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•La battaglia e il massacro di Fort Pillow
Testo e mappe di Matteo Fontana

Pubblicato il 12/04/2014, in occasione del centocinquantesimo anniversario

Fort Pillow
A soli dieci chilometri a nord di Memphis, in Tennessee, il fiume Missississippi provenendo da nord svoltava quasi ad angolo retto verso ovest. In questo punto un'isoletta di sabbia stringeva ulteriormente il corso del fiume costringendo le imbarcazioni che colà navigavano a tenersi vicino alla sponda orientale. Proprio qui si trovava una scogliera alta circa 25 metri e che nel 1861 fu occupata e fortificata dal 1st Arkansas Infantry del colonnello Patrick R. Cleburne. Il brigadier-generale
Gideon Johnson Pillow decise poi di potenziare la posizione confederata: per tutto l'autunno e l'inverno del 1861 le fortificazioni sudiste vennero ampliate e potenziate sino a trasformarsi in un forte, battezzato Fort Pillow, talmente vasto da necessitare una guarnigione di almeno 15.000 uomini per essere presidiato adeguatamente. La linea di batterie separate da traverse poste al livello del fiume e le postazioni alle loro spalle in cima alla scogliera erano ben posizionate ma come il resto delle difese sul lato di terra necessitavano di più pezzi d'artiglieria e ulteriori accorgimenti per essere efficaci. Gli stessi trinceramenti realizzati per proteggere il forte da un attacco terrestre erano troppo estesi. La linea più esterna di trincee misurava più di tre chilometri. Il forte in sé era invece una sorta di mezzaluna collocata sulle scogliere, realizzato in terra e con un parapetto di quasi due metri protetto da un fossato. Immediatamente ad est e a sud del forte il terreno era decisamente più basso rispetto a quello su cui sorgeva la posizione e, in modo particolare nell'area a sud, erano presenti diverse collinette che in alcuni casi raggiungevano l'altezza del muro di Fort Pillow. Nei primi mesi del 1862 i confederati tentarono di rimediare alle carenze del forte e di ridimensionare i trinceramenti (1), ma quando il forte situato sull'Isola N. 10 cadde in mano ai federali e la città di Corinth, Mississippi, a circa 130 chilometri a sud-est fu occupata, la posizione di Fort Pillow divenne intenibile. Il 5 giugno 1862 la guarnigione confederata evacuò (2).

La guarnigione federale
Solo nel settembre del 1862 l'esercito federale decise di presidiare Fort Pillow. In quel mese un reggimento di fanteria, il 52nd Indiana Infantry, fu inviato presso il forte dove vi rimase sino al gennaio 1864, quando il generale William T. Sherman ordinò l'abbandono della posizione e richiamò le unità di stanza per impiegarle nella campagna contro Meridian (3). Sappiamo che in questi due anni si affiancarono sporadicamente a questo reggimento altre unità come il 32nd Iowa, il 178th New York e alcune compagnie del 2nd Illinois Cavalry (4). Le truppe federali stazionate in questo angolo di Tennessee furono impegnate in tutti questi mesi a contrastare la guerriglia, la cavalleria sudista e a proteggere la base commerciale realizzata nei pressi di Fort Pillow concepita per portare sostegno alla popolazione civile leale all'Unione, nonché agli schiavi liberati (5). Pochi giorni dopo che Fort Pillow venne abbandonato dai federali il maggior-generale Stephen A. Hurlbut decise di rioccupare l'area e fece inviare un dispaccio al maggiore
William F. Bradford del 13th Tennessee Cavalry l'8 febbraio 1864 con il quale gli ordinava di "...schierarvi per il momento a Fort Pillow, sul fiume Mississippi, e renderlo il vostro centro di reclutamento. Come campo prenderete una posizione facilmente difendibile, sfruttando ogni trinceramento già esistente e costruendo quelli necessari. Esplorerete la campagna circostante, in profondità secondo quanto riterrete sicuro, facendo qualsiasi sforzo per inseguire e distruggere le bande di guerriglieri. Sussisterete sul territorio per quanto possibile, prendendo ogni fornitura necessaria a mantenere ben montato il vostro comando, pagando con buoni solo gli uomini leali... Usate tutta la diligenza per reclutare il vostro reggimento rapidamente..." (6).
Questo reggimento di cavalleria (che solo dopo i fatti di Fort Pillow cambierà denominazione da 13th a 14th Tennessee) aveva cominciato a formarsi nel settembre del 1863 per volontà dello stesso Bradford, procuratore presso la città di Union City a nord di Memphis. Quando il reggimento venne inviato a Fort Pillow si trovava ancora in uno stato embrionale, contando solo 268 effettivi circa su tre compagnie. Lo scopo del suo trasferimento a Fort Pillow è chiaro, il reggimento avrebbe dovuto presidiare l'area e debellare la guerriglia sudista requisendo eventuali proprietà del governo confederato e nel contempo requisire montature e quanto necessario per mantenere operativo il reggimento. Nello svolgimento di questi doveri l'unità avrebbe portato avanti la sua campagna di reclutamento tra i cittadini leali all'Unione, tuttavia la sua fama tra i cittadini e i soldati sudisti non tardò a prendere una cattiva piega. E' naturale che un reparto impiegato, come da ordini, in operazioni di controguerriglia e di foraggiamento in un'area occupata militarmente attiri su di sé il malcontento e il risentimento di parte della popolazione locale, ma nel caso del 13th Tennessee questi sentimenti potrebbero essere stati più accentuati. Ciò fu dovuto al fatto che non solo l'unità combatteva e requisiva proprietà di civili, ma era anche composta da uomini del Tennessee Occidentale rimasti leali all'Unione. Per come la vedevano alcuni sudisti questi non erano che traditori che in alcuni casi avevano disertato lo stesso esercito confederato, traditori che per sfuggire alle autorità sudiste a caccia di renitenti avevano deciso di arruolarsi nell'esercito dell'Unione. Ora mentre una parte degli uomini del Tennessee Occidentale era altrove a combattere per la causa sudista questi individui scorrazzavano per le loro terre prelevando beni dalle loro case e città (7).
Per rinforzare la guarnigione nordista di Fort Pillow il 15 febbraio venne ordinato ad una sezione di artiglieria della Memphis Light Battery di recarsi sul posto. La Memphis Light Battery era la batteria M del 1st Tennessee Heavy Artillery, un reggimento d'artiglieria pesante composto da uomini di colore. Il 13 marzo il reggimento cessò di esistere e la batteria di Memphis divenne la batteria D del 2nd United States Colored Light Artillery (8). La sezione inviata a Fort Pillow era comandata dal tenente Alexander M. Hunter, contava 40 uomini e due cannoni James da 6 libbre. Quando a fine marzo il raid di cavalleria del generale confederato Nathan B. Forrest colpì Paducah, il generale Hurlbut ritenne prudente rinforzare ulteriormente Fort Pillow. Il 29 marzo le batterie A, B, C e D del 6th United States Heavy Colored Artillery giunsero sul posto. I circa 250 artiglieri di colore e i due cannoni (probabilmente due Parrot da 10 libbre) erano comandati dal maggiore Lionel F. Booth, che diveniva ora l'ufficiale più anziano della guarnigione e ne assumeva il comando. Oltre che sui 550-600 soldati di questi reparti, la difesa del forte poteva contare sul supporto del capitano James Marshall e della sua cannoniera, la USS New Era, un battello fluviale rinforzato e armato con 12 obici da 24 libbre. Gli ordini di Hurlbut invitavano Booth alla cautela e a prepararsi a qualsiasi evenienza anche se, a parere del generale, Forrest avrebbe presto riattraversato il fiume Tennessee e il battaglione del 6th US Colored Artillery sarebbe stato ritirato. Lo stesso maggiore Booth inviò i primi di aprile una comunicazione al generale: "Tutto sembra davvero tranquillo in un raggio tra le 30 e le 40 miglia, non penso ci sia bisogno di avere preoccupazioni o timori riguardo a un attacco o anche solo una minaccia nei confronti di questa posizione. Penso sia perfettamente al sicuro" (9).

