione che lo portò a non arretrare mai e a continuare a combattere e rispettoso dei pregi e delle capacità dell'esercito Sudista e dei suoi Comandanti. E, alla fine della guerra, magnanimo e cavalleresco con i vinti. Anche se per alcuni, tali caratteristiche di combattimento possono essere discutibili, bisogna ricordare che è la guerra, in quanto tale, ad essere crudele.
Una delle accuse più frequenti che viene mossa a Grant è quella di aver provocato la morte di molti dei suoi uomini, in particolare nella battaglia di Cold Harbor. Ma Grant sapeva che la sua persistenza nel combattimento si sarebbe rivelata vincente per salvare più vite umane, alla fine, ponendo termine alla guerra. Non dimentichiamoci che, durante la guerra civile, per ogni soldato ucciso in battaglia, due soldati sono morti di malattia. Grant, come generale in capo, ha iniziato un nuovo modo di comandare: invece di agire in modo indipendente nei teatri di operazione occidentali e orientali con battaglie individuali che dovevano decidere l'esito delle campagne, Grant ha coordinato gli eserciti dell'Unione coinvolgendo il nemico in più punti importanti, in modo simultaneo e in continuazione. Le offensive degli eserciti dell'Unione in diverse regioni sono state reciprocamente interdipendenti per ottenere l'ultimo successo di Grant.
Gli Eserciti, piuttosto che le città, erano diventati i suoi principali obiettivi. Le Armate Confederate dovevano essere decisamente sconfitte quando era possibile, ma se ciò non poteva essere realizzato, il costante attrito aiutava a mantenere l'iniziativa strategica e a prevenire altre iniziative da parte del nemico. Grant ha coordinato gli eserciti dell'Unione contro tutta la Confederazione. A differenza dei generali che hanno esercitato il comando in capo prima di lui, Grant ha avuto una singolare capacità di cogliere i rapporti tra guerra e politica, applicandola alla sua strategia militare e può essere considerato uno dei primi generali del mondo moderno. Grant è stato, per la sua natura, un innovatore ed è cresciuto come Comandante durante i tre anni trascorsi in Occidente.
Nella Campagna della Wilderness, Grant si trovò di fronte a Robert E. Lee, comandante dell'Armata del Nord Virginia. I due eserciti furono impegnati in una pesante e disperata lotta, con gravi perdite su entrambi gli schieramenti (17.000 per l'Unione, 11.000 per i Confederati).
La battaglia può essere considerata a livello tattico come una situazione di stallo, ma una vittoria strategica per L'Unione. Grant aveva assunto il controllo della iniziativa strategica. Sta di fatto che Grant è stato in grado di cogliere e mantenere l'iniziativa, costringendo Lee a combattere una serie di battaglie difensive.
In questo modo, Lee è stato costretto a combattere una guerra difensiva da un avversario tenace come Grant e non ha avuto la possibilità di lanciare una vasta offensiva, contrattaccando.
Pur infliggendo terribili perdite ai loro nemici, i Confederati non erano in grado di ottenere una vittoria decisiva per fermare l'esercito dell'Unione.
Non scordiamoci, comunque, che Grant non era un generale "politico" nel senso che non aveva ambizioni o mire politiche come il gen. McClellan, invece era un ufficiale che si atteneva alle direttive del governo civile e perciò teneva in gran conto il rapporto che doveva intercorrere tra la politica e la conduzione della guerra.
Grant è giustamente famoso anche per le sue frasi che riassumono il suo pensiero e il suo modo di fare:

"Oh, I am heartily tired of hearing about what Lee is going to do. Some of you always seem to think he is suddenly going to turn a double somersault, and land in our rear and on both of our flanks at the same time. Go back to your command, and try to think what are we going to do ourselves, instead of what Lee is going to do."

Un eccesso di rabbia assaliva Grant quando gli venivano ripetutamente ricordate le capacità tattiche di Lee o meglio "i suoi poteri divinatori".
Credo che sia molto valido quello che ha scritto su Grant lo storico e militare J.F.C. Fuller , nel suo libro, "The Generalship of Ulysses Grant", che rimane un testo fondamentale: "an analysis of one of America's greatest soldiers which refutes the notion that Grant relied only on brute force to achieve his victories, demonstrating instead the mastery of mobility, surprise, judgement, and strategic co-ordination that made Grant the premier Civil War general".
Come scrive lo storico John Keegan, quando l'esercito dell'Unione penetrò negli Stati meridionali, la guerra doveva ottenere la sottomissione totale del Sud e quindi l'esercito dovette usare ogni mezzo per indebolire il nemico, distruggendo non soltanto i suoi eserciti ma anche l'economia di sussistenza del popolo confederato. Anche se Grant riteneva che la violenza doveva essere giusta e contenuta nei limiti della legalità, si doveva far di tutto per far desistere il nemico. Sherman, dove passava, distruggeva tutto il possibile per demoralizzare la popolazione meridionale al fine di stroncare ogni velleità di resistenza, ma anche Grant non esitava a demolire le infrastrutture del Sud, sia pur cercando di mantenere un minimo di legalità salvaguardando le vite umane.
Come ha scritto lo storico Jean Edward Smith nel suo libro “Grant”: "His systematic deployment of overwhelming force not only led to victory in 1865, but established the strategic doctrine that became the basis for American triumphs in two world wars and more recently in the Persian Gulf".

26. Grant vs Lee secondo la storiografia antica e moderna
Alla luce di quanto abbiamo scritto in merito alla carriera di Grant, appare utile fornire alcuni spunti dottrinari su come il predetto generale è stato visto dai contemporanei e come viene attualmente visto in tempi recenti in contrapposizione con il suo principale antagonista il gen. Robert E. Lee.
Al momento della sua morte, Ulysses S. Grant era la persona più famosa in America, considerata dalla maggior parte dei cittadini uguale di statura a George Washington e Abraham Lincoln. Eppure oggi i suoi monumenti sono raramente visitati, la sua reputazione militare è oscurata da quella di Robert E. Lee, e il ranking della sua Presidenza è situato in una posizione molto bassa nella classifica di gradimento dei presidenti americani.
Grant era diventato l'incarnazione della nazione americana nei decennio dopo la guerra civile ed era considerato il simbolo della vittoria dell'Unione. Entro il 1880, dopo il fallimento della ricostruzione, i miti dominanti dell'Unione sulla guerra civile hanno lasciato il posto a una visione estremamente romanzata del Sud sconfitto che ha sottolineato il ricordo sentimentale dell'onore e del coraggio di entrambe le parti combattenti nel conflitto e nobilitato la "causa persa”.  Durante questa trasformazione sociale, l'immagine pubblica di Grant è cambiata e dal 1920, la sua fama discese nella reputazione della maggior parte degli americani i quali anche in epoca attuale non sono consapevoli di come Grant fosse stato altamente considerato nel primo dopo guerra.
Alcuni potenti miti, rappresentati dal libro e rispettivo film "Via col vento", hanno mostrato degli schiavi felici e contenti, trattati bene dai loro padroni ( senza parlare del doppiaggio italiano, terrificante del film “Via col Vento”, dove i neri parlano con i verbi senza coniugarli), affabili aristocratici cultori delle belle maniere, persone gentili e raffinate, gettate nella brutalità della guerra da parte di coloro che invece rappresentavano la ”feccia” dell'Unione. Il libro, il film, e la cultura popolare si legarono, tutti insieme, al concetto di un mondo ideale esistente negli Stati del Sud fatto di belle maniere, divenuto incivile attraverso la "guerra di aggressione del Nord”. Un obiettivo importante di questa rivisitazione della guerra civile è stato Ulysses S. Grant; il generale che aveva conquistato il Sud doveva essere diminuito e demonizzato di fronte all'opinione pubblica americana. Robert E. Lee, che ha perso tutte le battaglie combattute al di fuori della sua nativa Virginia, invece è divenuto l'icona del Sud, idolatrato e venerato come il generale di indubbie qualità tattiche, il perfetto gentiluomo del Sud, sconfitto dalle forze schiaccianti del Nord. Grant, che ha vinto in ogni teatro di guerra, è stato considerato come un “drunken bumbler” che è stato solo fortunato in guerra ad avere i numeri dalla sua parte.  Riporto, al riguardo, le osservazioni molto acute fatte dallo storico Gary W. Gallagher- considerato uno dei massimi storici sulla guerra civile di nuova generazione:
"Ulysses S. Grant ha occupato delle posizioni radicalmente diverse nel pantheon americano. La sua statura imponente, tra la fine della guerra civile ed i primi anni del 20 ° secolo, non può comunque essere contestata.
Considerato al secondo posto dopo Lincoln come salvatore della nazione e perfino elogiato da molti ex Confederati per il suo comportamento ad Appomattox, Grant divenne il primo generale a quattro stelle nella storia degli Stati Uniti prima di vincere due mandati come presidente USA. Grant fece uno sforzo coraggioso per completare il suo libro di memorie mentre lottava contro il cancro terminale, 20 anni dopo la guerra, e questo ha ulteriormente rafforzato la sua reputazione.
Più di un milione di spettatori hanno assistito al suo corteo funebre che si estendeva per chilometri e chilometri per le strade di New York City l'8 agosto 1885. La sua tomba su Morningside Heights ha anche richiamato un milione di persone, tra cui il presidente William McKinley. Allora veniva considerata la più grande tomba nel Nord America ed è rimasto il primo sito turistico di New York City fino alla Grande Depressione. La capitale USA ha inaugurato il suo memoriale dedicato a Grant il 27 aprile 1922, il centenario della sua nascita ed essendo un'opera monumentale, posta forse nel luogo più bello della città, ci sono voluti 20 anni per completarla.
Tuttavia, le critiche violente su Grant come "military butcher", ubriacone e come un presidente circondato dalla corruzione hanno offuscato la sua reputazione. Molti ex Confederati hanno contribuito a diminuire la reputazione di Grant attraverso l'uso del numero delle vittime Unioniste durante la guerra civile. Essi hanno affermato che Grant aveva sconfitto Robert E. Lee solo a causa del vantaggio schiacciante in fatto di uomini e materiali posseduti dall'Unione. E' stato definito come un ufficiale brutalmente efficace che ha messo i soldati dell'Unione in un tritacarne fino a quando i Confederati hanno capitolato. Il gen. Jubal Early, noto polemista della corrente della Lost Cause, ha rinfocolato, dopo la fine della guerra, il tono degli attacchi sul generale, sostenendo che Grant "possedeva solo un coraggio brutale e aveva il controllo di un numero illimitato di uomini e di mezzi". Early disse che confrontare il Generale Lee con Grant è come "confrontare una grande piramide che si erge maestosa nella valle del Nilo, con un pigmeo arroccato sul monte Atlas".
Winston Churchill, assecondando quanto detto da Early, scrisse su Grant nella suo libro "A History of English Speaking Peoples" parlando di "unflinching butchery". Altre prove suggeriscono in che misura la reputazione di Grant sia calata in tutto il ventesimo secolo. William S. McFeely vincitore del Premio Pulitzer per il libro "Grant: A Biography", pubblicato nel 1981, un testo che sarà influente per due decenni, ha ritratto Grant come un uomo che non aveva nulla di speciale sul piano artistico ed intellettuale e che "divenne generale e presidente, perché non riusciva a trovare niente di meglio da fare". I cineasti contemporanei sono apparentemente d'accordo con la conclusione di McFeely, secondo cui Grant non aveva "nulla di particolare". Lee è apparso molto visibile nei films Gettysburg (1993) e Gods and Generals (2003), ma Grant non ha avuto qualcosa di paragonabile a Lee quanto a livello cinematografico. Le pubblicità su riviste rivelano che negli ultimi 40 anni i lettori potevano scegliere tra quasi 10 articoli dedicati a Lee per ognuno dedicato a Grant.
I turisti, selezionando i gadgets esposti riguardanti la guerra civile, mostrano poco interesse per Grant. La sua tomba cadde in abbandono dai primi anni del 1990, deturpata da graffiti, esposta al vandalismo e diventò un luogo di ritrovo per tossicodipendenti. I discendenti del generale hanno minacciato di togliere la sua salma e quella della signora Grant per seppellirle altrove, cosa che ha contribuito a spingere il National Park Service a fare le riparazioni del caso. La tomba, in parte ristrutturata, è stata ripresentata per il suo centenario nel 1997, ma resta da vedere se il numero dei visitatori potrà avvicinarsi ai livelli del passato.
In merito alle valutazioni di molti sull'operato di Grant e Lee, sembra che le capacità di uno diminuiscano in qualche modo le capacità dell'altro. Entrambi sono stati dei generali il cui talento li enumera come i più grandi soldati USA . Entrambi hanno presieduto delle campagne che hanno portato perdite enormi, molto più in percentuale della forza del suo esercito, nel caso di Lee. Infatti, osserva Gallagher, la definizione di Grant come "il Macellaio" risulta una caratterizzazione che non regge ad un esame delle perdite. Nelle cinque principali operazioni che Grant ha curato prima di affrontare Lee nel 1864 (Belmont, Forti Henry e Donelson, Shiloh, Vicksburg e Chattanooga) le perdite Nordiste ammontano a circa 35.000 morti, tra feriti e dispersi. Le perdite della Campagna pre-Overland di Lee in confronto, si avvicinano a 90.000. Nelle campagne di Overland e Petersburg, quando gli eserciti confederati erano in inferiorità numerica di circa 1 a 2 rispetto all'Unione, Grant ha subito 126.500 perdite mentre quelle subite da Lee ammontano a 71.000.
Con questi numeri come termine di paragone, Lee -sostiene Gallagher- deve essere considerato il più sanguinoso generale in senso assoluto nei primi anni della guerra e in senso relativo nel corso delle campagne 1864-1865. Faccio questa osservazione non come una critica su Lee ( alcuni storici hanno utilizzato numeri e perdite per costruire delle interpretazioni profondamente scorrette sulla generalship di Lee), ma piuttosto per contrastare l'idea che Grant si sia distinto, tra i comandanti della guerra civile, come un macellaio insensibile.
La reputazione di Grant è salita in modo significativo nella letteratura storica nel corso degli ultimi dodici anni, in gran parte merito degli studi favorevoli di Brooks D. Simpson, Jean Edward Smith, Josiah Bunting III, Joan Waugh e altri, studi che rivelano la scarsa profondità della letteratura che è stata violentemente anti-Grant. E tuttavia una recente biografia su Grant- anche se tale biografia è praticamente inutile in termini di qualità della ricerca e della giustezza delle teorie sostenute- afferma che la maggior parte degli americani conosce solo due aspetti di Grant: "la sua fama di bevitore" e "il fatto che il suo ritratto è ... sul biglietto da cinquanta dollari ". Tutto questo potrà cambiare se successivi studi supereranno le concezioni popolari che si hanno su Grant. Solo allora ci sarà la possibilità per l'eroe di Vicksburg e Appomattox di riprendere il suo posto tra le figure più celebri della storia degli Stati Uniti" ( devo personalmente affermare che i recenti studi americani su Grant danno una visione migliore rispetto agli storici di antica generazione).
Concludendo, ritengo che nessun altro grande americano sia stato trattato così ingiustamente per mano degli storici come il gen. Grant. L'influenza dominante per decenni degli storici pro-Southern sulla guerra civile aiuta a spiegare il perché Grant abbia avuto per anni una cattiva reputazione.
Sicuramente è ormai venuto il momento di riabilitarlo e rendergli la considerazione che merita.
Lo storico inglese J. F. C. Fuller nel suo libro, "Grant and Lee: A Study in Personality and Generalship", ha sostenuto, mettendo a confronto le personalità e le capacità dei due condottieri che: “sia la generalship di Grant che quella di Lee erano da lodare; tuttavia, egli ritiene che la forza di Grant trovava la sua ispirazione in una potente mente analitica mentre Lee era una mente brillante che basava la sua ispirazione nell'intuizione che può portare a risultati sorprendenti, tuttavia, nel lungo periodo solitamente fallisce nei confronti di un approccio analitico”.
Gli storici hanno consumato fiumi di inchiostro per illustrare le differenze reali o presunte tra i due generali. E invece forse si ha ragione nel dire che in fondo hanno combattuto alla stessa maniera. Io credo che la storia della guerra civile americana sia ancora permeata da tanti stereotipi e luoghi comuni che sono difficili da cancellare. La prima cosa che mi viene in mente sulle eventuali differenze tra i due è che il gen. Lee era l'artefice del rischio non calcolato, mentre il gen.Grant era l'artefice del rischio calcolato. La materia comunque merita ulteriori approfondimenti. D'altra parte va osservato che storici recenti hanno in parte rivisitato il Mito del gen. Lee, togliendolo dal piedistallo dove era stato collocato per anni dai suoi apologeti, mettendo in evidenza i suoi errori in ambito militare e fornendo dell'uomo Lee un'immagine più umana e forse consona alla realtà storica.
Secondo lo storico William C. Davis, "Crucible of Command: Ulysses S. Grant and Robert E. Lee--The War They Fought, the Peace They Forged", i due condottieri si assomigliavano più di quanto si possa credere, ci sono somiglianze sorprendenti tra loro, la guerra civile ha dato loro la possibilità di emergere, dal momento che nessuno dei due aveva davvero fatto molto prima della guerra. Grant si era dimesso dall'esercito da capitano e Lee si era dimesso da colonnello. Grant e Lee sono stati "alla pari" in base al loro stile di comando, più brillante tattico Lee, più stratega globale Grant. Entrambi possono risiedere nel Pantheon degli uomini migliori americani. Entrambi, tuttavia, erano inclini alla depressione per aver portato il peso degli innumerevoli uomini che sono morti durante le loro campagne.
Come si vede le interpretazioni sulle diversità o non diversità tra Grant e Lee sono innumerevoli e appare stimolante che negli Usa gli studi su i due generali siano sempre in continua evoluzione, simbolo che per gli americani l'argomento è sempre attuale a causa del continuo studio e della ricerca di altre fonti primarie e interpretando con un'altra visione le fonti secondarie.
Ritengo che una similitudine tra i due condottieri (Grant e Lee) sia la seguente: pur avendo un diverso approccio nel modo di condurre una guerra, ambedue combattevano per vincere e il loro obiettivo primario era la distruzione dell'esercito nemico e non l'occupazione di territori.
Sappiamo bene che non tutti i generali della guerra civile hanno combattuto nel predetto modo. Il generale dell'Unione Henry W. Halleck, per esempio, era soprattutto interessato a guadagnare territorio quando era al comando sul campo. Il generale McClellan era famoso per combattere ma in modo da non perdere. Joseph E. Johnston, quando si oppose a McClellan in Virginia e in seguito a Sherman in Georgia, si ritirò costantemente al fine di evitare la sconfitta.
Per concludere, a mio avviso, Grant e Lee rimangono i due personaggi più interessanti del 19° secolo negli Usa
.


Grant e la sua famiglia al termine del suo secondo mandato da presidente nel 1886 circa.
Library of the Congress

27. ll controverso stato di ubriachezza di Grant
E' utile accennare, per rispetto alla personalità di Grant, ad una serie di testimonianze per cercare di sfatare il vizio, vero o presunto, dell'attitudine al bere alcolici del predetto, che gli ha comportato la fama di ubriacone, al fine di riuscire a sfatare tale pessima fama dovuta sicuramente alle maldicenze dei suoi detrattori, spesso ufficiali suoi colleghi invidiosi della sua rapida ascesa.
A mio avviso, la fama di bevitore di Grant è stata enfatizzata un pò troppo dai contemporanei. L'idea che Grant fosse un bevitore incallito-scrive William McFeely, un biografo di Grant- è talmente radicata nella storia Americana che ormai ci credono tutti. In realtà-sostiene McFeely -Grant non era un alcolista, ma uno che ogni tanto si ubriacava in maniera spettacolare, soprattutto quando era lontano dalla moglie, in California,tra il 1852-54 e durante l'assedio di Vicksburg.
Penso che la reputazione di bevitore di Grant, iniziata quando si trovava in servizio in California dopo la fine della guerra Messicana, lontano dalla moglie, sia stata parecchio esagerata dai detrattori di Grant stesso. Quello che è certo che fumava sigari uno dopo l'altro.
Lo storico Brooks D. Simpson, "Ulysses Grant: Triumph Over Adversity, 1822-1865", riconosce che Grant ha avuto un problema con il bere, in primo luogo perché il generale possedeva una bassa tolleranza per l'alcol. Il bere può aver contribuito alle dimissioni di Grant dall'esercito prima della guerra civile, ma i conflitti personali che Grant aveva con il suo superiore gerarchico, all'epoca delle sue dimissioni, hanno giocato almeno un ruolo paritario. Grant ha bevuto durante la guerra, anche se, rispetto a molti contemporanei, il suo uso di alcol è stato moderato. Molti dei casi famosi di ubriachezza sono improbabili o decisamente falsi. Grant era consapevole delle conseguenze che comportava l'uso dell'alcol e pertanto non ha mai permesso che il bere potesse influire sui suoi doveri e sulla sua performance. Le persone che in seguito hanno sostenuto di essere stati i protettori della sobrietà del generale hanno sopravvalutato sia il loro ruolo e sia l'efficacia resa in quel campo, compreso John A. Rawlins.
Non scordiamo che Grant era una persona reale con i suoi punti di forza e le sue umane debolezze. Ha dato un contributo incalcolabile per il destino dell'Unione e merita di meglio che essere descritto e ricordato in un contesto così limitato come "una persona che ha consumato troppo alcol".
Sul sito Web“ The Ulysses S. Grant Information Center” si trovano una serie di informazioni sulla vera o presunta propensione al bere di Grant:

<< Personaggi famosi di frequente nella storia si fissano nella mente delle persone come delle caricature tridimensionali costituite da una serie di caratteristiche o qualità. Dette caratteristiche rimangono congelate nel tempo e nell'immaginazione del pubblico, e questi stereotipi sono quasi impossibili da rimuovere dalla coscienza collettiva della nazione Usa. Robert E. Lee è rimasto famoso per le sue belle maniere e la sua galanteria, il Presidente Abraham Lincoln per la sua gentilezza, l'aspetto familiare e il suo amore per l'umorismo grezzo; William Tecumseh Sherman, viene dipinto come il diavolo in persona, che ha distrutto il Sud con la sua infame "marcia verso il mare"; e Ulysses S. Grant, "macellaio", fumatore di sigari e bevitore di alcolici. Come la maggior parte dei miti, queste sono storie facili da raccontare e consentono di incapsulare la vita di una persona in poche frasi. Senza mettere in conto che queste persone, per la loro grandezza, hanno cambiato il corso della storia americana. Grant, come gli altri personaggi famosi della guerra civile, era una persona reale con punti di forza e con le proprie umane debolezze. Ha dato un contributo inestimabile al destino dell'Unione americana e merita di meglio che essere descritto e ricordato in un contesto così limitato come "una persona che ha consumato molto alcol ." >>