Nathan Bedford Forrest e la sua cavalleria confederata nel raid in Tennessee-Kentucky
Dopo la vittoria contro la cavalleria federale a Okolona il 22 febbraio 1864, il maggior-generale confederato Nathan Bedford Forrest prese a riorganizzare il suo corpo di cavalleria nel Mississippi settentrionale. Nel mese di marzo il quartier-generale di Forrest venne raggiunto da alcuni rapporti nei quali si segnalavano attacchi e ruberie nei confronti delle popolazioni civili stanziate nel Tennessee Occidentale e il Mississippi settentrionale. Questi abusi venivano compiuti da guerriglieri, disertori e unità federali che infestavano l'area. Il generale scrisse una dettagliata lettera al comandante di dipartimento, Leonidas Polk, informandolo che "La campagna tra Tupelo e Purdy è stata devastata", inoltre "l'intero Tennessee Occidentale è infestato da bande e squadre di ladri, ladri di cavalli e disertori, le cui depredazioni e appropriazioni illegali di proprietà private stanno rapidamente ed efficacemente esaurendo il territorio". Ancor più irritante e vergognoso agli occhi di Forrest e di molti dei suoi uomini, nativi del Tennesseee, era la condotta degli ultimi mesi tenuta dal colonnello Fielding Hurst, comandante del 6th Tennessee Cavlary (US), un altro reggimento che come il 13th Tennessee (US) di Fort Pillow era composto da cittadini del Tennessee leali all'Unione. Hurst e i suoi uomini erano accusati di aver estorto il 12 febbraio ben 5.139,25 dollari ai cittadini di Jackson, Tennessee, minacciandoli di bruciare la città. Inoltre gli stessi uomini, e altri appartenenti sempre a reggimenti unionisti del Tennessee, si erano macchiati dell'arresto e dell'omicidio di diversi soldati appartenenti alla cavalleria del generale sudista in licenza o in missione di reclutamento. Forrest fece indagare la questione ad uno dei suoi ufficiali che raccolse i seguenti casi: tenente Willis Dodds del reggimento del Tennessee del colonnello Newsom, torturato alla morte dopo essere stato arrestato dal 4th Tennessee Cavalry (US) mentre si trovava a casa del padre il 9 marzo; il soldato Alex Vale del reggimento di Newsom catturato nella contea di Madison e assassinato l'8 marzo; tenente Jospeh Stewart e i soldati John Wilson e Samuel Osborn del reggimento di Newsom catturati da Hurst il 15 febbraio nella contea di McNairy, fucilati; soldato Martin del reggimento del Tennessee del colonnello Wilson catturato da Hurst e fucilato; Lee Doroughty, un ragazzo civile di 16 anni (forse disabile) della contea di McNair arrestato e assassinato dagli uomini di Hurst. (10)
Forrest chiese ufficialmente che Hurst e gli individui coinvolti nei crimini fossero consegnati alle autorità confederate per essere processati. Nello stesso dispaccio inviato al generale nordista Ralph P. Buckland, comandante del Distretto di Memphis, Forrest chiese anche il rilasco di alcuni civili e in particolare del reverendo G.W.D. Harris, secondo le autorità sudiste detenuto illegalmente a Fort Pillow. Infine pare che quella primavera Forrest fu visitato da una delegazione di suoi ufficiali, familiari e donne in lacrime, tutti residenti del Tennessee Occidentale e provenienti anche dall'area di Fort Pillow che lo supplicarono di fare qualcosa contro le violenze e le ruberie che stavano subendo (11).
Alla fine di marzo il corpo di cavalleria di Forrest era composto da due divisioni. La prima era comandata dal brigadier-generale James R. Chalmers e formata dalle brigate dei colonnelli Robert V. Richardson (7th, 12th, 13th e 14th Tennessee Cavalry Regiment) e Robert A. McCulloch (2nd Missouri Cavalry Regiment, Willis' Battalion Texas Cavalry, 1st Mississippi Partisan Rangers, 5th Mississippi Cavalry Regiment, 18th Mississippi Battalion Cavalry, 19th Mississippi Battalion Cavalry e McDonald's Tennessee Cavalry Battalion). La seconda divisione era comandata dal brigadier-generale Abraham Buford e composta dalle brigate dei colonnelli A.P. Thompson (3rd, 7th, 8th Kentucky Cavalry Regiment, Faulkner's Kentucky Regiment e Forrest's Alabama Cavalry Regiment) e Tyree H. Bell (2nd, 15th e 16th Tennessee Cavalry Regiment, dal 7 marzo anche il 21st Tennessee Cavalry Regiment) (12).
Dopo aver presidiato diverse parti del Mississippi e Alabama Settentrionale con queste forze, Forrest decise di lanciare un raid in Tennessee e Kentucky. Poiché le truppe federali si stavano concentrando in direzione di Chattanooga e la sua divisione necessitava di montature, equipaggiamenti e altre risorse ampiamente disponibili nei depositi federali, il generale sudista ritenne che il momento era propizio per un'operazione nella quale avrebbe potuto anche rimediare ai problemi dati dalle scorrerie in Tennessee occidentale, dare la caccia ad Hurst ed arruolare nuovi elementi per il suo corpo. Mentre la divisione Chalmers rimaneva in Mississippi a rastrellare disertori e renitenti alla leva, Forrest, accompagnato dalla divisione parzialmente appiedata di Buford (più il 7th Tennessee e il McDonald's Battalion) mosse a nord il 15 marzo. Dopo essere entrati in Tennessee il colonnello W.T. Duckworth fu distaccato assieme al 7th Tennessee, McDonald's Battalion e il reggimento del Kentucky di Faulkner per prendere la città di Union City. Ironia della sorte a presidiare la cittadina vi era un altro 7th Tennessee Cavalry, quello del colonnello Isaac R. Hawkins e formato da unionisti. Il 24 marzo dopo una breve scaramuccia Duckworth chiese e ottenne la resa incondizionata della guarnigione, minacciando di travolgere la posizione se non fosse stata accettata. Il giorno seguente Forrest giungeva invece a Paducah, in Kentucky. Qui la guarnigione federale composta in larga parte da truppe di colore si rifugiò a Fort Anderson. Come Duckworth anche il generale sudista chiese la resa incondizionata del forte, pena l'assalto senza quartiere. Ma il colonnello nordista Stephen G. Hicks mantenne il sangue freddo e rifiutò di farsi catturare. Impossibilitato a investire realmente il forte, Forrest lasciò indisturbata la guarnigione concentrandosi sulla distruzione e la cattura di beni e montature appartenenti alle forze federali. Solo il colonnello Thompson con alcuni reggimenti della sua brigata tentò un assalto non autorizzato che culminò con la sua morte (13).
Ottenuti questi successi Forrest si spostò sulla cittadina di Jackson, in Tennessee, a metà strada tra Memphis e Nashville. Qui cominciò a concentrare le sue forze per completare gli altri obbiettivi che si era preposto. Era infatti certo che restando nel Tennessee Occidentale sarebbe riuscito a reclutare qualche migliaio di uomini per le sue unità, raccogliere disertori, inviare coscritti a Polk e portare sollievo alla popolazione locale. Sebbene la brigata del defunto Thompson accompagnata da Buford si recò nuovamente verso Paducah per poi rimanere separata dal corpo di Forrest, a Jackson giunse il grosso della divisione Chalmers. Da qui i reparti si misero subito a dare la caccia a disertori e foraggiatori nemici, in particolare il colonnello J.J. Neely che comandava ora la prima brigata (quella in principio guidata da Richardson) riuscì ad ingaggiare in battaglia l'odiato colonnello Hurst catturando alcuni dei suoi soldati e costringendolo a rifugiarsi a Memphis. Il 4 aprile Forrest scriveva a Polk informandolo dei suoi piani nell'immediato futuro: "C'è una forza federale di 500 o 600 [uomini] a Fort Pillow, di cui mi occuperò nel giro di un giorno o due, dato che posseggono cavalli e rifornimenti di cui necessitiamo" (14).