Grant era un uomo che aveva le sue debolezze, che ha lottato contro di loro e per la maggior parte le ha vinte. Grant è stato un uomo d'onore che è stato vittima di maldicenze e di scrittori che irresponsabilmente hanno perpetuato il mito che egli fosse un ubriacone. Bisogna tener presente che con gli ubriachi non si vincono le guerre, gli alcolisti non vengono eletti Presidenti degli Stati Uniti. Se Grant fosse stato veramente un ubriacone o un alcolizzato, sarebbe stato sostituito all'inizio della guerra, il generale Halleck, suo superiore, avrebbe certamente cercato di deporlo. Lincoln disse: "Non posso sostituire questo uomo, egli combatte." E, alla fine, Lincoln ha avuto ragione.
Non bisogna saltare a conclusioni facili e veloci circa Grant e alcol. Noi sappiamo che Grant occasionalmente beveva alcol. Sappiamo che ha avuto un effetto drammatico su di lui. A seconda del loro pregiudizi, i biografi di Grant danno maggiore o minore enfasi al dilemma alcol. Ricordiamoci che gli scrittori sono gente intelligente. Sanno come dipingere il quadro che vogliono far assorbire al lettore e l'impressione che desiderano fare. Una sola frase, un giro di una frase, una qualche attenzione al valore di certe parole messe in una biografia possono trasformare un astemio in un bevitore occasionale fino a farlo arrivare ad essere un alcolizzato.
Molte delle storie di ubriachezza di Grant provengono dalla “politica” del campo di battaglia. I generali Nordisti, gelosi di Grant, non hanno trovato altro modo per screditare questo uomo geniale che ha conseguito tante vittorie sul campo di battaglia e le ha consegnate al Presidente Lincoln; essi hanno diffuso maldicenze su Grant sul suo essere ubriaco sul posto di lavoro. Ci sono state storie, c'erano allusioni, ci sono stati supposizioni. Ma, in verità, non ci sono testimoni attendibili di stati di ebbrezza da parte di Grant durante la guerra civile.
Ciò che segue sono citazioni da fonti di materiale biografico che riguarda Grant. Alcune sono tratte da studiosi e biografi di Grant, alcune sono di persone che in realtà sapevano come era veramente Grant.
Per iniziare, qui è ciò che William McFeely, vincitore del premio Pulitzer autore di "Grant, A Biography", ha scritto sulle dimissioni Grant dall'esercito, mentre si trovava sulla costa occidentale nel 1854: "Non è vero che il giovane ufficiale è stato un ubriaco, ma tale diceria derivava dai pettegolezzi che esistevano nelle file dell'esercito. Queste storie erano più insidiose e difficili da combattere rispetto a un risultato negativo ufficiale. Esse hanno ossessionato Grant nella Guerra Civile e nella storia”.
Nel suo libro "The Trial of US Grant", Charles Ellington ci illumina sul periodo controverso trascorso da Grant nel West. Egli afferma: "il capitano Grant non era un alcolista. Se fosse stato un alcolizzato egli avrebbe avuto un problema nel bere in qualsiasi momento. E vi è abbondanza di prove che Grant ha bevuto moderatamente per il resto della sua vita” . Ellington afferma inoltre: Grant ha bevuto, a volte in eccesso, ma egli non era un “problem drinker". La sua costituzione fisica non gli consentiva di bere molto, ma a volte avrebbe desiderato l'alcol per alleviare la sua solitudine durante l'anno passato sulla costa occidentale. Grant trascorreva del tempo nei saloons della California, ma non vi è prova di pesante consumo di alcol da parte sua. In detti posti ha incontrato i leaders della comunità, ha parlato con una grande varietà di soggetti e, nello spirito conviviale di quel luogo isolato, che Grant e suoi colleghi avranno bevuto fuori servizio sembra essere una cosa indiscutibile, ma che Grant fosse ubriaco durante un turno di servizio non è stata provato. L'unica conclusione valida che si può trarre è che egli abbia bevuto come la maggior parte dei soldati del suo tempo. Ma non era un ubriacone. Grant non consumava grandi quantità di liquore perché il suo corpo non aveva bisogno di molto alcol per raggiungere i risultati inevitabili.
I commenti riguardanti i doveri di servizio di Grant sulla costa occidentale, gli anni più difficili della sua vita, provengono dal suo buon amico dai tempi di West Point, Rufus Ingalls, che riferisce quanto segue per quanto riguarda il bere: "il capitano Grant, trovandosi in un ambiente tetro, senza la sua famiglia, e con poco che occupasse la sua attenzione, prese delle cattive abitudini, ed è stato trovato, un giorno, troppo sotto l'influenza del liquore per svolgere correttamente le sue funzioni. Per questa infrazione, il colonnello Buchanan gli ha chiesto di dimettersi o di essere processato. Gli amici di Grant lo esortarono ad affrontare il processo, ed erano sicuri del suo proscioglimento, ma, spinto da uno spirito nobile, Grant non avrebbe mai potuto riferire alla propria moglie che era stato processato per un tale motivo. Quindi si dimise e tornò alla vita civile. ">> Dal materiale in questione mi sono fatto l'idea che lo stato di ubriachezza di Grant sia stata tutta una montatura costruita ad arte per screditare un generale vittorioso: orchestrata dai colleghi ufficiali, gelosi del successo del medesimo e da una certa storiografia filo-sudista che ha voluto metterlo in cattiva luce per osannare di rimando la figura del gen. Lee. Una cosa è bere alcolici sporadicamente e, al limite, ubriacarsi, come a volte sarà successo a Grant, una cosa invece essere un alcolista.
A quanti ufficiali sarà successo di ubriacarsi durante la guerra civile e non per questo vengono ricordati per detto motivo. Il fatto che ancor oggi noi stessi ne stiamo parlando e che gli storici dedichino dei passi dei loro libri per confutare la presunta ubriachezza di Grant, è la riprova che certi stereotipi sono assai difficili da eliminare.
Continuando sulle informazioni in merito al presunto vizio del bere di Grant tratte dal sito Web “The Ulysses S. Grant Information Center” riporto le seguenti affermazioni :

<< Nel 1860 Grant e la sua famiglia si trasferirono da St. Louis a Galena, Illinois. Quello che segue è una osservazione di una persona che osservò Grant quando viveva lì. Il capitano John Shaw afferma: "Non posso dire che ho avuto alcuna specifica conoscenza personale con il generale Grant ..lavoravo in un piccolo ufficio sulla Main St., esattamente di fronte al vecchio negozio di cuoio di Grant ...] ... Si sapeva che il capitano Grant era stato un ufficiale dell'esercito regolare, che aveva avuto dei problemi in materia di salute e le sue disgrazie erano abbastanza comunemente attribuite in una certa misura alle sue presunte cattive abitudini e a causa di esse aveva dato le dimissioni dall'esercito. Ma, durante tutta la sua residenza a Galena, le sue abitudini in questo senso furono, a quanto pare, molto esemplari, e non ho mai sentito dire che ci fosse il minimo sospetto sulla sua sobrietà." Il figlio del gioielliere Galenean LM Lebron ha riferito sulle abitudini di Grant in questo modo: "Oh, tu sai che un sacco di uomini, dopo cena, arriveranno in centro, si siederanno intorno a qualche tavolo di un locale e cominceranno a bere. Forse prima di andare a casa ci vorrà un po', forse no. Sul vizio di bere di Grant, chi lo ha conosciuto a Galena ti dirà la stessa cosa. Non l'ho mai visto ubriaco né nessun altro con cui ho parlato lo ha visto. La sua cerchia di amici non era di grandi dimensioni a quel tempo e siamo tutti d'accordo su tale questione."
Più tardi, durante la Guerra Civile, i racconti di quell'anno sfortunato sulla costa occidentale, e il loro effetto, hanno ossessionato Grant, in quanto i mercanti di gossip hanno ripetuto la cosiddetta "ben nota storia" del suo bere. Fortunatamente, Grant aveva molti amici e conoscenti che hanno detto tutto il contrario in merito ai suoi presunti vizi.  Un ufficiale dello staff di Grant [senza nome], ebbe a dire: "Io credo di sapere tanto circa il vero carattere del grande soldato più di ogni uomo vivente oggi, perché l'ho visto in molte circostanze, nella privacy della sua vita quando era "fuori servizio", così come nella tempesta della battaglia ... sono entrato nel quartier generale nel cuore della notte per portare un messaggio e l'ho trovato che fumava ed era assorto nei suoi piani delle operazioni militari ... nelle sue abitudini non ho mai visto un segno di dissipazione, e, se Grant ha mai assaggiato liquori di ogni genere durante la guerra, non lo ha fatto in mia presenza, e ho avuto la migliore posizione possibile per osservare le sue abitudini. " John A.Rawlins, Chief of Staff di Grant, disse: "Quando sono arrivato a Cairo, il generale Grant era come è oggi, un uomo di totale astinenza in senso restrittivo, e sono stato informato da chi lo conosceva bene che era la sua abitudine negli ultimi cinque o sei anni. [Bevve un po' con gli ospiti], ma nessun uomo può dire che in qualsiasi momento, da quando sono stato con lui, egli ha bevuto abbastanza liquore da renderlo inadatto al lavoro, o che il liquore fosse manifesto nelle sue parole o azioni. >>

Per concludere, il dibattito sul presunto vizio del bere di Grant è tuttora aperto, ma purtroppo, i luoghi comuni ben radicati nella storia e nel pettegolezzo sul fatto che il gen. Grant fosse un ubriacone sono duri a morire.

28. Perché l'Unione vinse la guerra- il ruolo di Grant
Dopo aver visto come i pareri su Grant erano e sono tuttora controversi, è utile far presente, al fine di aver chiara la situazione militare durante la guerra civile, che per alcuni anni il Nord non riuscì a prevalere sul Sud, anche per la poca sinergia dei comandanti militari con le direttive di Lincoln.
Il teatro dell'Est era considerato prevalente rispetto a quello dell'Ovest, sottovalutato da tutti anche perché lontano dalle due capitali, Washington e Richmond.
Fino a che Grant non ebbe il comando di tutte le forze Unioniste nel marzo del 1864, il Nord, a mio avviso, non riuscì a portare avanti una strategia militare che tenesse conto di tutti i teatri della guerra (Est ed Ovest), strategia che fosse coordinata in maniera unitaria. I comportamenti tenuti all'inizio della guerra dai Comandanti Nordisti delle varie Armate davano l’impressione di agire di propria iniziativa, predisponendo piani offensivi senza tener conto di un minimo di coordinamento neanche quando agivano nello stesso teatro di operazioni. Alla base di detto comportamento, avranno sicuramente influito, come succede spesso in questi casi, gelosie ed antagonismi tra i vari Comandanti, oltre alla normale inesperienza degli stessi.
Il fatto che Grant provenisse dal teatro di guerra occidentale costituisce, a mio avviso, altro elemento significativo rispetto ai generali operanti all'Est; infatti, sulle diversità di tipologie tra i generali dell'Unione che operavano sui diversi fronti, i comandanti che, nei primi anni di guerra, operavano nel teatro orientale sembravano essere come paralizzati dalle responsabilità, sia per la vita dei loro uomini e sia per il destino del loro esercito e quindi di tutta la nazione. Queste responsabilità avranno avuto dei riflessi quasi a livello intimidatorio e li hanno resi avversi ai rischi. Questo comportamento ha caratterizzato soprattutto i comandanti dell'Army of Potomac - primo fra tutti George B.McClellan- che operavano sotto i riflettori della pubblicità dei media e con il governo di Washington sopra le loro spalle, attento a ogni loro movimento.
Al contrario, gli ufficiali come Ulysses S. Grant, George H.Thomas e Philip H.Sheridan iniziarono la loro leadership militare proprio nel teatro occidentale a centinaia di miglia di distanza dal governo di Washington, dove hanno operato iniziando ad avere un comando di un reggimento e, passo dopo passo, sono saliti fino ad avere grandi responsabilità. Detti ufficiali sono stati in grado di prendere maggiori responsabilità e di imparare la necessità di assumersi rischi senza la paura del fallimento che invece ha paralizzato McClellan. Secondo una storiografia tradizionale, il gen.Grant ha riassunto la capacità militare di avere una visione più globale dei problemi di qualsiasi genere legati alla guerra, privilegiando l'organizzazione rispetto all'intuizione geniale o all'improvvisazione. Infatti, alcuni storici sostengono, ma le opinioni in merito stanno cambiando, che i Confederati erano superiori nella tattica mentre i Nordisti erano superiori nella strategia e che ci furono numerosi casi in cui un'Armata confederata, numericamente inferiore, abbia sconfitto l'avversario Nordista per una maggiore capacità tattica. Si è anche detto che Lee era un'artista della guerra, mentre Grant era piuttosto uno scienziato della strategia, un militare che, per la precisione organizzativa ha anticipato, per certi aspetti, l'azione di comando del gen. Eisenhower durante la 2° guerra mondiale. Il sistema di comando, organizzato da Lincoln e Grant era forse paragonabile a quello dell'esercito Prussiano di Von Moltke nel 1870. Alcuni storici sostengono che Grant non fosse un ottimo tattico, a differenza di Lee, ma forse quest'ultima affermazione andrebbe rivista perché anche Lee ha fatto errori tattici nel corso della guerra. Come abbiamo detto sia Lee che Grant provenivano da West Point, avevano fatto esperienza nel corso della guerra contro il Messico, ma durante la guerra civile sono arrivati a deduzioni dissimili data la grande complessità della guerra predetta: e' difficile sostenere chi avesse ragione o chi torto; a mio avviso, come ampiamente accennato in un capitolo precedente, alla fine i due comandanti si equivalevano al di là di distinte visioni tattiche, che però erano legate alle differenti finalità della guerra che aveva il Sud rispetto al Nord.
Volendo fare una similitudine con le guerre Napoleoniche, al gen.Lee - che cercò sempre in campo militare di mantenere l'iniziativa e quella che viene chiamata risk attack- mancò una battaglia tipo quella di Waterloo, la quale si dimostrò decisiva e unica per la vittoria della coalizione anti- Napoleonica.
Altre future esperienze militari in Europa dimostreranno che, con spettacolari vittorie con strategie offensive, le guerre si potevano vincere: quali la Prussia nella guerra, durata sette settimane, contro l'Austria (1866) e nella guerra Franco-Prussiana (1870-71). Anche se ritengo doveroso dire che l'esperienza di una guerra civile come quella americana presenta dei caratteri così peculiari che rimane comunque difficile fare similitudini esatte con le guerre Europee.
Grant, comunque, anche se è stato spesso sottovalutato come abbiamo scritto in precedenza, deve essere considerato un grande soldato. Egli ha saputo riassumere l'arte militare con una frase celebre che ancora oggi viene ricordata: "Trovate il nemico. Attaccatelo il più presto possibile. Colpitelo più duramente che potete e più spesso che potete e mantenetevi in movimento". Secondo quanto scritto da Henderson, storico militare inglese di fine ottocento, Grant, quando venne nominato Generale in Capo, utilizzò il suo esercito "Come un ariete, inconscio e privo di sentimenti personali. Era una macchina, forse usata in maniera poco abile, ma che strappava ammirazione per il modo con cui rispondeva ad ogni movimento di chi la guidava....fu infine riconosciuta la verità che anche tattiche comuni hanno una più elevata possibilità di successo quando coloro che le applicano agiscono insieme e coordinati tra loro".
La strategia di Grant era quella di non dare tregua a Lee, chiuderlo in una morsa con il concorso di una serie di Comandanti decisi e determinati come Grant stesso e Sherman. Sherman sosteneva che Grant è stato un esempio tipico dei Comandanti nel senso sopra citato: "Grant sarebbe diventato il tipico eroe della grande guerra civile americana". Grant, come sostiene una parte degli storici, riuscì a vedere la guerra nel suo insieme e quindi di comportarsi di conseguenza, più di quanto riuscì a vedere Lee (su questo punto però sappiamo che le opinioni sono controverse).
D'altronde, la guerra di posizione e di attrito che Grant condusse in Virginia, diversa dalla guerra manovrata che aveva attuato nelle campagne precedenti, sarebbe stata seguita in modo molto più pesante nella 1° guerra mondiale.
Infine, sulle perdite subite da Grant, come abbiamo scritto in precedenza, lo storico americano Cyril Falls ritiene che le percentuali di morti e feriti nelle singole battaglie della guerra civile sono state inferiori a quelle delle battaglie dell'epoca Napoleonica. Grant con la sua leadership militare ha indubbiamente concorso in modo determinante a far vincere l'Unione, ma è innegabile che altri elementi sono stati decisivi.
Un altro fattore che ha influito è stato il grande afflusso di uomini nell'esercito dell'Unione, sui quali il Nord poté fare affidamento in modo costante, comprensivo di un grande numero di uomini proveniente dai vari flussi migratori, oltre all'apporto di truppe di colore. La Confederazione non poté contare su questo flusso migratorio e né dell'apporto dei neri, per i quali il Sud decise l'arruolamento quando la causa della Confederazione era già persa.
Comunque, gli uomini e i mezzi, al fine di ottenere risultati, devono essere ben guidati- per quanto riguarda gli uomini- i mezzi, invece devono essere usati in modo efficace. Nonostante grandi generali come Lee e Jackson, appartenenti al Sud, anche il Nord, dopo alterne vicende, trovò generali capaci. La leadership Nordista composta da un Presidente come Lincoln e da generali come Grant e Sherman ottenne dei risultati migliori, in quanto la conduzione strategica della guerra da parte del Nord risultò migliore rispetto a quella del Sud.
La classe politica Nordista- salvo eccezioni- risultò più compatta rispetto a quella del Sud. Forse ha ragione uno storico che ha scritto che il motivo per cui il Nord vinse la guerra è perché -detto in modo semplice- alla fine, il Nord riuscì a sconfiggere il Sud. A mio avviso, i numeri contano fino ad un certo punto. Da soli non bastano; entrano in gioco altri fattori. La superiorità di soldati e di risorse materiali non sono sufficienti a far ottenere ad una nazione una vittoria militare. Nel caso della guerra civile americana il Sud, nei primi tempi del conflitto, è stato molto vicino a vincere la guerra. Si possono ottenere vittorie militari anche su forze apparentemente superiori. E ci sono molti esempi nella storia: i Greci a Maratona, Alessandro contro l'impero persiano, il successo dei coloni americani contro gli inglesi durante la Rivoluzione Americana, Napoleone sugli austriaci nella campagna d'Italia del 1796-1797, sono tutte prove che dimostrano il contrario. In mancanza di una grande leadership militare, le guerre possono essere vinte anche con il logoramento. La Germania ha perso la prima guerra mondiale in questo modo. Eppure, la vittoria solo in parte può dipendere dal numero di truppe e da fattori materiali. Ad esempio, il generale tedesco Erwin Rommel, durante la 2° guerra mondiale, all'inizio del 1941, ha ripreso la Libia scontrandosi con l'esercito britannico che era molto più numeroso, utilizzando una strategia audace basata sulla sorpresa e la velocità.  Concludiamo dicendo che non sono gli equipaggiamenti e nemmeno i treni che combattono le guerre, bensì gli uomini; ma gli uomini poco o tanti che siano, sono bravi in battaglia se sono ben guidati dai comandanti militari, che, a loro volta, devono avere un rapporto fiduciario con i loro leaders politici.
Quanto ho appena detto è quello che è avvenuto nel Nord e che gli ha permesso di vincere la guerra. L'Unione ha avuto uomini e mezzi guidati da grandi comandanti come Grant e un politico come Lincoln.
Grant e Lincoln trovarono un perfetto accordo sulla strategia bellica da mettere in atto, oltre a raggiungere uno straordinario livello di reciproca simpatia tra loro. Questa sinergia tra comandanti militari e potere politico, il Nord non l'ha trovata subito, per questo la guerra è durata quattro anni. “The two men became friends in part because both had that unique thirst for success that comes from men who have experienced an abundance of failure”.
Invece, quando la Confederazione cominciò a perdere le battaglie, il Presidente Davis fu oggetto di attacchi continui da parte dei suoi avversari politici. I suoi collaboratori erano divisi e non riuscirono a formare un gruppo unito. Davis non poté contare su il sostegno di un moderno partito organizzato.
Le critiche contro l'Amministrazione Davis furono sempre più violente, aggiungendo un ulteriore danno alla Confederazione. Dette lotte interne non sono state logicamente prese in considerazione tra le ragioni della sconfitta, da parte dei seguaci della Lost Cause. Volevo aggiungere che, a mio avviso, la Confederazione è stata sconfitta non soltanto per la superiorità dei mezzi del Nord. Le sorti della guerra sono state decise anche grazie alla strategia posta in essere dal gen.Grant. Tale strategia ha fatto sì che le forze della Confederazione venissero accerchiate, più volte battute e infine sconfitte per la capacità di manovra, di cui Grant eccelleva.
Fare i confronti tra i due condottieri, Grant e Lee, non è facile, ne abbiamo già parlato, ma in ogni momento di confronto su strategie e tattiche nella guerra civile, i due generali rientrano sempre nella discussione e nel dibattito, sembrando una strana coppia; si rischia sempre di diminuire o di aumentare le grandi capacità possedute dai medesimi. Risulta quindi antipatico ed ingeneroso mettere a confronto i pregi e i difetti dei due generali che non se lo meritano certo.
Lee era il classico gentiluomo del Sud, proprietario terriero grazie all'eredità della moglie, e attaccatissimo al suo Stato d'origine la Virginia, condizione la quale lo costrinse con molto dolore a sguainare la sua spada per la Confederazione contro l'esercito degli Stati Uniti, esercito che era stato tutta la sua vita e che aveva servito per lunghi anni.
Grant era il prototipo dell'uomo nuovo dell'America, la guerra civile è stata la sua possibilità di emergere nella società. A differenza di Lee, Grant era di origini modeste, ma non povere, proveniente da una famiglia di commercianti e non aveva questa gran voglia di fare il soldato, né di frequentare l'Accademia di West Point, ma nonostante tutto si comportò con onere ma senza ostentazione, a differenza di tanti sui colleghi ufficiali. Una volta ottenuto il comando in capo degli eserciti dell'Unione, con la sua ostinazione e la sua volontà di ferro - che forse alcuni colleghi, per i suoi passati trascorsi da civile non brillanti se non fallimentari, non si aspettavano che possedesse- riuscì a battere la Confederazione.
Egli era attaccatissimo all'idea della Nazione indivisibile e per questo motivo non tollerò mai la secessione degli Stati del Sud dall'Unione, considerata una specie di sacrilegio. Grant rappresentava la modernità e il progresso del paese tanto propugnate dal Presidente Lincoln - anche per lui l'Unione doveva restare indivisibile a tutti i costi- ed è per questo che i due si intesero in perfetta sincronia, in contrapposizione agli ideali del vecchio Sud di cui Lee era invece un estimatore, che andavano a scapito della indissolubilità della nazione.
Ricordiamo infine il suo rapporto mirabile con Lincoln che ha sempre apprezzato la sua tenacia nel prendersi la responsabilità di attaccare il nemico continuamente senza dargli tregua che era quello che esattamente serviva all'Unione per vincere la guerra.