La battaglia di Fort Pillow
Il 10 aprile il generale Chalmers iniziò le manovre per attaccare Fort Pillow. La brigata comandanta dal colonnello J.J. Neely fu inviata a effettuare una finta contro Memphis assieme al 1st Mississippi Partisan Rangers e al 3rd Mississippi Cavalry, quest'ultimi provenienti da sud. Il giorno seguente accompagnati da una pioggia incessante il resto dei cavalleggeri di Chalmers si misero in marcia da Jackson verso Fort Pillow. A comporre la spedizione vi erano sotto il comando del generale Chalmers la brigata di McCulloch (eccetto che per il 1st Mississippi Partisan Ranger, che operava contro Memphis dal Mississippi), la brigata del colonnello Bell della divisione Buford e quattro obici da montagna della Walton's Battery. Forrest in persona raggiunse Chalmers e la colonna presso Brownsville unendosi alla marcia forzata verso il forte. Il giorno seguente, mentre Forrest sarebbe rimasto dietro con il resto della colonna, Chalmers avrebbe guidato l'attacco iniziale col compito di circondare e trattenere la guarnigione nordista.
Poco prima dell'alba del 12 aprile il 2nd Missouri Cavlary della brigata di McCulloch tentò di sorprendere i picchetti del forte. I confederati erano infatti accompagnati da W.J. Shaw, un civile che era stato arrestato e trattenuto a Fort Pillow dal maggiore Bradford e il suo reggimento di unionisti. Shaw fornì ai confederati utili informazioni sulle truppe stazionate nel forte e sulle strutture difensive (15). Grazie alla guida i sudisti del 2nd Missouri riuscirono a catturare quasi tutti picchetti, solo pochi uomini fuggirono verso Fort Pillow per dare l'allarme. L'intera brigata McCulloch prese poi ad avanzare lungo una strada parallela al fiume Mississippi, a destra sulla strada proveniente da Brownsville invece muoveva avanti il grosso della brigata Bell e sul fianco di questi il 2nd Tennesse (CS) del colonnello C.R. Barteau costeggiava il Cold Creek, un rigagnolo che scorreva a nord est e si gettava nel Mississippi proprio ai piedi di Fort Pillow. Per tentare di capire cosa stesse succedendo il maggiore Booth al comando di Fort Pillow inviò alle 06:00 le compagnie D ed E del 13th Tennessee (US) a ingaggiare il nemico. Supportati dal fuoco dell'artiglieria di colore e della cannoniera New Era riuscirono ad avanzare e ad occupare alcune trincee sul perimetro esterno. Il sopraggiungere del grosso della brigata del colonnello McCulloch costrinse gli schermagliatori nordisti a ritirarsi nel forte, abbandonando i cavalli del reggimento e dando alle fiamme alcuni edifici. Erano circa le 08:00 (16). Le truppe confederate presero possesso delle colline che sorgevano nei pressi del forte da dove alcuni tiratori cominciarono a bersagliare il parapetto del forte. E proprio qui si trovava anche il maggiore Booth, intento ad aiutare i suoi artiglieri. Così descrive questi momenti nel suo rapporto il tenente Mack J. Leaming del 13th Tennessee (US): "soffrimmo la perdita di parecchi ufficiali dovuta all'infallibile mira dei tiratori ribelli, e tra queste perdite devo inserire il nome del nostro comandante, maggiore L.F. Booth, che fu ucciso quasi all'istante da una palla di moschetto che gli attraversò il petto". Mentre il maggiore Bradford prendeva il comando della guarnigione i confederati continuarono ad avanzare verso il forte lanciandosi all'assalto, verso le 10:00-11:00 tutta la cavalleria ribelle era riuscita a guadagnare delle buone posizioni a meno di 300 metri dalle mura di Fort Pillow. In quegli istanti giunse sul campo il generale Forrest che iniziò immediatamente una ricognizione del terreno. Cavalcando in mezzo al fuoco degli schieramenti opposti il generale perse due cavalli, uccisi sotto di lui, ma ciononostante riuscì a notare che il terreno a ridosso del forte era molto basso. Intuì che se le sue unità fossero riuscite ad avvicinarsi ancora un po' sarebbero state al riparo dal fuoco dell'artiglieria e della cannoniera. A mezzogiorno ordinò pertanto un'avanzata generale che portò la brigata McCulloch alla conquista di alcuni edifici vicinissimi a Fort Pillow, che come testimonia sempre il tenete Leaming si rivelarono letali per i difensori nordisti: "A causa della stretta prossimità di questi edifici al forte e al fatto che si trovavano su terreno considerevolmente basso, la nostra artiglieria non poté essere sufficientemente inclinata per distruggerli, o nemmeno per renderli intenibili dal nemico" (17). Anche la brigata Bell si avvicinò notevolmente al parapetto e a nord est il colonnello Barteau con il 2nd Tennessee (CS) si trovava ora a poco più di 50 metri da Fort Pillow. Forrest aveva visto giusto, così vicini i confederati erano protetti dal terreno e potevano bersagliare indisturbati il parapetto nemico.
Dopo l'intensa mattinata di combattimenti le truppe confederate necessitavano di essere rifornite di munizioni. Mentre ciò accadeva Forrest, certo oramai di poter prendere il forte proclamò una tregua per chiedere alla guarnigione di arrendersi ed evitare ulteriori spargimenti di sangue. Alle 15:30 circa le due delegazioni si incontrarono e agli ufficiali nordisti venne consegnata la richiesta di Forrest: "La vostra valorosa difesa di Fort Pillow vi da diritto ad un trattamento da uomini coraggiosi. Domando ora la resa incondizionata delle vostre forze, assicurandovi al contempo che sarete trattati come prigionieri di guerra. Ho ricevuto un rifornimento di munizioni e posso prendere le vostre fortificazioni con un assalto, e se sarò costretto a farlo dovrete accettare le conseguenze". La delegazione nordista, tenendo all'oscuro i confederati della morte del comandante della guarnigione, il maggiore Booth, rispose di aver bisogno di un'ora affinché gli ufficiali del forte e della cannoniera potessero consultarsi (18). Da questo punto in poi la vicenda di Fort Pillow si complica, ciò che accadde quel 12 aprile 1864 sulle sponde del Mississippi è altamente controverso e le innumerevoli testimonianze confermano e smentiscono diverse versioni dei fatti.

Le prime controversie della storia di Fort Pillow sorgono dal comportamento che le forze confederate avrebbero tenuto durante il periodo di tregua. Poco dopo l'incontro tra le delegazioni, i sudisti cominciarono a temere per i movimenti di imbarcazioni che stavano avvenendo sul fiume. Di fatti la stessa USS New Era quella mattina aveva traghettato una chiatta con cui erano stati evacuati i civili del forte, la quale era stata poi trainata lontano dall'area dal battello Liberty. Infine era giunta sulla scena da New Orleans la Olive Branch con a bordo un carico di civili, due distaccamenti di due batterie d'artiglieria e il brigadier-generale George F. Shepley. Stando alla testimonianza di Shepley poco prima di giungere sul posto incrociarono la Liberty con un piccolo distaccamento di truppe a bordo che segnalò che a Fort Pillow era tutto sotto controllo. Quando la Olive Branch giunse al forte era in atto la tregua e il generale non ricevette alcuna richiesta di aiuto, la USS New Era si limitò a richiedere munizioni e pertanto Shepley proseguì verso Cairo, Illinois, per allertare il comando federale (19). Potrebbe essere stato proprio il passaggio della Olive Branch ad aver infastidito i confederati, portando il generale Forrest a comunicare alla guarnigione che "vi saranno dati venti minuti per portare i vostri uomini fuori dal forte ed arrendervi. Se in questi tempi la richiesta non sarà esaudita procederò immediatamente ad assaltare le fortificazioni, e dovrete accettare le conseguenze". Secondo il tenente Leaming, il sergente Daniel Stamps, i soldati James Taylor e Jack Ray del 13th Tennessee (US), il tenente Daniel Van Horn del 6th U.S. Colored Artillery, nonché il capitano Marshall della New Era in quegli istanti i confederati violarono le leggi di guerra, approfittando della tregua per avvicinarsi alle mura. Sebbene in parte queste impressioni possano essere spiegate con lo spostamento contro le sponde del fiume Mississippi di due distaccamenti confederati (a sud del forte 3 compagnie comandate dal capitano Charles W. Anderson e a nord 200 uomini guidati dal colonnello Barteau) per prevenire uno sbarco di truppe dalle imbarcazioni, le stesse fonti confederate sembrano confermare che alcuni cavalleggeri sudisti sfruttarono la tregua per congiungersi con altri commilitoni più vicini al forte. Così ricorda l'episodio il capitano John W. Carroll del 21st Tennessee (della brigata Bell): "...durante la tregua, il capitano Stinnett ed io con alcuni uomini scelti ci arrampicammo su sotto i cannoni per essere pronti nel caso avessero rifiutato di arrendersi...". Mentre alcuni dei movimenti sono comprensibili e giustificabili dato che i confederati pensarono che la guarnigione stesse approfittando della tregua per far sbarcare rinforzi, molti altri spostamenti sono da considerarsi irregolari. Come scrive anche l'autore Andrew S. Ward, questo potrebbe essere stato il primo episodio della giornata in cui Forrest e i suoi ufficiali persero il controllo di parte dei propri soldati (20).

Il massacro di Fort Pillow
Mentre i soldati della guarnigione e gli uomini di Forrest si scambiavano insulti ed inviti ad attaccare giunse la risposta del maggiore Bradford (sempre firmata con il nome di Booth) all'ultimatum di Forrest: Fort Pillow non si arrendeva. A questo punto se il generale sudista voleva prendere la posizione non gli restava che assaltare il forte e come annunciato nelle richieste di resa, lo fece. Alle 16:00 circa venne dato il segnale e le truppe confederate si lanciarono all'assalto. La guarnigione rinforzata da una ventina di civili (sarti, "contrabbandi", conducenti di carri, ecc) tentò di aprire il fuoco ma la conformazione del terreno e il costante fuoco dei tiratori sudisti impedì ai federali di tener lontano dalle mura gli assalitori. I confederati rapidamente scalarono il parapetto ed entrarono nel forte. I soldati nordisti tentarono di resistere fino a quando secondo il soldato John Kennedy del 2nd U.S. Colored Artillery il maggiore Bradford del 13th Tennessee (US) " diede il comando 'Ragazzi, si salvi chi può.' In questo momento udì il tenente Bischoff, del 6th U.S. Heavy Artillery (di colore), obbiettare, dicendo al maggiore di ordinare agli uomini di rimanere ai cannoni e continuare lo scontro con il nemico, ma il maggiore guardandosi attorno e vedendo il nemico venire da ogni direzione in numeri schiaccianti, rispose che era inutile". Bradford e altri uomini fuggirono dal forte, giù per la scogliera mentre altri decisero probabilmente di arrendersi o continuare a resistere. Tale differenza di vedute e di comportamento è confermata dalla
testimonianza del tenente Daniel Van Horn del 2nd U.S. Colored Artillery che sopravvisse allo scontro e che scrisse nel suo rapporto: "Non ci fu mai una resa del forte, ufficiali e soldati non si sarebbero mai arresi e mai avrebbero chiesto quartiere" (21). Secondo alcuni partecipanti alla battaglia e storici il maggiore Bradford e i soldati della guarnigione che abbandonarono il forte scendendo giù per la scogliera non lo fecero per mettersi in salvo ma con il preciso intento di proseguire lo scontro. Questa interpretazione sembrerebbe confermata dal capitano Marshall della USS New Era che testimoniò quanto segue: "Il maggiore Bradford mi segnalò che eravamo stati battuti. Ci eravamo accordati per un segnale che, in caso fossero stati costretti ad abbandonare il forte, si sarebbero riparati sotto alla scogliera, ed io avrei dato ai ribelli [dei tiri a] mitraglia...". I soldati nordisti quindi arretrarono in maniera più o meno organizzata, circondati anche da uomini che in rotta stavano cercando di mettersi in salvo, per formare una seconda linea sotto la protezione della cannoniera e proseguire lo scontro. Dopo la guerra il capitano confederato Anderson (che si ricorderà guidava il distaccamento inviato a coprire la sponda del Mississippi a sud del forte) dichiarò di aver rinvenuto lungo il fiume 269 fucili e 6 casse di munizioni aperte, come se il piano fosse stato effettivamente messo in atto. Non esistono altre testimonianze che rivelino l'esistenza di un piano del genere o che Bradford tentò di attuarlo, oltretutto il capitano Marshall dovette allontanarsi dalla scogliera quando i confederati usarono i cannoni del forte contro la cannoniera e nel momento in cui i federali iniziarono ad affluire sulla sponda del Mississippi erano talmente mescolati agli inseguitori sudisti che sarebbe stato impossibile supportarli senza colpirli (22).
Ciò non significa che i federali abbandonarono Fort Pillow e si recarono sulla sponda del fiume fuggendo, in preda al panico e senza combattere. Al contrario diverse testimonianze rivelano come a quel punto il comportamento federale fu assai scoordinato. Uno degli ufficiali di Forrest, DeWitt Clinton Fort, descrisse così dopo la guerra ciò che accadde durante l'assalto e immediatamente dopo: "Come caricammo attraverso i bastioni la guarnigione nemica di razze miste si ritirò oltre la scogliera, giù vicino al bordo dell'acqua... La confusione più totale prevaleva tra coloro che erano corsi giù per la scogliera. Molti di loro avevano gettato a terra le loro armi mentre correvano e sembravano desiderosi di arrendersi mentre molti altri portarono con sè i loro fucili e stavano caricando e sparando a noi, sopra alla scogliera, con una disperazione che appariva quasi insensata". I confederati quindi dopo aver occupato Fort Pillow si misero ad inseguire il nemico. A peggiorare le cose per i nordisti fu l'arrivo da nord e da sud del colonnello Barteau e del capitano Anderson che muovendosi lungo le sponde del Mississippi giunsero sui fianchi e aprirono un fuoco d'infilata tremendo. Sebbene circondati, secondo il colonnello Barteau, buona parte dei nordisti continuò a resistere: "sparpagliati combatterono in modo selvaggio, folle. Agirono come una massa di uomini ubriachi. Un momento cedevano e gettavano le armi a terra, un altro correvano a riprenderle, imbracciavano i fucili e riprendevano il fuco. Fu presto scoperto che non ci si poteva fidare di lasciare una squadra di prigionieri indietro, poiché alla prima occasione si sarebbero dispersi e avrebbero ripreso la lotta. Alcuni dei nostri uomini vennero uccisi da dei negri che si erano arresi" (23). E' possibile che, come asserisce Barteau alcuni soldati si siano arresi per poi riprendere a combattere immediatamente dopo, è certo che parte della guarnigione quando fuggì dal forte continuò a combattere e che di conseguenza fu uccisa dai confederati che li inseguivano, ma è anche vero che diversi soldati che tentarono individualmente di arrendersi all'interno del forte, sulla scogliera e lungo le sponde del Mississippi furono uccisi o feriti dopo averlo fatto.
Ad esempio il soldato John Kennedy del 2nd U.S. Colored Artillery testimoniò di aver visto cinque dei suoi commilitoni venir uccisi dopo la resa, mentre giacevano feriti, ed egli stesso venne ferito alle gambe mentre cercava di scappare. Hardy N. Revelle, un civile rimasto nel forte, dichiarò di aver visto "due uomini, uomini bianchi, appartenenti al 13th Tennessee Cavalry, stare in piedi dietro ad un ceppo sul quale avevano attaccato un fazzoletto bianco, le loro mani alzate. Chiesero quartiere. Quando stavano in piedi erano visibili, e li vidi venir colpiti dai soldati ribelli e morire". Ancor più eloquente è il contenuto di una lettera scritta alla sorella dal sergente confederato Achilles V. Clark del 20th Tennessee Cavalry (CS): "Il massacro fu tremendo. Le parole non possono descrivere la scena. I poveri delusi negri correvano verso i nostri [soldati,] si gettavano in ginocchio e con le mani sollevate gridavano per avere pietà ma gli venne ordinato di rimettersi in piedi e furono poi uccisi. I bianchi non se la cavarono meglio". Lo stesso maggiore Bradford che fuggì dal forte fu visto mentre tentava di arrendersi sulle sponde del fiume, ma vedendosi rispondere a colpi di fucile provò a scappare nuotando nel Mississippi. Non riuscendo a vincere la corrente tornò a riva dove venne catturato, nel suo caso illeso. In totale 18 superstiti del 2nd e del 6th U.S. Colored Artillery e 12 del 13th Tennessee (US) affermarono davanti alla commissione del Congresso incaricata di indagare sui fatti di essere stati feriti dopo essersi arresi. Ci sono ben 35 testimoni che dichiarano poi di aver visto soldati nordisti venire uccisi dopo essersi arresi. Le violenze sarebbero state commesse egualmente da soldati e ufficiali confederati (24).