29. Le ragioni della sconfitta della Confederazione
Dal punto di vista della Confederazione gli storici si sono chiesti se il Sud aveva le possibilità di vincere la guerra civile o era indissolubilmente destinata a perdere la guerra medesima inevitabilmente, ossia non aveva alcuna possibilità di riuscita e con che peso “il fronte interno” abbia contribuito alla sconfitta.
Anche Luraghi ha sostenuto che la Confederazione sin dall'inizio della guerra sapeva già nel suo animo che avrebbe perso la guerra non avendo alcuna possibilità di riuscire a vincerla. E quindi i Confederati avrebbero combattuto come antichi cavalieri per salvare l'onore del Sud, concetto legato al “Mito della Lost Cause”.
In particolare, si intendono richiamare le affermazioni contenute nel saggio del Luraghi, pubblicato nel libro “le Stelle e le Strisce”, contenente l’ultima lezione da lui tenuta all’Università di Genova, sul quale saggio è opportuno fare le seguenti precisazioni: Luraghi scrive che il Sud sapeva di perdere la guerra non a livello cosciente e quindi consapevole, ma a livello inconscio. Pertanto, le affermazioni del professore vanno interpretate tenendo sempre presente che il medesimo non ha detto che esistesse una consapevolezza reale da parte dei Sudisti di aver cominciato una guerra sapendo già che l’avrebbero persa. Il professore ha formulato la sua tesi facendo riferimento a memorie e scritti anche di natura privata, nei quali emerge la sensazione “di appartenere ad un mondo al crepuscolo” che stava morendo. Sensazioni, come scrive Luraghi, riscontrate, tra l’altro, nelle letture delle opere di saggisti e poeti, quali lo scrittore Edgar Allan Poe, in cui viene descritto un mondo in disgregazione. E' chiaro che molte delle affermazioni contenute nel saggio del Luraghi, per essere correttamente intese, non vanno inquadrate nell’ambito delle discipline storiche propriamente dette,ma in quella particolare disciplina chiamata “Psico-storia” che non si basa su fatti provati in modo certo.
Come scrive il Luraghi nel suo saggio, ci troviamo fuori dal binario della storiografia empirica per entrare nel campo della filosofia della storia,anche se il professore stesso scrive di aver esaminato migliaia di documenti e di lettere "ove aleggia una sensazione chiarissima e angosciosa di appartenere ad un mondo in disgregazione" che egli cita a sostegno della sua tesi.

1. ll Mito della Lost Cause
Un mito creato dai sostenitori della Lost Cause è quello di una Confederazione debole, senza mezzi, che ha iniziato una guerra sapendo già che avrebbe alla fine perso e non in possesso dei mezzi necessari per sostenere il conflitto per lungo tempo. Da questa tesi è derivata una immagine romantica del conflitto per quanto concerne i Sudisti. Della serie: “abbiamo perso, ma avremmo meritato di vincere”.
A mio avviso, se si desse ragione a quanto sopra detto, i capi della Confederazione sarebbero stati privi di ogni senso della realtà.
Ritengo invece che la Confederazione abbia iniziato la guerra per vincerla e che tale risultato si sarebbe ottenuto già solo con l'ottenere il riconoscimento come Stato indipendente. I Confederati sapevano o credevano di avere i generali migliori-almeno in un primo tempo-e poi dovevano sostenere una guerra difensiva nel loro territorio dove la popolazione -per forza di cose-era a loro favorevole. Poi grazie al cotone, i Confederati speravano di avere un riconoscimento dalle potenze europee come l'Inghilterra. La corrente della Lost Cause è nata appena dopo la fine della guerra. Il preludio è stato l'ultimo discorso di Lee all'Armata della Virginia Settentrionale. Lee disse, in quella circostanza, che il Sud si era battuto con valore ma era stato sconfitto da forze schiaccianti.
Da subito, i militari furono intoccabili e l'opinione pubblica meridionale attaccò i politici per la sconfitta. Il comandante attaccato e criticato fu il gen.Longstreet per il comportamento da lui tenuto durante la battaglia di Gettysburg.
Si ritiene che detto mito è stato elaborato intorno ai condottieri della guerra civile, specialmente a quelli Sudisti e sia stato costruito nel dopo guerra per fornire un alone di leggenda alla guerra stessa; mito intorno al quale, a conflitto finito, tutti gli Americani sia del Nord che del Sud potevano sentirsi uniti al fine di trovare una specie di giustificazione al fatto che la guerra in questione era stata ,in realtà, una guerra fratricida e sanguinosissima che aveva prodotto la morte di circa 600.000 uomini. Confondendo, in questo modo, la storia con la leggenda.
Da notare che negli Usa sta emergendo una nuova corrente filo-meridionalista- che in parte si rifà alla nota corrente della "Lost Cause"- molto critica e durissima nei confronti del comportamento tenuto dalle truppe dell'Unione nei territori occupati del Sud. Una sorta di filo-revisionismo pro-Confederati.
Uno di questi storici è Walter Brian Cisco che ha scritto recentemente il libro,"War Crimes against Southern Civilians". Il messaggio del predetto libro è molto chiaro: l'esercito dell'Unione e soprattutto il suo comandante in capo, Lincoln, erano criminali di guerra e il Sud è stato una vittima che ha sempre rivolto l'altra guancia di fronte alla dura guerra imposta dal Nord. Un libro rivolto ai Confederati irriducibili, ma il pubblico di tali opere sembra che sia in aumento.
Un altro recente scrittore filo-meridionalista è Thomas J. DiLorenzo, professore di economia, che ha scritto i libri "The Real Lincoln" e "Lincoln Hunmasked" che contengono delle critiche devastanti contro Lincoln.
Il neo revisionismo filo-Confederato, particolarmente aggressivo, fa delle affermazioni molto sorprendenti.
Si sostiene che la teoria della legittimità della secessione degli Stati negli Usa era compresa in un libro di testo adottato a West Point (William Rawle's Treatise on the Constitution -A View of the Constitution of the United States) che è stato studiato da molti dei cadetti che poi durante la guerra civile hanno svolto funzioni di rilievo come comandanti militari di entrambe le parti. Sembra invece che questo testo sia stato usato in Accademia solo intorno agli anni 1820-25, poi venne sostituito.
Aggiungo solo che molti storici ritengono tale corrente un mascheramento della vera storia.

2. La Volontà di combattere del Sud nell'ultimo periodo di guerra
Altro argomento controverso da parte degli storici americani è quello riguardante la volontà di combattere del Sud, dopo le sconfitte di Vicksburg e Gettysburg. Alcuni storici sostengono che, dopo l'estate del 1863, tale volontà era molto diminuita. Gary Gallagher non è d'accordo e, nei suoi libri, fornisce ampie prove che il Sud, con tutta la popolazione, era ancora determinato a condurre la guerra. Lo storico Gallagher contesta i dati sulla diserzione dei soldati Sudisti, che non ritiene elevati e in questo è d'accordo con Luraghi. Il Sud era disposto anche a cambiare la sua struttura sociale,emancipando gli schiavi, pur di vincere la guerra. Insomma, la popolazione del Sud era estremamente compatta con un forte sentimento di unità nazionale, grazie al potere carismatico dell'esercito, comandato da Lee, il cui prestigio era ancora altissimo. Dimostrazione di quanto è stato importante l'esercito per la Confederazione, con la guida di un generale come Lee. Tale orientamento va contro gli storici che, invece, ritengono che ormai negli anni 1864-65, il morale del Sud era a pezzi e i singoli Stati, con i loro governatori, esercitavano una forte spinta contro la guerra e il numero delle diserzioni tra i soldati Confederati fosse in progressivo aumento.
Illuminanti sono le tesi dello storico Gary W. Gallagher, al riguardo, che riporto di seguito:

<<Negli ultimi 15 anni, una influente scuola di storici della Civil War, ora forse considerata l'ortodossia dominante, ha sostenuto che le divisioni di classe, razza e genere, hanno portato il Sud e la Confederazione alla sconfitta. Esponenti di questa posizione sostengono che la Confederazione era priva del nazionalismo necessario ed è venuta a mancare la necessaria volontà popolare a sostegno di una guerra per l'indipendenza. Una posizione corollaria ritiene che la Confederazione ha dilapidato le sue risorse con una strategia di attacco il cui alto costo è stato minato perché il nazionalismo esisteva poco e quindi si affrettò l'ora della sconfitta. Gli scrittori che promuovono tale tesi, i cd. revisionisti, sostengono che la maggior parte dei meridionali aveva un disperato bisogno di vincere la guerra nel 1863 e che una popolazione veramente impegnata per la causa del Sud avrebbe combattuto più lungo prima di arrendersi al Nord. Questa tesi costituisce una revisione della diffusa interpretazione che il Sud sia stato schiacciato inevitabilmente da una superiore potenza che il Nord possedeva. Dal momento che i revisionisti si concentrano sulle questioni interne e trascurano l'aspetto militare della guerra, non è sorprendente che essi concludano che le spaccature all'interno della Confederazione hanno portato nel baratro la nazione che si trovava in difficoltà. Secondo Gallagher, queste ipotesi hanno fatto perdere di vista "il fatto che la maggioranza dei meridionali bianchi ha fermamente sostenuto la loro repubblica al 100 per cento e che le armi Confederate più di una volta hanno quasi convinto il Nord che il prezzo da pagare per soggiogare i ribelli sarebbe stato troppo alto". Con un profondo studio sulle fonti primarie a sostegno della sua tesi, Gallagher affronta le principali rivendicazioni dei revisionisti una per una. Particolarmente interessanti sono i suoi capitoli sui fattori strettamente collegati alla volontà popolare e al nazionalismo. Egli sostiene che gli storici revisionisti hanno ignorato il grande corpo di prove che dimostra come la maggior parte dei meridionali bianchi, senza distinzione di classe o di genere, ha sostenuto la lotta per l'indipendenza fino a quando i loro eserciti sul campo sono stati costretti ad arrendersi. Gallagher trova poco convincente l'argomento che molti meridionali hanno sofferto dei sensi di colpa per quanto riguarda la schiavitù, o che le donne del sud siano state avverse ai loro uomini ribelli. Egli suggerisce che questa interpretazione è più simile alla fantasia "politicamente corretta" che alla realtà storica. Gallagher dimostra la forza del nazionalismo meridionale facendo riferimento alle numerose testimonianze di gente del Sud, in cui si parlava del "loro paese", a differenza di parlare di "Stati separati" . L'autore suggerisce che l'insistenza di dire che il Sud non avesse una identità nazionale deriva da preconcetti ideologici del tardo 20 ° secolo.  Nessuna indagine dello sforzo bellico del Sud può essere considerata completa senza affrontare i costi umani e materiali della guerra. Eppure gli storici revisionisti trascurano o sottovalutano questi fattori cruciali nell'elaborazione della loro analisi della sconfitta della Confederazione. Utilizzando dati statistici, Gallagher respinge la tesi che alla Confederazione mancava il sostegno popolare. Si ricorda al lettore che la Confederazione ha mobilitato il 75-85 per cento dei suoi uomini in età di leva, contro il 50 per cento per il Nord. Inoltre, uno su tre soldati confederati sono morti durante la guerra, contro uno su sei per gli eserciti federali. Si domanda Gallagher come gli Americani avrebbero reagito a un tasso di un morto su tre soldati nella seconda guerra mondiale, che in questo modo avrebbe determinato 6 milioni di vittime. Nonostante il numero incredibile di perdite, Gallagher ritiene che un ampio sostegno per la causa del Sud continuò fino alla primavera del 1865. Infatti, nonostante le perdite impressionanti, gli alti tassi di abbandono, Gallagher stima che l'esercito di Lee è stato di circa le stesse dimensioni con l'inizio della prime campagne come negli ultimi tre anni di guerra. In confronto, con un minor numero di perdite e praticamente senza danni materiali all'interno dei propri confini, almeno 200.000 uomini delle truppe federali hanno disertato durante la guerra. Il morale civile del Nord non è mai stato sottoposto ai severi tests sopportati dalla Confederazione, ma il comportamento dalla Pennsylvania, nel giugno e nel luglio 1863, suggerisce fortemente che l'apatia è stata la risposta predominante del Nord per invasione e l'occupazione ad opera delle truppe dell'ANW. Gallagher contesta coloro che sostengono che il Sud avrebbe dovuto adottare una strategia puramente difensiva, o realizzare la guerriglia su larga scala. La prima è stata impossibile a causa delle aspettative del popolo del Sud, e l'ultima era fuori questione in quanto la popolazione degli schiavi, il cui lavoro ha permesso alla Confederazione di mettere in campo una grande percentuale dei suoi uomini bianchi, doveva essere tenuta sotto controllo in modo efficace. Al contrario, egli trova che Robert E. Lee 's Army of Northern Virginia, con la sua impressionante serie di vittorie, era in gran parte artefice della tenuta delle speranze dei Confederati fino alla resa ad Appomattox Court House. Il peso delle prove ribadisce la sua premessa, che la Confederazione si arrese perché il Nord ha rotto la resistenza militare, non a causa di dissensi interni. Gallagher invita coloro che mettono in dubbio la tenuta duratura della Confederazione a prendere in considerazione le campagne popolari per commemorare la "Lost Cause" in tutto il Sud durante la seconda parte del 19 ° secolo.>>

Allo storico Gary W. Gallagher bisogna riconoscere, tra l'altro, il merito di aver riacceso un dibattito storiografico su alcuni punti della guerra civile la cui interpretazione oscillava su quanto affermato, da una parte, dagli scrittori della Lost Cause, dall'altra dagli storici revisionisti. Resta da vedere se e in quale misura i contrasti politici interni, le divisioni esistenti tra i singoli Stati Sudisti, la stanchezza della guerra- questioni che Gallagher non nega che non si siano verificate- abbiano realmente influito sulla tenuta della Confederazione. Io credo che dette situazioni, pur non essendo state risolutive per decidere le sorti della guerra- e qui Gallagher dice bene quando pone in giusto risalto le operazioni militari- un loro peso debbono pur averlo avuto.
Gallagher, nel moderno panorama degli storici, si pone contro le teorie del "politically correct", ma in modo intelligente. Io non sono molto d'accordo con lui sull'entusiasmo perenne manifestato dal popolo Confederato per tutta la durata della guerra civile, comunque ho massimo rispetto per quello che espone. Diciamo che dopo tanti studi politici e sociologici su quel periodo, Gallagher ha messo in evidenza la centralità delle operazioni militari come elemento fondamentale della guerra civile.
Bisogna comunque far presente che in dottrina le opinioni al riguardo sono diverse:
Secondo le tesi dello storico William W. Freehling,"The South vs. the South: How Anti-Confederate Southerners Shaped the Course of the Civil War", un terzo di tutti i Sudisti combatterono per l'Unione durante la guerra civile. Lo storico in questione afferma che uno dei motivi principali della sconfitta del Sud è che la Confederazione era enormemente divisa nel suo interno. Tesi completamente diversa da quella dello storico Gary Gallagher. A questo punto è utile riepilogare, di seguito, le altre tesi sulla sconfitta della Confederazione. Alcuni storici si sono spesso domandati come il Sud abbia resistito così a lungo avendo mezzi e uomini inferiori al Nord. Molti invece sono convinti che il Sud avrebbe potuto vincere la guerra con una regia più intelligente ed accorta. I sostenitori della Lost Cause ritenevano che la guerra per la Confederazione fosse già persa sin dall'inizio, nonostante avesse meritato di vincerla. Sono stati indicati, da parte degli storici, una serie di punti del perché il Sud abbia perso la guerra: 1) Il primo punto rimane il più controverso:è la mancanza di sufficiente nazionalismo della popolazione del Sud. La volontà popolare nel 1864 era andata completamente scemata e si era assistito ad un numero elevato di diserzioni nell'esercito Sudista. Si erano verificati disordini e conflitti sociali tra i ricchi piantatori e i bianchi poveri del Sud. L'alleanza tra i predetti, iniziata allo scoppio della guerra a difesa dello schiavismo e dell'autonomia del Sud, era andata diminuendo quando la guerra si era messa male per i Confederati. La coscrizione obbligatoria che aveva colpito chi non possedeva schiavi era stata un altro elemento disgregante. 2) I dissidi interni e i localismi della Confederazione hanno contribuito alla sua sconfitta. Davis venne bersagliato di critiche per il suo operato per opposte ragioni. Venne accusato di tirannia e cioè di comportarsi come un dittatore a danno dei diritti dei singoli Stati. I più oltranzisti invece accusarono Davis di essere troppo cedevole nei confronti dei particolarismi dei medesimi Stati, non avendo usato la maniera forte nei loro confronti e di non aver saputo adottare misure radicali affinché lo sforzo della Confederazione fosse più unitario. La difesa ad oltranza dei governatori degli Stati nei confronti delle autonomie degli Stati medesimi a danno di una visione unitaria della nazione Confederata e contro quello che ritenevano fosse il centralismo manifestato da essa, viene considerato un altro dei motivi della sconfitta. Il rifiuto di mettere le milizie a disposizione per combattere fuori dai confini degli Stati di appartenenza, opposto dai governatori, e la mancanza di rifornimenti di vestiario, pur avendo i depositi pieni, sono altri elementi che hanno contribuito alla sconfitta confederata. 3) il terzo motivo riguarda le strategie globali che la Confederazione ha adottato in campo militare. Nonostante i successi riportati dalla Confederazione da parte di Lee nei teatri di guerra dell'Est, la Confederazione è stata accusata da alcuni storici di non aver saputo adottare strategie convincenti in relazione al vasto territorio meridionale. Le vittorie riportate dal Lee non sono state mai decisive, risolutive e concludenti. Le offensive da lui guidate in Maryland e in Pennsylvania sono state un fallimento e soprattutto l'ultima, dopo la battaglia di Gettysburg, ha costretto la Confederazione a combattere solamente in difesa e successivamente non sono state più tentate azioni del genere. Per lo storico inglese John Keegan il modo convenzionale di condurre la guerra da parte dei Sudisti fu la causa della loro sconfitta. Il Sud doveva limitarsi a combattere esclusivamente in difesa sin dal primo giorno di guerra e far dissanguare il Nord quando le sue truppe penetravano in territorio meridionale fino a chiudere le medesime in una morsa mortale, usando tecniche dilatorie per far passare al Nord la volontà di combattere. Secondo Keegan, la ricerca delle battaglie in campo aperto volute da Lee si sono rivelate scelte fallimentari. L'altro fattore, sempre in campo militare, è stato rappresentato dalla mancanza di coordinamento tra il Presidente Davis e i suoi generali, rimproverata da tanti storici. Non aver dato in tempo utile il comando supremo al gen.Lee, avendoglielo attribuito solo verso la fine della guerra quando non vi era più niente da fare per la Confederazione, viene considerato un altro sbaglio commesso dalla Confederazione. Per finire, le liti e i contrasti tra i Comandanti Confederati che operarono nell'Ovest, e una mancanza di direzione adeguata a livello militare, hanno comportato un notevole handicap per la Confederazione. Come scritto più volte, a differenza del Nord, che ha trovato i comandanti adeguati (Grant e Sherman), il Sud è risultato carente in fatto di leadership militare.
Ritengo, per concludere l'argomento assai discusso, che la storiografia americana di nuova generazione dovrebbe riconsiderare con attenzione le teorie tradizionali tra campo di battaglia e fronte interno negli Stati Confederati, teorie che hanno a lungo dominato e, secondo me, ostacolato lo studio della storia della Guerra Civile.

Conclusioni
A partire dalla primavera del 1865, quando i cannoni tacquero, dopo quattro anni di una guerra sanguinosissima, gli americani hanno cercato di capire e definire ciò che aveva rappresentato tale conflitto. La loro ricerca ha spesso assunto la forma di un acceso dibattito che continua ancor oggi. Lo storico Gary W. Gallagher enumera tre importanti tradizioni interpretative della guerra: la Lost Cause, la Union Cause e la Reconciliation. "Gli scrittori della Lost Cause hanno capito che la schiavitù costituiva il più grande ostacolo alla loro costruzione di una versione della guerra che potesse risuonare favorevolmente ai posteri", ha detto Gallagher. Di conseguenza, i fautori della Lost Cause hanno sostenuto che la schiavitù era semplicemente un corollario alla secessione. "I medesimi hanno detto che i Sudisti hanno combattuto in difesa dei principi costituzionali che assicurassero la loro indipendenza." Gallagher ha continuato, "in larga misura, gli scrittori della Lost Cause sono riusciti a far diventare Robert E. Lee l'eroe per eccellenza".
Al contrario, ciò che Gallagher chiama la Union Cause, essa ha identificato la schiavitù come il catalizzatore della secessione. Questa tradizione, ha detto Gallagher, "pone l'inizio dei combattimenti sulle spalle degli Stati schiavisti del Sud, che immersero la nazione in una guerra sanguinosa per la conservazione dei propri stili di vita che i meridionali ritenevano messi in pericolo dal Nord."
La terza interpretazione è la Reconciliation che va per la maggiore: essa ha ignorato la questione della schiavitù e ha invece celebrato il valore dei soldati bianchi di entrambi i fronti. "Questa interpretazione è venuta a dominare la percezione popolare della guerra ". I fautori di detta teoria danno molta rilevanza a quanto successe ad Appomattox, dove Grant e Lee si sono comportati in modo tale da promuovere una riunione pacifica dei combattenti di ambo le parti, e quindi come l'inizio di un processo di riconciliazione che ha ricordato a tutti gli americani la loro storia comune e le loro tradizioni. L'emancipazione dalla schiavitù e il contributo dato dai 180.000 soldati neri dell'Unione ha trovato poco posto nella tradizione della Reconciliation, secondo Gallagher.

Considerazioni finali
La guerra civile ha rappresentato un evento di importanza primaria per tutta la nazione e per i suoi assetti e sviluppi futuri.
Dopo la guerra d’indipendenza combattuta contro gli inglesi, la guerra civile è stato un evento, pur nella sua grande tragicità, che ha plasmato la nazione sotto vari aspetti: politici, costituzionali, economici e di costume. Se in meglio o in peggio rimane un’interpretazione soggettiva e pertanto ognuno può avere le proprie opinioni in merito. Il conto delle perdite di vite umane è stato altissimo, più di 600.000 morti, senza parlare delle città distrutte dalla guerra e delle infrastrutture mandate in rovina.
Come ha fatto notare lo scrittore Wolfang Schivelbusch nel suo libro “La cultura dei vinti”:

"La guerra civile americana si colloca nel bel mezzo dell'ottocento come un ingombrante paradosso. In Europa le potenze dominanti avevano razionalizzato, addirittura civilizzato la guerra, di modo che si potessero ottenere dei risultati in tempi brevi e su campi di battaglia delimitati con precisione, senza eccessivi spargimenti di sangue o anche solo gravi disagi per la popolazione civile. Gli Usa, invece, la nazione che aveva incarnato il progresso civile pacifico e la razionalità repubblicana, sprofondarono nella guerra con una furia bellicosa che non si vedeva dai tempi delle guerre di religione. Sembrava incomprensibile che una nazione così giovane, prospera e promettente dimostrasse tanta determinazione autodistruttiva, in un modo così prematuro".