Non è chiaro quanto durò lo scontro e fino a quando i sudisti uccisero i federali che si arrendevano. Alcuni testimoni sostengono, come il tenente Leaming del 13th Tennessee (US) nel suo rapporto, che "fino all'oscurità, e ad intervalli per tutta la notte, i nostri uomini vennero uccisi senza pietà e senza riguardo al colore". Altri, sia confederati che federali, fanno coincidere la fine delle ostilità con l'ammainamento della bandiera del forte e/o l'intervento di Forrest, Chalmers e altri ufficiali sudisti. Oltretutto il capitano confederato Anderson sembra voler spiegare che lo scontro e l'inseguimento
fuori dal forte sarebbe proseguito più a lungo del necessario perchè la bandiera di Fort Pillow non venne ammainata e ai piedi della scogliera non si riusciva a vedere che il forte era stato occupato. Solo quando i confederati ebbero sotto controllo il forte e ammainarono la bandiera federale lo scontro cessò. Anche il colonnello McCulloch dichiarò che una volta ammainati i colori il fuoco cessò e i suoi uomini cominciarono a radunare i prigionieri, senza che altri episodi di violenza accadessero. Altri ricordano l'intervento di ufficiali inviati per ordine di Forrest e Chalmers, o l'apparizione di essi stessi a fermare gli scontri e il massacro di prigionieri. In questo caso l'unica ragione logica per cui dei generali avrebbero ordinato di cessare il fuoco sembrerebbe essere che il nemico avesse smesso di resistere e coloro che ancora stavano combattendo si stessero accanendo contro degli uomini praticamente indifesi. Il tenente-colonnello Wisdom del 9th Tennessee ricorda che "dopo che entrai nel forte, e mentre la bandiera federale stava ancora sventolando, il generale Forrest cavalcò sul posto e mi ordinò di recarmi giù per la scogliera e far cessare il fuoco dei confederati sulla guarnigione in fuga". Il soldato Elias Falls della compagnia A del 6th U.S. Colored Artillery testimoniò che "uccisero tutti gli uomini dopo che si arresero fino a quando vennero dati ordini di fermarsi", ordini che secondo il soldato provennero da Forrest. E ancora il chirurgo confederato Samuel H. Caldwell, impegnato nelle retrovie e che quindi sentì la vicenda da commilitoni e pazienti, scrisse alla moglie che i nordisti "si rifiutarono di arrendersi, il che fece infuriare i nostri uomini e se non fosse stato per il generale Forrest che si frappose tra i nostri uomini e gli Yankee con pistola e sciabola sguainate nessun uomo sarebbe stato risparmiato" (25). Una volta cessato lo scontro i confederati radunarono i prigionieri e contarono le perdite dei due schieramenti. Circa 231 soldati della guarnigione erano morti e altri 100 erano feriti gravemente, i soldati bianchi fatti prigionieri erano 168 mentre quelli di colore 58. Stando al rapporto del generale Chalmers i confederati avevano perso 14 uomini uccisi e 86 feriti (26).

Violenze sui feriti, prigionieri e civili
Con la conclusione della battaglia giunse la solita pratica di seppellire i caduti. Tradizionalmente tale compito veniva affidato ai prigionieri accompagnati da alcuni distaccamenti dello schieramento vincente. Il generale Forrest ordinò che soldati di colore e bianchi venissero seppelliti assieme nelle trincee del forte mentre solo gli ufficiali sarebbero stati seppelliti individualmente. Anche il maggiore Bradford, ora prigioniero, venne liberato sulla parola e assegnato a queste squadre per poter provvedere alla sepoltura del fratello, ufficiale nello stesso reggimento. Quella notte fuggì ma venne ricatturato in abiti civili, mentre veniva trasferito a Jackson fu ucciso da alcuni soldati della scorta. Una delle controversie più eclatanti legata all'episodio di Fort Pillow è l'accusa rivolta ai confederati per molti anni a seguire dal 1864 secondo cui alcuni soldati nordisti vennero sepolti vivi. Oggi tale questione è stata assai ridimensionata, tali fatti sarebbero infatti il frutto di alcuni incidenti piuttosto che il risultato di torture da parte dei soldati ribelli. Ad esempio il soldato Daniel Tyler del 6th U.S. Colored Artillery dichiarò di essere stato seppellito vivo mentre fingeva di essere morto per paura di essere ucciso. Quando cominciò a muoversi i soldati sudisti lo tirarono fuori e lo allontanarono, nella notte poi riuscì a fuggire. Il capitano Marshall della New Era testimoniò che quando il 13 aprile si recò al forte un negro venne disseppellito ancora vivo ma morì poco dopo e infine un altro uomo di colore disse di aver visto la sepoltura di un soldato ferito. Un'altra spiegazione di ciò che accadde è data da un corrispondente di guerra che accompagnò Forrest in quella spedizione e pubblicò quanto segue sul Memphis Appeal pubblicato ad Atlanta: "molti negri gettarono le armi e caddero come fossero morti... Per resuscitare alcuni di essi, più terrorizzati degli altri, vennero fatti rotolare nelle trincee trasformate in fosse per i caduti. La vita non venne ripristinata finché la respirazione non fu bloccata, incominciò allora la risurrezione". In sostanza quindi alcuni soldati vennero sepolti vivi più per errore che per altro. Si trattò di alcuni feriti, uomini privi di sensi e altri che si fingevano morti (27).
Un'altra atrocità commessa dai confederati consisterebbe nell'aver bruciato vivi e giustiziato alcuni feriti dopo la battaglia. Di fatti Ransom Anderson, un ex schiavo arruolatosi nel 6th U.S. Colored Artillery, dichiarò che alcuni prigionieri feriti vennero chiusi dentro a degli edifici che furono dati alle fiamme. Un suo commilitone, il soldato Frank Hogan disse di aver sentito di alcune tende con feriti all'interno che vennero bruciate e di aver visto in altre degli uomini venir uccisi. Molti altri soldati subirono o sentirono minacce di morte, secondo alcuni vennero uccisi dei feriti che non potevano muoversi. Il tenente Leaming del 13th Tennessee (US) era tra quelli all'interno di uno degli edifici che bruciarono, ma riuscì ad uscire. I soldati Francis A. Alexander e John W. Shelton dello stesso reggimento dichiararono invece di essere stati portati fuori dai confederati prima che la costruzione venisse bruciata o che a bruciare furono altri edifici. John Penwell fu avvisato dai confederati e aiutato ad allontanarsi prima che la tenda in cui era stato sdraiato insieme ad un altro uomo venne data alle fiamme. Eli A. Bangs dell'equipaggio della New Era disse di aver trovato un corpo bruciato che sembrava essere stato legato dentro una tenda e che seppellì quattro cadaveri carbonizzati (28). Va notato che molte di queste testimonianze sono state criticate perchè spesso per stessa ammissione dei testimoni erano basate su voci sentite nei giorni immediatamente successivi ai fatti o sul semplice fatto di aver visto dei corpi bruciati. Inoltre le testimonianze dirette di coloro che avrebbero visto prigionieri bruciati vivi darebbero dei tempi che non corrispondono a quelli forniti da molti altri presenti che videro edifici in fiamme. Infatti se certi testimoni asseriscono che i fatti siano accaduti la notte del 12 aprile, molti altri sostengono che gli edifici vennero dati alle fiamme nella mattina del 13. Gli storici sembrano infatti oramai concordi nel sostenere che i confederati bruciarono alcuni edifici e tende a metà mattina del 13 aprile quando le cannoniere Silver Cloud, Platte Valley e New Era apriono il fuoco sul forte e i pochi confederati rimasti sulla scena. "La mattina seguente, un distaccamento fu inviato al forte per raccogliere e rimuovere le armi rimanenti, e seppellire i morti che erano stati dimenticati il giorno precedente. Erano al lavoro da poco quando giunse una cannoniera che aprì il fuoco. Come ciò divenne fastidioso, l'ufficiale al comando del distaccamento ordinò che le tende ancora in piedi nel forte venissero bruciate..." descrive così la scena il capitano W. A. Goodman dello staff del generale Chalmers che tenta poi di spiegare come sia potuta nascere la questione dei feriti bruciati vivi: "Facendo ciò, i corpi di alcuni negri che erano stati uccisi nelle tende il giorno precedente, vennero in qualche modo bruciati; e questo probabilmente diede fondo alle orribili storie di prigionieri bruciati che vennero successivamente inventate e fatte circolare". Secondo alcuni quindi le accuse di aver bruciato dei prigionieri sarebbero inconsistenti, eccetto per il caso del soldato rinvenuto legato che potrebbe essere stato effettivamente vittima di un tremendo crimine (29).