La guerra civile ha anche plasmato il carattere degli Americani; a tale proposito, alcuni storici, che non hanno particolari simpatie per gli Usa, ritengono che gli Americani, a seguito della guerra, abbiano acquisito un gusto e una propensione alla violenza e al combattimento. Al riguardo, credo che si tratti di un’illazione gratuita; gli americani, o meglio gli Europei che hanno colonizzato gli Usa, si sono rivelati da sempre un popolo rude e fiero, pronto a combattere contro chiunque li ostacolasse nel loro cammino. Indubbiamente le lacerazioni prodotte dalla guerra civile, trattandosi di uno scontro fratricida, furono molto profonde. Tuttavia, la guerra ha contribuito a modellare e a delineare una nuova consapevolezza che prima gli Usa non possedevano. Con la guerra civile l’idea dello Stato indissolubile è entrata nel patrimonio mentale e culturale degli Americani. Dall’Unione tra Stati sovrani si è passati ad uno Stato unitario retto da un forte governo federale. Le autonomie degli Stati, sia del Sud che del Nord, sono uscite profondamente ridimensionate dalla guerra. Di secessione dall’Unione non si è più parlato, pur rimanendo negli Stati del Sud un profondo risentimento nei confronti del Nord e dell’Unione, risentimento che, secondo alcuni contemporanei, vive tutt’ora negli Stati meridionali. Questo malcontento ha prodotto degli strascichi esclusivamente culturali provenienti da parte della letteratura e della cinematografia, nelle cui opere il ricordo degli usi e delle tradizioni Sudiste, e delle passate glorie militari della guerra civile, è stato preponderante e tramandato per generazioni.
La guerra civile, per merito soprattutto di Lincoln, ha anche consolidato le idee democratiche. Si verificò un’espansione migratoria di vaste proporzioni non legata da vincoli di sorta quale la schiavitù, e a questo proposito, si mise finalmente fine a tale barbara istituzione indegna di un paese civile. L’America diventò un paese industriale a pieno titolo ed una grande potenza mondiale. Si crearono le fondamenta di uno Stato moderno, sicuro della sua forza sia all’interno e sia nei confronti delle potenze Europee. Fino ad allora gli Americani avevano mostrato una specie di complesso di inferiorità nei confronti delle nazioni Europee, ma dalla fine della guerra civile, anche a causa del comportamento ambiguo che la Gran Bretagna e e la Francia avevano mostrato durante la guerra, oscillando a volte a favore della Confederazione, gli Usa, animati anche da un certo risentimento nei confronti di dette nazioni, adottarono un atteggiamento più fermo e con meno timore riverenziale nei rapporti internazionali, come si vedrà nell’annosa questione dei risarcimenti intentati contro la Gran Bretagna per i danni di guerra patiti dall’Unione.
Va aggiunto però che non tutti gli storici sono d’accordo nel ritenere la guerra civile un momento foriero di aspetti così rivoluzionari ed innovativi per gli Usa. Lo storico Maldwyn Jones ritiene infatti che la guerra non abbia provocato granché sotto il profilo dell’industrializzazione del paese, né sotto l’aspetto di grandi sommovimenti sociali, a parte l’abolizione dello schiavismo. Jones ritiene infatti che gli Usa rimasero altri anni nella condizione (mezzo agricola e mezzo industriale) in cui si trovavano prima della guerra. Sta di fatto però che le tappe di un’industrializzazione veloce si susseguirono, guarda caso, esattamente dopo la fine della guerra.
A volte le guerre, loro malgrado, danno una forte spinta al processo di industrializzazione di un paese a causa degli interventi massicci sull'economia che i governi sono costretti a porre in essere in breve tempo.
Per finire, vorrei ricordare che si sono concluse da circa due anni le rievocazioni per ricordare il 150° anniversario della guerra civile americana. Dette rievocazioni sono state un'occasione per gli Americani di ristudiare il loro passato, specialmente per gli storici e i commentatori, offrendo alla nazione una spinta ulteriore e un'opportunità per approfondire ulteriormente le questioni poste allora dalla guerra.

Appendice post guerra civile
Dedico un appendice alla disamina sul periodo della guerra civile fornendo alcune informazioni e considerazioni personali su quanto successe negli Stati Uniti e, in particolare, nel meridione, durante il cd. periodo definito dagli storici come quello della “Ricostruzione”.

Premessa
Con il termine “Ricostruzione” gli storici indicano un periodo di tempo di 10 anni dalla fine della guerra, durante il quale il Meridione venne occupato militarmente dalle truppe dell’Unione e sottoposto alle direttive dei vincitori. In base a questo assunto, il termine “Ricostruzione” del Sud è stato da molti contestato in quanto viene considerato un periodo di oppressione, esercitato dal Nord vincitore nei confronti del Sud sconfitto attraverso il quale il Nord consolidò definitamente la propria supremazia su tutta la nazione. L’immagine della repressione Nordista attuata nei confronti del Sud, dipinta dagli storici meridionalisti andrebbe in parte rivista alla luce delle considerazioni effettuate dagli storici di ultima generazione come Eric Foner. Verso i personaggi Confederati più in vista e che avevano svolto attività di rilievo durante la guerra, il trattamento da loro riservato fu improntato, come si è scritto, a grande magnanimità. Certo, il paese risultava devastato dagli effetti della guerra che era stata combattuta prevalentemente nei territori Sudisti. Le infrastrutture non esistevano più, molte città erano state distrutte, i binari delle ferrovie divelti, il cotone bruciato, le grandi fattorie e i loro campi completamente fuori uso .Lo storico Luraghi ha sostenuto che i piantatori del Sud subirono una sorte peggiore di quella provata dagli aristocratici al tempo della Rivoluzione francese del 1789. Affermazione che reputo eccessiva se si pensa che nessun piantatore è stato ghigliottinato.
La devastazione del paese fu dovuta agli effetti tragici della guerra e il prezzo lo pagarono tutti gli abitanti del Sud, dal più ricco al più povero, in modo proporzionale. L’aspetto fondamentale è che la società Sudista uscì profondamente cambiata dalla guerra civile.
Nel libro “Via col Vento”, di Margaret Mitchell, per quanto eccessivamente romanzato in tanti aspetti come abbiamo visto, si avverte da parte di alcuni protagonisti del libro stesso un cupo pessimismo dovuto alla consapevolezza di appartenere ad un mondo (quello del Sud) in disgregazione, destinato a scomparire; Ashley Wilkes, uno dei personaggi principali di detto libro, sin dal momento dello scoppio della guerra è preso da brutti e oscuri presentimenti sul come andrà a finire la guerra che deve ancora cominciare, ma questo aspetto non gli impedirà di combattere strenuamente contro i Nordisti. La frase che colpisce di più è quando Ashley dice che anche se il Sud vincesse la guerra, tale guerra sarebbe da considerare, di fatto, persa lo stesso perché il mondo in cui egli viveva al quale era profondamente attaccato non sarebbe stato più quello di prima. La società alla quale apparteneva Ashley Wilkes si sarebbe trasformata nel dopo-guerra, sia in caso di guerra vinta, sia in caso di guerra persa, in una nuova realtà che a lui non sarebbe piaciuta affatto e non ci si sarebbe mai adattato.
L'aspetto fondamentale del periodo che stiamo esaminando rimane il confronto tra meridionali bianchi usciti provati dalla guerra e i neri ex schiavi appena liberati. L’abolizione dello schiavismo rappresentò un fatto epocale per il popolo del Sud: la problematica era complessa da gestire e purtroppo Lincoln non c’era più. La politica di Lincoln verso il Sud sarebbe stata impregnata di grande magnanimità nei confronti del popolo meridionale. Durante la guerra, come abbiamo visto, Lincoln divenne favorevole all’applicazione della guerra “totale” diretta contro i beni pubblici e i beni dei civili. Lincoln non aveva riconosciuto ai Sudisti lo “status” di combattenti di altra nazione legittimamente costituita, bensì li aveva trattati alla stregua di ribelli; ma una volta finita la guerra, i Sudisti- per Lincoln - dovevano essere trattati come fratelli e riammessi nell’Unione a condizioni più che favorevoli. I piani che Lincoln aveva preparato per il Sud, prima della sua morte, non furono ben visti dall’ala oltranzista del partito repubblicano e dalla maggioranza del Congresso. Per molti esponenti repubblicani la guerra era stata talmente sanguinosa che sembrava giusto fargliene pagare il prezzo ai meridionali una volta finita la guerra. Si trattava della cosiddetta “pace cartaginese” che il Nord vincitore doveva imporre al Sud sconfitto. Lincoln non era affatto d’accordo e anche in questo caso egli mostrò la sua lungimiranza. Non siamo in grado di poter sostenere con certezza che, se Lincoln non fosse morto prematuramente, sarebbe riuscito a far prevalere le sue idee. Si può affermare che data l’enorme popolarità che, a guerra finita, Lincoln aveva acquisito nel paese, egli sarebbe riuscito, da fine politico qual’era, ad imporre la sua volontà o a trovare la giusta mediazione con gli oppositori della sua benevola politica verso il Sud. Andrew Johnson che lo sostituì nella carica di presidente Usa, cercò di continuare la politica di Lincoln ma non era certo alla sua altezza.
Egli non godeva dell'autorità e dell'influenza di Lincoln, gli mancava anche il suo carisma, era diventato Presidente per caso, era un ex democratico a capo del partito Repubblicano, aveva pochi amici al Congresso e con la sua lealtà e integrità eccessiva non piaceva all'opinione pubblica. Johnson non riuscì ad adattarsi alla diplomazia che doveva possedere un Presidente e i suoi rapporti con il Congresso furono molto tesi. Fece del suo meglio, ma in quel periodo ci sarebbe stato bisogno di un Presidente di altra levatura e più esperto nella difficile arte della politica.
Egli attribuì nel 1866 troppo potere ai Confederati che erano stati perdonati con la procedura descritta nel capitolo precedente. Essi emanarono leggi e regolamenti che di fatto limitavano la libertà dei neri.

a. La condizione degli schiavi neri liberati
Il problema più urgente da risolvere era la situazione in cui si vennero a trovare gli ex schiavi neri liberati. Lincoln nel dicembre del 1863 aveva presentato un piano che prevedesse il perdono dei ribelli (messo in pratica poi dal Presidente Johnson) che giurassero fedeltà agli Stati Uniti e accettassero il Proclama di Emancipazione. Se in ciascuno Stato si fosse raggiunta la percentuale del 10% degli elettori, si potevano formare nuovi governi, adottare nuove Costituzioni ed essere rappresentati al Congresso Usa. Detto piano incontrò le ostilità dell’ala radicale del partito Repubblicano il cui intento era quello di distruggere il potere dei piantatori meridionali e confiscarne le loro terre. Lincoln si mosse con molta circospezione. Con il 13° Emendamento alla Costituzione la schiavitù venne abolita, ma i problemi legati alla condizione degli ex schiavi rimanevano. Dopo la resa del Sud, Lincoln aveva in mente un altro piano che la sua morte prematura non ne permise la realizzazione. Il suo successore, Andrew Johnson, cercò di continuare la politica di Lincoln, ma lo fece in modo grossolano e senza un minimo di tatto e di diplomazia, concedendo un potere eccessivo agli ex Confederati e provocando così la reazione del Congresso Usa.
Il Congresso cercò di limitare gli effetti della politica di Johnson, istituendo il Freedmen’s Bureau, ufficio Federale che doveva servire ad aiutare i neri liberati, inserendoli a tutti gli effetti, nella vita civile. Si arrivò allo scontro tra il Congresso e il presidente Johnson. Venne emanato il 14° Emendamento alla Costituzione con il quale si affermava che tutte le persone nate negli Usa, e quindi anche gli ex schiavi, erano cittadini con uguali diritti che non potevano essere limitati o negati dai singoli Stati.
Il Congresso fece ricorso, anche per arginare la situazione creatasi con le scelte operate da Johnson, all’esercito per governare il Sud, dividendolo in cinque distretti militari. A seguito dei continui contrasti con il Congresso, il conflitto tra esso e il Presidente aumentò in modo considerevole. Johnson venne messo in stato di accusa, ma al Senato non si raggiunse la maggioranza necessaria per condannarlo.
Nel 1868 venne eletto, come scritto in precedenza, un nuovo presidente, repubblicano, il nostro Ulysses S. Grant, il comandante supremo delle forze dell’Unione durante la guerra civile. Durante la sua presidenza venne approvato il 15° Emendamento alla Costituzione, il quale stabilì che il diritto di voto non poteva essere limitato “per ragioni di razza, colore della pelle o precedente servitù”. I tre Emendamenti sopra citati furono basilari ed estremamente importanti perché gettarono le basi della futura, anche se lunga e faticosa, integrazione razziale.
La liberazione degli schiavi fu un evento traumatico per tutti, sia per i bianchi, sia per gli stessi neri. Gli schiavi liberati non sapevano cosa fare e come comportarsi. L’ostilità e il rancore dei bianchi del Sud e il razzismo che esisteva anche al Nord era evidente. Comunque, nel periodo che va dal 1866 al 1877, i neri appena liberati godettero di molti diritti e libertà, tra i quali il diritto di voto. Certo, nel periodo della Ricostruzione i primi governi del Sud furono appannaggio dei politici provenienti dal Nord e da affaristi senza scrupoli chiamati “Carpetbaggers”.
I neri cominciarono ad essere delle persone consapevoli del loro nuovo status di cittadini liberi, impararono a leggere ed a scrivere e ad aver fiducia in se stessi; molti neri con legami di parentela, che la schiavitù aveva divisi, si riunirono fondando delle vere famiglie. A livello economico le cose furono più difficili: gli ex schiavi si trovarono a competere nel libero mercato, senza risorse e senza capacità di auto gestirsi; non vi fu una riforma agraria che concedesse loro della terra a titolo gratuito, molti dovettero andare a lavorare con i loro antichi padroni che in molti casi non avevano i soldi per pagarli. Essi speravano di poter lavorare i campi di loro proprietà, invece il sistema che venne prevalentemente usato fu la mezzadria, rapporto che sentirono più congeniale in mancanza di una loro proprietà. Tale sistema alla lunga si ritenne dannoso per l’economia del Sud.

b. La condizione degli ex piantatori Sudisti
La condizione degli ex piantatori non fu certo facile negli anni della ricostruzione. Le fattorie erano state distrutte, le tasse da pagare al Nord erano elevate, il denaro ed i titoli Confederati non valevano più nulla. Nonostante tutto ciò, la classe degli ex piantatori riuscì a mantenere il potere economico e cercò, negli anni successivi alla guerra civile, di riconquistare il potere politico, anche se tale classe non ebbe, nell'immediato dopo guerra, quella funzione di ceto dirigente del paese che aveva avuto nel periodo precedente alla guerra civile.
Il rapporto con gli affaristi provenienti dal Nord che cercarono di comprare a prezzi stracciati i pochi beni immobili rimasti e la libertà concessa ai neri, scatenò un odio nei confronti sia degli uni che degli altri. Odio che si tramutò in gesti ed azioni illegali e violente come quelle perpetrate dalla associazione clandestina del Klu-Klux-Klan, i cui aderenti, con i loro cappucci e lenzuola bianche con le quali nascondevano le loro identità, commisero parecchi omicidi, linciaggi e violenze di ogni genere contro i neri e i bianchi provenienti dal Nord. Essi godettero di numerose omertà fino a che non si raggiunse un tale livello di atrocità da decretare il suo scioglimento da parte delle autorità federali. I bianchi possidenti del Sud con l’aiuto del partito Democratico cominciarono a riprendere il potere nei governi locali ed alcuni fecero affari con i Nordisti che si erano stabiliti al Sud. Nel 1877, finì l’occupazione militare e il periodo chiamato “Ricostruzione” con l’elezione del presidente Usa Hayes. Le libertà dei neri furono sempre più limitate. D’altronde, finita l’occupazione militare, i poteri tornarono agli Stati il cui governo venne ripreso dai notabili del Sud o dagli ex generali Confederati. I governi federali di allora non avevano giurisdizione su molte materie le cui competenze erano devolute agli Stati; la stessa opera di assistenza post conflitto verso i militari nordisti fu ben poca cosa rispetto agli interventi massicci che gli americani hanno operato dopo il 2° conflitto mondiale.

c. Gli anni post-Ricostruzione
Dopo il periodo della Ricostruzione, il Sud ritornò ad essere governato dagli stessi uomini di prima. Ai neri vennero tolte, con vari artifici e con leggi statali restrittive, i diritti civili e le libertà politiche che avevano ottenuto durante l'occupazione militare Nordista. Ciò avvenne con il disinteresse mostrato dalle autorità federali. Si assistette ad un apparente paradosso. Il Nord che aveva vinto la guerra contro il Sud mobilitato ed armato per combattere, perse invece la battaglia contro un Sud impoverito e distrutto dalla guerra civile, quando la posta in gioco divenne l’uguaglianza razziale. La ragione va vista nel fatto che il Nord non voleva affatto vincere quest’ultima battaglia e di imporsi nel Sud in merito al predetto tema. Una volta che il Sud fosse tornato nell’Unione, il problema dei neri, sia pur liberati, era un affare devoluto ai singoli Stati in quanto di loro competenza. In fondo anche nel Nord si pensava che i neri fossero degli esseri inferiori, la guerra era finita, bisognava fondare una nuova nazione compatta e anche il Sud doveva servire allo scopo, non ci si poteva inimicarselo troppo, anche il meridione doveva fare la sua parte nella crescita della nazione.
I neri, in alcuni Stati meridionali, vennero sottoposti ad un regime di segregazione: scuole, alberghi, locali pubblici, autobus, treni, e, in ogni forma di vita sociale collettiva, dovevano essere separati dai bianchi.
Tali forme di segregazione che comportarono la diseguaglianza razziale tra bianchi e neri durarono fino al 1964, quando le amministrazioni dei presidenti Usa, prima Eisenhower poi Kennedy e infine Johnson, intervennero a livello federale a far cessare le discriminazioni razziali. Questo fenomeno, che durò quasi un secolo dopo la fine della guerra civile, la dice lunga sul comportamento tenuto dai meridionali nei confronti dei neri; fino a che erano schiavi, essi potevano vivere tranquillamente accanto ai loro padroni anche in situazioni di promiscuità. Una volta diventati uomini liberi di pari dignità (apparente più che reale) rispetto ai bianchi, essi non erano più degni di vivere con loro. Un classico atteggiamento paternalistico tipico dei padroni nei confronti dei neri allora schiavi, essi, una volta diventati liberi, dovevano stare per conto loro e non amalgamarsi con i bianchi.

Conclusione
Il Sud, come abbiamo descritto, uscì devastato dalla guerra e dovette sottostare all’occupazione militare delle truppe Nordiste. Molti ritengono che le ferite inflitte al Sud durante la guerra civile e nel periodo successivo alla guerra stessa non furono più rimarginate. Rimase quella nostalgia per il “buon vecchio Sud” descritta dalla letteratura e dalla cinematografia. L’orgoglio di essere sudisti e il mito della “Lost Cause” sono tuttora presenti negli Stati meridionali. La realtà, per alcuni storici, è diversa: se molti notabili meridionali hanno perso tutto durante la guerra, altri, nel dopo guerra, si sono arricchiti e hanno creato nuove fortune. Indubbiamente l’economia Sudista, venendo meno la mano d’opera degli schiavi, è dovuta cambiare per forza. Quel tipo di realtà ante guerra non esistette più, ma questo è un bene perché non aveva più ragione di esistere come era strutturata. Gli storici parlano di un “secondo Sud” che si è formato a livello industriale facendo tesoro delle esperienze economiche dirigiste di una “industrializzazione forzata”, esperimento che la Confederazione aveva iniziato durante la guerra con efficacia. Certo, sono rimaste molte sacche di povertà e di arretratezza economica nel Sud; gli Usa rimane sempre un paese con grandi diversità nella cultura, nel clima e nei processi economici e nella provenienza dei suoi abitanti, tuttavia un miglioramento strutturale nel Sud, a mio parere, vi è stato. Le città distrutte dalla guerra e dalla furia delle truppe del gen.Sherman sono state ricostruite in breve tempo.
Nonostante quanto sostenuto dagli storici meridionali in merito alla situazione creatasi negli anni post guerra civile, al Sud, uscito sconfitto dalla guerra, poteva andare molto peggio.
La vendetta del Nord sui vinti poteva essere molto violenta nei confronti dei responsabili e dei capi della Confederazione. Il Nord avrebbe potuto imporre la sparizione degli Stati, formando nuove entità geografiche che non tenessero conto delle vecchie realtà locali; avrebbero potuto eliminare qualsiasi forma di autonomia e di governo locale; impedire al Sud di rinascere economicamente e infine, aspetto più tragico e devastante, i neri, finalmente liberi, avrebbero potuto sollevarsi contro i loro antichi padroni, uccidendoli e sterminandoli. Il Sud poteva diventare una seconda Haiti dove i neri avevano fatto strage di bianchi.
Ma non accadde nulla di tutto ciò. Gli Stati rimasero nella loro originaria collocazione, vennero riammessi nell’Unione con pari diritti e dignità rispetto agli altri Stati, non ci furono vendette o ritorsioni, il Sud si è risollevato e i neri non hanno fatto strage dei loro ex padroni bianchi, anzi hanno, in parte, continuato a lavorare ed a collaborare con essi. Pertanto, al Sud, tenuto conto delle tristi esperienze di altre nazioni dilaniate da guerre civili, la situazione nel dopo guerra poteva portare ben più tristi conseguenze.

Bibliografia
I saggi (di carattere generale e specifici) che trattano la figura di Grant sono innumerevoli. Mi limiterò a citare le fonti secondarie dalle quali ho attinto.

Michele Angelini Gli Stati Confederati d'America: Utopia o realtà possibile?
Adam Badeau Military History of Ulysses S. Grant 1°, 2°, 3° volume
Tiziano Bonazzi (a cura di) La guerra civile americana
Josiah Bunting III Ulysses S. Grant
Giampiero Carocci Storia della guerra civile americana
Bruce Catton La guerra civile americana
Winston Churchill A History of English Speaking People
Generoso D'Agnese Dixie's Land: le bataglie della guerra civile americana
D.B. Davis e D.H. Donald Espansione e conflitto: gli Stati Uniti dal 1820 al 1877
Charles Ellington The Trial of Ulysses Grant
J.F.C. Fuller The generalship of Ulysses S.Grant
Gary W. Gallagher Articoli vari reperiti su siti web concernenti la civil war
Ulysses S. Grant Personal Memories of Ulysses S. Grant
Maldwyn A. Jones Storia degli Stati Uniti d'America. Dalle prime colonie inglesi ai giorni nostri
John Keegan La machera del comando
Raimondo Luraghi Cinque lezioni sulla guerra civile americana
Raimondo Luraghi Gli Stati Uniti
Raimondo Luraghi La guerra civile americana: le ragioni e i protagonisti del primo conflitto industriale
Raimondo Luraghi La spada e le magnolie: il Sud nella storia degli Stati Uniti
Raimondo Luraghi La guerra civile americana
Raimondo Luraghi Storia della guerra civile americana
William S. McFeely Grant: a Biography
James M. McPherson Lincoln: storia dell'uomo che liberò gli Stati Uniti
James M. McPherson Battle Cry of Freedom
James M. McPherson Articoli vari reperiti su siti web concernenti la civil war
Reid Mitchell La guerra civile americana
Gordon C. Rhea The battle of the Wilderness, May 5 - 6, 1864
Gordon C. Rhea Cold Harbor: Grant and Lee, May 25 - June 3, 1864
Wolfgang Schivelbusch La cultura dei vinti
Brooks D. Simpson Ulysses Grant: Troumph over Adversity
Jean Edward Smith Grant
Joan Waugh U.S. Grant. American Hero, American Myth
Sito web The Ulysses S. Grant Information Center
Russel Weighley The American Way of War: A History of United States Military Strategy and Policy
Ronald C. White American Ulysses: a life of Ulysses Grant
Garry Wills Lincoln a Gettysburg: le parole che hanno unito l'America

Le affermazioni degli autori americani da me citati sono state tratte dalle riviste americane di Civil War pubblicate sui siti Web.

Copyright © Stefano Di Matteo- tutti i diritti riservati