Una pesante accusa mossa agli uomini di Forrest riguarderebbe anche l'omicidio di alcuni civili. William J. Mays del 13th Tennessee (US) dopo essere stato ferito vide "due donne negre e tre bambini piccoli a 25 passi da me, quando un ribelle gli si avvicinò e disse, 'Sì, che Dio vi maledica, pensavate di essere liberi, vero?' e sparò a tutti. Caddero tutti tranne un bambino, che colpì alla testa con la culatta del fucile". Il soldato James Lewis 6th U.S. Colored Artillery racconta di essere stato ferito e colpito alla testa, mentre giaceva a terra ai piedi della scogliera vide due donne che vennero uccise e gettate nel fiume. Il chirurgo Horace Wardner dichiarò di aver ricevuto presso l'ospedale di Mound City una donna ferita a Fort Pillow. John F. Ray del 13th Tennessee (US) testimoniò addirittura di aver visto un ragazzino di colore a cavallo che accompagnava un tenente confederato, al quale venne ordinato di farlo smontare e ucciderlo. Secondo Ray l'uomo che diede l'ordine fu il generale Chalmers perchè indossava "una lunga giacca grigia, con una stella sulla giacca". Esistono poi molte altre testimonianze, che come nel caso dei prigionieri bruciati vivi, si basano solo sul "sentito dire". Chiaramente i confederati rigettarono sempre questa grave accusa negando categoricamente che ciò avvenne. Secondo loro di civili nel forte non ve ne erano poiché la mattina dello scontro il capitano Marshall della New Era aveva provveduto ad evacuare tutti i vecchi, donne, bambini e civili che non desideravano rimanere a combattere. Anni dopo la guerra anche il chirurgo nordista del forte, il dottore C. Fitch, dichiarò che i civili erano stati portati via e in particolare emise tali dichiarazioni in una lettera in cui cercò di negare ogni coinvolgimento del generale Chalmers nell'omicidio raccontato da Ray. Va inoltre detto che rispetto agli altri casi non vennero trovate prove concrete, nessuno ritrovò mai cadaveri di donne o bambini. Tuttavia sulla totale assenza di civili sul posto esistono dei dubbi poiché proprio il rapporto del generale Forrest del 26 aprile 1864 parla di 40 donne e bambini negri catturati a Fort Pillow, probabilmente nell'area attorno alla posizione o nel campo di contrabbandi subito all'esterno del forte (30).

Cause e responsabilità
Il 18 aprile 1864 in un discorso a Baltimora, in Maryland, il presidente Abraham Lincoln parlò degli eventi di Fort Pillow: "Se c'è stato il massacro di trecento [soldati a Fort Pillow], o anche solo di una decima parte di trecento, sarà definitivamente dimostrato; e venendo dimostrato, una punizione dovrà sicuramente essere inflitta". L'America iniziò a scoprire cosa accadde a Fort Pillow a partire dal giorno successivo allo scontro, quando il 13 aprile alcuni prigionieri feriti vennero consegnati alle cannoniere federali sul Mississippi e quando durante una tregua alcuni ufficiali federali si recarono al forte dove ebbero modo di parlare con alcuni dei confederati. I primi resoconti iniziarono ad apparire sui giornali e i primi rapporti a giungere sotto gli occhi dell'alto comando federale. Fin da subito si cominciò a parlare dell'omicidio di soldati nordisti dopo che questi si erano arresi, persone bruciate vive e civili assassinati. Il 16 aprile il segretario alla guerra Edwin Stanton ordinò un'indagine interna all'esercito per appurare cosa fosse accaduto. Il 18 anche la Commissione del Congresso sulla Condotta della Guerra iniziò le indagini, grazie a questi sforzi vennero raccolte decine di testimonianze da superstiti e persone coinvolte nelle operazioni attorno a Fort Pillow. La commissione giunse alla conclusione che a Fort Pillow i confederati commisero una serie di gravi violazioni: durante la tregua approfittarono della protezione della bandiera bianca per avvicinarsi al forte, dopo che la guarnigione si arrese assassinarono brutalmente i prigionieri, senza rispetto per età o sesso, che fossero combattenti o civili, commisero atrocità come la sepoltura di uomini ancora vivi o l'incendio di edifici con soldati chiusi all'interno. Per la commissione "...le atrocità commesse a Fort Pillow non furono il risultato delle passioni eccitate dal furore dello scontro, ma il risultato di una linea di condotta scelta deliberatamente e annunciata senza esitazioni". A Fort Pillow della gente indifesa venne brutalmente massacrata, gli ordini e le intenzioni delle truppe sudiste che assaltarono il forte erano quelle di uccidere senza pietà poiché la guarnigione era composta da truppe di colore e sudisti leali all'Unione. Tuttavia non viene mai rivolta alcuna accusa diretta a Forrest, comandante dell'operazione contro Fort Pillow e la punizione paventata da Lincoln non ebbe mai luogo (31).
Come ci fa notare lo storico Albert Castel in un suo saggio, il rapporto del comitato divenne la versione generalmente accettata dagli storici filo-nordisti mentre quelli filo-sudisti hanno sempre tentato di dimostrare che le conclusioni raggiunte dalle indagini fossero parzialmente o completamente errate. In particolare alcuni storici appartenenti alla corrente dottrinaria della Lost Cause si sono spinti ad affermare addirittura che a Fort Pillow non ebbe mai luogo un massacro. La vicenda di Fort Pillow è stata sicuramente a lungo strumentalizzata per tentare di dimostrare il violento razzismo del Sud, dell'esercito confederato e sopratutto del generale Nathan Bedford Forrest. Ma come andarono le cose a Fort Pillow e come vanno interpretati i gesti compiuti quel 12 aprile 1862 (32)?
Che a Fort Pillow ci fu un massacro è oramai cosa certa. Il 12 aprile 1864 non fu certo una delle giornate più brillanti delle forze armate confederate in quanto a condotta sul campo, e ciò riguarda sia gli ufficiali che i semplici soldati coinvolti. Tatticamente la cavalleria confederata si comportò adeguatamente e il generale Forrest dimostrò ancora una volta il suo talento militare rendendosi conto una volta giunto sul posto dei difetti di progettazione di Fort Pillow. Facendo avanzare le sue truppe a ridosso del forte riuscì a schierarle in una posizione tale da renderle immuni al fuoco proveniente dal forte e dalla cannoniera sul fiume, sfruttando contemporaneamente a suo vantaggio il terreno per bersagliare il parapetto nemico. D'altro canto la guarnigione federale, sebbene combatté con coraggio, commise degli errori nel non migliorare i trinceramenti nei mesi precedenti allo scontro e ad edificare delle strutture proprio di fronte al forte, sulla traiettoria dell'artiglieria che avrebbe dovuto proteggerlo. Inoltre secondo alcuni confederati parte della guarnigione rifiutò di arrendersi e riprese a combattere dopo essersi arresa perchè era ubriaca, ma sebbene anche Forrest in un suo rapporto faccia menzione del ritrovamento di alcuni barili di whisky aperti, non vi sono prove concrete ad avvalorare la tesi e la questione rimane controversa.
L'accusa che i sudisti sfruttarono la tregua per avvicinarsi ulteriormente alle posizioni federali è parzialmente confermata, ma il fatto che riuscirono a conquistare il forte solo grazie a questo vigliacco stratagemma è un'esagerazione. Prima che venisse proclamata la tregua i sudisti erano talmente a ridosso del forte e ben posizionati che la sua caduta era solo più questione di tempo. Ciò non toglie che alcuni soldati e ufficiali si comportarono slealmente.
Ma la questione più importante della vicenda sono gli omicidi. Indubbiamente i comandanti confederati persero il controllo di parte dei propri ufficiali e soldati che commisero diversi crimini. Le testimonianze di persone appartenenti ad entrambi gli schieramenti non lasciano dubbio. Molti soldati federali vennero uccisi mentre resistevano e altri mentre in rotta fuggivano dal forte. Ma molti altri furono massacrati mentre si arrendevano, diversi prigionieri vennero feriti ripetutamente dopo essersi arresi, furono minacciati, insultati e picchiati. Ancora oggi si tende a vedere il massacro solo come frutto dell'odio razziale poiché il grosso della guarnigione era di colore. I testimoni effettivamente parlano di sudisti che si accanirono contro i soldati negri e inneggiavano a ucciderli e non dare quartiere: "Ammazzate quei dannati negri", "Che tu sia dannato, stai combattendo contro il tuo padrone", "Uccidete tutti i negri", frasi del genere sarebbero state pronunciate da ufficiali e soldati. Il capitano John G. Woodruff del 113th Illinois Infantry che si recò nella mattina del 13 aprile a Fort Pillow dichiarò che durante la tregua incontrò assieme ad altri ufficiali il generale Chalmers con il quale si misero a parlare: "Uno degli ufficiali della cannoniera che ci accompagnava chiese al generale Chalmers se il grosso dei negri non fossero stati uccisi dopo che loro (il nemico) avevano preso possesso [del forte]. Chalmers rispose che pensava fosse successo, e che gli uomini del comando del generale Forrest avevano un tale odio verso i negri in armi che non potevano essere trattenuti dall'uccidere i negri dopo che li avevano catturati. Disse che non vennero uccisi per ordine del generale Forrest o suo, ma che lui e Forrest fermarono il massacro non appena poterono farlo". Sicuramente uno degli elementi scatenanti fu il colore della pelle. Per decenni la popolazione del sud era stata improntata a vedere i negri come inferiori e al contempo a temerli. Erano stati perennemente messi in guardia e terrorizzati con il rischio di un'insurrezione della popolazione di colore e di ciò che avrebbe fatto prendendo le armi. Quel giorno i soldati sudisti si trovarono di fronte ad una guarnigione composta da uomini di colore che rifiutava di arrendersi, che li sfidavano ad attaccare e che con determinazione cercavano di resistere. "La vista fece infuriare e forse terrificò molti dei confederati il che svegliò in loro il terribile spirito di una folla pronta al linciaggio", conclude lo storico Albert Castel in un suo saggio (33). Limitarsi però a giudicare il massacro di Fort Pillow come una sola questione razziale, tra bianchi e neri, è incorretto. L'altra metà della guarnigione era composta da soldati bianchi, soldati che subirono lo stesso trattamento. Come detto in principio i bianchi di Fort Pillow erano cittadini del Tennessee appartenenti ad un'unità Unionista. Il chirurgo nordista C. Fitch in una lettera del 1878 spiega come mai questi uomini potrebbero aver attirato un odio uguale se non addirittura ben superiore rispetto a quello serbato per le truppe di colore: "Il grosso degli uomini del Tredicesimo reggimento erano disertori del comando di Forrest. Ne ho esaminati una grossa parte e mi dissero di esserlo. Sembrava esserci un grande odio dalla parte degli uomini di Forrest verso molti di loro -sensazione personale- dato che udì molti degli uomini di Forrest accusare i soldati del Tredicesimo reggimento di aver fatto diverse cose contro i loro amici da quando disertarono Forrest e si unirono al Tredicesimo reggimento federale" (34). Inoltre l'unità stazionava nell'area col compito di sopprimere la resistenza filo-sudista e foraggiando a spese degli abitanti, svolgendo le stese funzioni del tanto odiato Hurst e del suo 6th Tennessee (US). Ci sono dei dubbi su quanto effettivamente i soldati del 13th Tennessee (US) abbiano danneggiato la popolazione locale ma l'unità di "traditori" si attirò inevitabilmente l'antipatia dei sudisti.
Oltre a motivi razziali e sociali la perdita di controllo di una parte delle forze sudiste va attribuita anche ad altre circostanze. Al contrario del rapporto del Congresso che nega qualsiasi influenza dovuta all'eccitamento della battaglia dobbiamo tenere presente della stanchezza accumulata nel precedente giorno di marcia forzata e nel corso dello scontro che iniziò all'alba; della tensione e del nervosismo provocato dalle trattative di resa; dalla consapevolezza dei confederati che il forte era ormai caduto e che l'ostinazione della guarnigione li aveva costretti a rischiare ugualmente la vita. Anche l'abitudine di Forrest a bluffare con il nemico, minacciandolo di possedere una soverchiante superiorità numerica e di non concedere quartiere nel caso di un rifiuto ad arrendersi, potrebbe aver portato parte dei suoi uomini a sentirsi autorizzati a massacrare i soldati che si arrendevano.
La Commissione del Congresso, basandosi sulle testimonianze, sostenne che l'omicidio dei prigionieri e le torture furono il frutto di ordini da parte dei comandanti sudisti ma non accusa esplicitamente ne il generale Forrest, nè il generale Chalmers. Alcuni soldati sudisti e nordisti dichiararono nel corso degli anni di sapere che fu Forrest ad ordinare di non dare quartiere, qualcuno arrivò a dire di averlo visto in persona mentre inveiva affinchè i suoi uomini uccidessero chi si arrendeva. Il grosso di queste testimonianze si basa sul sentito dire o sull'impressione personale del soggetto. A smentire in parte queste accuse, o almeno a far dubitare della loro validità, sono le altrettante numerose testimonianze provenienti sempre da uomini di entrambi gli schieramenti che parlano di ufficiali che ordinavano di cessare le violenze, minacciavano l'arresto di coloro che uccidevano i prigionieri o che riportano dell'intervento personale di Forrest e Chalmers volti a fermare gli elementi fuori controllo.
Altri confederati ancora parlano invece dell'accaduto come una cosa inevitabile, totalmente indipendente dalla volontà dei comandanti ma più dovuta alla rabbia provata nei confronti dei soldati del Tennessee leali all'Unione e ai negri che avevano preso le armi, come scrisse il soldato John M. Hubbard del 7th Tennessee (CS) nel dopoguerra: "L'incidente può essere chiuso dicendo che quelli dentro al forte sapevano di meritare una punizione per gli oltraggi commessi contro gente innocente" (35).
Dopo il rapporto della Commissione del Congresso non vi fu alcuna punizione o caccia al colpevole per quanto concerne i fatti di Fort Pillow. Anche se non ci sono prove che l'omicidio di soldati arresi fu ordinato o pianificato le responsabilità dei crimini ricadono ugualmente su tutti gli ufficiali confederati coinvolti nell'azione, il cui dovere era quello di guidare e controllare i propri uomini anche in condizioni di forte eccitamento. Pertanto il 12 aprile 1864 si può definire la giornata più triste della carriera militare dei generali Forrest e Chalmers. Se le indagini ufficiali si conclusero quasi subito e senza ripercussioni su nessuno degli uomini coinvolti, negli anni successivi alla guerra la battaglia di Fort Pillow riprese ad essere combattuta, ma questa volta sulla carta. Se in origine i confederati ignorarono l'episodio, la sempre crescente attenzione da parte dei nordisti e le ripetute accuse portarono a un lungo dibattito sulla questione. A distanza di anni continuarono ad essere raccolte da una e dall'altra parte dichiarazioni giurate che confermavano e smentivano le più disparate affermazioni. Il risentimento per quanto subito e per le accuse ricevute ha in molti casi portato ad ingigantire e a stravolgere alcuni aspetti della vicenda, allontanandoci sempre più dalla verità. In conclusione non si può quindi che concordare con lo storico John Cimprich quando riassume il pensiero degli storici più recenti che hanno trattato l'argomento: "...un massacro ebbe luogo" ma alcuni confederati tentarono di nasconderlo, e alcuni nordisti tentarono di sfruttare l'accadimento per aiutare lo sforzo bellico" (36).
Oggi quello che sappiamo con certezza della vicenda di Fort Pillow è che alcuni soldati bianchi e di colore appartenenti alla guarnigione si arresero di propria iniziativa ma vennero uccisi da una parte delle forze confederate fuori controllo. Quel giorno una pericolosa miscela di odio razziale, problemi sociali, agitazione emotiva, fatica e scarsa disciplina provocarono l'irreparabile. Oggi il fiume Mississippi non scorre più ai piedi di ciò che resta di Fort Pillow, a differenza delle polemiche e delle accuse che probabilmente non abbandoneranno mai quel luogo e quel nefasto giorno del 1864.

Note
(1)U.S. War Department, War of the Rebellion, A Compilation of the Official Records of the Union and Confederate Armies, 128 vols, Washington, D.C.: U.S. Government Printing Office, 1880-1901 (indicato successivamento come O.R.), Volume 10, Parte II, pp. 394-396. Il rapporto del generale Villepigue fornisce informazioni estremamente dettagliate sullo stato delle fortificazioni, della guarnigione e dell'armamento del forte nei primi mesi del 1862, nonché delle modifiche necessarie per rendere sicura la posizione dopo i lavori di ampliamento del 1861.
(2)O.R., Vol. 10, Parte I, pp. 898-903.
(3)O.R., Vol. 32, Parte II, pp. 113.
(4)Robert C. Mainfort & Patricia E. Coat, editori,“Soldiering at Fort Pillow, 1862- 1864: An Excerpt From the Civil War Memoirs of Addison Sleeth”, West Tennessee Historical Society Papers (1982): pp. 72-90.
(5)O.R. Vol. 32, Parte III, pp. 382.
(6)O.R. Vol. 32, Parte II, pp. 311, 318-319.
(7)Charles L. Lufkin, “‘Not Heard From Since April 12, 1864’ [the Fort Pillow Massacre]: The Thirteenth Tennessee Cavalry, U.S.A,” Tennessee Historical Quarterly 45, no. 2 (1986): 133-151; Thomas Jordan & J.P. Pryor, "The Campaigns Of General Nathan Bedford Forrest And Of Forrest's Cavalry" (Da Capo Press 1996), pp.422-423; Lonnie E. Maness, “Fort Pillow Under Confederate and Union Control,” West Tennessee Historical Society Papers 38 (1984), 84-98.
(8)Frederick H. Dyer, "A compendium of the War of the Rebellion: compiled and arranged from official records of the federal and Confederate armies, reports of the adjutant generals of the several states, the army registers, and other reliable documents and sources" (1908), Parte III.
(9)O.R., Vol. 32, Parte I, pp. 556-557.
(10)O.R., Vol. 32, Parte III, pp. 118-119.
(11)O.R. Vol. 32, Parte III, pp. 663-665 & Vol. 32, Parte I, pp. 117; Thomas Jordan & J.P. Pryor, "The Campaigns Of General Nathan Bedford Forrest And Of Forrest's Cavalry" (Da Capo Press 1996), pp.422-423.
(12)Civil War Centennial Commission of Tennessee, "Tennesseans in the Civil War: A Military History of the Confederate and Union Units With Available Rosters of Personnel" (University of Tennessee Press, 1971), Volume 1; O.R., Vol. 32, Parte III, pp. 593-594.
(13)In un suo rapporto Forrest rivela di aver catturato 450 prigionieri, 200 cavalli e 500 armi più il "rinnegato" Hawkins a Union City. A Paducah dichiara di aver catturato 500 soldati nemici più altri 50 a Hickman, perdendone solo 25, O.R., Vol. 32, Parte I, pp. 607.
(14)O.R., Vol. 32, Parte I. pp. 608-609.
(15)John A. Wyeth, "That Devil Forrest: Life of General Nathan Bedford Forrest", (Louisiana State University Press, 1989), pp. 314.
(16)O.R., Vol. 32, Parte I. pp. 525.
(17)O.R., Vol 32, Parte I, pp 559. Wyeth, "That Devil Forrest: Life of General Nathan Bedford Forrest", pp.3 15.
(18)O.R., Vol. 32, Parte I, pp. 560-561.
(19)U.S. Congress, Joint Committee on the Conduct of War, Fort Pillow Massacre, 38th Congress., 1st sess., House Report no. 65 (indicato successivamente come U.S. Congress, Fort Pillow Report); O.R., Vol. 32, Parte I, pp. 554, 560-561; Richard L. Fuchs, "Unerring Fire. The Massacre at Fort Pillow" (Stackpole Books, 2002), pp. 95-98. Che nessuno abbia richiesto l'assistenza di Shepley o che i passeggeri dell'imbarcazione abbiano semplicemente deciso di proseguire non ha influenzato il corso dello scontro poiché gli artiglieri a bordo erano armati solomente con i propri cannoni, traini e cavalli.
(20)John W. Carroll, "Autobiography and reminiscences of John W. Carroll" (Henderson, 1898), pp. 33-34; Albert Castel, "The Fort Pillow Massacre: A fresh examination of the evidence", (Civil War History 4, marzo 1958), pp. 37-50; la migliore analisi della questione è contenuta in Andrew S. Ward, "River Run Red: The Fort Pillow Massacre in the American Civil War" (Viking Adult, 2005), pp. 183-185.

(21)O.R., Vol. 32, Parte I, pp. 567, 570;
(22)U.S. Congress, Fort Pillow Report, pp. 86; Albert Castel, "The Fort Pillow Massacre: A fresh examination of the evidence", pp. 37-50.
(23) Lois D. Bejach, editore, "The Journal of a Civil War Commando", DeWitt Clinton Fort in West Tennessee Historical Society Papers (1948); Robert S. Henry, "First With the Most: Nathan Bedford Forrest" (Bobbs Merrill, 1944), pp. 256.

(24)O.R., Vol. 32, Parte I, pp. 567; U.S. Congress, Fort Pillow Report, pp. 106; John Cimprich & Robert C. Mainfort Jr., editori., “Fort. Pillow Revisited: New Evidence about an Old Controversy”, Civil War History 28, no. 4 (1982); Richard L. Fuchs, "Unerring Fire. The Massacre at Fort Pillow", pp. 121.
(25)O.R., Vol. 32, Parte I, pp. 561-562, 597; John A. Wyetth, "Life of General Nathan Bedford Forrest", pp. 384-386; U.S. Congress, Fort Pillow Report, pp. 15, Cimprich & Mainfort, ‘‘Fort Pillow Revisited’
.
(26)Albert Castel, "The Fort Pillow Massacre: A fresh examination of the evidence", pp. 37-50.
(27)U.S. Congress, Fort Pillow Report, pp. 18, 87, 95, 101-103; Memphis Appeal (Atlanta), June 14, 1864.
(28) U.S. Congress, Fort Pillow Report, pp. 27, 30-32, 39-40, 42, 44, 50, 82, 91,94.
(29)Jordan & Pryor, "The Campaigns Of General Nathan Bedford Forrest And Of Forrest's Cavalry", pp. 443; U.S. Congress, Fort Pillow Report, pp. 52-53;
Albert Castel, "The Fort Pillow Massacre: A fresh examination of the evidence", pp. 37-50; Robert S. Henry, "First With the Most: Nathan Bedford Forrest".
(30)OR., Vol. 32, Parte I, pp. 525, 537, 616;
U.S. Congress, Fort Pillow Report, pp. 13, 15, 20-21, 47, 51, 86; "Capture of Fort Pillow--vindication of General Chalmers by a Federal officer" (13 maggio 1879), in Southern Historical Society Papers Vol. 7.
(31) U.S. Congress, Fort Pillow Report, pp. 1-7.
(32)Per un'analisi di come la vicenda fu interpretata e utilizzata dagli storici e come le varie testimonianze furono usate nei 100 anni successivi si vedano alcuni saggi di Albert Castel e John Cimprich come: "Albert Castel, "The Fort Pillow Massacre: A fresh examination of the evidence";
John Cimprich & Robert C. Mainfort Jr., editori., “Fort. Pillow Revisited: New Evidence about an Old Controversy”; John Cimprich, "The Fort Pillow Massacre. Assessing the Evidence".
(33)O.R., Vol. 32, pp. 558; U.S. Congress, Fort Pillow Report, pp. 16, 22, 27; Albert Castel, "The Fort Pillow Massacre: A fresh examination of the evidence".
(34)"Capture of Fort Pillow--vindication of General Chalmers by a Federal officer" (13 maggio 1879), in Southern Historical Society Papers Vol. 7.
(35)John M. Hubbard, "Notes of a private" (Memphis, 1909), pp 90.
(36)John Cimprich, "The Fort Pillow Massacre. Assessing the Evidence.